TAG - AfricaLand Storie e Culture africane

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lunedì 27 gennaio 2020

NBA legend Kobe Bryant dead.







Un tragico incidente di elicottero ha condotto #KobeBryant alla prematura scomparsa. L'incidente è stato probabilmente causato dalla nebbia. Lo affermano le autorità locali.

Intanto, sull'incidente - avvenuto sulla collina di Calabasas, in California - indaga anche l'Fbi.
In quel momento, su Los Angeles c'era una nebbia fitta, in una giornata caratterizzata da nuvole grigie e basse.

Erano le 9 del mattino di domenica 26 gennaio 2020 quando l'elicottero si è schiantato a 296 Km/h.
Nella tragedia, hanno perso la vita nove persone, compresa una delle figlie del grande campione NBA.








Ricordando il grande Campione NBA(e dei Los Angeles Lakers)


Kobe Bryant ha militato per tutta la carriera NBA nei Los Angeles Lakers ricoprendo, solitamente il ruolo di guardia tiratrice ma, all'occorrenza non ha disdegnato di fare il playmaker e ala piccola.
Con la squadra di Los Angeles ha vinto 5 titoli.

Kobe è stato il primo giocatore NBA a militare nella stessa squadra per 20 anni.

E' il quarto tra i migliori marcatori nella storia dell'NBA con 35.643 punti, ed è quarto anche per quanto riguarda i punti realizzati nei playoffs con 5.460. Ha una media realizzativa di 25 punti a partita, da aggiungere a uno score di 4,7 assist, 5,3 rimbalzi e un totale di oltre 1.800 palle rubate.

In una sola partita ha realizzato 81 punti contro i Toronto Raptors.

Le origini in Italia

Iniziò a giocare a basket all'età di 3 anni e visse in Italia dai 6 fino ai 13 anni di età, spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre, Joe Bryant.
Tra il 1984 e il 1991 passò da Rieti e Reggio Calabria, per proseguire a Pistoia e infine a Reggio Emilia.

Rientro in USA

Torna negli USA iscrivendosi all'high school - una sorta di scuola secondaria superiore - dove guadagnò fama a livello nazionale vincendo il titolo statale con la Lower Merion High School, in un sobborgo di Philadelphia, infrangendo al contempo il record di punti nel quadrienno liceale per la zona di Philadelphia detenuto da Wilt Chamberlain, realizzandone 2.883.

Il Cordoglio del mondo dello sport (e non solo)

Kobe Bryant era un campione planetario, non appena si è sparsa la notizia, in tutto il mondo il cordoglio è stato unanime in Italia, in Africa e naturalmente in tutti gli Stati Uniti e, in particolare a Los Angeles, gli appassionati e le stelle NBA si sono dati appuntamento allo Stapoes Center per ricordare #BlackMamba - uno dei soprannomi che il campione scelse ispirandosi al serpente nero uno dei più letali in tutto il continente nero - di seguito riportiamo alcune dichiarazioni dopo che la notizia è stata confermata.

Da Usain Bolt al grande Kareem Abdul-Jabbar il mondo dello sport piange Kobe Bryant.

Hanno detto:

Usain Bolt

"Non ci posso ancora credere"

Manu Ginogli

"Devastato"

Michael Jordan

"Sono scioccato per quanto accaduto: era un padre straordinario"

Danilo Gallinari

"Sono sconvolto era un mito"

Marco Belinelli

"Non può essere vero, mio eroe"




 Particolarmente toccanti sono risultate le parole in ricordo di Kobe Bryant del grande campione NBA e dei Los Angeles Lakers, Kareem Abdul-Jabbar.

Le riportiamo integralmente:

Kareem Abdul-Jabbar

"E' molto difficile esprimere a parole cosa provo per la morte di Kobe Bryant. L'ho conosciuto quando aveva 11-12 anni, ero stato avversario di suo padre Joe, che era un mio buon amico. Non riesco a immaginare cosa questo significhi per i genitori di Kobe. Kobe amava sua moglie e le sue figlie, era un'atleta incredibile. E' stato un leader, ha ispirato intere generazioni di atleti. E' stato uno dei primi a passare dall'high school alla NBA e a dominare il gioco, diventando uno dei migliori realizzatori dei Lakers. Ho avuto il privilegio di vedergli segnare 81 punti. Molti ricorderanno Kobe un'atleta magnifico, ma lo ricorderò sempre più come uomo che come atleta".

Anche il presidente USA #TheDonald ha reso omaggio a Kobe.

Trump

"Notizia terribile".

Intense e profonde sono state le parole del primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti, Obama in onore di Kobe Bryant - riportate anche sui social -.

Barack Obama






"Kobe era una leggenda sul campo e aveva appena cominciato quello che avrebbe dovuto essere un importante secondo tempo. Perdere Gianna (la figlia 13enne e anch'essa giocava a basket; n.dt) è anche più straziante per noi genitori. Michelle e io mandiamo le nostre preghiere ed il nostro amore a Vanessa (la moglie) ed all'intera famiglia Bryant in questa giornata impensabile".

Rest in Pace, Campione Kobe Bryant.
(Fonte.:latimes)
Bob Fabiani
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-www.latimes.com     

sabato 25 gennaio 2020

#4AnniSenzaGiulio - FOTO DEL GIORNO








...Sono passati 4 anni da quel 25 gennaio 2016 e ancora la verità per Giulio Regeni non c'è.

Oggi #25G 2020, in tutta Italia ci sono state fiaccolate per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni.

Il Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico durante la fiaccolata di #Fiumicello - il paese natale del ricercatore italiano - ha detto:

"Il 2020  deve essere l'anno di Giulio Regeni".

E' tempo che emerga la verità.

(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https:africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno/4-anni-senza-giulio  

lunedì 20 gennaio 2020

Sopravvivere a Tripoli - FOTO DEL GIORNO









All'indomani della Conferenza di Berlino sulla Libia, le notizie che arrivano dal paese Nordafricano sono preoccupanti. Nonostante gli sforzi delle dipolmazie internazionali, sul terreno, la situazione è controversa.

Reggerà la tregua?

E' molto difficile fare delle previsioni, anche perché, il martoriato popolo libico potrebbe finire presto in un nuovo incubo: quello di una nuova dittatura.

A favorire questa soluzione concorrono le stragie del caos che si celano dietro l'infinita guerra civile.

Resistere a Tripoli

La foto del giorno che pubblichiamo riprende una "scena" frequente di questi ultimi mesi ma anche quelle che si sono verificate durante l'inizio della fragile tregua armata che ha fatto da sfondo alla Conferenza di Berlino dedicata al "Caso Libia".

I cittadini, le donne di Tripoli, hanno approfittato del cessate il fuoco - del tutto ipotetico visto che gli scontri sono continuati nell'immediata vigilia del summit tedesco - e si sono precipitate nel market per fare provviste, in vista dell'atto finale di questa guerra infinita.

A Tripoli, nessuno si illude che si possa arrivare alla pace anzi, pensano che Haftar, prima o poi entrerà nella capitale libica dando così il via a una nuova dittatura.


Senza accordo

Quello che manca è un accordo politico tra i belligeranti Haftar e Sarraj per cui, anche dopo il summit di ieri - 19 gennaio 2020 - la soluzione militare è quella che prevale insieme al caos.

Nessuno vuole fare un passo indietro, neanche Turchia e Russia.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com   

domenica 19 gennaio 2020

Primo passo per la Libia alla #ConferenzaBerlino: "Fermare il conflitto"








Al termine della Conferenza dfi Berlino sulla Libia è stato raggiunto un accordo, articolato in 55 punti dove si fa un primo passo per pacificare la Libia.

Alla fine dei lavori, i due nemici Sarraj e Haftar accettano di monitorare la tregua e lo stop agli scontri armati.





L'obiettivo principale del Summit di Berlino sulla Libia era evitare una "seconda Siria". Per arrivare a questo, sotto l'egidia delle Nazioni Unite, in questa domenica di gennaio, si sono riuniti i leader dei principali paesi coinvolti nel conflitto, ad eccezione della Tunisia, che si impegnano a raggiungere un "duraturo e convinto rilancio del processo di pace", in particolare applicando l'embargo sulle coinsegne delle armi.

Tutti sono d'accordo - ed è uno dei 55 punti - a porre fine alle molteplici interferenze straniere nella drammatica guerra civile libica, una guerra per procura che destabilizza tutto il Nord Africa e l'intero Mediterraneo.

L'accordo raggiunto sul cessate il fuoco tra Haftar e Sarraj dovrà essere duraturo: la sfida ora è vedere se, per esempio, la Turchia e la Russia facciano un passo indietro concreto.
Solo così il processo di pace potrà essere raggiunto.

Ultimora

I leader presenti a Berlino avrebbero deciso di rivedersi tra un mese a Ginevra per un nuovo summit sulla Libia.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com   

giovedì 2 gennaio 2020

Albert Camus: quelle pagine attuali 60 anni dopo







Il 4 gennaio 1960, 60 anni fa, lo scrittore algerino moriva in un incidente stradale in compagnia del suo editore Gallimard, AfricaLand Storie e Culture africane, a partire da oggi pubblica una seirie di approfondimenti dedicati all'autore de Lo Straniero e de La Peste.

Parole e pagine attualissime


Albert Camus (Dréan, 7 novembre 1913 - Villeblevin, 4 gennaio 1960) è stato uno scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo, giornalista ed attivista politico molto legato al suo paese d'origine, l'Algeria anche se ha prodotto tutta la sua opera letteraria e politica in Francia.  

Con la sua multiforme di opere è stato in grado di descrivere  e comprendere la tragicità di una delle epoche più tumultuose della storia contemporanea, quella che va dall'ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra e al concomitante inizio della guerra fredda.

Non solo : le sue riflessioni filosofiche, magistralmente espresse in immagini letterarie, hanno una valenza universale e atemporale capace di oltrepassare i meri confini della contingenza storica, riuscendo a descrivere la condizione umana nel suo nucleo più essenziale.

Scrive Camus:

"Un'Algeria costtuita da insediamenti federali e legati alla Francia mi sembra preferibile, senza confronto possibile rispetto alla semplice giustizia, ad un'Algeria legata ad un impero islamico che per i popoli arabi non farebbe che sommare miserie alle miserie, sofferenze alle sofferenze, e che strapperebbe i francesi d'Algeria dalla loro patria naturale".
(Albert Camus, La Rivolta libertaria, p 150


e ancora,

"E' un fatto ben noto che riconosciamo la nostra madre patria quando siamo sul punto di perderla".
(da Estate ad Algeri, 1939)



Lo scrittore algerino è stato anche Premio Nobel per la Letteratura nel 1957 : quello che colpisce a rileggere oggi i suoi libri e le sue pagine sia quelle dei romanzi, saggi oppure opere teatrali è l'attualità di temi presenti nelle agende di politici e nei ragionamenti dei cittadini a qualsiasi latitudine. Camus affrontò con decenni d'anticipo alcune questioni epocali : le sue parole ci suonano più familiari di quanto fossero ai suoi tempi : stranieri, mare, spiaggia, accecamento - scrive lo scrittore algerino Kamel Daoud - che aggiunge : "Vorremmo fosse vivo in Europa per parlarci delle pesti moderne : la chiusura in se stessi e i muri".
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

mercoledì 1 gennaio 2020

Una speranza (futura) per l'Africa







AfricaLand Storie e Culture africane inaugura il 2020 con un #focus sul Continente nero : quali sfide sono più urgenti per l'#Africa in questo nuovo anno e nei prossimi anni? Un articolo del World Politics Review, negli ultimi giorni del 2019, pone l'accento su un punto molto importante : tra 80 anni l'Africa ospiterà un terzo degli abitanti del mondo. Per questo deve investire su scuola, agricoltura e apertura delle forntiere.

Se questa previsione è confermata da tutti gli analisti (e non solo loro) esiste un altro tema che non raccoglie l'attenzione internazionale dovuta : il futuro dell'occupazione dell'Africa.

In questo primo #focus del nuovo anno, AfricaLand Storie e Culture africane intende mettere a disposizione dei lettori una prima 'lettura' delle sfide (epocali) per tutti i popoli africani e l'intero continente.

Prima di addentraci nell'approfondimento consentitici ancora di augurarvi buon anno e felice 2020.
(Bob Fabiani)


Una speranza dall'Africa*


"Se il cambiamento climatico è la prima preoccupazione a livello globale, qual'è la seconda? Forse non c'è niente che si avvicina. Ma le questioni ritenute più pressanti  -  come le sorti dell'egemonia statunitense, la Brexit, la relativa tenuta dell'Unione europea e le tante incertezze legate all'ascesa della Cina  -  sono quasi irrilevanti rispetto a un tema che riceve molta meno attenzione internazionale : il futuro dell'occupazione in Africa, dove sono in corso cambiamenti demografici senza precedenti. In base alle stime attuali, la popolazione africana, che ora ammonta a circa un miliardo e duecento milioni, a metà secolo arriverà a due miliardi e mezzo, più della Cina e dell'India messe insieme. Fare ulteriori previsioni è difficile, ma secondo le stime dell'ONU nel 2100 l'Africa potrebbe arrivare a quattro miliardi di abitanti o più, vale a dire più di un terzo della popolazione mondiale.

Questi dati provocano da una parte allarmismo e razzismo, dall'altra disinteresse e noncuranza : tutte cose che il pianeta non può permettersi. Il destino demografico dell'Africa e il suo sviluppo economico, infatti, avranno conseguenze su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana che le persone vicine e lontane danno oggi per scontati.

Sarà colpita in particolare l'Europa, che per ragioni storiche è molto più legata all'Africa di quanto pensi la maggioranza degli europei, e si trova proprio alle porte del continente. Ma con l'aumento della nuova diaspora africana, ogni regione del mondo sarà toccata. Pensate a Israele, che ha provato a convincere migliaia di migran ti africani a lasciare il paese offrendogli biglietti aerei e 3.500 dollari. O all'America Latina, che sorprendentemente è diventata una rotta migratoria per gli africani che sperano di raggiungere gli Stati Uniti. O alla lontana Cina, dove una comunità di centinaia di migliaia di africani, ritenuta la più numerosa dell'Asia, si è insediata nella città di Guangzhou. Oppure pensate agli Stati Uniti, dove già vive una delle più grandi diaspore africane del mondo, a causa della loro storia di schiavitu (e che su queste pagine abbiamo raccontato in un reprotage in cinque puntate intitolate "1619, 400 Anni dopo l'inizio della schiavitù", n.d.t) e dei flussi migratori più recenti. Tutti questi paesi diventeranno la destinazione di un numero crescente di migranti africani in cerca di una nuova vita.


La posta in gioco




L'aumento esponenziale della popolazione in Africa porterà senza dubbio molti a lanciare appelli allarmisti su come limitare il boom demografico. Ma gli africani non devono accettare la tesi secondo cui sono un problema per il resto del mondo, sopratutto perché in passato la tratta degli schiavi sottrasse al continente milioni dei suoi abitanti fisicamente più abili per soddisfare i bisogni di altri paesi. Gli africani sono una risorsa, come tutti gli esseri umani.

Oggi l'Europa sta già affrontando delle sfide demografiche complesse e diametralmente opposte a quelle dell'Africa.
La crisi europea è legata al calo delle nascite  -  tra le più basse del mondo  -  e all'invecchiamento della popolazione (emblematica la situazione dell'Italia n.d.t). Questo declino demografico ha già portato a una carenza di forza lavoro e ad altre difficoltà economiche.


Integrazione positiva


Per contrastare l'attuale ondata di populismo xenofobo, i leader europei devono trovare il coraggio di occuparsi dell'immigrazione in modo molto più costruttivo. Dato che in un modo o nell'altro i migranti africani arriveranno in Europa, l'atteggiamento più intelligente è una forma di opportunismo illuminato che punti ad aumentare in modo graduale i livelli d'immigrazione e ad accogliere sempre più manodopera e talenti africani nella forza lavoro europea. Per riuscirci, i governi e la società civile dovranno impegnarsi per sensibilizzare i cittadini europei sulla posta in gioco e presentare l'integrazione non solo come inevitabile, ma anche come positiva.

Tutto questo riporta al tema del lavoro, per ovvie ragioni. In Europa, in Nordamerica e in altri paesi non ci sono abbastanza posti di lavoro per venire incontro alle esigenze di una popolazione africana in costante crescita. L'occupazione è la sfida più urgente per l'Africa, ma il resto del mondo la ignora. Anzi gli osservatori e i politici in Europa e negli Stati Uniti si sono irritati per i dati sull'avanzata economica della Cina in Africa o, più recentemente, su quella della Russia, cosa ancora più ridicola dato il peso della sua economia.

Alcuni esperti sono arrivati a dire che la Cina sta industrializzando l'Africa.
Questa è una bugia, e anche pericolosa, perché lascia spazio a fantasie sui problemi del continente, e impedisce di mettere a fuoco sfide che sono difficili e imminenti. La Cina rappresenta, suo malgrado, un ostacolo allom sviluppo industriale dell'Africa : avendo intrapreso questo processo decenni fa, ora domina la maggior parte dei settori in cui economie appena industrializzate, come quelle africane, cercano di farsi strada.

Le economie africane che vogliono seguire l'esempio della Cina, quindi, si trovano ad affrontare delle sfide che non hanno precedenti nella storia. Se a queste se ne somma un'altra, e cioé la frammentazione del continente in 54 stati, per lo più di piccole dimensioni e spesso svantaggiati dalla mancanza di uno sbocco sul mare, la prospettiva di un'industrializzazione profonda o di vasta scala diventa ancora più improbabile.

Le soluzioni pratiche per l'Africa sono tre. Innanzitutto l'agricoltura, e non l'industria, è fondamentale per fornire posti di lavoro alle centinaia di milioni di africani che verranno. In molti stati africani, più del 50 per cento della forza lavoro è impiegata nel settore agricolo; in stati come il Burundi e il Burkina Faso, addirittura dell'80 per cento. Eppure, secondo il Forum economico mondiale, l'Africa è il continente con l'agricoltura meno produttive e allo stesso tempo la più alta percentuale di terra fertile non sfruttata.

Ogni coefficiente di questa equazione deve cambiare con l'aiuto di tutti i grandi partner internazionali. L'agricultura può diventare una fonte di ricchezza decisamente maggiore per l'Africa e per i suoi abitanti, in grado di dargli speranza e motivi per restare dove sono.

"La scommessa migliore oer il continente è modernizzare l'agricultura", spiega W.Gyude Moore, ex ministro dei lavori pubblici della Liberia e ora rappresentante del Center for global development, negli Stati Uniti. "Un settore agricolo solido che avii uno scambio con altri comparti dell'economia è la base da cui partire per intraprendere un percorso d'industrializzazione sostenibile. Fornirà sicurezza alimentare e miglioreerà la bilancia dei pagamenti, facendo diminuire le importazioni di prodotti alimentari".

Il secondo pilastro è l'istruzione. Anche in questo caso, ogni autoproclamato pertner internazionale dovrebbe raddoppiare i suoi investimenti, anche per salvaguardare i propri interessi. Una migliore istruzione in Africa  - dall'alfabetizzazione universale alla scolarizzazione femminile, fino alla formazione professionale e all'istruzione superiore  -  contribuirà a modernizzare il continente, far aumentare i redditi e incoraggiare le persone a restare nel luogo dove sono nate, aumentando il loro benessere. Ma dato che un'emigrazione di gran lunga più ampia di quella attuale è inevitabile, l'istruzione contribuirà anche a migliorare le competenze delle persone che lasceranno il continente, mettendole nelle condizioni di dare un contributo ovunque andranno.
Anche se la cosa non è sufficientemente riconosciuta, negli Stati Uniti già ora gli africani hanno il livello d'istruzione più alto di tutti gli altri gruppi di immigrati.

Infine l'Africa e i suoi partner stranieri devono impegnarsi molto di più a rimuovere le barriere che ancora ostacolano il movimento di persone, merci e capitali tra i molti mercati interni, piccoli e divisi.
Su questo fronte ci sono state novità incoraggianti con il lancio a luglio del Trattato di libero commercio continentale africano (Afcfta), un accordo finalizzato alla creazione di un'aerea di libero scambio a partire da quest'anno. Tuttavia, il suo potenziale è già minacciato dalla riluttanza di alcune delle economie più grandi dell'Africa, come la Nigeria, a rispettare i termini dell'accordo.


Un'esperienza utile 





L'Europa, che alla conferenza di Berlino del 1884-1885 tracciò in modo arbitrario i confini che dividono gran parte dell'Africa, dovrebbe essere la prima ad aiutare il continente a rendere più rapide ed efficaci riforme economiche di questo tipo. La sua esperienza nell'espandere il commercio a livello continentale e nel creare legami economici, culminata con la formazione dell'Unione europea, la rende un alleato particolarmente appropriato.

L'immigrazione politica e la volontà economica dell'Europa di creare nuovi legami con il continente africano  - basati sulla consapevolezza del loro destino comune  - si sono affievoliti dalla guerra fredda. Se l'Europa non riuscirà a coinvolgere l'Africa per favorire un cambiamento prima che la spinta demografica diventi travolgente, potrà solo incolpare se stessa".
(Fonte:worldpolitcsreview)
Bob Fabiani

*Howard French è un giornalista statunitense, a lungo corrispondente del New York Times in Africa e in Cina.