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giovedì 31 gennaio 2019

Andate all'inferno - FOTO DEL GIORNO*







La narrazione di uso corrente in #Italia da quando è arrivato l'orrido #EsecutivoGialloVerde, per bocca del #MinistrodellaPaura è stata quella di far credere a un numero sempre più consistente di italiani che, #Tripoli fosse un porto sicuro, senza per questo preoccuparsi minimamente della sorte dei #Migranti respinti in mare e (ri)consegnati alla guardia costiera della #Libya.
Poi però accade che si diffonda la denuncia choc dell'#Unhcr.

Eccola: nel Mediterraneo ci sono 6 morti ogni 24 ore e oltre 100mila sono i #Migranti rispediti nell'inferno delle carceri libiche, in pasto ai trafficanti, gli stessi che sono a capo delle spietate Milizie libiche.

Intanto si apprende un altro dato drammatico : nel 2018 sono state 2.275 le vittime in mare dopo che si è deciso di imporre lo stop ai soccorsi alle ONG, nel tentativo di far cadere su questo dramma la scure della censura, oppure, tentare semplicemente - come fa in modo del tutto discutibile l'attuale governo italiano - di far passare la #fakenews per eccellenza : "gli sbarchi sono dominuiti" tentando di lodare le posizioni razziste di questo #EsecutivoGialloVerde.
(Fonte.:ilmanifesto)
Bob Fabiani
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-www.ilmanifesto.it

*La FOTO DEL GIORNO di AfricaLand Storie e Culture africane è quella apparsa sulla Prima Pagina del @manifesto di oggi : Giovedì 31 gennaio 2019  

mercoledì 30 gennaio 2019

Camerun, nessuno sa il motivo dell'arresto di Maurice Kamto







Le accuse che hanno portato all'arresto di Maurice Kamto, presidente del Movimento per il Rinascimento del Camerun (MRC), rimango avvolte nel mistero.
Quasi 48 ore dopo l'arresto, nessuno è in grado di dire con certezza quali accuse pendono sulla  sua testa.



Gli avvocati denunciano la "procedura illegale": inoltre  i legali del leader dell'opposizione camerunense  affermano che gli è stato impedito di incontrare il loro cliente e fann o sapere che le autorità di polizia, hanno disposto una sola visita, limitatamente a un membro della Famiglia Kamto dopo il trasferimento a Yaoundè.



-Kamto recluso nei locali del GSO



Maurice Kamto ha trascorso la seconda notte in custodia della polizia nei locali del Gruppo di intervento operativo (GSO), dove ha dormito su un semplice materasso adagiato sul pavimento. Trovano conferme le notizie secondo le quali, non ha subito alcuna violenza fisica tuttavia, si apprende che durante la notte, avrebbe ricevuto parecchie 'visite di disturbo' ad opera degli agenti GSO, "a volte per motivi fuorvianti", racconta una fonte anonima ai reporter di @jeuneafrique.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com


martedì 29 gennaio 2019

#CamerunCrisis: Sempre più tesa la situazione in #Camerun dopo l'indignazione dell'opposizione e l'arresto (a #Douala) di Maurice Kamto








Il leader del Movimento per la Rinascita del Camerun (MRC) è stato arrestato a #Douala e, la stessa sorte è toccata a diversi dirigenti MRC.
Si sa molto poco circa il luogo della loro detenzione mentre, è confermata la notizia, secondo la quale, dopo l'arresto avvenuto a #Douala, sono stati trasferiti a #Yaoundé.

Non si capisce quali accuse sarebbero state mosse contro Kamto e gli altri dirigenti: quello che s'intuisce è che ci si trova di fronte a un duro colpo per l'opposizione al regime, sempre più reazionario, se non proprio dittatoriale di Paul Biya.






-Rabbia a #Douala


Appena sono calate le ombre sulla città di #Douala, i simpatizzanti MRC hanno inscenato una breve agitazione nel 5° distretto della città camerunense tra pneumatici dati alle fiamme e gas lacrimogeni, a seguito dell'arresto del leader dell'opposizione, Maurice Kamto. Gli attivisti MRC si erano riuniti proprio al 5° distretto per chiedere la liberazione immediata.

Ma per tutta risposta, le autorità e il governo hanno disposto di condurre Kamto e gli altri dirigenti del partito d'opposizione a #Yaoundé da quel momento, più nessuno, nell'intero paese africano è in grado, di sapere con certezza dove si trovino detenuti i dirigenti dell'MRC.





-Parla Emmanuel SIMH, uno dei vicepresidente-MRC

A stretto giro di posta, la dichiarazione del vicedpresidente del partito, l'avvocato Emmanuel SIMH, che prende di fatto le redini dell'MRC : "Condanniamo con forza questi arresti politici ingiustificati denunciamo il tentativo di decapitare l'MRC", poi rivolgendosi agli attivisti lancia un accorato appello : "Chiedo a tutti loro di rimanere calmi e attenti alle istruzioni dell'elenco nazionale".

L'indigna-zione di tutti i leader politici camerunensi, non hanno fatto mancare la loro voce di condanna pretendendo il "rilascio immediato" di tutti gli arrestati.



-Parole di denuncia attraverso Twitter

"In un altro sfortunato tentativo di mostrare la sua forza, troviamo un governo troppo debole per dialogare e incompetente per capire il grido della gente. Gli oligarchi che hanno preso in ostaggio lo Stato si stanno muovendo verso l'autodistruzione". 

Sono le dure parole di condanna di Akere Muna del Movimento Now rilanciato attraverso Twitter. Lo stesso Muna produce anche un comunicato del tutto eloquente della situazione ormai diventata del tutto insostenibile in tutto il Camerun non solo nel cosiddetto #CamerunAnglofono:

"La gente ha gridato per fermare la corruzione, sono stati repressi, hanno chiesto giustizia, hanno esercitato il loro diritto costituzionale di camminare pacificamenbte, ma sono stati fucilati e arrestati. Le persone e la comunità internazionale chiedono il dialogo. Hanno risposto con le minacce".

Secondo Akere Muna tutto questo avvenendo perché il presidente Buya non riesce a risolvere le crisi che attanagliano il Camerun sempre più vicino a una dolorosa scissione ossia, la parte del paese che si sente in dovere di parlare inglese e non accetta come lingua principale il francese è sempre più convinta di stare nel giusto dopo la proclamazione della Repubblica di Ambazonia e, per questa ragione, l'attivista del Movimento Now pensa che gli arresti di lunedì sera (#26G) sia strettamente collegata sia alla crisi economica che a quella conosciuta come "crisi anglofona del Camerun".

-Quale futuro per il Camerun?

In molti pensano che l'ondata di arresti sia "una vera e propria ondata repressiva e avrà effetti amplificati di tensione sociale e politica. Ciò non mancherà di rendere la situazione più esplosiva".

La fosca prospettiva di un dirigente che ha voluto restare nell'anonimato per non indebolire ancor di più le fila dell'opposizione al presidente Paul Biya fotografa amaramente a quale livello di crisi sia arrivata la "Questione del Camerun Anglofono" che poi, progressivamente e rapidamente si è spinta molto oltre. Oggi, il Camerun si trova nel pieno di una dittatura repressiva e, dopo l'arresto di Kamto, le opposizioni cercano di organizzarsi rapidamente, nel tentativo, di porre fine ai soprusi del presidente Paul Biya.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com  

lunedì 28 gennaio 2019

L'Arabia Saudita torna a "guardare in #Africa" per lanciare un #alleanzaeconomica nel #MarRosso che coinvolga #Ethiopia ed #Eritrea





La notizia è di quelle importanti e coinvolge sia il Continente Nero sia una delle super-potenze che ormai detta legge in vari continenti: l'Arabia Saudita ha recentemente annunciato il desiderio di creare un'#alleanzaeconomica nonché politica con 6 paesi che si affaccaiano sul #MarRosso.

Nel presentare questo scenario che, a quanto pare, è già avviato almeno nella sua "parte teorica" gli sceicchi dell'influente Monarchia Medio Orientale hanno speso queste parole:

"Senza Etiopia e l'Eritrea non può esserci nessuna alleanza del Mar Rosso".

Benché la notizia dalle parti di #Roma e sui media nazionali italiani non ha trovato degna copertura è quantomeno assodato che questa visione del quadro d'insieme prospettato dai sauditi, in qualche modo, sia stato, il volano scatenante del riavvicinamento tra i due importanti Stati africani andato in scena, sul finire dello scorso anno, il 2018.

E' probabile che questa iniziativa abbia successo? Che cosa dice delle nuove questioni geopolitiche nell'area?

Negli ambienti economico-finanziari se ne parla già da un po di tempo: in molti hanno ripreso a interessarsi dello sviluppo economico di questa parte dell'#Africa, conosciuto come Corno d'Africa.

Ma entriamo più nello specifico.

Dopo il disimpegno totale degli anni'90, la presenza degli Stati del Golfo nel Corno d'Africa ha ripreso vigore negli ultimi anni.

Perché proprio adesso?

Le motivazioni dei sauditi vertono sostanzialmente su due aspetti: da una parte, l'Arabia Saudita si è assicurata il controllo e la sicurezza della sponda mediorientale, ossia, con la guerra nello #Yemen e, a questo deve essere aggiunto anche lo strapotere economico che, tuttavia, non può soddisfare appieno gli sceicchi se, manca l'altra sponda del Mar Rosso quella che confina con l'Africa.

Si tratta di un ritorno in grande stile che mira a posizionarsi strategicamente nello stesso Mar Rosso e, in questo modo, aprire, attraverso questa parte dell'Africa, una 'via commerciale' che sappia contrastare la futura "Strada della seta" già ben avviata dalla Cina.

(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com  

domenica 27 gennaio 2019

Deportazione e #ApartheidItalia - FOTO DEL GIORNO







Da almeno una settimana alle porte di #Roma, la capitale d'#Italia sta andando in scena una preoccupante "deportazione di Stato" ordinato dall'attuale inquilino del #Viminale che, di fatto, riapre vecchie ferite già viste proprio a queste latitudini ai tempi bui della "ventennio mussoliniano".

Quello che questa foto ci indica è il dolore, è il sopruso, è il doloroso (ri) sentire sulla pelle - guardacaso sempre e comunque quella dei neri - quel deprimente "sentirsi rifiutati", addittati come se fossero appestati.

Questa foto racconta una brutta pagina di vita vissuta in Italia e certifica l'odiosa pratica dell'#ApartheidItalia.

Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno

sabato 26 gennaio 2019

#Congo, l'appello disperato del Premio Nobel per la Pace, #DenisMukege contro le violenze sessuali sulle #DonneAfricane





L'appello lanciato a squarciagola dal medico congolese è un vero e proprio grido di dolore : "La situazione è catastrofica", dice il dottore Premio Nobel per la Pace 2018, affida il messaggio a Francesco Barone, docente universitario de L'Aquila.

Ecco un altro passaggio di questo drammatico e doloroso sos:

"E' in atto una spirale senza precedenti" - scrive il medico #DenisMukege - "Chiudere gli occhi davanti, a questo dramma significa esserne complici".

Il medico che vive in ospedale in #Congo dove cura le donne stuprate, ha affidato il suo messaggio al docente italiano, Francesco Barone, da anni impegnato in missioni umanitarie anche in #Africa.
(Fonte.:globalist)
Bob Fabiani
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-https://www.globalist.it/world/congo-l-appello-disperato-del-premio-nobel-per-la-pace-mukage  

venerdì 25 gennaio 2019

FOTO DEL GIORNO - "3 Anni senza Giulio Regeni"*






Sono passati 3 anni dalla sparizione e dalla morte violenta - causata dalle torture praticate dalla dittatura del desposta Al-Sisi - in #Egitto di #GiulioRegeni e, la situazione è ferma. Non c'è nessuna novità, tutto è rimasto nel limbo: a quando la verità e la giustizia per #GiulioRegeni?

*Questa foto è presa dalla vignetta di #MauroBiani.

Bob Fabiani
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giovedì 24 gennaio 2019

Rapporto Oms: "Sui #Migranti falsi miti, non portano malattie"






Ha prodotto molto scalpore il primo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla qualità dell'accoglienza e del periodo di permanenza in Europa dei #Migranti : anzi, a leggere attentamente il documento ufficiale, pagina dopo pagina, ci si imbatte in un totale abbattimento delle narrazioni urlate, scomposte, grondanti odio razziale con le quali le destre estreme sono passate all'incasso, per fare incetta di voti e consensi elettorali (con la complicità di tutti gli organi di informazione tranne rari casi ed sparute eccezioni).

Dall'Oms lo dico in modo netto è chiaro : si tratta di falsi miti i "Migranti non portano malattie" casomai emerge un'altra realtà che, ancora una volta inchioda la civilissima Europa (Italia compresa) alle responsabilità dal momento che l'Organizzazione mondiale della sanità scrive :

"Si ammalano dopo l'arrivo nella UE" e subito dopo abbattono un altro mito di sovranisti, razzisti e fascisti vari alcuni saldamente al potere (come nel caso dell'Italia n.d.t) ossia, quello che per mesi è stato spacciato come verità suprema : la supposta e falsa invasione di #Migranti e di #africani; infatti l'Oms chiosa "il loro numero è più basso di quanto si pensi".

E lo calcolano in modo chhiaro : i #Migranti sono appena il 10% della popolazione dell'area Oms-Europa.

Il documento è stato realizzato con l'Istituto Nazionale Salute, Migrazioni e Povertà (INMP) Italia, si basa su dati certi e certificati: in tutto sono 13mila i documenti raccolti in 54 paesi.

In un passo preciso del Rapporto si legge:

"Le condizioni dei migranti peggiorano in UE nel periodo di permanenza a causa del mancato accesso ai servizi sanitari e delle condizioni igeniche che spesso risultano insufficienti".

(Fonte.:thepostinternazionale)
Bob Fabiani
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-https://www.tpi.it/oms-migranti-malattie  


mercoledì 23 gennaio 2019

La #Tunisia istituisce il #23Gennaio come giorno dell'abolazione della schiavitù







Il presidente della Repubblica di #Tunisia, Béji Caid Essebsi, ha proclamato il  #23Gennaio come "Giornata nazionale dell'abolizione della schiavitù": si tratta di una decisione storica.
Una decisione descritta come storica dagli attivisti per i diritti umani, che lo avevano richiesto da diversi anni.





La #Tunisia a partire proprio dal 23 gennaio 2019 ha deciso di celebrare "ogni 23 gennaio" come "Giornata nazionale dell'abolizione della schiavitù". Questa decisione presidenziale è stata proclamata dopo l'incontro con il presidente dell'organismo nazionale contro la tratta di persone, Raoudha Laabidi, in occasione della commemorazione del 173°  anniversario della schiavitù in #Tunisia.





Negli ambienti delle associazioni antirazziste e tra i difensori dei diritti umani nonché tra gli attivisti c'è soddisfazione anche perché questa decisione  arriva dopo la riforma, dello scorso ottobre quando il parlamento tunisino, ha varato la legge che criminalizza il razzismo e, i progressi (tranutati in legge) per rendere possibili i matrimoni anche tra "non musulmani".







"E' giunto il momento di consegnare ai ricordi dell'oblio e riconciliarci con questa Storia di 'Africanità' che ha costretto i nostri antenati alla schiavitù".


La #Tunisia ancora una volta fa da apripista, traccia una via maestra per tutta l'Africa partendo proprio dalle pagine più dolorose della "Storia d'Africa" e traccia una pietra miliare proprio in nome di quel "Panafricanismo" punto primario e di appartenenza per le diaspore dentro e fuori l'Africa.






Il presidente dell'associazione M'nemty Saadia Mosbah, il più importtante esponente della lotta contro il razzismo in #Tunisia, in una lettera inviata al presidente della Repubblica tnisina Essebsi, il 21 gennaio 2019, scrive:

"Parliamo con orgoglio nei nostri discorsi, nelle nostre tribune, nei nostri giornali, nelle nostre radio, per dire al mondo che questo piccolo npaese è precursore, è avanguardia, è moderno. E' tenpo di ricordare e di riconciliarci con la nostra Storia lontana di 'Africanism' nella roccia, sapendo che la Tunisia ha dato il nome '#AlIfriqiya' al Continente".

(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

Personaggi e Interpreti di 'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO' (#RomanzoAfricano)





                                               PERSONAGGI e INTERPRETI:
                                                 (di una Storia malgascia)






Un presidente malgascio*:

Marc Ravalomanana


Un sindaco - attivista di #Antananarivo (#Tana)*:

Andry Rajoelina


Un attivista - Panafricanista malgascio:

Philibert Ratsimilaho

Un attivista della Diaspora malgascia (in Francia):

Catherine "Fela" Razafiarison

Un presidente francese*:

François Hollande

Un dirigente-capo della polizia francese:

Pierre LaFayette

Un giornalista - scomodo francese:

François Labonde

Un presidente della Comunità malgascia di Francia:

Alain Formisser

Un terrorista africano:

Andrè "il maliano"

Un boss della mafia malgascia:

Omar "El Kaddouri"

Una ragazza africana delle banlieue parigine:

Silvye Nkrumah

e ... molti altri ...


Note

* Per rendere i fatti di questa storia più comprensibili ai lettori, ho deciso di usare i nomi veri dei politici, sia malgasci sia francesi all'epoca dei fatti di questo Romanzo. 

Bob Fabiani
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martedì 22 gennaio 2019

Se le rivolte popolari scuotono e fanno tremare il #Sudan e #Khartoum*






Sul finire dello scorso anno, il 2018, l'intero Continente africano, ha visto, una serie di rivolte che stanno mettendo a dura prova il consolidato potere - quasi infinito ed eterno - di presidenti e desposti. E' il caso del #Camerun, alle prese con le proteste e la ribellione del cosiddetto "Camerun Anglofono" e anche del #Sudan, oggi, Africaland Storie e Culture africane ospita un interessante #focus di Hamadou Gadiaga apparso sulle colonne de Le Pays, quotidiano pubblicato in #BurkinaFaso.

Dallo scorso 19 dicembre i sudanesi scendono in piazza per protestare contro il rincaro del pane e chiedono apertamente la fine del regime di Omar al Bashir, al potere dal lontano 1989.

(Bob Fabiani)





-Le rivolte popolari fanno tremare Khartoum*




 "Il presidente sudanese Omar al Bashir è ormai preso tra l'incudine di un'insurrezione popolare e il martello della Corte penale internazionale (Cpi). Il 3 gennaio in un discorso pubblico ha cercato di difendersi, accusando chi ormai chiede la sua destituzione di complottare con gli stranieri per destabilizzare il regime. L'uomo forte di Khartoum non è mai stato così alle strette  e molti osservatori pensano che la crisi scoppiata per l'aumento del prezzo del pane possa costare ad Al Bashir la sua sopravvivenza politica.
  L'economia sudanese è stata asfissiata dai lunghi anni di guerra civile, e sopratutto dall'indipendenza del Sud Sudan nel 2011, che ha fatto perdere a Khartoum i tre quarti delle riserve petrolifere. Il deprezzamento della sterlina sudanese ha aggravatola crisi e il governo ha imposto un piano di austerità che ha fatto aumentare i prezzi dei prodotti alimentari. Il rincaro del pano è stato il casus belli, e le manifestazioni di proteste si sono diffuse rapidamente delle città minori, come Atbara, alla capitale, nonostante la dura repressione della polizia e il controllo costante dei servizi segreti, che fanno di Khartoun una delle città più sorvegliate di tutta l'Africa. Le rivolte del pane cavalcano senza dubbio una tensione politica esplosiva, in particolare da quando Al Bashir, al potere dal 1989, ha modificato la costituzione per potersi candidare a un nuovo mandato nel 2020. La connessione tra la dimensione tra la dimensione politica e quella sociale è evidente e i manifestanti invocano apertamente la caduta del regime.
    Per non essere destituito e ritrovarsi a dover fare i conti con la giustizia internazionale, il presidente sudanese ha minacciato i leader dell'opposizione di punizione commisurate al loro tradimento. Secondo il bilancio ufficiale sono morti una ventina di manifestanti, mentre per Amnesty international le vittime sono ormai una quarantina. Il numero, però, è destinato a salire perché le due parti sono diventate più intrasingenti. Il 5 gennaio migliaia di sudanesi sono scesi in piazza a Khartoum e in altre città del paese per gridare il loro scontento, e molti di quelli che hanno cercato di raggiungere il palazzo presidenziale sono stati arrestati (dall'inizio delle proteste, il 19 dicembre, sono finite in carcere più di ottocento persone).


-Un'alternativa poco appetibile


 Omar al Bashir sa bene che, se perderà il potere, lo attende la Cpi, che il 4 marzo 2009 ha emesso contro di lui un mandato d'arresto per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra per quello che hanno fatto le sue milizie e i suoi agenti segreti in Darfur. Per questo cerca di tenersi stretta la poltrona. Sempre il 3 gennaio Al Bashir ha annunciato un aumento sostanzioso degli stipendi e nuovi vantaggi per i funzionari pubblici, ma bisogna capire se questo "regalo" basterà a calmare gli animi di chi ormai vuole solo toglierselo di torno.
E tra i più determinati ci sono i dipendenti della pubblica amministrazione.
    Se questa forma di corruzione non funzionerà, Al Bashir potrà ancora una volta ricorrere alle armi, ordinando agli agenti di sparare sui civili proprio come nel settembre del 2013, quando decine di manifestanti furono uccisi per aver denunciato la dittatura e il malgoverno. Questa strategia potrebbe comunque essere controproducente, perché se i sudanesi riuscissero a caccaire Al Bashir, il presidente sudanese dovrebbe rispondere anche di queste azioni davanti alla giustizia internazionale. Forse farebbe meglio a negoziare la sua uscita di scena con i leader dell'opposizione, che potrebbero, all'occorrenza, indicargli la strada dell'esilio. Per esempio in Arabia Saudita, dove andrebbe a incontrare un'altra vittima delle proteste popolari, Zine el Abidine Ben Ali, l'ex dittatore tunisino, il primo a cadere sotto i colpi della "primavera araba"

*Hamadou Gadiga, Le Pays, Burkina Faso
** questo articolo è apparso su Internazionale 11/17 gennaio 2019 

(Fonte.:internazionale;lepays)
Bob Fabiani
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-www.internazionale.it;
-https://www.lepays.bf    

#DossierLibya: Aria di Golpe a Tripoli (con minacce di nuove guerre in tutto il paese)





Il 2019 è iniziato molto male per la #Libya : non che l'anno appena trascorso fosse passato indenne e senza spargimente di sangue ma, le notizie che arrivano dal martoriato paese Nordafricano raccontano di uno scenario completamente in evoluzione. Anzi, a ben vedere, è in atto un ribaltamento. Un cambio di Potere che non sarà per nulla indolore.

E' la peggiore delle notizie che potessero arrivare dalla "polveliera #Libya".

Questo primo approfondimnento di Africaland Storie e Culture africane si rende necessario e, a partire da oggi, converrà seguire passo dopo passo quel che accade in #Libya.

Procediamo con ordine.

-La sfiducia contro Al Serraj : una ribellione che sa di Golpe

Erano giorni che scalpitavano i "vice" del sempre più debole governo di Unità nazionale guidato da Al Serraj. A testiomonianza che a #Tripoli, l'unica cosa che non manca è il caos politico.

A guidare la clamorosa ribellione che in realtà è un atto di sfiducia nei confronti del premier libico - mai veramente amato né seguito, non solo qui a #Tripoli ma nel resto dell'intera #Libya a dispetto del sostegno e del rispetto conferitogli a livello internazionale - Ahmed Maetig, il più influente ytra i cinque (5!) vice premier del governo di #Tripoli, insieme ad altri due colleghi - meno illustri - a provveduto a dare il benservito ad Al Serraj.

-La pubblicazione di una esplosiva lettera con destinazione conosciuta : Fayez Al - Serraj

Ahmed ha preso decisamente le redini dell'iniziativa e, nella giornata di domenica 13 gennaio , in collaborazione con Fathi Majbari e Abdel Salam Kajman hanno scfritto una lettera pubblica con un destinatario preciso : Al Serraj accusandolo di essere un accentratore di decisioni e di non incidere (in modo concretoi e deciso) sulle cosiddette "questioni aperte" ossia, il terrorismo, immigrazione illegale e la drammatica crisi economica nell'accompagnare questa denuncia, i vice premier ribelli usano parole pesanti:
"Serraj conduce la Libia  verso l'ignoto".






Che cosa sta accadendo dunque a #Tripoli dopo che, sul finire dello scorso anno si era, in qualche modo riusciti, tra indicibili affanni e grandi equilibrismi degni dei migliori trapezisti da circo; a mettere tutti d'accordo, con la formula del "cessate il fuoco"  - con le Nazioni Unite che si sono prodigate per tenere a freno tutte le brigate e le milizie che scalpitano per farla finita, una volta per tutte, con l'esperienza fallimentare del governo di Unità nazionale?

Nulla di sconosciuto. Nulla che in occidente non sapessero già (i mille e più protagonisti del #CaosLibya, ossia la #Francia e l'#Italia con l'immancabile #UE appena un passo dietro a scrutare l'orizzonte da lontano ...) : Al Serraj non è riconosciuto da nessuno e, visto che, sullo scenario internazionale, i dotti e benpensanti, hanno pensato bene di lasciare tutto invariato così come è adesso; in uno stucchevole e umiliante "gioco al ribasso"; nel senso che per l'occidente, le stesse Nazioni Unite e quindi l'#UE deve essere questo governo (che non rappresenta nessuno) a condurre la #Libya e i libici ad asccompgnarli alle prossime elezioni, per giunta, con la pretesa di riscrivere l'impianto costituzionale del paese Nordafricano.

E gli Stati Uniti?

A Washington da quando è arrivata l'amministrazione Trump hanno una posizione precisa sulla "polveliera Libia" : da ambienti vicini alla Casa Bianca è trapalata sotto traccia la netta, decisa ostilità dello stesso Trump nei confronti di Al - Serraj. Secondo la "Teoria Trump", l'incapacità del premier del governo di Unità nazionale con la sua conclamata debolezza è : "Fonte d'instabilità istituzionale e favorisce il ritorno del terrorismo nel paese", scrivono da Washington mettendo così, una pesante pietra tombale sulla "fine politica" del premier mai amato da #Tripoli e dal resto della #Libya.

Questo nuovo scenario ha messo in apprensione #Roma e, lo scialbo #EsecutivoGialloVerde che, per una manciata di ore (e qualche giorno),hanno dovuto mettere da parte la "campagna d'odio" contro i #Migranti e, occuparsi, in fretta e furia, di politica estera. Si spiega così, dunque, il clamoroso lavorio del primo ministro italiano Conte, che ha incontrato ripetutamente , l'"uomo forte" libico, il generale Khalifa Haftar reso necessario dalla pesante presa di posizione di Washington nei confronti del sempre più debole Al Serraj senza per altro ricevere troppa considerazione: a #Roma sanno fin troppo bene di essere in colpevole ritardoi nella stucchevole posizione di considerare come unico interlocutore il "cavallo debole" tanto che, non più tardi di qualche settimana fa, lo stesso Haftar concludeva così il summit a quattro occhi con Conte : "L'Italia ha perso credibilità agli occhi dei miei connazionali".






-Tra Golpe e "guerra totale"


Alcuni giorni dopo la lettera di sfiducia contro Al - Serraj è riesplosa la "guerra di tutti contro tutti" tra le varie Milizie e sono ripresi gli scontri anche nel cuore di Tripoli.
La situazione è rapidamente degenarata, tanto che le ultime notizie che arrivano dal paese Nordafricano, aggiornate alla tarda mattinata di oggi, 22 gennaio parlano di uno scenario completamente stravolto con la Settima Brigata, guidata e organizzata dai fratelli Kani, per altro, le stesse forze irregolari che da mesi sono la vera spina nel fianco del governo di Unità nazionale di Al - Serraj, hanno attaccato la Protoction Force (TPF)  nel Sud di #Tripoli presso l'aeroporto internazionale che si trova nel distretto di Qasir Benghashir, causando per ora - come scrive  l'Osservcatorio  strategico e geopolitico sulla sua pagina Facebook 16 morti e ben 65 feriti.

Mentre accade tutto questo, le Milizie fedeli ad Haftar si ribellano e, nel Fezzan, si riunisce l'esercito.

- Ammutinamento di diverse Brigate alleate dell'LNA

Sono ore di caos e nervosismo a tutti i livelli : tutti diffidano di tutti in queste ore che potrebbero essere il preludio a un imminente colpo di stato e, in questa confusione, ai più alti livelli, non risparmiano neanche le file dell'Esercito Nazionale Libico (LNA) guidato dal generale Khalifa Haftar : dalla tarda giornata di ieri si registra l'ammutinamento di diverse Brigate alleate tra cui la Brigata Ahran Fezzan, Shuhadda Sabha, Shuhadaa Waw, Shuhadaa Murziq e Um Al - Aranib.

Le brigate hanno impedito agli uomini di Haftar di entrare nella città di Murziq e Sabha.

Che cosa può accadere ora?

Lo scenario appare chiaro e delineato: se il generale e "tomo forte" della Cirenaica forzerà la mano si arriverà allo scenario armato.

-Irrompe il leader dei #Tuareg sulla "polveriera Libia"


Il leader della tribù dei #Tuareg, Ali Kanna, una volta capo delle forze armate del Sud - Ovest della #Libya ai tempi del governo di Muammar Gheddafi, ha riunito a #Sbha il cosiddetto "Esercito del Fezzan", Milizia composta dai guerriglieri di varie etnie e mercenari provenienti dal #Chad.

Nell'occasione lo stesso Ali Kanna ha voluto inviare un avvertimento, un vero e proprio monito di allerta per il pericolo di una possibile "guerra totale" a #Sebha tra il suo esercito e quello di Haftar che vuole penetrare nel #Fezzan e, nell'occasione, accusa il governo di Al - Serraj di corruzione. Questa pesante presa di posizione, è servita al leader della tribù Tuareg per rilanciare il tema delle elezioni.

-Conclusioni

La situazione è sempre più caotica e intanto, sullo sfondo si intravede una nuova offensiva francese che, evidentemente, si sente in dovere di muoversi in modo spregiudicato dal momento che la sinrinia tra #Parigi e il generale Haftar appare sempre più salda anche a fronte del nuovo protagonoismo dei miliziani che rispondono ai desiderata dello stesso Haftar : in questo modo a #Parigi possono controllare anche il disgustoso traffico dei #Migranti che guarda caso sono ripresi in direzione dell'#Italia (e non sono certo da attribuire alle #Ong come fa in modo dilettantesco il #Ministrodellapaura che del resto fa molta fatica a capire qualcosa non solo di #Africa ma anche di #Geopolitica n.d.t) nonché muovere lo scacchiere del #Fezzan in funzione anti-Haftar, del resto sempre forte del sostegno dell'Egitto dei militari.

(Fonte.:jeuneafrique;ossevatoriostrategicogeopolitico)
Bob Fabiani
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lunedì 21 gennaio 2019

#WomensMarch19 : Il ritorno in piazza delle #DonneAmericane contro il #Trumpismo





Lo scorso weekend ha visto il ritorno in piazza della #MarciaPerIDiritti delle #DonneAmericane. Tutti gli Stati Uniti sono stati invasi dalla marcia anche se, i media, hanno cercato di spostare l'attenzione sulle supposte divisioni all'interno del grande Movimento delle Donne Americane. Anche quest'anno, le donne, le ragazze, le mamme, le mogli, le lesbiche e le donne della comunità Afroamericana hanno riportato al centro dell'agenda politica statunitense tutte le deficienze della politica di #TheDonald che, non accenna minimamente a scrivere nuove pagine assolutamente inadeguate della Storia degli Stati Uniti.




La marcia ha incalzato #TheDonald sopratutto su due punti: le donne (al pari del resto dei cittadini americani n.d.t) sono molto preoccupati del nuovo out-out imposto e voluto da Trump che ha non esitato a ricattare il Congresso sulla paranoia del "Muro" che, secondo #TheDonald deve essere : "Costruito a ogni costo anche passando dallo strumento dell'emergenza nazionale perché abbiamo il dovere di difendere i nostri confini dall'invasione dei migranti", così ha tuonato a ridosso della fine dell'anno tanto da paralizzare tutto.

Nelle marce per i diritti di tutti e tutte, le donne hanno risposto a tono sullo specifico punto dello #Shutdown : "Deve essere immediatamente sospeso"; come su altri temi dal rispetto delle minoranze e dei migranti fino alle rivendicazioni più specificamente legati alla lotta che è stata intrapresa già all'indomani dell'insediamento di #TheDonald due anni fa.

Una marcia per dire "Stop alla criminalizzazione dell'aborto" e per ribadire "Basta alle violenze contro le donne" sui luoghi di lavoro come all'interno delle quattro mura familiari.



Non sono mancati slogan e cartelli per ribadire che anche nell'America a guida Trump la comunità Black - e le donne sono in prima fila - la lotta si sviluppa intorno alla "questione di sempre": la mancata integrazione tra "Black&White" e, che se questa convivenza basata sui i diritti civili e umani non si compirà, gli Stati Uniti saranno inevitabilmente condannati al declino.
(Fonte:nytimes;theatlantic;newyorker;jacobin)
Bob Fabiani
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venerdì 18 gennaio 2019

'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO' : Uniti siamo indivisibili.








"Democrazia insorgente"
   (Miguel Abensour)




Pagine di denuncia e rivolta collettiva e popolare: 'voce di popolo' a sottolineare le storture del 'Capitalismo morente' attraverso diktat, ricatti, democrature, per rafforzare le élite dominanti al potere in un crescendo di soprusi e razzismo.

Storia di tragedie collettive all'ombra della #GrandeIsolaDallaTerraRossa e nel cuore della cinica Europa, tra le strade di Parigi, Marsiglia e della Francia; tra rigurgiti di odio razziale e violenza.

La stessa di sempre contro minoranze, migranti e le donne africane.

Che cosa produce una 'Crisi di Sistema'?

Garantisce e rafforza lo 'Stato di polizia' alimentato e preteso da sovranisti e le destre razziste. ...

Storia dei giorni nostri che incrocia e si fonde con tragedie collettive, storia di tradimenti e disillusione, storia di lotta e di pretesa del cambiamento, storia di ribellione collettiva in nome dei Diritti Umani, della Giustizia e della pretesa delle Pari opportunità ad Antananarivo (Tana) come a Parigi, in Africa come in Europa, in Madagascar come in Francia e nel resto del mondo.

Bob Fabiani
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L'Unione Africana (UA) chiede ufficialmente la sospensione della proclamazione risultati finali in #Congo





Un nuovo fulmine a ciel sereno si abbatte sulla Repubblica Democratica Del Congo dopo le tribolate e contestate elezioni presidenziali del 30 dicembre scorso. Arriva dal vertice #UA di Addis Abeba, riunitosi, d'urgenza proprio per il "Caso Congo" il 17 gennaio 2019.

Ecco la motivazione che ha spinto tutti i membri dell'Unione Africana a scrivere questo severo monito:

"Vi sono seri dubbi sulla conformità dei risultati provvisori" delle elezioni presidenziali congolesi, rilanciate dalla Ceni.

Tuttavia l'organizzazione che riunisce capi di Stato e capi di governo dell'intero Continente africano annuncia anche altro: si fa promotrice di avviare una missione di 'alto livello' a Kinshasa già dal prossimo lunedì 21 gennaio.

Attraverso un comunicato ufficiale #UA si legge la decisione esplicita dell'organismo dei capi di Stato e di governo dell'intera Africa:

"Di conseguenza i capi di Stato e di governo hanno chiesto la sospensione dell'annuncio dei risultati elettorali finali e l'invio di una missione di alto livello".

Nella delegazione - messa in piedi a tempi di record - ci saranno tra gli altri, l'attuale presidente dell'Unione Africana, il ruandese, Paul Kagame, il presidente della Commissione, Chadian Moussa Faki Mahamat e altri capi di stato: la gravità della situazione in #Congo è tale che l'Unione Africana, ha deciso d'intervenire prima che sia troppo tardi.
(Fonte.:au.int;jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.au.int/pressreleases/communiqué-high-level-consultative-meeting-heads-state-and-governament-elections-rdc;
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giovedì 17 gennaio 2019

'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO': Una storia mille storie.






"Prima ancora che tutto si compisse era già accaduto l'imponderabile"
                                                                                 (Cap 8, Parte Terza)






Pagine di denuncia civile e insurrezione popolare, pretendendo un cambiamento radicale contro il neoliberismo, i diktat imposti dalla 'dittatura dei mercati' alimentati dalla "finanza creativa", fronte avanzato del "Capitalismo morente" che travolge e annienta tutto quello che trova sulla sua strada.
Bob Fabiani



#ZimbabweShutdown: Tra proteste di piazza (per il caro carburanti) e repressione militare




La scena che si presentava a tutti quelli che si trovavano nei pressi delle due città principali dello #Zimbabwe, la capitale #Harare e #Bulawayo è la stessa di sempre: gas lacrimogeni contro i manifestanti.

Lunedì 14 gennaio le proteste sono divampate in tutto lo #Zimbabwe a causa del rincaro carburanti che ha gettato nella disperazione un intero popolo. Il paese africano è alle prese con una drammatica recessione e la rabbia sociale è ormai alle stelle.

Immediatamente dopo l'inizio delle manifestazioni sono stati indetti anche 3 giorni di sciopero generale dato che i rincari del prezzo dei carburanti, annunciate sabato scorso dal presidente Mnangagwa: da 1,24 dollari a litro a 3,31.



Nel presentare l'odiosa misura, il governo, parla di carenza di benzina: per la gente, l'aumento significa il conseguente rincaro dei prezzi dei beni di prima necessità e del cibo dovuto all'incremento del costo dei trasporti.

-Sospesi tutti i social network

A tre giorni dall'inizio delle proteste la situazione è sempre più preoccupante: nella giornata odierna si è avuta la conferma che è impossibile comunicare via internet e anche via telefono: lo #Zimbabwe è un paese isolato dal resto del Continente Nero.
Almeno 6 morti, un numero imprecisato di feriti e oltre 200 arresti arbitrari, molti fra le file del partito di opposizione.
La notizia è confermata Marco Luppichini cineoperatore freeland: nel rilanciare le notizie drammatiche che arrivano dal paese africano mette in risalto la portata della crisi sociale che si vive nello #Zimbabwe: carceri sovraffollate di prigionieri privati dei diritti fondamentali e il blocco totale dei social media.





-La testimonianza di Fedzayi Mahere

L'avvocato costituzionalista, Fedzayi Mahere tramite Twitter scrive una testimonianza drammatica:

"I militari continuano a colpire e torturare le persone: è un crimine lottare in Zimbabwe. 
Il dissenso non è tollerato e protestare per l'aumento dei carburanti si ottengono solo duri colpi e le torture dei militari".

#ZimbabweShutDown

(Fonte.:aljazeera;theguardian;ewn;newzimbabwevision)
Bob Fabiani
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-www.aljazeera.com;
-www.theguardian.com;
-ewn.co.za;
-newzimbabwevision.com 

Parlando del mio 'Primo Romanzo Africano'






Venerdì 18 Gennaio 2019, a partire dalle ore 21.00 con diretta-video su:
https://www.facebook.com/bobfabiani10/events
parleremo del Romanzo 'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO. 

martedì 15 gennaio 2019

Al via il 'Dibattito Nazionale' voluto da #Macron per arginare i #GiletsJaunes









Oggi è il gran giorno del nuovo corso, almeno come lo intende il presidente francese Macron : fare in modo che si creino le basi per un dibattito partecipato e popolare; l'intento dell'inquilino dell'Eliseo è di facile lettura; in questo modo egli intende, definitivamente, mettere all'angolo i #GiletsJaunes in modo da riprendere 'completamente' e saldamente, l'agenda politica.  Che questo sia l'intento si è potuto scoprirlo nella lunga lettera, scritta ai  francesi.

E' dunque partito il grande dibattito ma l'incertezza regna sovrana circa i reali sbocchi che potrà prendere questo raffronto collettivo sui quattro temi (transizione ecologica, fiscalità,  riforma dello stato, democrazia e cittadinanza) nonché la confusione come imprimatur di questo "Atto II", pensato dal presidente per spegnere l'incendio della collera e dell'insurrezione.

Si parte in Normandia, precisamente a Grand-Bourgthroulde dove il presidente darà ufficialmente il via ai lavori insieme a 600 sindaci chiamati a guidare questa specie di "Grande Assemblea Popolare e Costituente" intorno al capezzale della Repubblica malata, ansimante, sfibrata e colpita al cuore da decenni e decenni di declino e malcontento sociale e collettivo, certamente acuito dall'operato, spesso spocchioso, il più delle volte irriguardoso di Macron verso quei francesi che, con il passar del tempo e delle stagioni, si sono ritrovati impoveriti e mal tutelati dal governo e dalla stessa Repubblica.

Basterà a mettere 'il silenziatore' alla rabbia del Movimento dei #GiletesJaunes? Difficile dirlo oggi. Troppe sono le variabili imprevedibili. Una cosa però è abbastanza chiara, in questo momento: la lunga lettera di ben 6 pagine, nelle quali, Macron propone un "nuovo contratto" ai cittadini, convince poco.

Il presidente si contraddice quando su alcuni punti (leggi la patrimoniale; n.d.t) non vuole cedere e forse, per mascherare questo sua voglia di "far passare la buriana", mette, getta, nel calderone del malcoltento ben 35 questioni sottolineando che il dibattito resta aperto a tutti i suggerimenti che i cittadini vorranno suggerire.
Macron lo scrive senza tanti giri di parole: "l'obiettivo è di trasformare le collere in soluzioni" e, fa sapere che renderà conto direttamente dei risultati del mese che seguirà la fine dei dibattiti, ossia ad aprile dopo i 2 mesi di discussione.

Al di là di quello che sarà e produrrà questo 'Dibattito Nazionale' è al momento avvolto dalla confusione più avvolgente e investe, come si può facilmente intuire, l'organizzazione pratica su come portarlo avanti e moderarlo.
E' stata messa a disposizione una piattaforma internet (granddebat.fr) e un numero verde.

Le polemiche non sono mancate dopo la lettera aperta dell'inquilino dell'Eliseo. Sono sopratutto le opposizioni ad averla contesta, laddove, Macron si mostra rigidamente bloccato sulle sue posizioni di partenza, le stesse che hanno dato il via alla protesta dei #GiletesJaunes: ossia, l'aumento delle tasse (carburanti).
Macron scrive:

"Non possiamo proseguire il ribasso delle imposte senza abbassare il livello di spesa pubblica": al passaggio seguente, forse, si rende conto di essere insensibile alle incalzanti richieste dei "Gilet Gialli" e quindi scrive (sempre con quell'aria di supposta superiorità e di certezza assoluta):

"La disoccupazione è la nostra grande priorità e l'occupazione si crea prima di tutto nelle imprese, e che quindi bisogna dar loro i mezzi per svilupparsi".

Insomma il presidente rivendica in questo modo la sua appartenenza a quelle élite dominanti che, in questi anni hanno condotto l'Europa e la Francia, sull'orlo del precipizio.

Non c'è possibilità di uscire da questa spirale, disgustosa, da questa "lotta di classe orchestrata dall'alto a danno delle classe dominate".

E' la visione del "Capitalismo morente" che giorno dopo giorno ha condotto tutti nella disperazione, attaccando diritti acquisiti nel tempo, quei beni comuni che questi nuovi-vecchi leader non sanno gestire e quindi attaccano senza pudore, conducendo tutti nell'agone del malcontento sociale dove, intere nuclei e segmenti di società civile, si ritrova, da un giorno all'altro nella miseria più cruenta che morde violentemente alle caviglie.

Ancora più esplicito è il Ministro delle Finanze, Bruno Le Maire: quella nuova fiscalità che dovrà continuare sulla linea di "meno tasse sul capitale per permettere l'innovazione"

Se le basi sono queste allora la strada è già tracciata: il 'dibattito nazionale' non porterà da nessuna parte perché, è altrettanto chiaro che questo governo e il presidente rifiutano di cedere sul simbolo dell'Isf, la patrimoniale che è stata ridotta per i beni immobiliari e, infine, tolta  per il capitale: e assolutamente mal tollerata dai #GiletsJaunes (si tratta di circa 4 miliardi n.d.t).

Su un altro tema, Macron, resta vago: come nel caso della transizione ecologica limitandosi solo a invocare un generico "dobbiamo fare in fretta"

Nell'agone di questo grande dibattito in preda alla confusione spicca, a sorpresa anche la "questione delle questioni": l'immigrazione. Il presidente qui getta sul tavolo, l'idea delle quote annuali.

Si parlerà anche di riformare la forma dello stato, compresa anche la legge elettorale: Macron propone l'introduzione di una massiccia dose di proporzionale per istituire l'istituzione di una democrazia partecipativa.

I temi sono tanti e certamente potranno dare il via a risse tra quanti parteciperanno ai dibattiti. Intanto, dal grande magma del Movimento dei #GiletesJaunes, Hayk Shanhinyan dei "Giletes Jaunes, le mouvement" risponde indirettamente al presidente: "Se il poresidente pensa di addormentarci con il dibattito nazionale per due mesi, allora si prepari al peggio".
(Fonte.:lemonde)
Bob Fabiani
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-www.lemonde.fr              

lunedì 14 gennaio 2019

Storia del Gruppo etnico-linguistico, Luba






In occasione del risultato di portata storica dopo le Presidenziali in #RDC del #30D2018 che ha visto la 'vittoria provvisoria' di #FelixTshisekedi, figlio del grande leader Etienne Tshisekedi, di etnia Luba; oggi, AfricaLand Storie e Culture africane ricostruisce (brevemente), la storia di questo Gruppo etnico della Repubblica Democratica Del Congo.



Il Gruppo etno-linguistico di Luba è anche conosciuto con il nome di Baluba (forma plurale di Maluba n.d.t): questo popolo è di etnia Bantu, una civiltà antica, fiorita intorno all'XI secolo. E' stata la più importante civiltà dell'Africa Subequatoriale. I Bantu abitavano praticamente tutta l'Africa Meridionale e gran parte dell'Africa Centrale; e quindi anche la Repubblica Democratica Del Congo.
Sono stanziati nelle regioni boschive e le savane del Sud corrispondenti alle province del Kasai-Occidentale (era una delle 11 province #RDC fino alla modifica costituzionale del 2006, n.d.t), Kasai-Orientale (altra provincia #RDC: deve il suo nome al fiume Kasai. A partire dal 2005 è stata divisa in più province come previsto dalla Costituzione congolese, n.d.t) e del Katanga (a partire dalla riforma del 2006, diventata operativa dal 2015, la provincia è stata divisa in quattro diverse province: Tanganyika, Alto Lomami, Lualaba, Alto Katanga n.dt) della Repubblica Democratica Del Congo in un'area compresa fra il corso del fiume Kasai e il Lago Tanganica.



 

La lingua parlata è il 'Kilibua'.


-Lingua Kiliba

Il Kiluba (anche detto Luba-Katanga n.d.t) è una lingua Bantu dell'Africa Centrale: all'interno del Gruppo delle Lingue Bantu, viene classificata nel sottogruppo delle Lingue Luba, all'interno della zona L, che comprende altre parlate simili della zona del bacino del Congo.

Il Kiluba, anche conosciuto come Luba (ki è il prefisso che indica una lingua) o Luba-Katanga. Viene parlato dalla popolazione Baluba (o Luba n.d.t), stanziati nella parte Meridionale della Repubblica Democratica Del Congo.




-Lingue Luba

Le lingue Luba fanno parte del Gruppo Bantu, codificate nel 1995 dalla linguista Christine Ahmed-Saidi.
Sono parlate nelle regioni comprese fra il Fiume Niger - e il Congo, comprensibili fra loro, vengono distinte a seconda della regione geografica in cui vengono usate le varianti linguistiche: ad esempio il Luba-Kasai (Tshiluba), il Luba-Katanga (Kiluba) queste prime due, risultano essere le 2 più diffuse anche se, ve ne sono altre: il Luba-Hemba, il Luba-Lulua, il Luba-Shaba.



La lingua Luba, oggi è parlata da circa 8 milioni di persone è considerata una 'lingua franca' (ossia, una lingua usata come strumento di comunicazione internazionale o comunque fra persone di differente lingue madri n.d.t) essendo parlata in regioni di nazioni diverse ed è una delle lingue ufficiali del Congo.

Questa lingua si sviluppò e si diffuse con la nascita del Regno (o impero n.d.t) di Luba. A partire dal XVI secolo, quando il popolo e la lingua dei Luba divenne dominante sulle tribù che condividevano lo stesso areale, i Lunda (provincia di Lunda Nord è una delle 18 dell'Angola, con capoluogo Lucapa n.d.t) e Lulua (oggi chiamata Kananga ma, fino al 1966 Luluabourg, città capoluogo della Provincia del Kasai Centrale: situata a 634m s.l.m. sul Fiume Lulua n.d.t).

Gli occupanti belgi la usarono come lingua di riferimento con la popolazione locale durante la colonizzazione belga dell'area.


-Bibliografia



  • Cristiana Fiaminga  : "L'Africa subsahariana: ambiente, storia, strutture di popolo, lingue,  struttura di popolo; lingue, popoli, religioni, cronologia, glossario"; - Ediz.Pendragon, 12 Gennaio 2000
  •  Andron Dalby           : "Dictonary of languages: The definitive reference to more than 400 lenguages"; - Ediz. Bloomsour Publishing, 28 ottobre 2015


  • David Van Reybrouck  : "Congo"; - Feltrinelli, 2014 
(Fonte.:africanews)
Bob Fabiani
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-fr.africanews.com

#LettreAuxFrançais (et #GiletesJaunes) firmata #Macron





Il presidente francese #Macron scrive ai francesi e motiva questa sua decisione con queste parole:

"Trasformiamo insieme la collera in soluzioni".


Per fare cosa?

L'inquilino dell'Eliseo intende lanciare e aprire un dibattito nazionale per costruire, attraverso le proposte di tutti:

"Un nuovo contratto per la nazione".

E' dunque questo l'intento di Macron per cercare di porre fine a settimane di proteste dei #GiletesJaunes.





Entriamo più nello specifico per scoprire cosa ha scritto il presidente della Repubblica Francese : vedremo se avrà voluto rispondere alle istanze che il Movimento dei #GiletesJaunes rivendica anche e sopratutto sul piano del diritto del dissenso e del conflitto di una lotta sociale come l'ha descritta, una delle portavoce dei gilet gialli (e che abbiamo pubblicato ieri, 13 gennaio n.d.t) in una drammatica testimonianza diretta che inchioda, le forze dell'ordine e lo stesso presidente, su un tema specifico: quello dell'abuso di potere messo in atto nella cruenta repressione poliziesca per ridurre al silenzio l'"insurrezione" popolare.



  • -Una lunga lettera



Lettera lunga in cui Macron cerca di nuovo di ricompattare il paese senza però fare un passo avanti : elenca storture, parla di democrazia e diritti, senza rendersi conto che il suo operato ha prodotto e accentuato disuguaglianze, soppressione della democrazia dopo le inaudite violenze da parte della polizia.

C'è un passaggio stucchevole in cui il presidente Macron dice:

"Oggi alcune persone sono insoddisfatte o arrabbiate: perché il nostro paese non offre  la stessa opportunità di avere successo. Tutti vorrebbero un paese più prospero e una società più giusta. Questa impazienza, la condivido. La società che vogliamo è una società è una società in cui avere successo non dovrebbe richiedere relazioni o fortuna, ma impegno e lavoro".

Questa la ragione per cui Macron propone di "costruire un nuovo contratto per la nazione"  in modo da poter "strutturare l'azione di governo e del parlamento, ma anche la posizione della Francia a livello europeo e internazionale".

Non si capisce come si svolgerà: Macron ha parlato di dibattiti sui territori e discussioni online (nella speranza di addolcire la collera dei #GiletesJaunes n.d.t), durerà due mesi durante le quali la cittadinanza è invitata a esprimere le loro posizioni su 4 temi generali:
  1. Tasse
  2. Organizzazione dello Stato e Amministrazione Pubblica
  3. Transizione Ecologica
  4. Cittadinanza e democrazia


Nella lettera il presidente pone circa 30 domande ai francesi: vediamo le più importanti:

  • Quali Tasse ridurre?
  • Quali tagli alla spesa pubblica?
  • Come rendere il sistema fiscale più equo ed efficiente?
  • Vanno rimossi alcuni servizi pubblici troppo vecchi e costosi?
  • Va rafforzato il decentramento?
  • In che modo finanziare la transazione ecologica? 
  • Va limitato il numero dei parlamentari e di altre categorie di eletti? In quali proporzioni?
  • Cosa proponi per migliorare l'integrazione?
  • Come rafforzare i principi di laicità francese?
  • Come garantire il rispetto da parte di tutti della comprensione reciproca e dei valori intangibili della Repubblica?


A questo punto della lunga lettera, la doccia gelata, servita in faccia ai #GiletsJaunes: Macron, perentoriamente fa sapere che non verrà attuato nessun calo della pressione fiscale se, non si procederà con i soliti, stucchevoli tagli alla spesa pubblica

Macron dunque rafforza i diktat neoliberisti, gli stessi principi e le stesse politiche (fallimentari) che hanno causato drammi, povertà diffuse e il ritorno dei nazionalismi

A cosa serve scrivere una lettera (per giunta lunga) se non si è disposti a scendere dal piedistallo dell'arroganza di potere, responsabile del ritorno di pericolose avventure autoritarie?
Come può Macron, insistere sul fatto che il governo non tornerà indietro sulle riforme già avviate e sulle misure (a favore delle solite élite che hanno sempre agito al fianco del Capitalismo rampante, quegli ambienti per altro conosciuti benissimo dall'attuale presidente ...) al centro della campagna elettorale 2017?
La chiama democrazia senza capire che il suo operato ha provveduto a sospenderla se, in modo irresponsabile, ha dato ordine alla polizia di stato di umiliare, colpire violentemente, reprimere tutti coloro che non la pensano come lui. 
Non basta scrivere una lettera aperta, fare finta di dare il là a una (finta) "fase costituente" e intanto apporre dei paletti pesanti per non intervenire dove serve e dove è giusto. Non può scrivere di non voler accettare "alcuna forma di violenza" quando quella violenza è stata prodotta dalle forze dell'ordine che hanno eseguito i suoi desiderata... Parla di violenze contro "rappresentanti eletti, giornalisti, istituzioni o funzionari pubblici" dimenticando i cittadini brutalizzati, i liceali umiliati e trattati come se fossero detenuti terroristi in un qualsiasi paese dittatoriale e non invece, la civilissima Francia dell'altrettanto civilissimo Vecchio Continente, gli anziani picchiati dai gendarmi... salvo poi concludere con una strana frase lanciata nello stagno:

"Se tutti sono aggressivi verso gli altri, la società crolla".
(Fonte.:ilpost)
Bob Fabiani
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-https://www.ilpost.it/lettera-di-macron-ai-francesi