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lunedì 30 settembre 2019

Burundi, tra violenze di stato e rischio genocidio. Le accuse della Commissione d'inchiesta ONU sui #DirittiUmani












Il 30 settembre 2016 le NazioninUnite hanno istituito una commissione d'inchiesta sul Burundi allo scopo di analizzare le violazioni (sistematiche) dei diritti umani nel paese africano, a partire da aprile 2015. In quei giorni, a seguito di gravi disordini, migliaia di burundesi avevano deciso di abbandonare il loro paese in cerca di un posto più sicuro dove vivere.

Tutto era iniziato, un attimo dopo che il presidente Pierre Nkurunziza annunciò la sua decisione di candidarsi per un terzo mandato, quando la legge ne prevedeva al massimo due.
Seguì un referendum costituzionale che servì per agirare l'ostacolo dei "due mandati" puntualmente andato in porto. A quel punto il più era stato fatto e, al presidente burundese non restava che vincere le Presidenziali mentre, a quel punto, gran parte dell'opposizione boicottò la tornata elettorale. Da quel momento, il Burundi precipitò nell'incubo della violenza rischiando, a più riprese la guerra civile.





Da quel momento, il presidente - padrone del Burundi ha usato il pugno di ferro per sedare le rivolte del popolo burundese, inscenando una serie di violenze di stato (con la collaborazione dell'esercito e delle forze dell'ordine) che hanno rasentato e ricordato ai burundesi dolorosi lutti.

Un vero e proprio genocidio.

A seguito della spericolata decisione di Nkurunziza, in quei giorni del 2016 circa 400mila burundesi si diedero alla fuga e, 200mila persone ripararono nella vicina Tanzania (184mila distribuiti nei campi di Nduta, Mtendeli e Nyarugusu n.d.t).


  



Dopo 4 anni il governo della Tanzania, in accordo con il Burundi, è orientata a rimpatriare al ritmo di 2mila persone a settimana i profughi burundesi. E' quello che ha dichiarato il ministro degli interni tanzaniano Kangi Lugola.

"In accordo con il governo burundese e in collaborazione con l'alto commissariato per i rifugiati, inizieremo il rimpatrio di tutti i rifugiati burundesi dal 1 ottobre".

Il ministro si è poi soffermato sull'attuale situazione in Burundi parlando in questi termini.

"Ora a Bujumbura regna la pace e le informazioni che ci arrivano, parlano di organizzazioni internazionali stanno fornendo notizie non veritiere sulla sotuazione ambientale, sociale e politica in Burundi". 

Affermazioni forti e dissonanti da quelle, per esempio, in possesso delle Nazioni Unite.

A proposito di questo, l'agenzia ONU per i rifugiati (Unhcr) fa notare che "anche se in Burundi la sicurezza è migliorata, le condizioni non sono favorevoli alla promozione rimpatri". Al momento, la stessa agenzia sta aiutando tutti i rifugiati che, volontariamente, hanno scelto di rientrare in Burundi. In queste ultime ore, sia le autorità tanzaniane che burundesi sostengono che i rimpatri stanno avvenendo a ritmo "troppo lento" e denunciano che questo in realtà, alimentano la violenza nei campi.

In passato in effetti, nei campi profughi in Tanzania, si sono organizzati movimenti contro il governo (fedele al presidente - padrone). Tuttavia, questa denuncia da parte delle autorità di Bujumbura nasconde un altro fine. In questo modo si possono facilmente controllare le persone all'interno delle frontiere in modo poi, da riuscire a presentarsi alla comunità internazionale come "Paese sicuro", in vista delle "Elezioni 2020".

Eccolo dunque l'obiettivo del governo quando mancano 8 mesi all'appuntamento elettorale : un modo come un altro per mandare un messaggio chiaro e inequivocabile, ossia, in Burundi le elezioni si svolgeranno senza brogli ma, regolarmente.




Se si fa riferimento a quei giorni dell'aprile 2015 allora il piccolo paese africano appare sicuro, anche se, secondo l'ultimo rapporto dell'agenzia Human Rights Watch, le autorità di Bujumbura sarebbero responsabili di "dozzine di pestaggi, arresti arbitrari, sparizioni e uccisioni contro membri  dell'opposizione politica reali o presunti".

E' una situazione di calma sospesa, apparente, come spiega Peter (nome di fantasia e un passato di migrante in Italia n.d.t).

"Come da voi nelle zone di 'ndrangheta tutto è tranquillo, non c'è neanche bisogno di ammazzare troppo, basta far sparire una o due persone ogni tanto" .


Rapporto della Commissioned'inchiesta sul Burundi

Il rapporto a firma della Commissione di inchiesta sul Burundi delle Nazioni Unite conferma, in modo inequivocabile che il  "clima di paura e intimidazione nei confronti di tutte le persone che non mostrano il proprio sostegno al partito di potere, il Conseil national pour la difense de la démocratie-Forces pour la défense de la démocratie (Cndd-Fdd). I giovani del partito, i cosiddetti Imbonerakure, gli agenti del servizio di intelligence nazionale e la polizia continuano a commettere gravi violazioni dei diritti umani contro i cittadini del Burundi e la crisi scatenata nel 2016 è ben lungi dall'essere risolta, anzi si è evoluta al punto da colpire tutti gli angoli del paese". 

Il rapporto accusa gli Imbonerakure di omicidi, arresti arbitrari e torture, una violenza alimentata dalla diffusa impunità.

"Oggi è estremamente pericoloso parlare criticamente in Burundi " , spiega in modo chiaro e netto il presidente della Commissione , Doudou Diène. "Il soffocamento delle voci critiche è ciò che consente al Paese di presentare l'illusione di calma", aggiunge la camerunense Lucy Asuagbor, membro della stessa commissione, al pari del britannico Françoise Hampson, che aggiunge : "Una calma basata sul terrore".

Nella stesura del testo si specifica che le violenze "non esistono" perché non c'è chi le racconta, data l'assenza di media indipendenti, a causa di un sistema giudiziario disfunzionale e anche per la recente di chiusura dell'ufficio nazionale dell'Alto commissariato ONU per i diritti umani. La Commissione è attualmente l'unico meccanismo internazionale indipendente che indaga sugli abusi commessi in Burundi.
I commissari chiedono quindi al governo di porre fine alle violenze da parte di agenti dello Stato e Imbonerakure.  Inoltre sottolineano l'urgente necessità di attuare misure per prevenire il deterioramento della situazione dei diritti umani nel contesto delle elezioni 2020. A proposito di questo, dalla Commissione si invita la comunità internazionale alla massima vigilanza sul Burundi, applicando il "Quadro di analisi per potenziali atrocità" sviluppato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio (il rapporto ha riscontrato in Burundi tutti gli otto "fattori di rischio").
A Bujumbura c'è anche il ministro per i Diritti Umani, Martin Nivyabandi, il quale ha però rigettato le accuse dell'ONU, formulate a suo dire senza aver prima "dialogato con le autorità".


Conclusioni

Le conclusioni a cui è giunta la Commissione si basano su oltre 1.200 dichiarazioni di vittime, testimoni e presunti autori di violazioni dei diritti umani e altre fonti raccolte nel corso di 3 annio di indagine. Anche nel 2019 il governo del Burundi ha rifiutato qualsiasi cooperazione con la Commissione.

A 8 mesi dalle elezioni presidenziali che si terranno il 20 maggio 2020 anche la Chiesa si dice preiccupata :  due domenicahe fa, in tutte le chiese cattoliche è stato letto un messaggio dei vescovi che esprimevano tutta la loro preoccupazioni  per le "aggressioni di alcuni partiti politici e le persecuzioni nei confronti della Chiesa : atti criminali che arrivano fino all'omicidio...Nella maggior parte dei casi le vittime sono coloro che hanno opinioni diverse da quelle del governo".

Secondo i vescovi, gli Imbonerakure hanno preso il posto delle forze di sicurezza. Non solo. I vescovi hanno voluto anche affrontare la "questione dei rimpatri dei rifugiati volontari : auspicano che le elezioni avvengano dopo questi rimpatri e senza costrizioni. La risposta del governo burundese non si è fatta attendere. A parlare è Willy Nyamitwe, consigliere e portavoce del presidente Nkurunziza : "i vescovi hanno l'abitudine alla vigilia delle elezioni di sputare odio velenoso".

Questo è solo un anticipo di quello che accadrà da qui a maggio e, sicuramente, la temperatura (e non solo quella ambientale) crescerà vertiginosamente. Ma al di là di questo, in Burundi si muovono spettri, chiaro segnale per mettere a tacere ogni voce del dissenso e, un altro segnale è l'annullamento del rilascio del passaporti delle ambasciate : se si vuole rinnovare il documento si deve per forza passare dalla capitale, Bujumbura altrimenti esiste un altra possibilità, diventare un clandestino.

A questo punto e in questo clima che volge al brutto (eufemismo), si può stare certi che, i celebri "Tamburi del Burundi", patrimonio Unesco e simbolo di festa, pace, gioia e unità, non suoneranno più per un bel pò di tempo.
(Fonte.:afp)
Bob Fabiani
Link
-www.afp.com/burundi  

domenica 29 settembre 2019

Quei negazionisti (della crisi climatica) che odiano le donne*






AfricaLand Storie e Culture africane, conclude le pubblicazioni dedicate alla settima dello sciopero del clima - organizzate dai ragazzi e dagli stuidenti e attivisti del #FridaysForFuture nei quattro angoli del mondo - con un reportage dedicato ai negazionisti che non credono alla crisi climatica. Alcuni studi dimostrano che questi individui - alcuni addirittura ai massimi livelli delle stanze del potere essendo attuali presidenti di Stati importanti, tendono ad avere atteggiamenti misogini e sessisti.







#ClimateActionSummit19 : molte parole e pochi fatti

Il 23 settembre gli attivisti  per l'ambiente hanno inviato un messaggio chiaro ai leader mondiali riuniti al vertice sul clima delle Nazioni Unite, a New York. Greta Thunberg, svedese, 16 anni, ha guidato la protesta chiedendo ai politici d'intervenire per limitare l'aumento delle temperature.

"Gli occhi delle generazioni future sono puntati su di voi", ha detto alla platea presenmte al palazzo di Vetro dell'ONU. "Se sceglerete di tradirci, non vi perdoneremo mai".

E quale è stata la risposta dei leader? E quale è il consultivo finale, al termine della "settimana dello sciopero globale per il clima"?

Prima del reportage dedicato ai negazionisti della crisi climatica, AfricaLand Storie e Culture africane traccia una 'sintesi' su quanto emerso dal summit  di New York viluto dalle Nazioni Unite. Partiamo dunque dal segretario generale Onu, Antonio Guterres.

Alla vigilia del vertice Guterres aveva invitato i governi a presentare nuovi progetti in ambiti come il carbon pricing (costo sulle emissioni) e la riforestazione, con l'obiettivo di raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.

"Non ho la pretesa di governare il mondo, ma ho il compito di dire al mondo cosa è necessario fare".

Il vertice si è concluso con una raffica di nuovi annunci, tra cui l'impegno di 66 governi, 93 aziende e più di cento amministrazioni comunali a raggiungere quell'obiettivo. La Germania e la Slovacchia sono entrate a far parte di un'alleanza di 32 paesi per fermare la costruzione di nuove centrali a carbone. Varie aziende e gruppi industriali hanno annunciato nuove misure per ridurre le emissioni prodotte da edifici e mezzi di trasporto.
Il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha fissato l'obiettivo di 450 giga-watt per le energie rinnovabili entro il 2030, ossia cinque volte i livelli attuali.

Guterres ha sottolineato il buon esito del vertice. "Oggi, in questa sala, il mondo ha ascoltato ambizioni chiare e iniziative concrete".

Eppure, all'incontro sul clima i leader mondiali noin hanno preso misure concrete per fermare l'aumento delle temperature e ridurre le emissioni : è questo ciò che emerge alla fine del vertice. Gli attivisti sono profondamente insoddisfatti. Thunberg e altri ragazzi hanno depositato una denuncia in cui accusano 5 paesi di aver violato i loro diritti umani ignorando la crisi climatica.

Di quali paesi si tratta?

I paesi sono : la Germania, la Francia, Brasile, Argentina e Turchia, che permettono questo tipo di denuncia in base alla Convenzione dei diritti dei bambini.
Mentre il vertice stava per finire, una riunione delle grandi aziende petrolifere dimostrava il divario tra le intenzioni e la realtà attuale.

Ci torneremo su questo punto specifico nelle prossime settimane, per il momento possiamo stilare un bilancio, del tutto negativo : i leader hanno speso molte parole ma pochi fatti.
(Bob Fabiani)


Negazionisti che odiano le donne*






  

  "Biorn Lomborg, studioso danese scettico sul cambiamento climatico, è diventato famoso nel mondo ostentando sangue freddo. Il libro in cui cerca di rassicurare chi si preoccupa del riscaldamento globale s'intitola Stiamo freschi. Perché non dobbiamo preoccuparci troppo del riscaldamento globale (Mondadori 2008).  Ma per qualche ragione ha difficoltà a mantenere il sangue freddo quando ha a che fare con un'attivista svedese di 16 anni.
Lomborg ha preso in giro o ha criticato ripetutamente Greta Thunberg (un pò come accade qui in Italia con alcune media vicini alla destra estrema italiana e con pseudo-giornalisti alla Feltri n.d.t), la studente che di recente ha attraversato in barca a vela l'Atlantico per partecipare al summit sul clima di New York. A giugno ha twittato una vignetta che lasciava intendere che Thunberg è utile al movimento per il clima perché la sua età la rende inattaccabile. In seguito ha condiviso un articolo in cui si dice che Thunberg è una fanatica "assolutista" e che gli adulti avrebbero dovuto correggere la sua integrità da bambina.
"Naturalmente dovrebbe essere trattata con rispetto",  ha aggiunto in seguito. Ma a quanto pare molti dei suoi sostenitori non gli hanno dato retta.

Mentre si avvicinava agli Stati Uniti, Thunberg si è vista piombare addosso uno tsunami di rabbia maschile. Il suo primo giorno di navigazione Arron Banks, ricco sostenitore della Brexit (ossia, sostenitore dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea n.d.t), ha auspicato che un incidente distruggesse la barca su cui viaggiava Thunberg. Un giornalista conservatore australiano l'ha definita una "messia disturbata del movimento contro il cambiamento climatico", e l'attivista britannico di estrema destra David Vance se l'è presa con la "petulanza di questa arrogante ragazzina".
Steve Milloy, ex collaboratore del presidente Donald Trump ha definito Thunberg una "marionetta adolescente" e ha detto che "il mondo ride davanti alla farsa di Greta".

Alcuni potranno anche pensare che questi attacchi siano semplici coincidenze, ma il fatto che uomini bianchi attacchino Thunberg è coerente con una serie di ricerche in cui si dimostrano i legami tra chi nega il cambiamento climatico e chi ha posizioni reazionarie sulle questioni di genere.

Questione di identità

Alcune di queste ricerche vengono dal paese di Thunberg. I ricercatori della Chalmers university of thechnology di Goteborg, che di recente ha creato il primo centro di ricerca sul negazionismo climatico, esplorano da anni i legami tra i negazionisti del cambiamento climatico e l'estrema destra antifemminista. Nel 2014 Jonas Anshelm e Martin Hultman hanno pubblicato un saggio che analizzava il linguaggio di un focus group di persone scettiche sul cambiamento climatico. Gli argomenti più comuni nel gruppo erano rivelatori : "Per chi non crede al cambiamento climatico non è l'ambiente a essere in pericolo, ma un certo tipo di moderna società industriale dominata dalla mascolinità".

Questo legame, mi ha detto Hultman, si spiega con il fatto che c'è un gruppo sociale convinto che la sua identità sia sotto attacco. Assediati dalla crescente parità di genere e dalla sfida che l'attivismo climatico rappresenta per il loro stile di vita, i maschi reazionari mossi dal nazionalismo, dell'antisemitismo e dal negazionismo sul clima si sovrappongono sempre più spesso, e queste dinamiche si alimentano a vicenda.

"Esiste un insieme di valori e comportamenti legati a una forma di mascolinità che chiamo 'mascolinità di capo-famiglia industriale' . Per queste persone il mondo è diviso in due : da una parte gli esseri umani e dall'altra la natura. Pensano che le persone siano obbligate a servirsi della natura e delle sue risorse per ricavarne prodotti. E la loro percezione del rischio li spinge a pensare che la natura sopporterà ogni genere di devastazione. Per loro la crescita e conomica è più importante dell'ambiente", ha detto Hultman in un'intervista alla Deutsche Welle. La conseguenza è che agli occhi degli scettici la scienza che studia il clima diventa femminilizzata, o "contraria ai presunti diritti di cui gode il primato maschile", hanno scritto Hultman e il collega Paul Pulé in un altro studio.

Queste scoperte sono in linea con le conclusioni a cui sono arrivati alcuni ricercatori negli Stati Uniti, un paese dove molti uomini percepiscono l'attivismo per il clima come qualcosa di intrensecamente femminile. "In un esperimento del 2017 a cui partecipavano sia uomini sia donne, i volontari dovevano dare una descrizione di una persona che andava in un negozio di alimentari con un sacchetto di stoffa riutilizzabile o con uno di plastica. Tutti sostenevano che la persona con il sacchetto riutilizzabile fosse più femminile, a prescindere dal fatto che fosse un uomo o una donna", hanno spiegato Aaron R. Brough e James E.B. Wilkie su Scientific American "In un altro esperimento i partecipanti si percepivano come più femminili dopo aver ricordato una volta in cui avevano fatto qualcosa di buono per l'ambiente".

Nell'ultimo anno giovani donne come Alexandria Ocasio-Cortez e Thunberg sono diventate i volti globali dell'attivismo per il clima. La loro ascesa ha provocato una reazione prevedibile tra gli uomini conservatori. Negli Stati Uniti i giornalisti di destra sono ossessionati da Ocasio-Cortez e in Europa Thunberg sta diventando un bersaglio dell'estrema destra. A quanto pare in Germania il partito di estrema destra Alternative fur Deutschland avrebbe coordinato i suoi attacchi contro Thunberg con il think tank di destra European institute for climate change.
Con il rafforzamento del legame tra i partiti conservatori e il nazionalismo e l'imperversare della retorica misogina nell'estrema destra, Hultman e i suoi colleghi alla Chalmers university temono che anche il legame tra negazionisti climatici e misoginia sia destinato a rafforzarsi. Quello che un tempo era un problema pratico in cui tutti concordavano sui dati di fatto è diventato una questione di identità. E la paura del cambiamento è una motivazione fortissima".

*Martin Gelin, The New Republic, Stati Uniti
**Questo post è dedicato a Silvia Romano
(Fonte.:newrepublic;economist;internazionale)
Bob Fabiani
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-https://newrepublic.com;
-www.economist.com;
-www.internazionale.it


sabato 28 settembre 2019

La marcia dell'Africa per il clima #EarthStrike







Il 3° sciopero globale per il clima ha visto il Continente Nero tra i continenti più attivi. In tempo reale, ieri Twitter veniva invaso da foto e video da strade reali. E l'Africa come l'Europa, l'Asia e l'America dava il suo contributo.





La marcia più emozionante è andata in scena nel distretto Wakiso, in Uganda, decine di scolari seri in divisa scolastica avanzano a passo deciso su una pista di terra battuta.





Come informano i Tweet di @350africa, nel continente che storicamente meno ha contribuito alle emissioni di gas serra, eppure è e sarà fra le regioni del mondo più vulmerabili al riscaldamento del clima, hanno manifestato anche bambini-scolari in Nigeria, e da Dakar ad Arusha, da Abidjan (con le studentesse in bianco, nero e foulard).






E in Sudafrica i lavoratori hanno marciato fin davanti al Dipartimento dell'Energia chiedendo una netta transizione alle rinnovabili.
(Fonte.:350africaorg;ilmanifesto)
Bob Fabiani
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-https://350africa.org;
-www.ilmanifesto.it 

venerdì 27 settembre 2019

#RapportoIpcc:Oceani sempre più caldi, danni in aumento






Questo 27 settembre 2019 è il giorno del 3 sciopero globale per il clima organizzato dagli studenti di tutto il globo; il #FridaysForFuture; sciopero ribattezzato #EarthStrike ha visto la partecipazione di 27 paesi e milioni di giovani che, un venerdì dopo l'altro, stanno invocando il cambiamento dai leader dei governi.
A scendere in piazza sono stati gli attivisti e le attiviste di Kigali in Rwanda  e quelli di Ujaanbataan, Mongolia, Riyadh in Arabia Saudita fino a Tijuana, Messico.
In Italia, lo sciopero per il clima ha visto scendere una vera e propria onda verde, in 160 città.


Il #RapportoIpcc

Nel 21simo secolo, a causa del riscaldamento globale, gli oceani vedranno un aumento senza precedenti delle temperature e della acidificazione, un calo dell'ossigeno, ondate di calore, piogge e cicloni più frequenti e devastanti, aumento del livello delle acque, diminuzione degli animali marini.




Lo scioglimento dei ghiacciai montani metterà a rischio le forniture idriche e le coltivazioni. Lo scrive il rapporto Ipcc, il comitato scientifico sul clima redatto dall'ONU, dedicato a oceani e ghiacciai e diffuso lo scorso 25 settembre.

"La perdita di massa globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura nevosa e nell'estensione dei ghiacciai artici è destinata a continuare nel periodo 2031 - 2050, a causa degli aumenti della temperatura di superficie, con conseguenze inevitabili per straripamenti di fiumi e rischi locali", si legge nel rapporto "Oceano e criosfera in un clima che cambia" (la criosfera è l'estensione dei ghiacci).





Secondo lo studio Ipcc, nel 21esimo secolo, gli oceani sono destinati a "condizioni senza precedenti di aumento a causa dell'aumento delle temperature, e, alla maggiore stratificazione dei livelli superficiali, ulteriore acidificazione, declino dell'ossigeno e alterata produzione primaria netta (la produzione di pesci e alghe, n.d.t).
Ondate di calore marine ed eventio estremi come El Nino e La Nina sono destinati a diventare più frequenti. Eventi estremi di livello del mare che erano storicamente rari (uno al secolo nel passato) sono destinati ad avvenire più di frequente (almeno una volta l'anno) in molte zone al 2050, specialmente nelle regioni tropicali. L'aumento del mare continuerà oltre il 2100".
(Fonte.:ansa)
Bob Fabiani
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-https://www.ansa.it    

giovedì 26 settembre 2019

FOTO DEL GIORNO - Ragazze afroamericane scioperano per il #FridaysForFuture







Le oceaniche manifestazioni e gli scioperi per il #clima all'inizio di questa settimana, a New York, hanno avuto il merito di imporre l'agenda ai potenti della terra alla riunione dell'Assemblea generale ONU per la lotta ai cambiamenti climatici.

La comunità afroamericana - come testimonia la foto che pubblichiamo - è molto attiva nella lotta per i cambiamenti climatici che, negli USA vedono impegnato #TheDonald, il presidente statunitense su posizioni negazioniste.
(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabianiù
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mercoledì 25 settembre 2019

Regno del Waalo





Il Regno di Waalo (Oualo) è stato un regno ubicato nella regione e nel tratto interiore del Fiume Senegal in Africa occidentale negli odierni Stati del Senegal  e della Mauritania.





Fu fondato nel 1287 da Ndiadiane Ndiaye, separandosi dal Regno di Jolof.

Waalo, ha avuto un sistema  politico e sociale complicato, che ha influenzato la 'cultura Wolof' (una delle popolazioni del Senegal e, il gruppo etnico principale con circa il 43% della popolazione totale) di oggi in Senegal; in particolare il suo sistema di caste rigido e altamente formalizzato.

A partire dalla seconda metà del XVII secolo la storia del Regno del Waalo fu profondamente influenzata dai suoi rapporti con i francesi che nel 1657 fondarono uno stabilimento commerciale e militare a Saint Louis, sulla costa atlantica.





Il primo progetto di "colonizzazione agricola" fu ideato alla del XVIII secolo per opera degli inglesi che avevano preso il controllo di Saint Louis in occasione della fine delle guerre napoleoniche.

Il primo governatore dell'insidiamento dopo la restituzione alla Francia riprese il progetto del 1816, certo di poter trasformare la zona in un enorme piantagione che avrebbe fatto l'irgoglio della Francia (a danno del Regno di Waalo, del Senegal  e dell'Africa n.d.t).
Perciò furono acquistate terre collocate sul Regno del Waalo, ancora indipendente, e furono firmati con il suo sovrano, il Brak, trattati che impegnavano quest'ultimo a fornire la manodopera necessarie. Il progetto fu un fallimento clamoroso e fu abbandonato nel 1831. A determinare tale fallimento, oltre alle condizioni climatiche e alla natura dei terreni che non erano adatti alla coltura dei prodotti sperimentati, furono l'incapacità del Brak di mantenere gli impegni relativi alla manodopera e il fatto che dovette fronteggiare numerose rivolte di fronte alla cessione ai coloni bianchi di terre considerate inalienabili dalle popolazione.
Questi aspetti furono determinanti nel far capire alla Francia che la colonizzazione era una premessa alla realizzazione di qualsiasi progetto che non fosse di carattere esclusivamente commerciale.

Il Waalo fu colonizzato nel 1855 e il resto del Senegal nei 30 anni successivi.


Bibliografia : Mamadou Ly - Africa alla rovescia - Prospettive edizioni, seconda edizione 2005

(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/storie-e-culture-africane/regno-del-waalo 

martedì 24 settembre 2019

Il ghigno di Greta - FOTO DEL GIORNO








La foto che Africaland Storie e Culture africane pubblica oggi nella sezione del blog FOTO DEL GIORNO sarà quella che resterà negli annali dedicati al simmit sul clima.
Abbiamo titolato "Il ghigno di Greta" quando, l'attivista del Fridays for Future ha incrociato l'arrivo di #TheDonald, il presidente USA che aveva prima annunciato di disertare il summit - come spesso usa fare, quando il presidente vuole snobbare ciò che non gli piace - poi, evidentemente qualcuno in seno alla Casa Bianca, ha dovuto, in qualche modo, far capire al "capo dei capi del negazionismo", in tema di cambaimenti climatici che, un presidente degli Stati Uniti d'America non può non presentarsi a un summit delle Nazioni Unite.

Naturalmente lo ha fatto a modo suo. Restando per poco tempo, giusto il tempo di ascoltare un paio di interventi ossia, il presidente indiano, Modi e quello della cancelliera, signora Merkel.

Sul fronte del summit il bilancio definitivo è deludente, come per altro hanno sottolineato gli attivisti di Greenpeace. A parte alcuni impegni che sono stati presi per l'Africa - di cui abbiamo scritto ieri -, il #ClimateActionSummit19 conferma la sostonziale "mancata volontà politica" di fare qualcosa di serio e concreto per combattere i cambiamenti climatici. Pochi paesi  - in tutto una settantina - si sono impegnati a migliorare l'accordo di Parigi sul fronte delle emissioni di gas serra, tra questi, spicca la decisione della Russia di aderire a Cop21.
(Fonte.:theguardian)
Bob Fabiani
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-https://www.theguardian.com/international   

lunedì 23 settembre 2019

#ClimateActionSummit19 : La centralità dell'Africa







Il giorno tanto atteso è arrivato : è partito il summit sul clima al palazzo di Vetro dell'ONU; un appuntamento che gli attivisti del Fridays for Future avevano segnato in rosso sul calendario e, a New York, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Greta Thunberg, ha indirizzato un duro monito ai potenti della Terra.

"Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote... (...) ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglerete di fallire non vi perdoneremo mai... (...) Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no... (...) Le persone stanno soffrendo... le persone stanno morendo, interi ecosistemi stanno crollando".

- Greta Thunberg, 23 september 2019, Climate Action Summit UN, New York -








La centralità dell'Africa al Summit '19



La sfida è grande per i paesi africani : secondo gli scienziati, sette dei dieci paesi più colpiti dai cambiamenti climatici si trovano in Africa, dalla Sierra Leone all'Eritrea. Le coste, le città, ma sopratutto le esigenze alimentari delle popolazioni sono minacciate.

Le Nazioni Unite chiedono decrescita ma i governi africani affermano d'aver bisogno di produrre di più. La sfida è dunque oggi più che mai quella di uno sviluppo sostenibile, anche per l'Africa.

Nella lotta ai cambiamenti climatici, i paesi africani sono spessi ostacolati dalla mancanza di fondi e finanziamenti sono un tema centrale, decisivo :per questo, le 24 più importanti banche di sviluppo nazionale e regionale del mondo annunciano, in occasione dell'avvio dei lavori del summit sul clima, partito oggi a New York; di aver messo a disposizione 1.000 miliardi di dollari per finanziare nei prossimi anni progetti concreti (come aveva chiesto il segretario generale ONU, Guiterres n.d.t).

Si può quindi affermare la centralità dell'Africa nel summit dove si è deciso di intraprendere grandi sfide per il Continente Nero con nuove soluzioni e obbiettivi per uno sviluppo sostenibile.

Nell'ambito di un accordo di 10 anni con Libreville, inoltre la Norvegia concederà al Gabon 150 milioni di dollari. Il Gabon diventerà così il primo paese africano ad essere pagato con fondi internazionali per continuare i suoi sforzi contro la deforestazione.
(Fonte.:rfi)
Bob Fabiani
Link
-www.rfi.fr  

"Ora basta,Sisi": Il ritorno della rabbia popolare a #PiazzaTahrir






Nella notte tra venerdì e sabato - a poche ore dalla partenza di Al-Sisi per partecipare all'Assemblea generale ONU a New York - è accaduto qualcosa di imponderabile in tutto l'Egitto.
Migliaia di persone sono scese in strada in diverse città del paese per protestare contro il presidente-dittatore.

Quello che è accaduto durante questo fine settimane era qualcoisa di inedito, almeno a partire dal doloroso colpo di stato del luglio 2013. Da quel giorno, l'esercito aveva imposto nuovamente il pugno di ferro, vietando qualsiasi tipo di manifestazione.

"Il muro della paura si è infranto di nuovo", questo è il commento dei molti manifestanti tornati in piazza a sorpresa.

Ma cosa realmente sta accadendo ora in Egitto? E cosa significa tornare a Piazza Tahrir?

"Sisi vattene!", "Noi non ce ne andiamo, al-Sisi deve andare", sono alcuni degli slogan che sono stati diffusi sui social media del paese africano.

Ma è tornato anche lo slogan classico "Il popolo vuole abbattere il regime", ossia, il simbolo dell'insurrezione di quello storico gennaio 2011 e della memorabile stagione delle rivolte arabe è tornato a risuonare, in modo vibrante, nelle strade del paese.

Le proteste hanno coinvolto varie zone del Cairo, compresa, appunto, Piazza Tahrir, ma anche Alessandria e le città operaie di Mahalla al-Kubra : epicentro di lotte sociali dal lontano 2007; Suez e Damietta dove, i manifestanti, esasperati dal regime di Al Sisi, hanno abbattuto un cartellone con il volto del presidente-dittatore.

Naturalmente la repressione è subito scattata da parte dei militari : le notizie che circolavano immediatamente sia nel cuore della paizza ribelle e nelle altre città parlavano di attacchi repentini (da parte delle forze militari e della polizia) a base di lacrimogeni non appena i numeri dei manifestanti iniziavano a crescere.

Diverse forze della sicurezza egiziana hanno iniziato a presidiare strade e piazze del Cairo e nelle altre città sia quelle insorte sia nelle altre. La scena era sempre la stessa : i militari sparavano lacrimogeni e poi, immediatamente dopo, provvedevano ai solti arresti di massa.

Si parla di decine e centinaia arresti.

Secondo dati raccolti da avvocati e centri per i diritti umani e immediatamente diffusi nella sarata di sabato, diffusi poi anche dal portale indipendente MadaMasr, ci sarebbero stati tra i 200 e i 300 arresti al Cairo, tra i 50 e i 100 ad Alessandria e, infine, un centinaio a Suez mentre nulla si sa della provincia di Gharbeya, dove si trova Mahalla.

Cosa ha fatto divampare la nuova scintilla della protetsta del popolo egiziano? 


La scintilla (che covava sotterranea da molto tempo) è divampata grazie a una oscura 'gola profonda' che nelle ultime settimane ha saputo riaccendere l'indignazione popolare svelando (con una serie di video pubblicati online) alcuni scandali che coinvolgono direttamente Al-Sisi e la cerchia militare (ai più alti livelli) a lui vicina.

L'accusa è pesante : milioni di dollari di denaro pubblico spesi per costruire palazzi presidenziali.

L'autore dei video è Mohammed Ali, 43 anni, costruttore, aspirante attore : per più di 15 anni ha ricevuto commesse e appalti dall'esercito. Di punto in bianco, ha smesso di essere pagato e, a quel punto, è passato al contrattacco. Prima però è esiliato in Spagna, a Barcellona e da qui di parlare.


La testimonianza di Bahey el-Din Hassan

"I viodeo di Mohammed Ali si sono diffusi in modo rapidissimo, riflettendo la portata della rabbia popolare contro al-Sisi e le sue politiche, sopratutto per quanto riguarda la povertà - spiega Bahey el-Din Hassan direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies - Tutti sanno che las corruzione è dilagante ma qui viene accusato direttamente il presidente e la sua famiglia".

Un argomento molto sentito dalla cittadinanza : del resto i privilegi di Al-Sisi come dei militari sono uno schiaffo diretto e in faccia al 60% degli egiziani ridotti in povertà.

I video sono circolati sui social : Facebook e Whatsapp suscitando forte scalpore.

"Dimissioni o scendiamo in piazza" è stato l'hashtag lanciato in poche ore diventato primo in Egitto e chiamando tutti gli egiziani a scendere in piazza per manifestare in massa. Come poi è accaduto venerdì.

"Non possono arrestare un intero popolo", ha tuonato Mohammed Ali nei suoi ultimi video dove ha anche esortato Al-Sisi a lasciare la poltrona.

Mobilitazione popolare

Stavolta la mobilitazione è stata molto più partecipata : non solo gli attivisti ma è la gente comune a essere uscita di casa per far sentire la sua voce. E' indubbio che nell'opposizione egiziana si staiano vivendo ore d'entusiasmo tuttavia, bisognerà usare molto cautela.
Nessuno in Egitto, può ignorare il fatto che la piazza è un rischio che può costare sacrifici se poi, non esiste un vero movimento e un chiaro progetto politico.

"Non sappiamo esattamente cosa stia succedendo", scrivevano sabato sera i Socialisti Rivoluzionari addirittura prima che divampassero le proteste tuttavia riconoscono che la "pressione sociale è ai massimi".

Ora il compito degli attivisti è "sfruttare questo momento  e ampliare uno spazio da cui poter ricominciare a fare lotta politica".

Il punto di vista di Mustafa Bassiouny

"Le dimensioni reali di questa rabbia sono molto più grandi anche delle manifestazioni di venerdi e sabato", scrive Mostafa Bassiouny, giornalista e militante di sinistra.

Ma allora come interpretare quanto avviene in Egitto? Cosa sta accadendo per esempio dentro il regime dopo il ricatto di Ali?

Bisognerà capire cosa farà Al-Sisi al ritorno da New York e quello accadrà nei prossimi giorni al Cairo e al resto dell'Egitto.
E' in atto un conflitto interno al regime e sta avvenendo pressoché in modo continuo e Al-Sisi non ha interesse alla stabilità del paese.

Tuttavia, appare chiaro che Mohammed Ali  è in contatto con chi si ritrova all'opposizione di Al-Sisi ma sempre dentro agli apparati dell'esercito di sicurezza per cui bisogna ben distinguere da quanto accadde nel gennaio 2011.

Sullo sfondo esiste anche un altr fattore del tutto inquuietante per il popolo egiziano : qualunque saranno le implicazioni su ciò che sta accadendo non potranno essere limitate solo all'Egitto, al contrario porteranno ripercussioni su Europa, Medio Oriente e quindi in Nord Africa.

Probabilmente seguiranno altri "Venerdì della rabbia" nelle prossime settimane - un pò come è accaduto in Algeria - ma non si può escludere che siano in atto manovre di palazzo.
Tuttavia, nessuno può discutere sul fatto che ciò che accade in Egitto non sia una mobilitazione popolare genuina - dai nuimeri modesti -  come però, non si può non riconoscere che siamo di fronte a uno scontro (senza esclusioni di colpi?) tra pezzi dello Stato.
(Fonte.:jeuneafrique;ilmanifesto)
Bob Fabiani
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Tragedia alla 'Precious Talent Top School' in Kenya - FOTO DEL GIORNO






Lunedì tragico in Kenya dove, almeno 7 bambini sono morti a causa di un crollo del tetto di una scuola a Nairobi.
Altri 10 bambini sono intrappolati sotto le macerie. Lo riferiscono fonti ufficiali keniane.
Si apprende anche che altri 57 scolari sono stati trasportati in ospedale, ha detto il portavoce del governo Cyrus Oguna, in conferenza stampa.

Molti genitori si trovano davanti alla 'Precious Talent Top School' in attesa di notizie dei loro figli, mentre i soccorritori scavano tra i detriti.
Non è ancora chiaro perché l'edificio, di legno e lamiere di metallo, sia crollato. La scuola si trova a Ngando Dagoretti, nel Sud del Kenya.
(Fonte.:crisscrossafrica)
Bob Fabiani
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domenica 22 settembre 2019

Le storie e le idee degli attivisti #FridaysForFuture










"Noi giovani siamo inarrestabili"
      (Greta Thunberg)







Siamo alla vigilia dell'atteso summit ONU sul clima che, si terrà domani, 23 settembre, al Palazzo di vetro #UN e, senza problemi referenziali, i ragazzi del Fridays for Future irrompono nella prestigiosa sede lanciando la sfida ai governi.

AfricaLand Storie e Culture africane presenta le attiviste e gli attivisti del movimento che sta provando a cambiare (in modo deciso) le abitudini dei potenti, e di conseguenza, una nuova idea di mondo.

Arrivano dall'Africa e dal Brasile, dall'Oriente e dall'Italia queste sono le loro storie e le loro proteste.


Africa, Uganda, Leah Namugerwa





Leah ha 15 anni, è ugandese, e da 8 mesi, ogni venerdì diserta le elezioni e sciopera contro ogni forma di ingiustizia ambientale.
Scrivendo un tweet di presentazione (della sua azione di attivista n.d.t) si rivolge direttamente all'eterno presidente ugandese, Yoweri Museweni.

"Sono un'attivista ambientale e chiedo al presidente di vietare l'uso delle buste di plastica. Questo è il mio hashtag #banplasticug. Firma la mia petizione su Green compaign Africa".

Capelli corti, sguardo intenso, combattivo e un'attività quotidiana e costante sui social per sensibilizzare e coinvolgere quanti più giovani possibile.

"Non mi scuserò con nessuno per aver combattuto contro la crisi ecologica. Come dico sempre che l'ingiustizia per l'ambiente è un'ingiustizia per me. I leader politici e tecnici di Wakiso si sono uniti allo sciopero globale. L'attivismo funziona".

Lo scorso mese per il suo 15esimo compleanno Leah ha deciso di festeggiare piantando 200 alberi al posto di fare una festa.

"Se gli adulti non sono in grado di prendere il comando, li guideremo noi giovani. Perché dovrei restare a guardare mentre scorrono ingiustizie ambientali davanti ai miei occhi?", ha detto in un discorso sul clima a Kigali, in Ruanda, ricevendo una standing ovation.



Amazzonia, Brasile, Patricia Gualinga





Patricia Gualinga, leader del popolo Kichwa, appartiene alla comunità di Sarayaku : si è battuta con tutta se stessa contro un'industria petrolifera.
A seguito di questo suo impegno, sconosciuti l'hanno aggredita a colpi di pietre gridandogli a squarcia gola : "La prossima volta ti uccidiamo".

Ma Patricia non si è fermata e ora si trova a New York insieme alle altre attiviste e attivisti di tutto il mondo concentrata a far sentire la sua voce dissidente contro le lobby e a favore del clima ora, che nella Grande Mela, è anche arrivato Bolsonaro, presidente brasiliano che non ha mai creduto ai cambiamenti climatici per prendere parte al summit ONU e, con il suo piano per distruggere l'Amazzonia.

"Stiamo combattendo per tutti voi. La conservazione dell'Amazzonia è la conservazione di tutto il mondo".



Oriente, Cina, Howey Ou






L'attivista cinese Howey Ou, sa perfettamente che questa settimana in Cina nessuno sciopererà. Ma nonostante ciò, non si è persa di animo. E anzi, il suo sciopero, Howey, lo aveva già fatto, in solitudine, a maggio, anche contro l'ira dei suoi genitori. La studentessa, dal sorriso radioso e dai grandi occhiali tondi, ha disertato la scuola per parecchi giorni finché, non è arrivata la polizia per impedirgli di proseguire la sua protesta solitaria.
Proprio come Greta, anche Howey si è piazzata con il suo cartello davanti al governo di Gujilin, la città dove è nata e vive.
Quella protesta, in quei giorni di maggio attirò la curiosità - solitamente diffidente - dei suoi concittadini e il sostegno di Greta : da quel momento il tema inizia a essere sentito dai suoi coetani.
Anche se la strada appare irta di difficoltà : a oggi, la Cina continua a essere il primo Stato per emissioni CO2.

Ou era stata invitata dall'ONU - al pari degli altri attivisti - per prendere parte al Youth Summit 2019 ma ha dovuto rinunciare. Non potendo scioperare, promette di piantare alberi : almeno questo, in Cina non è proibito.



Europa, Russia, Arshak Makichjan







Se sei minorenne, in Russia non puoi protestare. Se sei maggiorenne, puoi tenere solo picchetti solitari. Se un corteo coinvolge due o più persone deve essere autorizzato e anche se si dovesse ottenere l'autorizzazione, deve tenersi lontano dal centro.
Non è un caso se il primo sciopero per il clima il 15 marzo si tenne nel Parco Sokolniki di Mosca.
"Nessuna visibilità".  La settimana dopo, le autorità negarono il permesso.
E' allora che il violoncellista 25enne Arshak Makichjan ha deciso di tenere una protesta solitaria, ogni venerdì, in piazza Puskin, centro della capitale. Per le foreste che bruciano in Siberia, il permafrost che si scioglie, le di"Zabastovka za klimat"scariche che intossicano l'aria.
Munito di cartello : "Zabastovka za klimat", sciopero per il clima.

La polizia per settimane lo ha ignorato ma, non appena la stampa ne ha iniziato a parlare, gli hanno chiesto subito i documenti.

"Al primo passo falso mi arresterà".

Ma non desiste. Sui social ha lanciato la campagna "Lasciate che la Russia scioperi per il clima"  e aggiunge : "E' nostro diritto lottare per il futuro".


Europa, Italia, Federica Gasbarro




"Agli adulti e i potenti della terra chiedo coraggio. Credete in noi, investite per un mondo migliore, a partire da idee semplici, come le alghe".

Fedrica Gasbarro, 24 anni, biologa, è l'unica attivista italiana invitata dall'ONU per prendere parte allo Youth Summit 2019, il congresso dove 100 giovani hanno sviluppato le idee che poi saranno portate direttamente alle Nazioni Unite per l'atteso summit per il clima con i potenti della terra e che si terrà domani, 23 settembre.
E' un'attivista del movimento Fridays for Future a Roma.

"In Italia sono tantissimi i ragazzi che stanno cambiando il loro stile di vita per ridurre le emissioni, gli adulti invece non rispondono. Devono avere audacia, spronare i potenti e attuare soluzioni anti effetto serra".

Federica Gasbarro, come abbiamo scritto ieri, al riguardo ha una idea : "I fotobioreattori. Sono acquari, con alghe dentro, in grado di assorbire CO2 anche 150 volte più degli alberi. Piantiamo alberi, ma pensiamo anche alle alghe".


Europa, Germania, Lisa Neubauer







L'attivista tedesca ha parlato apertamente di una "rivoluzione" riferendosi al movimento del Fridays for Future che in Germania è molto partecipato e vissuto : non intendono più limitarsi agli scioperi nelle scuole e alle manifestazioni di piazza.
Classe '96, la giovane attivista dei Verdi ha detto, senza mezzi termini che il movimento metterà in campo "un ampio spettro di iniziative per aumentare le pressioni sulla politica".

(Fonte.:repubblica;fridaysforfuture)
Bob Fabiani
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-htts://www.repubblica.it;
-https://www.fridaysforfuture.org




   

sabato 21 settembre 2019

#ClimateAction : Parla l'attivista #FridaysForFutureItalia, Federica Gasbarro "Stiamo dalla parte giusta ma ora vogliamo risposte"









Il giorno dopo la grande mobilitazione che ha visto sette continenti in marcia per una nuova idea di mondo attraverso il #ClimateStrike - con manifestazioni di studenti dall'America all'Europa passando per l'Africa e l'Asia - per lavorare tutti insieme in difesa del clima; si può tracciare un primo bilancio : il secondo sciopero globale della generazione green, con Greta Thunberg presente a New York ha ormai contagiato anche gli adulti.

Oggi è il giorno dove è in programma lo Youth Summit direttamente il palazzo dell'ONU e, tra gli invitati vedrà la presenza dell'attivista italiana, Federica Gasbarro.

Africaland Storie e Culture africane, è in grado di anticipare cosa dirà l'attivista romana, 24 anni, studentessa di biologia, è l'animatrice del nodo romano del #FridaysForFuture nato sull'onda dello sciopero per il clima ideato dalla sedicenne svedese Greta Thunberg.

Lo Youngh Summit, è soltanto uno degli eventi che animano la settimana di azione che è stata chiamata dagli attivisti di tutto il mondo : "sciopero globale per il clima per la fine dell'era dei combustibili fossili".
A questo appuntamento si può accedere solo per invito - da parte dell'ONU - : si tratta di una occasione in cui si arriva da tutto il mondo per esporre le proprie proposte climatiche e, tra questi, c'è Federica Gasbarro.


Dalla parte giusta

Qui di seguito pubblichiamo alcuni passaggi dell'intervento dell'attivista romana.

La selezione ONU per lo Youth Summit (insieme ad altri cento giovani) e l'illustrazione del suo progetto

"Il vertice ONU Climate Action, nel quale si inserisce il nostro incontro, è molto pragmatico, dalle parole alle azioni. Lo stesso segretario generale dell'ONU ha detto agli Stati di presentarsi con lavori concreti o di stare a casa. 
Il progetto per il quale sono stata scelta riguarda i fotobioreattori, le microalghe : è semplice, un'azienda lo può produrre con pochi migliaia di euro. Non l'ho inventato io, le microalghe sono coltivate per produrre zuccheri, polisaccaridi, acidi grassi eccettera, ma non sono sfruttate per la loro capacità di assorbire grandi quantità di anidride carbonica. I fotobioreattori si potrebbero coltivare in zone con grandi emissioni di gas climalteranti, per esempio vicino a poli industriali".

Piani concreti

E' questa la posizione chiara dell'ONU : dal palazzo di vetro di New York ribadiscono di ridurre le emissioni del 45% entro un decennio e arrivare a zero emissioni nel 2050.

Quali azioni e piani concreti dovrebbero fare i paesi che hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica (a livello di leggi, tecnologia, sistemi produttivi e cultura)?

Ecco il punto di vista dell'attivista di Roma.

"Ho un background prettamente scientifico, su leggi ed economia non posso entrare troppo nel merito. Ma chi gestisce il mondo deve ascoltare la scienza, la quale grida che i combustibili fossili sono il problema. Allora, basta con gli investimenti in un sistema malato!
Si investa nel green, si finanzi chi vuole cambiare, riconvertire. Il clima è stato attaccato e chiede giustizia in tempi rapidi. Ovviamente ci aspettiamo misure drastiche da parte degli Stati, a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale. Il messaggio di noi semplici studenti è : "Datevi una svegliata per dare a tutti un futuro". Per questo spingiamo perché i vari Stati dichiarino l'emergenza climatica, un provvedimento che contribuirebbe a mettere in moto le cose perché agirebbe a livello psicologico : gli stessi cittadini prenderebbero tutto più sul serio".


Un anno di mobilitazione del #FridayForFuture, un bilancio

In un anno di scioperi da parte degli studenti il movimento ha raccolto grande considerazione mediatica ma poco, anzi quasi nulla dal mondo politico. La spiegazione di Federica Gasbarro.

"Il tempo è poco, la scienza  - che non dà numeri a caso - parla  di undici anni. E' a livello globale che vanno misurati gli impegni. E i risultati ancora non si vedono : le emissioni continuano a salire.
Quindi, ringraziamo chi ci  ha dato tanta voce e risonanza, altrimenti forse il movimento non sarebbe andato avanti a lungo; ma chi dovrebbe fare il suo dovere, ancora non lo fa. Sono certo processi lenti, sono stati avviati tanti negoziati, gli Stati si rilanciano le responsabilità. Secondo gli accordi di Parigi i paesi sviluppati dovrebbero ridurre le proprie emissioni anche per permettere agli altri di svilupparsi. La domanda è : perché non adoperarsi per far sì che i paesi meno sviluppati evitino gli errori fatti da noi? Le nuove energie portano anche tanti posti di lavoro...".

Greta sotto la lente dei riflettori e il consenso dei politici

"Greta adesso ha tanti riflettori puntati addosso. Quindi per alcuni sostenerla significa mostrasi dalla parte giusta. E' pubblicità positiva. Ma, sottolineo, un leader politico che la appoggia a parole, deve poi fare seguire i fatti. Un altro elemento potrebbe essere : queste persone adulte sanno di aver sbagliato nel passato, hanno la coscienza sporca e dopo una vita di condotta biasimevole dicono : "Ha ragione questa ragazzina, la appoggio"; e magari lo fanno sul serio, per esempio incentivando l'economia green".


Movimento e prospettive future

"Siamo un movimento orizzontale e fluido. Una parte di noi dice che occorre stare in piazza e basta, altri invece sostengono che occorre ascoltare le proposte dei potenti, ribattere con le nostre e così via. Occorrerà trovare un punto di convergenza fra queste due linee; è necessario perché non possiamo ignorare che le istituzioni hanno in mano il potere. Attendiamo di capire cosa accadrà a New York  (ossia il prossimo #ClimateActionSummit del 23 settembre; n.d.t)".

Cattive abitudini e indifferenza

"L'Amazzonia è vista come qualcosa di lontano, ti tocca solo nei trenta secondi della notizia. Per altri versi agisce la mancanza di conoscenza. Adesso un pò è cambiato, anche solo per moda. Ma il cambiamento è urgente e totale che chiediamo noi giovani non c'è. E' difficile, da adulti, sradicare consolidate abitudini. Lo fai se sei costretto. Allora o aspettiamo che ci costringa la Terra, oppure - più saggiamente - le istituzioni devono introdurre provvedimenti che inducano a mutare il modo di vivere. Per esempio, usare la bicicletta in città non deve essere un pericolo per l'incolumità e la salute".

(Fonte.:ilmanifesto)
Bob Fabiani
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venerdì 20 settembre 2019

Il piano di Alexandria Ocasio - Cortez e Greta Thunberg per il clima. Un dialogo





La più giovane deputata degli Stati Uniti e l'adolescente svedese che ha dato il via al movimento degli studenti per il clima dialogano per la prima volta, raccontano la loro lotta contro il riscaldamento globale.

Ecco il loro piano.


L'autorevole quotidiano del Regno Unito The Guardian ha pubblicato l'intenso dialogo tra le due attiviste. Pubblichiamo qui di seguito integralmente il loro colloquio, per altro molto interessante.
(Bob Fabiani)


La speranza*

"Alexandria Ocasio-Cortez entra in una sala riunioni nei suoi uffici del Queens, a New York. E' leggermente in ritardo, e uno dei suoi collaboratori spera che non sia stata trattenuta da un elettore in corridoio ("Si emozionano tanto quando la incontrano").
Greta Thunberg è a casa sua in Svezia e aspetta che il padre finisca di sistemare il collegamento video. E' una giornata di fine giugno. Le due donne non si sono mai incontrate né parlate, ma dato che sono due tra le più note attiviste del mondo per il clima, sanno tutto l'una dell'altra.

Thunberg, che ha 16 anni, è finita al centro dell'attenzione nel 2018, quando ha deciso di saltare la scuola ogni venerdì per andare davanti al parlamento svedese a protestare contro l'assenza di iniziative politiche per fermare la crisi climatica. Così ha dato inizio allo sciopero degli studenti per il clima, un movimento internazionale che ha coinvolto milioni di ragazzi.

A 29 anni, Ocasio-Cortez è la donna più giovane mai entrata al congresso degli Stati Uniti. Nel 2018 ha sconvolto la politica del suo paese vincendo le primarie democratiche contro un esponente molto influente del partito. Anche se è al congresso da meno di un anno, si è già molto parlato di lei.

A febbraio Ocasio-Cortez ha presentato alla camera dei rappresentanti una proposta di legge che ha chiamato new deal verde e che prevede, tra le altre cose, l'azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2030, "l'abbandono totale dei combustibili fossili" e la ristrutturazione di tutti gli edifici del paese in base a nuovi standard di efficienza energetica. Il new deal verde ha avuto il sostegno di Elizabeth Warren e Kamala Harris, candidate alle primarie democratiche in vista delle Presidenziali del 2020, ma è stato snobbato dalla presidente della camera Nancy Pelosi (anche lei del Partito Democratico) che lo ha definito "il sogno verde o come lo chiamano", ed è stato bocciato dal senato, a maggioranza repubblicana. Ma, come Thunberg, Ocasio-Cortez sembra essere galvanizzata dalle critiche degli avversari, e non ha perso l'energia che le ha fatto conquistare più di cinque milioni di follower su Twitter e che rende molto nervosi i politici tradizionali.

Ocasio-Cortez parla con la sua tipica vivacità, che in confronto ai soliti discorsi insulsi dei politici la fa apparire sorprendentemente diretta. Thunberg si esprime con precisione in un buon inglese, è informata, sicura di sé e in grado di sostenere una conversazione con una parlamentare che ha quasi il doppio dei suoi anni.

Per certi versi, sono due attiviste molto diverso tra loro : Ocasio-Cortez è una che deve districarsi nel mondo politico di Washington, Thunberg è un'adolescente in calzettoni e leggings che cerca di raggiungere il mondo dalla sua stanza. C'è qualcosa di emozionante tra queste due giovani donne, un senso di ribellione generazionale che, come sappiamo da tutti i precedenti a partire dal rinascimento, ha il potere di far nascere movimenti e cambiare la storia.



Il dialogo


Alexandria Ocasio-Cortez  Che grande onore conoscerti!

Greta Thunberg  Anche per me!

AOC  Grazie. Sono così emozionata all'idea di questa conversazione. Ricordo di averti sentita parlare per la prima volta qualche mese fa, ero con un'amica ad Harlem e mi ha detto : "Hai mai sentito questa ragazza?". E quando ho ascoltato il tuo discorso mi sono emozionata, perché qui negli Stati Uniti, anche durante la mia campagna elettorale, la gente diceva che non c'era nessun bisogno di insistere tanto sul tema del clima, che era un atteggiamento troppo radicale e non era necessario parlarne. Sentirti sostenere convinzioni che sono anche le mie mi ha emozionata e confortata Perciò volevo ringraziarti per il tuo lavoro e il tuo impegno.

GT  Ti ringrazio molto di aver preso posizione e aver dato speranza a tante persone, anche in Svezia.

AOC  C'è una cosa su cui vorrei il tuo parere. Spesso le persone dicono : "Non politicizzate i giovani". E' quasi un tabù. Dicono che permettere a una persona giovane come te di prendere una posizione politica è sbagliato, che sei manovrata. Io lo trovo molto paternalistico, come se, sopratutto oggi che è così facile avere acesso alle informazioni, non ci si possa fare un'opinione personale e impegnarsi per una causa. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, se lo dicono anche a te.

GT  Succede continuamente. In pratica non dicono altro. La critica più frequente è che sono manovrata e che non bisognerebbe usare i ragazzi a scopi politici, che non sono in grado di pensare da sola e così via. Mi dà molto fastidio! Anche io posso dire la mia, perché non dovrei essere capace di avere un'opinione e cercare di cambiare il modo in cui pensa la gente?
Ma sono sicura che anche tu te lo senti dire continuamente, che sei troppo giovane, troppo inesperta. Quando vedo tutto l'odio che riversano su dite, onestamente non capisco come fai a rimanere così forte.

AOC  Secondo me la cosa di cui molti non si rendono conto è che qui negli Stati Uniti, a causa dell'enorme divario tra ricchi e poveri, le persone considerano davvero Wall street una forza politica molto potente. Le nostre leggi permettono ai politici di ricevere per le loro campagne elettorali finanziamenti probabilmente molto più alti rispetto a quanto avviene in altri paesi del mondo.
Ma, sopratutto, quello che molti non sanno quanto è potente la lobby dei combustibili fossili. In pratica, negli Stati Uniti i fratelli Koch si sono comprati l'intero partito repubblicano, ma le persone dimenticano che i Koch hanno fatto la loro fortuna con il petrolio e il gas. Ed è questo che stiamo combattendo. La violenza della reazione indica chiaramente che tipo di potere stiamo sfidando. Possiamo essere sconfortati, oppure sperare. Questa è la nostra forza : siamo così forti che possiamo affrontare questa sfida in modo credibile e costruire un vero movimento contro quella lobby.

GT  Certo. Negli Stati Uniti la lobby del petrolio è molto potente, ed esiste anche in Svezia, anche se non allo stesso livello.

AOC  Qual è la tattica più efficace per attirare l'attenzione sul movimento per l'ambiente? Tu cosa hai fatto, quali sono state le strategie che hanno funzionato di più?

GT  Penso che la scelta di sedermi da sola davanti al parlamento abbia avuto un impatto enorme, perché la gente mi ha visto e si è commossa. In tutto il mondo milioni di ragazzi hanno cominciato a scioperare dicedendo : "Perché dovremmo studiare per un futuro che non ci sarà?". Questo non lo dico solo io, ma tutto il movimento.

AOC  Molti pensano che la Svezia e gli altri paesi nordici siano modelli a cui ispirarsi, Dicono che una riflessione avanzata sulla crisi climatica non potrebbe mai farsi strada qui negli Stati Uniti perché la nostra è una democrazia multirazziale, mentre in Svezia e in altri paesi, che sono più omogenei, è più facile trovare un accordo. Qui, a causa della diversità razziale e ai problemi legati all'immigrazione, non c'è modo di mettere tutti d'accordo.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di questo.

GT  Molte persone, specialmente negli Stati Uniti, vedono la Svezia, la Norvegia o la Finlandia come modelli da imitare, perché da noi il settore dell'energia pulita è abbastanza forte. Sarà anche vero, ma non siamo per niente modelli da imitare. Secondo il Wwf, la Svezia è uno dei dieci paesi al mondo con la più alta impronta ecologica, e se consideriamo i consumi pro capite, siamo uno dei paesi peggiori.
Qui molti sostengono che non dovremmo fare nulla perché siamo un piccolo paese con appena dieci milioni di abitanti, e che dovremmo piuttosto aiutare altri paesi. E' una cosa incredibilmente frustante : che senso ha discutere su chi o cosa dovrebbe cambiare per primo? Perché non assumere un ruolo guida?

AOC  Anche da noi dicono la stessa cosa. E siamo gli Stati Uniti d'America! La gente dice : "Dovremmo aspettare che sia la Cina a fare qualcosa". Qui c'è la cultura politica del "prima l'America", la convinzione che gli Stati Uniti siano il paese migliore del mondo, eppure allo stesso tempo dicono : "Se la Cina non lo fa, perché dovremmo farlo noi?".
E' sempre la stessa storia : dobbiamo muoverci per primi o aspettare? Sono orgogliosi di essere al primo posto nel settore del fracking , del petrolio, dei consumi, della plastica monouso, ma non vogliono mettersi alla guida di un movimento per il clima nell'interesse dei nostri figli.

GT  Esatto. Proprio perché sono ricchi, paesi come la Svezia e gli Stati Uniti dovrebbero farlo per primi, perché gli abitanti dei paesi poveri devono avere la possibilità di migliorare i loro standard di vita. Noi abbiamo il dovere di guidare, dato che praticamente abbiamo già tutto.

AOC  Sì. Molti considerano la leadership come una cosa esaltante : essere leader significa assumere la guida e stabilire le priorità. Ma non si rendono conto che è molto difficile. La leadership comporta responsabilità. Non è un gioco. Significa fare le cose prima di tutti gli altri. Correre rischi. Significa prendere decisioni anche se non si è sicuri al 100 per cento del risultato.
E' molto più facile seguire gli altri, è la cosa più facile del mondo. ma ha dei lati negativi. Arrivi troppo tardi. Non controlli il tuo destino. Non hai il controllo della situazione. Spesso dipendi da qualcun altro. Ma è facilissimo perché non devi decidere il tuo nfuturo. In pratica, sembra che la decisione da prendere sia se mettersi alla guida o no.
Mi piacerebbe sapere cosa ti incoraggia e ti spinge a continuare. C'è una scuola di pensiero, con la quale personalmente non sono d'accordo, secondo cui se informiamo troppo le persone sul clima, penseranno che è troppo tardi, perderanno le speranze e non faranno niente. Perciò sono curiosa di sapere, visto quanto è sconfortante la situazione : perché tu non hai perso le speranze e non te ne stai tutto il giorno stesa sul divano ad aspettare l'apocalisse? (risata)

GT  Prima di cominciare gli scioperi davanti al parlamento era così. Ero depressa e non volevo fare niente. Ma sono stata incoraggiata da tutte le persone che combattono in diverse situazioni e in diversi modi per un futuro migliore e per evitare la catostrofe climatica.
Gli studenti che scioperano mi danno molta speranza. E anche il fatto che tante persone non sono a conoscenza della crisi climatica. Vanno avanti così e continuano a non fare nulla non perché sono cattive, o perché non vogliono. Non stiamo distruggendo la biosfera perché siamo egoisti. Lo stiamo facendo solo perché non ce ne rendiamo conto. Questo mi fa sperare, perché una volta che sapranno,  che prenderemo coscienza, potranno cambiare atteggiamento e fare qualcosa.

AOC  Anche per me c'è stato un momento di svolta simile, ma riguardava sopratutto le disuguaglianze economiche. Anni fa lavoravo in un ristorante. Avevo frequentato l'università e fatto tanti lavori perché la mia famiglia era in difficoltà a causa della malattia di mio padre. Andavo tutti i giorni in quel ristorante ed ero molto depressa. Mi sentivo impotente, pensavo di non poter fare nulla per contrastare le strutture sociali che negli Stati Uniti sono studiate appositamente per fare in modo che i poveri rimangano poveri e i ricchi siano sempre più ricchi.
Per un pò sono rimasta senza speranza. Mi chiedevo : cosa posso fare? E' tutta qui la mia vita? Andavo a lavorare, mi rendevo conto di quanto tutto fosse difficile, poi tornavo a casa e ricominciavo da capo. Mi sono sentita profondamente liberata quando ho preso la decisione di andare a Standing Rock, nel Dakota, a manifestare contro la costruzione di un oleodotto che doveva trasportare il petrolio estratto con il fracking. All'epoca sembrava incredibile che tante persone normali fossero andate lì per bloccare il progetto.
Mi ha fatto sentire molto forte, anche se non stavamo facendo niente di concreto, abbiamo semplicemente preso posizione contro le multinazionali più potenti del mondo.
Da quel momento ho capito che la speranza non è una cosa che hai : devi crearla con le tue azioni. La speranza è qualcosa che devi mostrare al mondo, e può essere contagiosa. Altre persone cominciano ad agire e la speranza cresce.

GT  Si. Conosco tante persone che hanno perso la speranza e mi chiedono : "Cosa dovrei fare?". Io rispondo : "Agisci. Fa' qualcosa". Perché questa è la medicina migliore per combattere la tristezza e la depressione. Ricordo la prima volta che ho scoperato e sono andata davanti al parlamento svedese, mi sentivo sola, perché tutti mi passavano davanti e tiravano dritto, nessuno mi guardava. Ma non ho perso la speranza.

AOC E' vero, le persone non sanno che le piccole azioni possono portare a qualcosa di significativo. Lo vedo anche ora che sono al congresso. C'è tanto cinismo sulle potenzialità delle nostre azioni. A cosa servono? A volte siamo troppo ossessionati dalla misurazione delle nostre azioni. A cosa serve andare davanti al parlamento con un cartello? Non riduce immediatamente le emissioni di anidride carbonica. Non cambia direttamente le leggi. Ma manda un messaggio ai potenti, e la gente sottovaluta l'importanza di quel messaggio. Per i politici è sempre più difficile guardare in faccia le persone.
Prorpio stamattina mi hanno madato la foto di un anziano signore del midwest , una zona degli Stati Uniti colpita da inondazioni devastanti. In tutto il paese si stanno verificando disastri che prima non avvenivano. Per il midwest è stato proposto un pacchetto di aiuti che non si riesce a far approvare, e quel signore era lì con un cartello che diceva : "V'importa qualcosa di me?". Era davanti al palazzo del congresso, perché sapeva che i parlamentari dovevano passargli davanti.
Penso che sia stato ispirato anche dalle tue iniziative.
L'arma migliore che hanno i potenti è farti pensare che non conti, è dire "questa cosa non cambia niente". Perché se riesci a convincere le persone di questo, non faranno nulla e andranno avanti come se tutto fosse normale. Ormai non possiamo più impedire completamente la catastrofe climatica, ma almeno possiamo limitare i danni. E visto che le inondazioni e gli uragani continuano, forse le persone disposte a far sentire la loro voce saranno sempre di più.

GT  Ho una domanda da farti. Ho sentito dire che negli Stati Uniti ci sono tanti negazionisti del clima, ma faccio fatica a crederci. Anche in Svezia ce ne sono, ma ho letto che i mezzi d'informazione statunitensi non parlano quasi mai della crisi climatica. La situazione è veramente così brutta?

AOC  Direi che storicamente lo è sempre stata, ma ora le cose stanno cambiando. Negli anni stettanta gli studi scientifici interni della Exxon Mobil sostenevano che c'era un cambiamento climatico in corso. Non solo : l'azienda petrolifera aveva anche investito nella creazione di modelli per prevedere quanto sarebbe stato grave. Alcuni di questi modelli erano così avanzati che, già negli anni settanta, erano in grado di prevedere l'andamento dei fenomeni atmosferici del 2012, e alcune delle loro previsioni si sono rivelate corrette. Sapevano esattamente di non poter finanziare campagne che negassero l'esistenza del cambiamento climatico, ma potevano confondere le idee sull'argomento. Quindi sostenevano che bisognava studiare di più il fenomeno, sollevavano dubbi. Per molto tempo questa tattica ha funzionato e la situazione è peggiorata .
Nel 1989 gli Stati Uniti erano quasi sul punto di fare qualcosa per il clima, ma le lobby erano così potenti  che lo hanno impedito : quasi il 40 per cento degli elettori repubblicani non credeva al cambiamento climatico fosse un fatto accertato.
Ma penso che negli ultimi anni, grazie alle nostre iniziative e al nostro movimento, quella percentuale sia scesa di molto.
Qualcosa si sta muovendo, ma servono iniziative radicali per accelerare il cambiamento.

GT  Ieri ho letto che il 2 per cento della popolazione svedese non crede alla crisi climatica, Qui è inaccettabile non crederci. Tutti sanno che esiste. Ma comunque non se ne parla e non è considerata una priorità. Lo stiamo trattando come un problema qualsiasi.

AOC  Perché pensi che i giovani siano più coinvolti e più convincenti su questo tema?

GT   Per molti motivi, ma secondo me il principale è che il nostro futuro è in pericolo. La maggior parte di noi sa che il riscaldamento globale influisce nella nostra vita, non è una cosa che succederà in un futuro lontano. E' già cominciato e andrà sempre peggio, quindi molti di noi hanno capito che questo peggiorerà la nostra vita. Inoltre, essendo giovani non siamo ancora integrati nel sistema. non diciamo : "E' sempre stato così, non possiamo cambiare niente".

Greta Thunberg spiega che vorrebbe partecipare al summit delle Nazioni Unite sul clima il 23 settembre a New York : il dialogo si conclude con le due attiviste che si danno appuntamento nella città della "Grande Mela". 
Alexandria Ocaso-Cortez ci tiene a far sapere che non appena Greta arriverà verrà accolta come una regina.

*Emma Brockes, The Guardian, Regno Unito
**La maggioranza dei media italiani non hanno minimamente parlato dell'incontro tra le due attiviste: i cittadini italiani hanno potuto leggere l'interessante dialogo attraverso le pagine del settimanale, Internazionale
(Fonte.:theguardian;internazionale)
Bob Fabiani
-https://www.theguardian.com;
-www.internazionale.it