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martedì 31 marzo 2020

Africa, il grido di dolore del Nobel Denis Mukwege: "contro il virus senza armi qui si rischia l'ecatombe"








Mano a mano che passano i giorni, il virus qui, in Africa potrebbe scatenare un ecatombe dal momento che, il Continente Nero rappresenta il ventre molle del pianeta a causa delle sue economie malconce, dei suoi sistemi sanitari sgangherati e delle sue malattie letali quali la tubercolosi, la malaria e l'aids.

"Temo l'ecatombe perché non abbiamo i mezzi per combatterlo e perché gli africani sono costretti a uscire di casa per procurarsi ilo cibo. Nessun confinamento è dunque possibile, e il COVID-19 si sta diffondendo a velocità da primato".

Questo il pensiero dolente del ginecologo Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace del 2018 per aver fondato un ospedale a Bukavu, nel Congo orientale, dove cura e ricuce le donne stuprate dai soldati e dai ribelli che si combattono senza soluzione di sorte da più di 20 anni.

"A differenza di altri luoghi, qui il coronavirus s'accanirà sopratutto contro le donne, perché nei pochi ospedali disponibili, le contagiate ci andranno da sole e nessuno si occupera di loro.

-Previsioni

Uno studio condotto dalla rivista britannica Lancet spiega come, la prossima ondata di infezioni si abbatterà proprio sul Continente Nere - a dispetto di ignobili attacchi di sovranisti che, nelle settimane scorse, ironizzavano sul presunto fatto che questo virus, non attaccasse i neri e, ora, con le notizie opposte, ossia con l'avanzare di COVID-19; sempre gli stessi, sovranisti e razzisti vari ricominciano il mantra contro la presunta invasione del vecchio continente - , dove nella maggior parte degli ospedali mancano i ventilatori e perfino l'ossigeno.

"I sistemi sanitari più fragili saranno presto sopraffatti dalla diffusione del virus, che troverà facilmente strada tra gli stratipiù poveri della popolazione, costretti a vivere in aree urbane sovraffollate e povere, spesso privi dei servizi di base, senza la possibilità di auto-isolarsi, senza periodi di malattia retribuiti o sistemi di sicurezza sociale".


-Cifre


I dati diffusi dal Centro di controllo delle malattie dell'Unione Africana (AU) parla di 46 paesi africani su 54 raggiunti dalla pandemia, con un totale di quasi 5mila casi di infezione e 150 decessi.
I paesi più colpiti sono il Sudafrica con 1.326 malati, Algeria 584 e Marocco con 556 contagiati seguiti dal Senegal con 162, la Nigeria con 131 casi e il Kenya con 50 persone risultate positive al coronavirus.

-Misure

Negli ultimi 10 giorni oltre al copriofuoco, alla chiusura degli aeroporti internazionali e dei ristoranti, in molte capitali sono stati decretati la restrizione agli spostamenti e lo stop alle attività non essenziali. Da  3 giorni è stato imposto il lockdown anche a Lagos, che con i suoi 20 milioni di abitanti è la città più popolosa della Nigeria e di tutta l'Africa. Ma lì, come in altre metropoli africane, c'è il problema della bidonville, dove non sono garantiti i servizi essenziali e la chiusura è quasi impossibile da imporre e rispettare.



-Conseguenze

In Africa, la pandemia lascerà cicatrici profonde.
Un rapporto del programma di sviluppo dell'ONU pubblicato il 30 marzo dimostra come il colpo socioeconomico sui paesi in via di sviluppo sarà tale da richiedere anni per una ripresa. Al punto che nell'intero continente si potrebbe perdere quasi la metà dei posti di lavoro.










Coronavirus Africa Update (dato del 31 marzo 2020)


Sudafrica 1.326 Egitto 656 Algeria 584 Marocco 556 Tunisia 362 Burkina Faso 246 Costa d'Avorio 168 Senegal 162 Ghana 152 Camerun 142 Nigeria 131 Mauritius 128 RDC 83 Ruanda 70 Kenya 50 Madagascar 50 Zambia 35 Togo 34 Uganda 33 Mali 25 Gibuti 26 Etiopia 23 Niger 22 Tanzania 19 Congo 19 Maldive 17 Guinea 16 Gabon 16 Eritrea 15 Guinea Equatoriale 14 Namibia 11 Seyschelles 10 Eswatini 9 Mozambico 8 Libia 8 Zimbabwe 7 Angola 7 Ciad Benin 6 Capo Verde 6 Sudan 6
Rep.Centroafricana 6 Gambia 4 Botswana 3 Somalia 3 Guinea Bissau
(Fonte.:thelancet)
Bob Fabiani
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-www.thelancet.com




   

sabato 28 marzo 2020

News For Africa (il Continente informa, n°6)









Consueto appuntamento settimanale con le notizie dall'Africa in questo numero:


  • Un Continente stretto tra coprifuoco e la minaccia del coronavirus
  • Libia, Haftar all'attacco
  • Mozambico, attacco jihadista a Mocimboa da Praia
  • Ciad, offensiva di Boko Haram
  • Algeria, lo scrittore Rahmani a processo per i suoi post
  • Mali, domenica elettorale malgrado il COVID-19


-Un Continente stretto tra coprifuoco e la minaccia del coronavirus






Molti paesi africani oltre a chiudere gli spazi aerei e marittimi (come abbiamo scritto nei giorni scorsi e nel precedente numero di News For Africa n.d.t) negli ultimi giorni, hanno deciso di attuare misure più reigide e drastiche coime il lockdown e il coprifuoco.
Iniziamo dal Sadafrica che, attualmente, è il paese africano con più casi : il dato aggiornato a oggi 28 marzo è di 1.170.
Finora in Sudafrica si sono registrate 2 vittime.
Il 23 marzo il presidente Cyril Ramaphosa ha imposto l'isolamento della popolazione per 3 settimane e ha schierato l'esercito nelle strade per far rispettare le misure di contenimento. Come sottolinea il Mail & Guardian, "il distanziamento sociale, per quanto necessario, potrebbe amplificare le profonde disuguaglianze del paese".
D'altra parte, nota il quotidiano sudafricano, questa emergenza "offre un'opportunità per ridurre la distanza sociale, attingere alla lunga storia sudafricana di resilienza di fronte al disastro e rafforzare la coesione sociale".
(fonte.:mg.co.za)

Se, in Sudafrica la situazione appare in qualche modo sotto controllo, a parte alcune zone, ossia quelle delle township (Soweto, Alexandra) dove, comunque, le forze dell'ordine sono dovute intervenire per far rispettare il coprifuoco, in altre parti del Continente, il virus sta facendo da traino a violenze diffuse dei militari e delle forze di polizia : è il caso del Kenya e dell'Uganda. Il pugno di ferro è messo in atto sopratutto nei confronti dei venditori ambulanti.




-Algeria

Le misure imposte il 22 marzo dal presidente Abdelmadjid Tebboune, tra cui il divieto di raduni e cortei, hanno avuto l'effetto di interrompere l'Hirak, il movimento popolare che nell'aprile del 2019 ha portato alle dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika. Il bilancio ufficiale nel paese è di 400 contagi e 25 decessi.
"La scena è surreale", scrive Le Point Afrique. "Venerdì 20 marzo il centro di Algeri è vuoto, a differenza degli ultimi 56 venerdì dal 22 febbraio 2019, data d'inizio della protesta". Ma, promettono gli attivisti. "l'Hirak tornerà più forte prima".
(fonte.:lepointafrique)   

-Madagascar





I casi di contagio nella Grande Isola dalla Terra Rossa aumentano: il dato odierno è di 26 casi, senza decessi. Ieri, 27 marzo, il console italiano in Madagascar Michele Franchi ha comunicato il primo caso confermato di COVID-19 non importato. Intanto, il Ministro dell'interno informa che le misure di confinamento saranno rinforzate. Due cittadini italiani risultano positivi al coronavirus.
Nella capitale, Antananarivo, visto il perdurare dell'indisciplina dei cittadini verso le disposizioni governative (confinamento per 15 giorni), le autorità cittadine hanno fatto ricorso alle forze dell'ordine, scrive il quotidiano Midi-Madagasikara; per vigilare (e far rispettare) il lockdown : la polizia attualmente, è ovunque nella capitale.
(fonte.:vim;midi-madagasikara)

-Senegal
I contagi sono 119 non si registrano decessi. Dal paese arriva anche una buona notizia : un laboratorio senegalese lancia la sfida per testare il coronavirus in 10 minuti.
Si provvederà a fare in modo che si possa vendere fino a 4 milioni di test venduti a prezzo di costo e potranno essere prodotti in pochi mesi presso l'Istituto Pasteur di Dakar. Saranno realizzati da Diatropix, una piattaforma specializzata nella diagnosi rapida di epidemie africane, spesso trascurata dalla ricerca.
(fonte.:jeuneafrique)

-Africa, paura per i gorilla chiudono i parchi a causa del virus

Il COVID-19 minaccia anche i gorilla di montagna della regione dei Grandi Laghi, chiusi per evitare contagi all'uomo. A chiudere è il Parco nazionale dei Virunga, in Congo, dove vive un terzo della popolazione di gorilla di montagna, le grandi scimmie difese dalla primatologa Jane Goodall. Come l'uomo, sono inclini a malattie respiratorie.
(fonte.:bbcafrica)


-Coronavirus WHO Africa Update (dato del 28 marzo 2020)

Il virus è in costante aumento in tutta l'Africa : a oggi i contagi complessivi sono 3,778 e i decessi 109. Per questa ragione, oggi l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha lanciato un appello : "E' drammatico come il virus si stia espandendo nel Continente".
Ecco la situazione aggiornata.

Sudafrica 1.170 Egitto 536 Algeria 409 Marocco 345 Tunisia 227 Burkina Faso 180 Ghana 137 Reunion* 135 Senegal 119 Mauritius 94 Camerun 91 Costa d'Avorio 90 Nigeria 70 RDC 54 
Ruanda 54 Kenya 31 Madagascar 26 Togo 25 Uganda 23 Zambia 22 Maldive 16 Etiopia 16
Tanzania 13 Gibuti 12 Guinea Equatoriale 12 Mali 11 Niger 10  Eswatini Namibia  Guinea 8
Gabon 7 Zimbabwe 7 Mozambico Eritrea 6 Benin 6 Capo Verde 5 Ciad 5 Liberia 4 Rep.Centroafricana 4 Angola 4 Sudan 3 Mauritania 3 Gambia 3 Somalia 3 Guinea Bissau 2 Libia 1
(fonte.afro.who;jeuneafrique)

-Libia, Haftar all'attacco




Il 22 marzo il governo di accordo nazionale di Fayez al Sarraj, con base a Tripoli e riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha accusato le forze del generale Khalifa Haftar, l'uomo forte dell'est del paese, di aver violato la tregua bombardando pesantemente il quartiere Ain Zara, alla periferia sud della capitale, e la città vecchia. Nelle ultime settimane la tregua, firmata il 12 gennaio, è stata violata più volte. Secondo Libya Observer, Al Sarraj ha accusato Haftar "di essere alleato della pandemia" e di aver attaccato il governo di Tripoli mentre è impegnato negli sforzi per contenere il contagio.
(fonte.:libyaobserver)



-Mozambico, attacco jihadista a Mocimboa da Praia

Il 23 marzo un gruppo jihadista locale ha preso il controllo per alcune ore di Mocimboa da Praia, nella provincia settentrionale di Cabo Delgado. Sono scoppiati duri combattimenti con le forze dell'ordine. La città si trova in una regione dove nel 2010 sono stati scoperti giacimenti di gas e negli ultimi due anni 900 persone sono morte per le violenze jihadiste.
(fonte.:internazionale)

-Ciad, offensiva di Boko Haram

Il 23 marzo il gruppo jihadista Boko Haram ha attaccato una base militare a Boma uccidendo 92 militari ciadiani. Il 24 ha preso d'assalto una base in Nigeria, uccidendo 47 soldati.
(fonte.:internazionale)

-Algeria, lo scrittore Rahmani a processo per i suoi post

Il giovane scrittore Anouar Rahmani comparirà lunedì a processo, al tribunale di Cherchell, a ovest di Algeri, per alcune pubblicazioni sui social network che sarebbero oltraggio alle istituzioni. Sostenuto da gruppi come Human Rights Watch, il 27enne è considerato una voce scomoda e blasfema. I suoi post di supporto al movimento di protesta Hirak potrebbero costargli 2 anni di prigione.
(fonte.:lemondeafrique)

-Mali, domenica elettorale malgrado il COVID-19

E' in programma per domani domenica 29 marzo il primo turno delle elezioni che rinnoveranno il parlamento del Mali. La legislatura è scaduta già nel 2018 e da allora è continuamente prorogata, anche nell'incertezza di poter svolgere scrutini senza violenze da parte dei gruppi armati.
Sono in più di mille a presentarsi per 147 seggi. L'ventuale secondo turno sarà il 19 aprile.
(fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/news-for-africa   
   


  

venerdì 27 marzo 2020

La difficile lotta del debole Nord Africa al COVID-19






Mentre l'epidemia da COVID-19 avanza incontrastato in tutto il Continente Nero, le pubblicazioni di AfricaLand Storie e Culture africane si soffermano oggi, sulla difficile prova del Nord Africa al coronavirus.
La problematica più urgente riguarda gli ospedali: in Marocco, Algeria e Tunisia è allarme. Più passano i giorni e più la preoccupazione è alta nel Maghreb.

"Se la sanità europea rischia il collasso, come si potrà far fronte all'emergenza qui da noi, senza strutture?".

Partiamo da questo quesito in questa inchiesta.

-Aspettando l'apocalisse

"Quando vediamo cosa sta succedendo in Francia e in Italia, i cui sistemi sanitari, tra i migliori in Europa e nel mondo, sono al limite della saturazione, ci chiediamo : come possono le nostre sanità, già fragili, affrontare una crisi come questa, evitando il massacro delle popolazioni, in gran parte costituite da poveri?", si allarma un medico del Rif, regione povera del Nord del Marocco, per ora risparmiata dall'epidemia.
La preoccupazione è alta in Maghreb dove l'epidemia del COVID-19 sta avanzando (rapidamente). Come nel resto dell'Africa, Marocco, Algeria eTunisia si stanno preparando al peggio. Al momento la situazione è questa: Algeria 367 casi Marocco 275 casi Tunisia 200 casi.

E' opinione diffusa che la situazione sia ancora più catastrofica.

-Marocco




Il Marocco, 36 milioni di abitanti, è stato il primo paese ad adottare misure drastiche nella regione, reagendo anche prima di molti paesi europei e chiuedendo le frontiere terresti e, in due tempi, lo spazio aereo. E' stato anche uno dei primi paesi africani a indire il coprifuoco e a impiegare i militari per le strade per far rispettare il lockdown.
Una decisione radicale che ha valso al Marocco molte critiche, ma che era inevitabile. Il Marocco accoglie in media 13 milioni di turisti ogni anno. E viaggiare, ormai nessuno lo ignora più, significa diffondere il COVID-19 su larga scala. Gli ospedali del paese vivono una situazione drammatica, con una palese mancanza di personale e mezzi.

"Le capacità degli ospedali sono limitate. Il numero di letti in Marocco, con una media di 1,1 posti letto per mille abitanti, è molto basso", spiega il medico epidemiologo Youssef Oulhote.

Secondo l'associazione Tafra è molto probabile che "il numero reale di casi sia da dieci a 100 volte superiore a quello ufficiale". Il dottor Oulhote si aspetta "decine di migliaia di casi in Marocco nelle prossime. Il Marocco - ipotizza - potrebbe aver bisogno di 400 mila letti di ospedale, di cuiuna gran parte di terapia intensiva e rianimazione. Ma oggi il Marocco conta solo tra 30 mila a 40 mila letti e mancano medici e infermieri".

Altre misure sono state prese : sono stati vietati gli assembramenti, sono state chiuse scuole e università, poi caffè, ristoranti, cinema, hammam e anche le moschee. Le cinque preghiere quotidiani più quella del venerdì sono state annullate provocando l'ira degli islamisti radicali. Restanoaperti solo i negozi essenziali, supermercati, alimentari, banche, farmacie. I trasporti pubblici sono disinfettati "più volte al giorno".

"Non c'è ancora panico, ma si sono verificate scene già viste in tutto il mondo, con i negozi e le farmacie presi d'assalto", racconta un'abitante di Casablanca, che non esce mai di casa.

Il sociologo Mehdi Alioua ritiene che confinare i marocchini nelle loro case "rischia di essere la soluzione peggiore e la più inefficace". Sarebbe meglio, secondo lui, realizzare test generalizzati e confinamenti mirati come sta facendo la Corea del Sud, che ha uno dei tassi di mortalità più bassi, pur essendo uno dei paesi più colpiti dal contagio. Un'opzione che non sembra essere privilegiata dalle autorità, che puntano piuttosto al confinamento generale e hanno realizzato meno di 300 test, mentre l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha ancora ripetuto l'importanza dei test sistematici.

"In un paese come il Marocco - precisa Mehdi Alioua - milioni di persone fanno la spesa giorno per giorno, in funzione di quanto guadagnano. Non hanno risparmi, né entrate stabili. Molti non hanno accesso all'acqua corrente e all'elettricità. Le persone delle classi popolari e medie, che hanno redditi più stabili e una casa,  non guadagnano abbastanza per far scorte sufficienti".

In Marocco, come negli altri paesi in via di sviluppo, dove la stragrande maggioranza della popolazione è povera, le famiglie vivono accalcate in locali molto piccoli, in cui convivono diverse generazioni, figli, genitori, nonni.

"Se le persone sono costrette a star chiuse in casa con la forza  - aggiunge Alioua - nelle grandi città si rischia la rivolta. Ci sarebbero scene di panico e saccheggi".

Giovedì 19 marzo, è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitaria.


-Algeria





 

L'Algeria, 42 milioni di abitanti, è il primo paese africano ad aver segnalato un caso di COVID-19, il 25 febbraio. Si trattava di un italiano arrivato ad Algeri a metà mese. Da allora l'epidemia sta avanzando pericolosamente in diverse regioni.
In Algeria, dove solo un ospedale è abilitato a realizzare i test, sono stati effettuati 1.200 tamponi, secondo i dati del ministero della salute. Se l'Algeria ha più posti letto del Marocco (una media di 1,9 posti per mille abitanti), la situazione degli ospedali non è meno critica. Gli ospedali algerini, dove dilaga la corruzione, dove mancano farmaci, risorse e personale (più di 10 mila medici si sono esiliati in paesi esteri, tra cui la Francia n.d.t), riflettono tutti i mali dell'Algeria, impoverita dai 20 anni del regime di Bouteflika.

Anche se il paese investe il 10% del suo budget pubblico nel settore sanitario (quasi il doppio rispetto al Marocco n.d.t) e la sanità si basa sul principio della gratuità, il sistema sanitario algerino si deteriora anno dopo anno. In Algeria ci sono appena 400 letti di rianimazione. Il 12 marzo, già troppo tardi, il presidente Abdelmadjid Tebboune ha annunciato una nuova batteria di misure, chiudendo i confini terrestri, marittimi (tranne il traffico delle merci) e lo spazio aereo. Sono state sospese le preghiere e chiuse le moschee. Vietati anche gli assembramenti e i cortei. Una misura che tocca particolarmente l'Hirak, il movimento anti-regime nato più di un anno fa, che ha rovesciato l'ex presidente Bouteflika. Da giorni i militanti dell'Hirak sono divisi come non mai dall'inizio della protesta, nel febbraio 2019 : bisognava continuare o no la rivoluzione, che riunisce ancora migliaia di persone? "Gli algerini sono andati a manifestare martedì scorso ad Algeri a dispetto del buon senso e delle raccomandazioni degli scenziati", ha scritto su Facebook il giornalista Farid Alilat.

"Non sono un politico, né una figura dell'Hirak. Sono un giornalista libero che racconta agli algerini e al mondo questa rivoluzione eccezionale. Da domani smetto di seguirla per il bene di tutti", ha twittato anche Khaled Drareni "Inventiamo un nuovo modo di lottare, restando a casa, nell'attesa di poter scendere di nuovo nelle strade", ha implorato l'attivista per i diritti umani Said Salhi. Anche gli algerini si precipitano nei mercati e negli alimentari per fare scorte di semola, farina pasta, riso, acqua minerale.









I prezzi sono saliti alle stelle. Non si trovano più gel per le mani né mascherine. Ma le persone, un po' alla volta, cominciano a restare a casa e a rispettare la distanza di sicurezza. I medici lanciano appelli sui social alla prudenza. Il 19 marzo il governo ha chiuso bar e ristoranti, fermato i treni e i trasporti pubblici e chiesto al 50% dei dipendenti pubblici di restare a casa.


-Tunisia





In Tunisia, 12 milioni di persone, dove il sistema sanitario è in crisi e il contesto economico è molto fragile, le autorità prendono misure anti contagio preparandosi al peggio. Fino a pochi giorni fa, a Tunisi, i più temerari continuavano a uscire al mattino nelle strade deserte per fermarsi a bere un "capucin" nei bar, aperti fino alle 16.
Il 18 marzo, il presidente Kais Saied ha annunciato che il coprifuoco sarebbe stato esteso a tutto il territorio nazionale, dalle 18 alle 6 : "Dobbiamo fare sacrifici e mostrarci solidali". Il 20 ha annunciato il blocco totale. I tunisini hanno dimostrato resilienza in quest'ultimo caotico decennio, tra rivoluzione 2011, crimini politici, attentati e crisi economiche, politiche e sociali. I consigli di buon senso che circolano sui social e la creazione dell'hashtag #Cheddarek ("Resta a casa") mostrano che le persone cominciano a prendere coscienza di quanto sia importante preoteggere se stessi, i propri cari e gli anziani. In molte famiglie tunisine, la tradizione vuole che i figli continuino a vivere con i genitori anche una volta sposati. La cura e il rispetto degli anziani sono valori essenziali in molte famiglie. Selim, docente universitario di 40 anni, vive a Susa, nell'appartamento sopra a quello dei suoi genitori : "Vado io a fare la spesa per loro. Metto mascherina e guanti e uso il gel per le mani. Disinfetto sempre tutto. Esco solo per passeggiare al mare quando non c'è nessuno. Preferisco  - dice - che mi diano del matto piuttosto che dell'irresponsabile". Leila Ben Gacem, 50 anni, tiene dei bad & breakfast nella medina di Tunisi. Ma ha dovuto sospendere la sua attività e si è messa in quarantena con i suoi genitori : "Loro vivono a Beni Khalled, poco lontano da Nabeul, ma non volevo restassero soli. Preferisco saperli con me a Tunisi e ho mostrato loro l'esempio mettendomi io stessa in quarantena". Il padre, 80 anni, è diabetico. La madre, che soffre di ipertensione, ha 72 anni. "Mio padre mi dice che ha più paura di me che del virus perché controllo tutto quello che fa!".
I genitori di Leila, come gli altri anziani, hanno dovutocambiare le loro abitudini. "Ci stiamo organizzando con le associazioni locali perché gli anziani non debbano più andare alla posta per ritirare la pensione", dice. A Biserta, dei volontari si sono offerti per fare la spesa agli anziani.

La Tunisia ha adottato misure di sicurezza anche prima dei paesi europei. Sono state chiuse le moschee durante le preghiere e sospesa la preghiera del venerdì. L'orario di lavoro giornaliero è stato ridotto. Sono stati limitati i voli con l'Italia e la Francia, soppressi i voli commerciali e chiuse le frontiere marittime. A livello locale, i comuni, incluso quello di Tunisi, aumentano i controlli per disinfettare le strade e verificare che i caffè non vendano il famoso narghilè, simbolo nazionale, il cui uso è vietato per un mese. I tunisini che vivono all'estero hanno lanciato delle collette per raccogliere fondi per gli ospedali e il governo ha istituito un fondo di solidarietà. I medici tentano di allertare la popolazione : il sistema sanitario è a corto di risorse da più di 10 anni. Con solo 331 letti di rianimazione negli ospedali pubblici del paese, la Tunisia avrà difficoltà a far fronte alla crisi. Come nel resto del Maghreb, le conseguenze sanitarie, economiche e sociali potrebbero essere gravissime. 
(Fonte.:mediapart)
Bob Fabiani
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-www.mediapart.fr     


  

giovedì 26 marzo 2020

COVID-19, il Continente informa










La pandemia mondiale da coronavirus dilaga in tutto il mondo e in Africa : tuttavia, risalta all'occhio come, il Continente Nero resti ai margini del dibattito sul COVID-19 eppure in un crescendo di tensioni nei confronti degli occidentali, ha superato ormai i 2.400 contagi in 46 paesi su 54. Dal Kenya all'Etiopia si sono registrati episodi di violenza contro statunitensi ed europei. La paura e la psicosi da coronavirus aumentano dal Camerun al Ghana alla Tanzania.

Intanto arriva il messaggio dell'Africa al #G20Summit : il #COVID19 è una crisi globale e l'Africa, tuttavia, sarà colpita più duramente con pesanti conseguenze che allargherà squilibri sociali all'interno dei paesi.

Il Sudafrica ha reso nota la decisione di imporre 21 giorni di #Lockdown.

Il Kenya e il Senegal   - così come altri paesi avevano già fatto la settimana scorsa (Tunisia ed Egitto) - fanno scattare, nelle prossime ore, il coprifuoco per contrastare il virus.

-La situazione in Madagascar

Il presidente malgascio Andry Rajoelina invita all'unità e alla solidarietà nazionale e rilancia un monito contro la false notizie circolate, in quantità industriale nelle ultime ore e giorni : "Diffondere fake news è un atto irresponsabile e riprorevole".
Nei giorni scorsi, lo stesso presidente d'accordo con le autorità competenti aveva preso alcune decisioni nelle lotta contro il COVID-19 : "Nell'ambito del piano di emergenza sociale facilitiamo la tassazione della società:

  • differimento della dichiarazione e pagamento dell'imposta sintetica;
  • sospensione dei pagamenti da CNAPS e OSTIE (contributo salariale per la pensione e la salute).
Nella giornata odierna, 26 marzo, si registra un aumento dei casi: in Madagascar i contagi sono 23, senza decessi. I 4 nuovi casi riguardano 3 uomini e 1 donna arrivati coi voli U611, AF 934, ET 185.
Per far fronte al coronavirus sono stati reclutati 5.000 studenti di medicina col compito di aiutare le operazioni di testing.
Nella giornata odierna ha fatto registrare i primi casi di sollevazione popolare: nella città di Toamasina  - la più importante città portuale del Madagascar situata sulla costa Est dedll'isola - si sono verificati violenti saccheggi. Più a Sud, la città di Toliara, a causa del coronavirus, a scopo precauzionale, è completamente isolata.

Ahmed, primo ministro dell'Etiopia e Premio Nobel per la pace 2019 denuncia che il mondo non sta aiutando l'Africa sul contrasto al COVID-19.

Bobi Wine, il popolare rapper dell'Uganda ha scritto e inciso una canzone contro il coronavirus. Il cantante e leader dell'opposizione a Museweni ha deciso di incidere il brano per : "Sensibilizzare tutti gli ugandesi" e aggiunge "Seguite tutti i suggerimenti dei medici per contrastre questo mostro invisibile".

Si registra il primo caso di contagio in Libia.





Coronavirus WHO Africa Update (dato del 26 marzo 2020)


Sudafrica (789) Egitto (442) Algeria (302) Marocco (225) Tunisia (173) Burkina Faso (114)
Reunion (Francia, 111) Senegal (99) Costa d'Avorio (73) Camerun (70) Ghana (68) RDC (48)
Mauritius (48) Nigeria (46) Ruanda (40) Kenya (28) Madagascar (23) Togo (23) Uganda (14)
Maldive (13) Tanzania (12) Etiopia (12) Zambia (12) Gibuti (11) Guinea Equatoriale (9)
Seyschelles (7) Namibia (7) Niger (7) Gabon (6) Benin (6) Eswatini (4) Guinea (4) Congo (4)
Capo Verde (4) Liberia (3) Rep.Centroafricana (3) Zimbabwe (3) Sudan (3) Angola (3)
Gambia (3) Ciad (3) Mozambico (3) Guinea Bissau (2) Mauritania (2) Somalia (1) Eritrea (1)
Libia (1)

(Fonte.:bbcafrica; afrowho;midimadagasikara)
Bob Fabiani
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-www.bbc.com/news/africa;
-https://afro.who.int;
-www.midi-madagasikara.mg

mercoledì 25 marzo 2020

Manu Dibango un Sax 'Negropolitano'








"Al paese mi considerano un europeo e l'Europa mi tratta da americano.
Per lo zio Sam sono un africano che fa musica africana. Ma è una musica
che non esiste di per sé"
                           (Manu Dibango)




Nella giornata di ieri 24 marzo 2020 è arrivata la notizia dolorosa della dopartita del grande musicista camerunense che, a causa del COVID-19, a Parigi, ha perso la sua battagila.
AfricaLand Storie e Culture africane con questo post rende omaggio al grande sassofonista Afro-Jazz.

-Manu Dibango, un sax panafricano

La storia della grande musica è fatta (suonata e scritta) da musicisti che sanno parlare un linguaggio universale, al di là delle mode, dei vari stili e delle collocazioni geografiche.
Manu Dibango, è statto sassofonista, compositore e decano dei musicisti afropolitani anche se Manu preferiva dire "Negropolitani", alludeva alla diaspora, ai cosiddetti "pancia vuota" capaci di cambiare, per sempre, il volto (a cominciare naturalmente da quello sonoro) di Parigi : a partire dal secondo dopoguerra.

Manu Dibango è deceduto ieri a Parigi all'età di 86 anni quando il suo respiro si è interrotto dall'infezione da COVID-19 diagnosticato in ospedale nei giorni scorsi.

E' stato punto di riferimento per intere generazioni di africani e di musicisti : era Makossa Man, Papy Groove forse il "musicista africano" (si doveva stare attenti a non pronunciare mai la parola "africano" da sola, altrimenti, in un attimo, il solare artista si arrabbiava ...) più popolare di sempre, magari dopo la grande Miriam Makeba anche grazie alla presenza ( anche se per un attimo ... diventato però immortale ...) all'inizio degli anni '70, in vetta alle classifiche americane.

Aveva un personalissimo "groove" e lo si poteva trovare nell'insensato contrappasso per quanto fiato ha spinto tra l'ancia e il bocchino del suo sax, preferibilmente tenore, un vecchio e molto parigino Semer fedele all'icongrafia calssica del Jazz.
Artista che non ammette confronti, tanto personale era il modo di porsi: purtroppo non lascia eredi dal punto di vista musicale, al di là dei puri steccati geografici che, la musica  - qualla con la M maiuscola  - rifiuta sdegnata.
Custode ultimo di un'antica forma tradizionale eppure capace - in anticipo sui tempi e le inevitabili mode - di una precoce esploratore di una musica plurale - ahinoi questa a rischio di estinzione - che, alla fine, lo hanno imprigionato nella stretta, indigesta prigione della "world music".

-"Tre chili di caffè"





 Personaggio solare, quando decise di lasciare per la prima volta il Camerun e Douala - dove era nato nel 1933 se li portò dietro per pagarsi il primo mese di affitto, una volta arrivato a Parigi : aveva solo 15 anni e, molto tempo dopo, quei tre chili di caffè divennero il titolo dell'autobiografia che scrisse con Danielle Rouard.
Erano passati giusto 40 anni.

Se cercherete sul web oppure sulle enciclopedie il suo nome troverete scritto che "era il padre della world music e/o dell'afrojazz ma anche l'autore del primo brano-disco : Soul Makossa, un hit del 1972 originariamente faceva parte del "retro", o come si diceva allora "facciata B" dell'inno calcistico camerunense per la Coppa d'Africa capace di conquistare il mondo intero.






Con le sue note un'intera generazione ha ballato fino allo svinimento sia questo brano sia gli altri e, da quel momento, per tutti, in Africa come in Europa e in America divenne Papy Groove, il "signore del ritmo.
Cosciente della fisicità del suono era sovente spiegare che : "l'Africa è terra, il beat è il battito del suo cuore". Nascva da qui quella rivoluzione radicale in musica alla base dell'Afrobeat promosso, inventato e plasmato da Fela Kuti, altro grande sassofonista della Grande Madre Terra, col quale suonò ripetutamente.

Manu Dibango era un musicista che amava collaborare e dialogare con gli altri artiusti e, nella sua carriera ha suonato e lavorato con Nino Ferrer, Quincy Jones, Herbie Hancock, Serge Gainsbourg, Bill Laswell, Sly e Robbie, Eliades Ochoa.

-Un giorno del 1960 a Bruxelles

In Belgio Manu Dibango, nell'anno più importante per l'Africa - quel 1960 che portò in diote la tanto sospirata, sognata e inseguita indipendenza per la gran parte delle nuove e giovani Nazioni africane - incontra Joseph Kabasele, l'uomo capace proprio in quell'anno di far ballare il Congo con la famosa "Independance cha cha" : fu una traccia irrinunciabile. La strada maestra; una strada di ritorno verso l'Africa. Accadde di tutto. Vi trovò in quel ritorno sfarzi, incarichi ufficiali, intrighi di palazzo, esaltazioni e improvvisi collassi. Ma ha saputo sempre ripartire. Senza perdersi d'animo: dalla Costa d'Avorio al neonato Zaire e anche al suo ingrato Camerun.

Un andare e ritornare forsennato, senza quasi respiro con l'Europa almeno fino ai primi anni '80 quando, si stabilì a Parigi detentrice di una scena più che effervesciente, ponendosene al centro esatto. Senza esitazioni.


-Marchio di fabbrica ("mako-mako-ssa") e la Harlem ispanica

Subito dopo l'incontro con Kabasele passò dal repentino trionfo all'Olympia al vedere l'America dal finestrino di una limousine grazie a Soul Makossa, il suo marchio di fabbrica a dispetto della quantità di musica all'altezza e anche migliore che ha realizzato in seguito. Quel brano entro in una scia di emozioni "nuyoricane" e derive afro con tempismo inaspettato. E così accadde che la Harlem ispanica e quella nera depongono le lame se in pista c'è "mako-mako-ssa".

"Che importa se non capiscono le parole? Evoca loro l'Africa della città (...). Al paese mi considerano un europeo e l'Europa mi tratta da americano. Per lo zio Sam io sono un africano che fa musica africana, è una musica che non esiste di per se stessa".

Il brano - croce, delizia e stemma indelebile - sarà costretto a declinarlo in reggae makossa, funky makossa, electro makossa e via abbinando. Unico denominatore come un ritmo tradizionale del Camerun che per sua stessa ammissione è citato a malapena di striscio. Ma del resto lo "showbiz" quando decide di affibbiare un'etichetta finisce con l'appiattire tutto oppure, se preferite metabolizzare tutto e di tutto fare un "minestrone sonoro" così accadde che il brano divenne esempio monumentale di disco music pure essendo del tutto avulso a quel contesto e a quello stile perché "la disco" era cosa ben differente.

Era partito dagli African Jazz da cui era partito, tutto suonavano tranne che Jazz in senso compiuto ma, Manu Dibango il Jazz lo conosce (è anche un discreto vibrafonista n.d.t), sa anche come usarlo per tornare a un'Africa delle diversità politiche e poliritmiche che balla sotto lo stesso cielo.
Il Jazz non è un mezzo  - come forse la frequentazione di Nino Ferrer negli anni '60 e le collaborazioni electro con Bill Laswell vent'anni dopo - ma un modo d'intendere e di creare musica. E' allergico alla ripetizione, che si parli di antenati o dell'arrangiamento di un brano compreso Soul Makossa.

"Il successo sarà memorabile. Guarda cosa mi doveva capitare...".

-Tam-Tam pour l'Ethiopie





Ha saputo rinnovarsi abbianando sperimentazione e innovazione fino al terzo millennio : ora scegliendo un suono elettrico, poi elettronico, poi di nuovo jazz e rumba, tutto-makossa ovviamente.
E' sempre stato in anticipo sui tempi e guascone come un personaggio di Alain Mabanckou finendo col diventare abbastanza destabilizzante da incarnare le ombre di un eroe pst-esotista, non si farà mancare una certa dose di impegno civile ai tempi di Tam-tam pour l'Ehiopie suonando per la fame in Etiopia e la liberazione di Nelson Mandela , cui segue la disillusa certezza, anticipatrice dei futuri LiveAid per poi scoprire che senza cambiare musica nelle politiche globali i concerti servono a poco e a pochi.

Nel 1974 riunì a Khinshasa B.B.King, James Brown e Miriam Makeba per celebrare la nuova costituzione dello Zaire e la memorabile sfida Muhammad Ali-George Foreman. Venti anni dopo, nel 1994 volle in "Wakafrica" Youssou N'dour e Peter Gabriel, Salif Keita e King Sunny Ade, Geoffrey Oryena e Ray Lama, Ladysmith Black Mambazo e Angelique Kidjo, Toure Kunda e Papa Wemba : un capolavoro panafricano.

-Roma, Concerto Primo Maggio 2008






A conclusione di questo post in ricordo di Manu Dibango  scrivo qui un mio personale ricordo quando grazie a un altro sassofonista di Napoli, Enzo Avitabile ha voluto fare un regalo inaspettato: chiamare sul palco del Primo Maggio - il cosiddetto Concertone che si tiene ogni anno nel primo giorno di maggio in quello che una volta si celbrava come Festa dei Lavoratori - il grande musicista camerunense per inscenare un duello di sax sudati e sudisti. Un momento magico.


-5 Canzoni per ricordare Manu Dibango

Segnaliamo questa piccola tracklist per scoprire o riscoprire il groove del grande musicista di Douala.

  1. Soul Makossa
  2. Big Blow
  3. Pepe Soup
  4. Afro Soul
  5. Matapo


(Fonte.:jeuneafrique;nyt;rollingstone;musicajazz)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-www.nytimes.com;
-www.rollingstone.com;
-www.musicajazz.it    
    

martedì 24 marzo 2020

L'epidemia di COVID-19 raggiunge 43 paesi in Africa. La situazione








In Africa, il virus ha colpito 43 paesi: i casi di contagio sono 1.463, lo afferma l'Unione Africana (AU) : la giornata odierna è stata caratterizzata dalla scomparsa del grande sassofonista - jazz Manu Dibango. In Camerun, non appena la notizia è diventata di dominio pubblico, è scattato immediato il lutto nazionale. Il decesso del grande musicista è avvenuta in Francia.

-COVID-19 Africa Update (dato 24 Marzo 2020)


Sudafrica (402), Egitto (366), Algeria (230), Marocco (170), Burkina Faso (99), Tunisia (89),
Senegal (78), Reunion (Francia 71), Camerun (66), RDC (42), Nigeria (40), Mauritius (28),
Costa d'Avorio (25), Ghana (24), Ruanda (19), Togo (18), Madagascar (17), Kenya (16),
Tanzania (12), Etiopia (11), Guinea Equatoriale (9), Seychelles (7), Gabon (6), Eswatini (4),
Congo (4), Guinea (4), Namibia (3), Liberia (3), Capo Verde (3), Rep.Centroafricana (3),
Zimbabwe (3), Sudan (2), Mauritania (2), Angola (2), Niger (2), Gambia (2), Somalia (1),
Ciad (1), Gibuti (1), Eritrea (1), Uganda (1), Mozambico (1)
(Fonte.:jeuneafrique;au)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-https://au.int

lunedì 23 marzo 2020

Il Sud del Mondo, dove vivono gli ultimi della Terra: il nuovo fronte del Coronavirus





AfricaLand Storie e Culture africane nel quotidiano racconto della pandemia mondiale del COVID19 si sofferma nel Sud del Mondo dove vivono circa tre miliardi di persone negli slum senza acqua e sanità. E' qui il nuovo fronte del virus.


-Gli ultimi della Terra


Nella cosiddetta parte del primo mondo ci sono tutta una serie di piccoli gesti oppure elementari "precauzioni per l'igiene" che sono scontati, tra questi, quello di lavarsi le mani. In tempi di coronavirus, le indicazioni parlano di lavarsi le mani per almeno venti secondi. In quel preciso istante va ricordato che siete fortunati : disponete di acqua e avete un sapone.
Il 40% della popolazione mondiale, 3 miliardi di persone, non ha né l'una né l'altro. Tre quarti degli abitanti dei paesi meno sviluppati non possono contare a casa di questi due alleati preziosi contro il contagio. In un terzo delle scuole del mondo e in un ospedale su sei non c'è modo di lavarsi le mani.
Con queste premesse è chiaro che il prossimo incubo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sia l'emergenza COVID-19 tra i "dannati della Terra", come li chiamava Frantz Fanon.
Quelli che vivono dove i servizi igenici e le distanze di sicurezza sono una chimera. Fino a pochi giorni fa i numeri sembravano indicare un avanzamento lento in Africa, nel Sud Est Asiatico e in America Latina, nelle aree dove gli slum si concentrano.

Ma ora suona il campanello d'allarme.

"Il mio continente deve svegliarsi", ha implorato il presidente OMS, l'etiope Adanon Ghebreyesus solo qualche giorno fa. Per gli esperti di sviluppo non c'è da sperare che la preponderanza di giovani nel Sud del mondo abbassi la media dei decessi.

I poveri pagheranno un prezzo altissimo.

-Slum e favelas





Impossibile per gli epidemiologi avere un quadro chiaro dell'andamento dei contagi negli insediamenti che si ammassano ai margini delle metropoli. Rileva l'antropologa Annie Wilkinson sul sito della London School of Economics : qui spesso le persone si rivolgono a operatori sanitari informali per tosse, febbre, raffreddore. Le conte sono incomplete anche per questo. Accertati i contagi, comunque la quarantena risulterebbe impossibile in alloggi piccoli occupati da famiglie anche di 10-12 persone. La tentazione delle autorità è quella di sigillare intere baraccopoli. Nel 2014 i tentativi di isolare le baraccopoli attorno a Monrovia (Liberia) per evitare la diffusione di Ebola si tradussero in gravi tumulti. Gli esperti invitano a non disdegnare di accordarsi con leader religiosi locali o perfino con le gang capaci di gestire l'ordine nelle aree dove la legge non arriva.

-La chiusura delle scuole

Nelle aree più povere del mondo (in Africa più di 15 paesi l'hanno decretata) ha conseguenze devastanti. L'affollamento nelle abitazioni e il divieto di uscire moltiplica la probabilità di viiolenze domestiche. Nel caso di Ebola ci fu un picco di gravidanze di adolescenti. Se lo stop alle lezioni si prolunga c'è un'alta percentuale di abbandoni scolastici definitivi.

-Economia e instabilità politica


David Evans e Mead Over per il Center for Global Development rammentano come l'Osce dia per dimezzata causa COVID-19 la crescita economica globale : per i paesi poveri è un'emorragia potenzialmente letale. La perdita di potenza del motore cinese ha rallentato la fame di materie prime, con investimenti già in calo in Africa. Impossibile cercare investitori altrove vista la dimensione globale del contagio. I molti leader politici corrotti non hanno la credibilità per imporre misure drastiche né di far sperare in processi di recupero.
All'orizzonte si potrebbero verificare possibili terremoti politici.


-Il Sudafrica e l'Aids





 Fino a ieri il Sudafrica ha registrato 202 casi ma, nelle ultume ore fonte di stampa locali parlano di una preoccupante impennata : i casi sarebbero raddoppiati arrivando a 402 e del resto, gli specialisti si aspettano nei prossimi giorni e settimane una vertiginosa crescita. Con il triste record di infezioni di Hiv (7,7 milioni), il paese trema per il Coronavirus, che si accanisce sulle persone più vulnerabili.



-Il caso Gaza





La Striscia di Gaza viene definita la prigione a cielo aperto più grande del mondo : circa due milioni di persone che vivono senza servizi igienici fondamentali e con una Sanità precaria in un territorio grande come la provincia di Prato. 
Nonostante l'isolamente cui è costretta, purtroppo è arrivata la notizia del primo caso accertato da COVID-19 e ora si teme una drammatica esplosione.

"Come si comporterebbe Israele se decine di migliaia di palestinesi marciassero alla frontiera chiedendo assistenza?", si chiede Dana Wolf, esperta dell'Interdisciplinary Center di Herzliya.



-I rifugiati


Concludiamo questo viaggio soffermandoci sul dramma dei rifugiati e dei migranti.

Le ong che si occupano di migranti - da molti giorni - hanno lanciato l'allarme nel campi di accoglienza in Francia, Grecia e Bosnia. Condizioni sanitarie pessime, affollamento, fatica, sono un cocktail letale di fronte al virus. E molte di queste organizzazioni perdono volontari fermati dal timore di portare il contagio o perché costretti a non muoversi dai propri paesi.

"Questa pandemia  si muove come un'onda - spiega Ludo Bok del Programma ONU per lo sviluppo - un'onda che ora minaccia anche i sistemi e le persone meno in grado di farcela. Non è più solo un'emergenza sanitaria. E' sociale, economica e politica. Prendiamola almeno come una sveglia per trovare modi innovativi per rispondere alle crisi".
(Fonte.:jeuneafrique;nyt;bbcafrica)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-www.nytimes.com;
-www.bbc.com/africa 

domenica 22 marzo 2020

Da dove vengono i coronavirus?







AfricaLand Storie e Culture africane continua le pubblicazioni di approfondimento sulla grave crisi mondiale dopo il tracimare dell'epidemia da COVID-19. Nel reportage di oggi, ragioneremo intorno al tema della lotta contro le pandemie: partendo dall'inizio, ossia, da dove sia la genesi che generano i coronavirus e, in ultima analisi, su possibili strumenti, idonei a combattere, efficacemente questa e altre pandemie che caratterizzeranno gli anni a venire.

Nel XXI secolo, agli occhi delle autorità cinesi i vecchi rimedi appaiono ancora il modo migliore per lottare contro l'epidemia dovuta al coronavirus. Centinaia di milioni di persone hanno subito delle restrizioni nei loro spostamenti (imitate poi dall'occidente). Forse è giunto il momento di chiedersi per quale motivo le pandemie si stanno susseguendo a un ritmo sempre più sostenuto?
(Bob Fabiani)


-Contro le pandemie, l'ecologia*

Si è parlato di un pangolino, di un pipistrello... secondo una voce ormai smentita si sarebbe trattato di un serpente. La corsa a individuare l'animale selvatico all'origine di questo coronavirus, ufficialmente denominato COVID-19, che ha intrappolato milioni di persone, messe in quarantena o trincerate dietro a cordoni sanitari in Cina e in altri paesi, è ancora aperta. Se svelare questo mistero resta fondamentale, tali speculazioni ci impediscono di vedere che la nostra crescente vulnerabilità alle pandemie ha una causa più profonda: la distruzione sempre più veloce degli habitat. Dal 1940, centinaia di microbi patogeni sono comparsi o riapparsi in aree in cui, in alcuni casi, non si erano mai visti prima. E' il caso del virus dell'immunodeficienza umana (Hiv), dell'Ebola nell'Africa occidentale e della Zika sul continente americano. La maggior parte di essi (60%) è di origine animale. Alcuni provengono da animali domestici o da allevamento; più di due terzi da animali selvatici.

Questi ultimi in realtà non c'entrano nulla. A dispetto degli articoli che, con tanto di corredo fotografico, indicano la fauna selvatica come il punto di partenza di epidemie devastanti (1), è un errore credere che questi animali siano particolarmente infestati da agenti patogeni letali pronti a contagiarci.

In realtà,  la maggior parte di questi microbi vive al loro interno senza far loro alcun male. Il problema è un altro: con il dilagare della deforestazione, dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione, abbiamo dato a questi microbi i mezzi per arrivare fino al corpo umano e adattarsi.

La distruzione degli habitat minaccia di estinzione molte specie (2), tra le quali piante medicinali e animali su cui la nostra farmacopea ha sempre fatto affidamento. Quelle che sopravvivono non possono fare altro che ammassarsi nelle piccole porzioni di habitat lasciate libere dagli insediamenti umani. Il risultato è una maggiore probabiltà di contatto stretto e ripetuto con l'uomo, cosa che permette a microbi benigni di passare nel nostro corpo e di trasformarsi in agenti patogeni mortali.

Ebola è una caso esemplare.

Uno studio condotto nel 2017 ha rivelato che i focolai del virus, la cui origine è stata localizzata in varie specie di pipistrelli, sono più frequenti nelle zone dell'Africa centrale e occidentale che hanno recentemente subito processi di deforestazione. Quando si abbattono le loro foreste, i pipistrelli sono costretti ad appollaiarsi sugli alberi dei nostri giardini e delle nostre fattorie.
E' facile immaginare il passaggio successivo: un essere umano ingerisce della saliva di pipistrello mordendo un frutto che ne è ricoperto oppure, cercando di catturare e uccidere questo visitatore indesiderato, si espone ai microbi che hanno trovato rifugio nei suoi tessuti. In questo modo, una moltitudine di virus di cui i pipistrelli sono portatori, ma che in loro sono del tutto innocui, riesce a penetrare nelle popolazioni umane - abbiamo preso ad esempio l'Ebola, ma lo stesso vale per il Nipah (diffuso in particolare in Malesia e in Bangladesh) oppure il Marbug (diffuso sopratutto nell'Africa orientale n.d.t). Se questo fenomeno, definito "salto di specie", si verifica frequentemente, può consentire ai microbi degli animali di adattarsi al nostro organismo e di evolversi fino a diventare patogeni.

Un legame tra l'insorgenza di epidemie e la deforestazione è stato stabilito anche per le malattie trasmesse dalle zanzare (3), anche se in questo caso il problema non riguarda tanto la perdita di habitat quanto la loro trasformazione. Con gli alberi, scompaiono anche le radici e le foglie morte.
Di conseguenza, l'acqua e i sedimenti scorrono più facilmente sul terreno, ormai raggiunto anche dai raggi del sole, formando delle pozzanghere che favoriscono la riproduzione delle zanzare portatrici della malaria. Secondo uno studio condotto in dodici paesi, le specie di zanzare che trasportano agenti patogeni umani sono due volte più numerose nelle aree sisboscate che nelle foreste intatte.

-Pericoli dell'allevamento intensivo

La distruzione di habitat agisce anche alterando il numero degli individui appartenenti a ciascuna specie, il che può aumentare il rischio di diffusione di un agente patogeno. Un esempio è il virus del Nilo occidentale, trasportato dagli uccelli migratori. In Nord America, negli ultimi cinquant'anni le popolazioni di uccelli sono diminuite di oltre il 25% a causa della perdita di habitat e di altre distruzioni (4). Ma non tutte le specie sono interessate da questo fenomeno allo stesso modo. I cosiddetti uccelli specialisti (di un habitat), come i picchi e i rallidi, sono stati colpiti più duramente dei generalisti come i pettirossi e i corvi. Mentre i primi non sono grandi vettori del virus del Nilo occidentale, i secondi sono vettori eccellenti. Di qui un'alta diffusione del virus tra gli uccelli domestici della zona e una crescente probabilità che una zanzara punga un uccello infetto e poi un essere umano (5).

Lo stesso vale per le malattie trasmesse dalle zecche. Lo sviluppo urbano sta gradualmente rosicchiando le foreste del nord-est degli Stati Uniti, scacciando animali come gli opossum, che contribuiscono a tenere sotto controllo le popolazioni di zecche, e consentendo allo stesso tempo a specie molto meno efficaci al tal scopo, come il topo dai piedi bianchi e il cervo, di prosperare. Risultato: le malattie trasmesse dalle zecche si diffondono più facilmente. Una di queste malattie è la malattia di Lyme, apparsa per la prima volta negli Stati Uniti nel 1975. Negli ultimi vent'anni sono stati identificati sette nuovi agenti patogeni trasportati dalle zecche (6).

Il rischio di insorgenza di malattie non aumenta solo per la perdita degli habitat, ma anche per il modo in cui questi vengono rimpiazzati. Con lo scopo di soddisfare i loro appetiti carnivori, gli esseri umani hanno disboscato un'area equivalente a quella del continente africano (7) per nutrire e allevare animali destinati al macello.
Alcuni di questi vengono poi commercializzati illegalmente o venduti sul mercato degli animali vivi (wet markets). Lì, delle specie che probabilmente in natura non si sarebbero mai incrociate vengono tenute in gabbia fianco a fianco e i microbi possono tranquillamente spostarsi da una all'altra. Questo tipo di sviluppo, che nel 2002-2003 ha già generato il coronavirus respoinsabile dell'epidemia della Sindrome respiratoria acuta grave (Sars), potrebbe essere all'origine anche del coronavirus sconosciuto che oggi ci attanaglia.

Ben più numerosi sono poi gli animali che vengono fatti crescere nei nostri allevamenti industriali. Centinaia di migliaia di bestie ammassate in attesa di essere portate al macello: condizioni ideali perché i microbi si trasformino in agenti patogeni letali. Ad esmpio, i virus dell'influenza aviaria, di cui sono portatori gli uccelli acquatici, fanno stragi nelle fattorie piene di polli in cattività, dove mutano diventando ancora più virulenti  - un processo talmente prevedibile da poter essere riprodotto in laboratorio. Uno dei loro ceppi H5n1, è trasmissibile all'uomo e uccide più della metà degli individui infettati. Nel 2014, nel Nord America, per fermare la diffusione di un altro di questi ceppi si sono dovuti abbattere decine di milioni di polli (8).

Le montagne di deiezioni prodotte dal nostro bestiame offrono ai microbi di origine animale ulteriori opportunità di infettare le popolazioni umane.
Essendo infinitamente maggiori di quelle che i terreni agricoli possono assorbire sotto forma di fertilizzanti, spesso finiscono per essere stoccate in fosse isolate  - un paradiso per l'Eschrichia coli. Più della metà degli animali tenuti all'ingrasso negli Stati Uniti sono portatori di questo batterio, per loro innocuo (9). Nell'uomo, invece, l'Escherichia coli causa dairrea sanguinolenta, febbre e può comportare insufficienze reanali acute. E poiché non è raro che le deiezioni animali si riversino nella nostra acqua potabile e nei nostri alimenti, 90.000 statunitensi vengono infettati ogni anno.

-Le ferrovie del Congo




Il fenomeno della mutazione di microbi animali in agenti patogeni umani, oggi sempre più frequente, non è una novità. Risale alla rivoluzione neolitica, quando l'uomo ha iniziato a distruggere gli habitat selvaggi per espandere le terre coltivate e ad addomesticare gli animali per farne delle bestie di soma. In cambio, gli animali ci hanno fatto dei regali velenosi: dobbiamo il morbillo e la tubercolosi alle mucche, la pertosse ai maiali e l'influenza alle anatre.

Questo processo è continuato durante l'espansione coloniale europea.

In Congo, le ferrovie e le città costruite dai coloni belgi hanno permesso a un lentivirus ospitato dai macachi della regione di perfezionare il suo adattamento al corpo umano. In Bangladesh, gli inglesi hanno disboscato l'immensa zona umida delle Sundarbans per sviluppare la coltivazione del riso, esponendo gli abitanti ai batteri presenti nelle acque salmastre. Le pandemie causate da queste intrusioni coloniali sono ancora attualità. Il lentivirus del macaco si è trasformato nell'Hiv. Il batterio acquatico delle Sundarbans, oggi noto come colera, ha già causato sette pandemie, la più recente delle quali si è verificata ad Haiti.

Fortunatamente, non essendo vittime passive di questo processo, possiamo fare molto per ridurre il rischio di emergenza di simili microbi. Possiamo proteggere gli habitat selvatici per far sì che i microbi degli animali restino al loro interno senza trasmettersi all'uomo, come sta facendo il movimento One Health (10).

Possiamo monitorare da vicino gli ambienti in cui i microbi animali hanno maggiori probabilità di mutare in agenti patogeni umani, cercando di eliminare quelli che mostrano segni di adattamento al nostro corpo prima che causino epidemie. Negli ultimi dieci anni, i ricercatori del programma Predict, finanziato dall'Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), hanno fatto proprio questo. Grazie al loro lavoro sono stati già identificati più di 900 nuovi virus legati all'estensione dell'impronta umana sul pianeta, compresi ceppi di coronavirus precedenti sconosciuti paragonabili alla Sars (11).

Oggi si è profilata una nuova pandemia  e non solo a causa del COVID-19. Negli Stati Uniti, gli sforzi dell'amministrazione Trump per esentare l'insieme delle attività industriali da ogni regolamentazione porteranno inevitabilmente a un'ulteriore perdita di habitat, favorendo il passaggio di microbi dagli animali all'uomo. Allo stesso tempo, il governo degli Stati Uniti sta riducendo le nostre  possibilità di individuare il prossimo microbo prima che si diffonda: nell'ottobre del 2019, ha infatti deciso di porre fine al programma Predict. All'inizio di febbraio del 2020, ha poi annunciato l'intenzione di ridurre del 53% il suo contributo al bilancio dell'Organizzazione mondiale della sanità.

Come ha dichiarato l'epidemiologo Larry Brillant, "i focolai di virus sono inevitabili, le epidemie no". Ma le epidemie ci saranno risparmiate solo se saremo tanto determinati a cambiare le nostre politiche quanto lo siamo stati a sconvolgere la natura e la vita animale.
*Sonia Shah  Giornalista. Autrice di Pandemic: Tracking Contagions from Cholera to Ebola and Beyond, Sarah Crichton Books, New York 2016 e di The Next Great Migration: The Beauty and Terror of Life on the Move, Bloomsbury Publishing, Londra, pubblicazione prevista per giugno 2020.


Note

(1) Kai Kupferschmidt, "This bat species may be the source of the Ebola epidemic that killed more nthan 11.000 people in West Africa", Science Magazine, Washington, DC - Cambridge, 24 gennaio 2019.

(2) Jonathan Watts, "Habitat loss threatens all our futures, world leaders warned", The Guardian, Londra, 17 novembre 2018.

(3) Katarina Zimmer, "Deforestation tied to changes in disease dynamics", The Scientist, New York, 29 gennaio 2019.

(4) Carl Zimmer, "Birds are wanishing from North America", The New York Times, 19 settembre 2019.

(5) BirdLife International, "Diversity of birds buffer against West Nile virus", ScienceDaily, 6 marzo 2009, www.sciencedaily.com

(6) "Lyme and other tickborne diseases increasing", Center for Disease Control and Prevention, 22 aprile 2019, www.cdc.gov

(7) George Monbiot, "There's a population crisis all right. But probably not the one you think", The Guardian, 19 novembre 2015.

(8) "What you get when you mix chickens, China and climate change", The New York  Times, 5 febbraio 2016. In Francia l'influenza aviaria ha colpito gli allevamenti durante l'inverno 2015-2016 e il ministro dell'agricultura ritiene che questo inverno esista un rischio per i volatili provenienti dalla Polonia.

(9) Cristina Venegas-Vargas etal., Factors associated with Shiga toxin-producing Escherichia coli shedding by dairy and beef cattle", Applied and Environmental Microbiology, vol. 82, n°16, Washington, DC, Agosto 2016.

(10) Predict Consortium, "One Health in acrion", EcoHEalth Aliiance, New York, ottobre 2016.

(11) "What we've found", One Health Institute, https://ohi.sf.ucdavis.edu
(Fonte.:monde-diplomatique;thenation)
Bob Fabiani
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-www.monde-diplomatique.fr;
-www.thenation.com


      









  

sabato 21 marzo 2020

News For Africa (Notizie dal Continente, n°6)







Nuovo appuntamento con le notizie da tutto il Continente Nero, in questo numero:


  • Coronavirus, il monito OMS all'Africa;
  • Media, la giornalista ivoriana Bintou Mariam Traoré lancia l'hashtag #Vraiefemmeafricaine;
  • Algeria, primo venerdì senza "Hirak";
  • Costa d'Avorio, giudizio d'appello per il presidente
  • Madagascar, il presidente Andry Rajoelinarivela 3 casi di coronavirus
  • COVID-19, Africa Update (dato del 21 marzo 2020)


-Coronavirus, il monito OMS all'Africa




Il COVID-19 avanza inesorabile in Africa. A oggi sono 992 i contagi in 36 paesi, i decessi sono 87.
Numerose nazioni, dalla Tunisia al Sudafrica passando per il Madagascar e, risalendo su, fino al Nordafrica, con il Marocco hanno chiuso i confini e dichiarato lo stato d'emergenza (Tunisia, Egitto).
Alcuni governi hanno avviato misure rigorose per impedire la diffusione del virus, ma la popolazione sembra ancora ignara della reale portata del fenomeno.

"E' il pericolo di cui sono più preoccupato", ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS): "Se il virus dovesse arrivare   in metropoli africane come Lagos, Addis Abeba o il Cairo, visto il livello di povertà e la carenza di strutture ospedaliere, sarebbe una catastrofe. Il miglior consiglio per il continente africano - ha concluso - è prepararsi oggi".
(fonte.:jeuneafrique)


-Media & social, la giornalista - femminista ivoriana Bintou Mariam Traoré lancia l'hashtag #Vriaefemmeafricaine




La giornalista - femminista ivoriana lancia l'hashtag #Vraiefemmeafricaine e nei social si scatena il dibattito sulla coindizione femminile: tra pregiudizi e ironia. 
Ma quale era la tematica? Lo spiega direttamente la giornilista.

Quale è la vera donna africana? Per farsi un'idea oppure cercare risposte, interrogandosi anche su se stessi e andando al di là dei cliché e pregiudizi misogini, si può seguire l'hashtag #Vraiefemmeafricaine (e #UneVraiFemmeAfricaine n.d.t). Sui social sono stati pubblicati migliaia di post, retwittati e condivisi dal Senegal agli USA, dal Mali al Sudafrica.
Tutto è cominciato con la reazione della giornalista e femminista ivoriana Bintou Mariam Traoré

"C'era un post su Facebbok sul fatto che una "vera donna africana" dovrebbe dare la vita con parto vaginale, senza taglio cesareo né epidurale" e aggiunge: "Davvero non ci ho visto più: le donne africane non sono nate per soffrire".

Traoré ha riletto uno studio di socioloia medica, si è confrontata con colleghe e attiviste e ha cominciato a buttar giù un elenco di proverbi retrogadi.

L'hashtag è nato così.

Lo strumento è quasi sempre l'ironia, amara, che accompagna le massime più logore: da "Una vera donna africana non si offende quando suo marito la tradisce, si interroga" a "La vera donna africana fa un massaggio a suo marito perché a lui dopo averla picchiata fa male dapertutto".

Decaloghi assurdi si alternano a vignette con ragazze sorridenti e il volto gonfio di lividi. Provocazioni che mettono in discussione un altro falso mito : l'africana regina delle società tradizionali, detentrice del vero potere.

"La realtà è un'altra" protesta la giornalista ivoriana Bintou Mariam Traoré, "quando le donne aprono bocca per denunciare qualcosa, passano immediatamente da 'vere' a 'false'" : per averne conferma basta scorrere le risposte e i commenti pieni di risentimento firmati sotto gli hashtag sopratutto da uomini. 

Tuttavia, la giornalista 26enne va avanti, si dice "sorpresa che si stia parlando tanto" della sua iniziativa e ottimista nelle capacità delle ragazze di farsi un'idea, capire e battersi, "senza preoccuparsi di avere l'approvazione degli uomini"

Intanto, una definizione di donna africana l'ha data proprio lei: "Essere umano con vagina, nato in Africa".
(fonte.:lemonde)


-Algeria, primo Venerdì senza "Hirak"


Per la prima volta dal 22 febbario 2019, le strade di Algeri erano vuote: più dei militari e dello stesso governo algerino poté il coronavirus capace di interrompere le marce settimanali del movimento di protesta.
(fonte.:jeuneafrique)


-Costa d'Avorio, giudizio d'appello per il presidente

Jacques Mangoua, presidente del Consiglio della regione centrale dello Gbeke, comparirà in tribunale martedì a Bouaké per essere esaminato in appello.
Lo scorso ottobre ha infatti ricevuto una condanna a cinque anni di prigione per detenzione illegale di munizioni da guerra. La sentenza era stata seguita da scontri che avevano provocato una vittima.
(fonte.:bbcafrica)

-Madagascar, il presidente Andry Rajoelina rivela 3 casi da COVID-19




Il Madagascar era riuscito per 3 mesi a resistere all'invasione del coronavirus ma, ieri, 20 marzo, il presidente malgascio, Andry Rajoelina, in diretta TV, ha informato la popolazione dell'isola sulla presenza di 3 casi confermati: si tratta di 3 donne provenienti da Francia e Mauritius.

Ecco alcuni passaggi del discorso del presidente.

"Ho ricevuto i risultati delle analisi dall'Istituto Pasteur che confermano che tre persone sono portatrici del coronavirus. Queste sono tre donne tornate di recente dalla Francia e dalle Maritius e hanno 19, 41 e 45 anni, sono sbarcati il 17, 18 e 19 marzo con voli Air France, Air Mauritius e Air Madagascar".

Per questa ragione alcuni giorni prima di apparire in diretta televisiva, il presidente, aveva annunciato la chiusura dedgli spazi aerei dall'Europa e dalla Cina. Nel discorso, il massimo rappresentante delle istituzioni della Repubblica malgascia nel suio discorso si è rivolto ai malgasci con queste parole : "E' indispensabile seguire le misure di prevenzione alla lettera. La sfida è colmare le lacune nelle risorse pubbliche e vincere quella che un funzionario regionaler dell'Organizzazione mondiale della sanità definisce una sfida per la salute".

Il giorno seguente, sabato 21 marzo si sono create lunghe file di cittadini alle farmacie di turno aperte, già a partire dalla notte nella capitale Antananarivo.
(fonte.:lexpressmada)


-COVID-19 Africa Update (dato aggiornato del 21 marzo 2020)



I contagi - come abbiamo scritto all'inizio di questo post - in Africa sono in costante, preoccupante aumento: praticamente il virus è presente da Nord a Sud isole comprese.
Ecco il dato aggiornato.

Egypt (285); Sudafrica (202); Algeria (94); Marocco (77); Tunisia (54); Senegal (47); Burkina Faso (40); Camerun (27); RDC (18); Ruanda (17); Ghana (16); Nigeria (12); 
Costa d'Avorio (9); Etiopia (9); Kenya (7); Guinea Equatoriale (6); Tanzania (6); Gabon (4);
Congo (3); Namibia (3); Madagascar (3); Guinea (2); Liberia (2); Benin (2); Sudan (2);
Zambia (2); Mauritania (2);  Gambia (1); Angola (1); Niger (1); Rep. Centroafricana (1); Somalia (1); Eswatini (1); Ciad (1); Swaziland (1); Gibuti (1); Zimbabwe (1)
(fonte.:lequatriemepouvoir)

Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/news-for-africa