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venerdì 30 agosto 2019

Quei corpi in vendita delle donne : inchiesta sulla prostituzione in sette paesi africani. Pt1





L'inchiesta che leggerete in questo post è stata realizzata da undici giornalisti dell'African investigative publishing collective (Aipc) che hanno intervistato 226 donne in sette paesi africani. Queste donne vivono in comunità povere, dove il reddito medio è inferiore a 1,90 dollari al giorno, e hanno un lavoro regolare, ma quello che guadagnano non basta per pagare le spese o mantenere le famiglie. Per questo decidono di prostituirsi.

"Se da un punto di vista tecnico si può parlare di lavoratrici del sesso, questa definizione ci è sembrata inadeguata", spiegano i giornalisti che hanno scritto il rapporto.

Si trattava piuttosto di sfruttamento violento, perché queste donne erano costrette a "usare il loro corpo come ultima risorsa. I risultati dell'inchiesta, che non ha pretese di scientificità, dovrebbero spingere a realizzare una ricerca più ampia, che indichi ai governi degli obiettivi da perseguire, come smettere di tagliare i fondi pubblici destinati alla saluta e alla scuola".

Africaland Storie e Culture africane pubblica queste storie.


Corpi in vendita*

"Anita dorme per terra con i suoi cinque bambini, la nonna e i due fratelli in una casa composta da un'unica stanza nelle township di Atteridgeville, vicino a Pretoria, in Sudafrica. Tutti i giorni si alza alle quattro del mattino per arrivare al lavoro in orario : fa la bidella in una scuola a Pretoria. Torna a casa la sera per preparare da mangiare ai figli, ma dopo cena non può riposarsi : deve andare nel solito locale che serve shisa nyama (carne alla griglia) per ballare sui tavoli, nella speranza di trovare qualcuno disposto a pagare duecento rand (14 dollari) per fare sesso con lei.

Ad Abuja, in Nigeria, dopo una giornata passata a vendere prodotti alimentari e per la casa al mercato, Saratu offre prestazioni sessuali : i suoi clienti sono lavoratori di passaggio e commercianti delle bancarelle vicine. Lo stesso fanno Laura, una studente di Lubumbashi, nella Repubblica Democratica del Congo, Lucy, una cuoca di Tororo, in Uganda, e Nadifa, una sarta della comunità somala di Eastleigh, a Nairobi, in Kenya.

Queste donne non riescono a far quadrare i conti senza prostituirsi.

Si prostituiscono anche se hanno paura dei clienti violenti e, ancora di più, di essere contagiate dal virus hiv.

Nelle regioni più povere di alcuni paesi africani circa due terzi delle donne sono costrette a prostituirsi per provvedere ai bisogni delle famiglie. Lo rivela un'inchiesta realizzata dall'African investigative publishing collective (Aipc) dal titolo The last resource : risking death to feed your kids (L'ultima risorsa : rischiare la morte per sfamare i propri figli).






Realizzando intervista a campione, i giornalisti dell'Aipc hanno ascoltato le testimonianze di più di 200 donne di sette paesi africani (Liberia, Nigeria, Kenya, Uganda, Zimbabwe, Repubblica Democratica del Congo e Sudafrica) che vivono in comunità dove le persone guadagnano in media meno di due dollari al giorno.

Tutte le intervistate hanno un lavoro di giorno  - vendono verdure, fanno le parrucchiere, le collaboratrici domestiche, le sarte, la cameriere - ma sono costrette a prostituirsi perché quello che guadagnano non basta. Tutte hanno paura di morire di aids perché molti clienti non vogliono usare il preservativo, ma sono disposte a corre il rischio perché hanno bisogno di soldi per sé e sostenere i figli o i genitori anziani e malati. Tutte si vergognano. Alcune dicono che non gli importa più di nulla, che hanno perso l'anima e che non si riconoscono più. Solo un terso delle intervistate ha dichiarato di aver guadagnato abbastanza da non doversi più prostituire.

"Non fatevi prendere in giro. Qui tutte si prostituiscono", dice Emma, una parrucchiera della baraccopoli di Kamwokya a Kampala, capitale dell'Uganda. "Non lo dicono, ma lo fanno tutte. Altrimenti come farebbero a sopravvivere?".

"L'aids ti uccide tra vent'anni, la fame in due giorni", si sente ripetere tra le donne di Kamwokya. La baraccopoli è popolata da gente di campagna che è arrivata in città alla ricerca di una vita migliore. Quando gli uomini si trasferiscono nei centri urbani portano con sé i loro risparmi o i soldi che hanno ottenuto vendendo terre e proprietà. Le donne invece arrivano spesso a mani vuote, a causa di leggi e tradizioni che impediscono di ereditare e di possedere terreni e case. Alcune scappano da mariti violenti, con o senza figli. In ogni caso devono trovare il modo di guadagnare, spesso per mandare i soldi alle famiglie che hanno lasciato a casa, ai bambini, ai genitori anziani o malati, e ad altri parenti.

Così decidono di prostituirsi, anche se nessuna s'illude che sia un laoro vero e proprio.

"E' orribile, non è un lavoro. Dovremmo farlo per amore, non per soldi. ma che alternative hai quando non mangi da due giorni?" , spiega Winnie, che lavora nello stesso salone di Emma a Kampala.
Il fardello che portano è molto pesante si sentono responsabili del benessere delle loro famiglie. Matra i loro parenti quello che fanno resta un segreto, come dice Timi, 34 anni, nigeriana di Port Harcourt.

"Mio padre e i miei fratelli pensano che abbia fatto i soldi vendendo scarpe e borse. E che oggi i miei affari vadano a gonfie vele".

- Fine Prima parte -

(Fonte.:investigativecollective;grandjournal)
Bob Fabiani
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-https://www.investigativecollective.com   

La "Crisi del Camerun anglofono" senza soluzione









La gestione della "Crisi del Camerun anglofono" è stata gestita in modo pessimo sin dalle prime battute. Il presidente del paese africano, Paul Biya, non ha saputo arginare per tempo la richiesta delle regioni anglofone che, almeno, nella primissima fase, non avevano alcuna intenzione di arrivare a richiedere la separazione dal Camerun.

La questione infatti era nata come un problema di diritto a usare la lingua inglese, al posto del francese, riconosciuta come la lingua ufficiale in tutto il Camerun. Inizialmente erano stati sopratutto gli studenti che rivendicavano il diritto a usare l'inglese ma, dal governo e dallo stesso presidente Biya, la chiusura è stata subito netta.

Il presidente Biya ha trattato il problema solo dal punto di vista dell'ordine pubblico alzando subito il tenore dello scontro che, a mano a mano, è diventato radicale.

Nel frattempo, il Camerun, è andato alle elezioni presidenziali che hanno riconfermato Paul Biya alla Presidenza del paese africano.

La rielezione piena di Biya sembrava dover indirizzare la crisi verso una stabilizzazione, sopratutto, si sperava di porre fine al conflitto in atto da tre anni, in tutte le regioni anglofone del paese, ribattezzate dai ribelli insorti contro il potere centrale : Ambazonia (da Ambas Bay, la regione situata a Ovest della baia del fiume Mungo; n.d.r).

Tuttavia, dopo quasi un anno dal voto presidenziale la destabilizzazione continua a crescere e le cronache parlano di violenze sempre più cruente mentre, dalla parte dei "separatisti" - come dimostra la vignetta che pubblichiamo che sta girando su tutti i social network camerunensi - si parla apertamente di "genocidio in Ambazonia".

Anche la comunità internazionale inizia a cambiare atteggiamento nei confronti dell'amministrazione Biya e, la riprova arriva dagli USA che hanno ridotto sensibilmente gli aiuti militari, appoggiando, il primo vertice del Consiglio di sicurezza ONU sul conflitto nelle regioni anglofone.







Il 23 luglio scorso, il Congresso ha adottato una nuova risoluzione che condanna  "gli abusi commessi dalle forze di sicurezza" in quel contesto e raccomanda "un dialogo senza precondizioni".



Un conflitto con oltre mille morti

Al momento mentre scriviamo questo post il conflitto nelle aree anglofone ha provocato 1.850 morti, 530mila sfollati interni e almeno 35mila rifugiati in Nigeria.

Per colpa di questo conflitto, secondo i dati forniti dal ministro della Pubblica Istruzione Laurent Serge Etoudi, 4.482 scuole primarie e materne (su 5.377 n.d.r) sono chiuse o distrutte.




Blocco delle città


Il 26 agosto i ribelli secessionisti hanno bloccato per protesta le attività nelle principali città delle regioni anglofone. L'obiettivo è ostacolare l'inizio del nuovo anno scolastico.







Tensioni etniche


L'analista politico Yuhniwo Ngenge denuncia l'aumento di tensioni di tipo etnico, emerse in modo significativo durante le elezioni presidenziali che si sono svolte lo scorso ottobre, in particolare tra i Bamileke (38% della popolazione) e i Beti (18%).

L'asse politica-etnia è stato ampiamente utilizzato durante la pessima campagna elettorale, senza incidere particolarmente nelle urne, dove alla fine ha vinto Biya (Beti) contro Kamto (Bamileke), senza naturalmente contare i presunti brogli che, a oggi non sono stati dimostrati.
Secondo Ngenge però questa situazione deve essere risolta una volta per tutte prima che questo focolaio possa evolversi in qualcosa di altro : infatti, in questa crisi merita una discorso a parte la situazione dei rifugiati tra Camerun e Nigeria.

Intanto nel Nord del paese a Minawao è partito il primo rimpatrio volontario di rifugiati nigeriani in Camerun, almeno 90mila, ai quali devono essere sommati i 260mila della Repubblica centrafricana.

Apparentemente sembra una buona notizia (ma in realtà è qualcosa d'altro) se i nigeriani decidono di rientare nel loro paese quello stesso paese da cui erano fuggiti per non finire uccisi dai miliziani jihadisti di Boko Haram.

Questa decisine dei rifugiati nigeriani però deve far riflettere : se malgrado la minaccia di Boko Haram più di 2mila hanno espresso il desiderio di rientare in Nigeria significa che qui, in Camerun, la situazione del conflitto è grave.

Forse sarebbe stato sufficiente se, tre anni fa, il presidente Biya avesse accolto la richiesta di usare la lingua inglese, non saremmo arrivati a questo punto e, il Camerun, non correrebbe il rischio di una secessione.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com   

  

Il #Ciad sconvolto dalla siccità e dalle violenze intercomunitarie











Sono settimane, giornate molto complicate e drammatiche quelle appena passate in Ciad. Dopo le 50 vittime e, il conseguente stato di emergenza deciso dal presidente Idriss Deby - avrà una durata di tre mesi - ; stato di emergenza valido in due province, arriva la notizia di almeno 11 persone che sarebbero state uccise negli scontri, sempre più cruenti tra pastori nomadi zaghawa e agricoltori ouaddian in corso nel Ciad Meridionale.




In questo contesto si inserisce la grave siccità che affligge da mesi l'area non aiuta a distendere gli animi.

Intanto, il 27 agosto 2019 un tribunale speciale ha condannato a dure pene carcerarie 243 persone di un gruppo ribelle che lo scorso febbraio era entrato nel paese dalla Libia. Il convoglio era stato fermato dall'aviazione francese.

Problemi di questo tipo, legati ai cambiamenti climatici, sempre più drammatici rischiano di sconvolgere per sempre l'intera Africa e gli stati colpiti senza avere la possibilità di adeguate contromisure per fermare il disastro ambientale.
(Fonte.:internazionale; ilmanifesto; afp)
Bob Fabiani
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-www.internazionale.it/africa/ciad;
-www.ilmanifesto.it;
-www.jeuneafrique.com;
-www.afp.fr   

giovedì 29 agosto 2019

Ritrovato in #Ethiopia il cranio di Australopiteco più antico di sempre











E' il primo cranio fossile mai trovato di Australopiteco anamensis, il più antico di questa specie di ominidi.
Si tratta dell'antenato della bisnonna della specie umana "Lucy", che è invece un Australopiteco afarensis, è vissuto circa 3,8 milioni di anni fa ed è stato individuato nel sito di Woranso-Mille, nella regione di Afar, in Etiopia.

A fare la scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Yohannes Haile-Selassie, curatore del Cleveland Museum of Natural History, negli Stati Uniti.

"Si tratta di una scoperta fondamentale per ricostruire e comprendere l'evoluzione umana nel corso del Pliocene", afferma Haile-Selassie.

Il reperto, chiamato Mrd, si inserisce in un intervallo di tempo tra 4,1 e 3,6 milioni di anni fa, nel quale i fossili di antenati dell'uomo sono ritenuti estremamente rari.Grazie a questa scoperta i ricercatori non solo hanno potuto ottenere nuove informazioni sulla morfologia cranio-facciale della specie ma hanno potuto dimostrare che i due Australopitechi avrebbero convissuto per circa 100mila anni, sfidando così l'ipotesi fino a oggi accreditata secondo cui la seconda specie si sarebbe diffusa solo dopo la scamparsa della prima.
(Fonte.:nature)
Bob Fabiani
Link
-www.nature.com

mercoledì 28 agosto 2019

L'"eredità verde" (#GreenLegacy) dell'Ethiopia







Mentre l'Africa e la sua foresta pluviale è seriamente a rischio - causa roghi e incendi al pari dei cambiamenti climatici sempre più drammatici -  i roghi divampano anche per mancanza della modernizzazione agricoltura, qui, in Congo, Angola vanno a fuoco anche le savane.

Conseguenza del "taglia e brucia" : problema vecchio che non accenna a scomparire sopratutto in quei stati africani meno sviluppati.

I roghi sono attualmente presenti dalla Costa d'Avorio fino al Madagascar passando per il Kenya : ma è l'intero continente a essere minacciato.





Eppure c'è una buona notizia e arriva dall'Ethiopia dove, il primo ministro #AbiyAhmed ha lanciato l'"eredità verde", la "Green Legacy".




La sfida rivoluzionaria di Abiy Ahmed



Esiste un termine affascinante in lingua amarica Medemer e, significa "mettere assieme". 
Bisogna partire da questa parola chiave se si vuole comprendere appieno cosa è accaduto in Ethiopia, lo scoirso 29 luglio.

In uno di quei momenti eccezionali, un intero popolo si è dato appuntamento per una azione collettiva, rivoluzionaria.

Erano 23milioni di persone, di etiopi, da Nord a Sud hanno piantato 353milioni 663mila e 600 alberi in 12 ore.





Il giovane primo ministro etiope Abiy Ahmed ha sempre parlato e usato questo termine nei suoi discorsi : il carburante della politica rivoluzionaria, punto centrale della sua agenda di governo, pertita esattamente, un anno fa.

"Il nostro obiettivo è lasciare un'impronta verde" racconta il leader etiope ai molti reporter accorsi qui in Ethiopia per testimoniare il messaggio assolutamente positivo e innovativo che arriva dal grande paese africano.


"Green legacy"


L'importante iniziativa è stata chiamata "Green legacy" (eredità verde) è stata lanciata un mese e mezzo prima del 29 luglio.

Il premier etiope parla apertamente di rivoluzione verde etiope e si sposa perfettamente con la filosofia medemer.




Il 29 luglio i cittadini etiopi sono scesi in massa nelle strade delle città e nelle vie delle campagne per rimboscare un paese stravolto dalla siccità e dalla deforestazione.





Risiede anche dai dati drammatici che arrivano dallo stravolgimento dei cambiamenti climatici il punto dal quale il presidente ha lanciato lo slogan "200 milioni di alberi. Insieme possiamo".

Ma non si tratta di utopia.

Se gestita in modo appropriato, la green legacy potrebbe già l'anno prossimo svolgere un ruolo significativo nell'aumentare la copertura forestale nazionale dall'attuale 15,5% al 20% : è quanto sostengono i ricercatori dell'università di Addis Abeba.


Detrattori e polemiche

L'azione della rivoluzione verde etiope di Abiy Ahmed viene duramente criticata da critici e detrattori, i quali sostengono che i numeri sciorinati siano solo mera propoganda.

"Il passato racconta una storia diversa. Ho istituito un comitato direttivo composto da quattro ministri e un commissario e un comitato tecnico per seguire le prestazioni quotidiane. Non finirà qui, seguiremo la coltura e la crescita degli alberi".


Il precedente fallimentare dell'imperatore Menelik II e il premier Meles Zenawi

"Ho il dovere di guardare avanti. Sono grato a tutti gli etiopici che hanno accolto la mia chiamata mettendo le proprie impronte digitali su una causa monumentale. Il mio popolo lo considera come una sua dimostrazione di volontà e determinazione, con l'obiettivo di riunirsi per una visione comune".

L''obiettivo da raggiungere : 4 miliardi di alberi entro settembre

"Il mio obiettivo è 10miliardi. Abbiamo detto la cifra di 4 miliardi dando il via alle operazioni ora perché è la stagione delle piogge. Un mese e mezzo prima di questo 29 luglio nessuno avrebbe scommesso su questi 353milioni. Non avremmo mai creduto di superare quasi il doppio dell'obiettivo iniziale".

Le aspettative 

"Lo sviluppo della consapevolezza nazionale del nostro paese a giusta resilienza ai cambiamenti climatici e al sostegno della creazione del verde".

Benefici a lungo termine

"Questa è un'azione che aiuterà a migliorare ogni aspetto della nostra vita.





Gli studi dimostrano che il verde aiuta al rilassamento e alle emozioni. La deforestazione frustra l'essere umano. Questo è un esempio non solo per il nostro paese ma per tutto il mondo".
(Fonte.:jeuneafrique;repubblica;agi)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-www.repubblica.it;
-www.agi.it
    

lunedì 26 agosto 2019

Quei passi del Sudan sulla strada della democrazia, mentre, il paese africano è flaggellato dalle alluvioni






Dopo i giorni amari del massacro di Khartoum dei primi giorni di giugno 2019 sembrava che tutto fosse finito : la rivoluzione, la rivolta, il sogno del popolo sudanese che, da mesi, stavano protestando in tutto il Sudan per il cambiamento necessario sia per destituire il dittatore - padrone del Sudan (al potere da ben 30 anni) sia per creare i presupposti affinché non ci fossero più giunte militari a guidare il paese; sembrava il solito epilogo già ampiamente sperimentato in tutta l'Africa : i popoli, in nessun caso potevano aspirare alla democrazia anzi, il risultato era esattamente l'opposto. Più dittatura e stato di polizia il tutto orchestrato dalle milizie paramilitari capaci di otganizzare un massacro di civili in men che non si dica.

Ma il popolo sudanese non si è piegato, non si è lasciato intimorire e ha continuato a stare nelle strade, nelle piazze finché non fosse stato raggiunto il risultato sperato e sognato dalla rivolta popolare.

Tracciando la via maestra anche per gli altri popoli del Continente Nero.

In questo #focus Africaland Storie e Culture africane indaga tutti i passaggi e i possibili futuri scenari per il resto dell'Africa se, altri popoli saranno capaci di organizzare una rivolta forte e coesa per porre fine a dittature e governi militari.
(Bob Fabiani)


Alluvioni e distruzioni in tutto il Sudan




Da inizio luglio, in Sudan, uno dei paesi più poveri dell'Africa, è stato interessato da forti piogge e alluvioni, che finora hanno causato 62 morti e 98 feriti. Lo afferma l'agenzia di stampa statale SUNA.

Le alluvioni hanno coinvolto in tutto 200mila persone, lo rende noto la @BbcNews - citando una stima ONU - e più di 37mila case sono state danneggiate o distrutte dall'acqua.

La zona più colpita è stata la regione meridionale del Nilo Bianco, al confine col SudSudan. La stagione delle piogge dovrebbe continuare fino a ottobre, scrive ancora la @Bbc.


I passi del Sudan sulla strada della democrazia


La transizione verso il potere civile in Sudan si è messa in moto il 10 agosto 2019, quando i militari e i leader della protesta hanno annunciato la composizione del consiglio sovrano. La creazione del consiglio è prevista dall'accordo di transizione firmato dalle parti il 17 agosto, che in tre anni dovrebbe portare il paese a un governo civile.






Così il Sudan dovrebbe voltare pagina dopo trent'anni di regime del presidente Omar al Bashir, deposto l'11 aprile 2019 e comparso il 19 agosto in un tribunale di Khartoum per rispondere alle accuse di corruzione.

La firma dell'accordo non ha suscitato grandi festeggiamenti nella capitale. Alla cerimonia in una sala vicino al Nilo hanno partecipato vari funzionari stranieri e sono arrivati mesaggi di congratulazioni da tutto il mondo. L'accordo stabilisce una serie di passaggi per spianare la strada, lunga e tortuosa, verso le urne del 2022.

Il primo passaggio doveva essere l'annuncio, inizialmente fissato per il 18 agosto, della creazione di un consiglio sovrano incaricato di governare, composto da sei civili e cinque militari. Questo organismo, che prenderà il posto del consiglio militare di transizione, per i primi ventuno mesi sarà guidato dal generale Abdel Fattah Burhan, e negli ultimi diciotto da un civile.

Un altro passaggio sarà la nomina del primo ministro Abdallah Hamdok.



Il nuovo premier sudanese è un economista ex collaboratore ONU, scelto dai leader della protesta.  Si è già insediato e ora dovrà guidare la lunga transizione. Il lavoro che lo attende è gravoso : si dovrà formare il un governo, per mettere le nuove istituzioni in condizione di affrontare le prossime sfide, a partire dalle misure necessarie per salvare un'economia agonizzante.


Le prime scelte rivoluzionarie del nuovo governo







Per la prima volta una donna Aisha Moussa e un cristiano Nasri Mongous Yagob sono stati nominati ai vertici del governo sudanese. Un segnale forte di unità nazionale in una realtà dove, sotto Bashir, discriminazione femminile e, persecuzioni di crisitiani erano all'ordine del giorno, come scrive la giornalista italiana @AntonellaNapoli.



Sfiducia reciproca


Ma tra chi ha partecipato alle manifestazioni qualcuno teme che l'euforia scatenata dalla firma dell'accordo possa durare poco, e tra le parti resta una profonda sfiducia.
Anche se il compromesso per la spartizione di poteri è stato accolto come il miglior risultato a cui il Sudan  potesse aspirare, c'è chi ritiene che la rivoluzione sia stata tradita. L'onnipresenza del generale Mohamed Hamdan Daglo, un comandante paramilitare che è stato tra i firmatari dell'accordo del 17 agosto, è una delle cause principali del malcontento. Le sue forze sono ritenuti colpevoli della sanguinosa repressione delle proteste e in molti sospettano che il militare, conosciuto con il soprannome di Hemeti, stia aspettando il momento opportuno per impadronirsi del potere e stroncare sul nascere la democrazia.



Il messaggio per il continente





A quattro mesi dalla cacciata dell'ex presidente #AlBashir, i sudanesi continuano a protestare. Di fronte alla brutalità dei militari e anche quando tutto sembrava perduto, i leader del movimento sono rimasti fermi nelle loro rivendicazioni, mentre le proteste sono andate avanti quasi quotidianamente. I costi umani, economici e sociali sono stati alti, ma quello che succede in Sudan è un precedente importante per il continente. I manifestanti hanno imparato dalla storia del paese e da altre esperienze in Africa che non si può affidare il potere ai militari. Il messaggio è chiaro : perché la democrazia possa radicarsi in Sudan la struttura di potere di Bashir deve essere sostenuta da autorità civili.

Il momento giusto

Gli africani  ne hanno abbastanza della normalizzazione delle dittature, delle promesse non mantenute e delle violazioni dei diritti umani. E' probabile che nei prossimi anni in altri paesi del continente ci saranno rivolte pacifiche. L'esperienza sudanese dimostra che il potere popolare può diventare lo strumento per doporre i ditattori.

In un momento in cui in l'Africa è in ascesa, i sudanesi stanno dicendo ai cittadini africani : quando arriva il vostro momento, non celebrate i cambiamenti di governo imposto dai militari e non affidatevi a loro. Le proteste devono andare avanti fino a quando il potere non sarà completamente trasferito alle autorità civili.

Anche le istituzioni regionali e continentali possono aiutare.

L'Unione africana (Ua) si è fatta sentire nel caso del Sudan, sospendendo la partecipazione del paese all'organizzazione. Spesso criticata per non essere in grado di rispondere alle crisi, questa volta l'Unione ha preso le distanze dai tentativi dei militari di restare aggrappati al potere e ha mediato tra il consiglio militare e i leader della protesta.

In tutto il continente gli africani si stanno sollevando per chiedere cambiamento e riforme politiche. Possono e devono imparare dal Sudan.
(Fonte.:ilpost;theeastafrican;mail&guardian;bbc;ilmanifesto)
Bob Fabiani
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-https://mg.co.za;
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domenica 25 agosto 2019

Ritornando a Cape Coast Castle, 400 anni dopo







C'è una data sul calendario che andrebbe cerchiata in rosso. Si tratta del 20 Agosto 2019 e segna 400 anni dall'inizio del commercio di schiavi transatlantici.

Era il 20 Agosto 1619.

A partire da quel giorno, gli schiavi africani  - dopo essere stati rapiti nei rispettivi villaggi - venivano portati qui al Cape Coast Castle.

 Il Ghana fu un hub per il commercio di schiavi tra il 1600 e il 1900.



Ghana 2019, l'Anno del ritorno


La comunità afroamericana e le diaspore africane in questo 2019 stanno tornando esattamente dove tutto ebbe inizio : la tratta degli schiavi e, la pratica delle cosiddette "navi negriere". Le nuove generazioni di afroamericani arrivano a Cape Coast Castle per scoprire da dove partirono i loro avi africani che poi, una volta arrivati, in quello che veniva chiamato il "Nuovo Mondo" andarono incontro alla schiavitù e la segregazione razziale.





Il 2019 è l'"Anno del ritorno" del Ghana nella Diaspora : l'ICP di Ghanian Jollof celebrerà il #YearsOfReturn a dicembre.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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sabato 24 agosto 2019

Il ritorno della peste bubbonica in #Madagascar (tre casi accertati)








Le autorità sanitarie di Antananarivo, capitale del Madagascar, hanno accertato 3 casi di peste bubbonica in uno "slum" a 50 km dalla città, causati dalle precarie condizioni della raccolta di rifiuti e dall'invasione di ratti.




Le stesse autorità malgasce stanno cercando di evitare il ripetersi dell'epidemia urbana di peste : era il 2017 e, in quell'anno, i decessi furono circa 200 e, gli infettati circa 2.400.
(Fonte.:ilmanifesto)
Bob Fabiani
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Se in #Zimbabwe è vietato protestare








Il 20 agosto l'esercito e la polizia hanno impedito una manifestazione dell'opposizione a Gweru nel centro dello Zimbabwe.
Il giorno prima era successo lo stesso a Bulawayo, la seconda città del paese africano. Il 16 agosto una protesta organizzata nella capitale Harare nonostante il divieto delle autorità era stata dispersa dalla polizia con manganelli e gas lacrimogeni.







Il Movimento per il cambiamento democratico, ossia, il principale partito di opposizione, aveva organizzato le manifestazioni per protestare contro il peggioramento delle condizioni economiche in Zimbabwe.

Ma perché il governo sta attuando questa dura repressione contro le protetste per il carovita?

Lo spiega in modo chiaro il sito Bulawayo24, "il governo teme che nel paese possano scoippiare proteste simili a quelle che hanno portato alla deportazione di Omar al Bashir in Sudan".

Il paese è nel caos.

Fino a questo momento le misure economiche messe in atto da Emmerson Mnangagwa non hanno avuto gli effetti sperati.




L'attuale presidente, succeduto a Robert Mugabe alla fine del 2017, non è ancora riuscito a risolvere il problema della scarsità dei beni di prima necessità, che colpiscono regolarmente il paese.


Tensioni e scontri per il carovita







Mentre il vice di Mugabe, Phelekesela Mphoko, da ricercato per corruzione è ora libero su cauzione, sale la tensione in Zimbabwe : tra Mnangagwa e il Movimento per il cambiamento democratico si è arrivati al punto di non ritorno.

Il maggiore partito di opposizione protesta contro le retate di oppositori (e suoi iscritti e simpatizzanti), ma denuncia anche i divieti di manifestare in varie città del paese africano anche e sopratutto per il caro carburanti.
(Fonte.:bulawayo24)
Bob Fabiani
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-http://www.bulawayo.24.com 

venerdì 23 agosto 2019

Toni Morrison, una vita dedicata alla 'Storia afroamericana'






Toni Morrison, pseudonimo di Chloe Ardelia Wofford (Lorain, 18 febbraio 1931 - New York, 5 agosto 2019), è stata una scrittrice e accademica statunitense. Fu la prima afroamericana a vincere il Nobel per la Letteratura (1993).


Biografia

Le origini familiari di Toni Morrison parlano di una famiglia nera della classe operaia originaria dell'Alabama; seconda di quattro fratelli, già dai tempi di Lorain, Ohio, dimostra grande interesse per il mondo letterario.

Gli studi e la carriera accademica

Compie studi umanistici alla Howard University, laureandosi nel 1953 in Letteratura inglese. Svolge una intensa carriera accademica tra la Cornell University, poi alla stessa Howard University dove avrà tra i suoi studenti, Stokely Carmichael, conosciuto anche come Kwame Tune, attivista - statunitense.
Nel 1988 è all'Università di Princeton.




Le esperienze lavorative

A partire dal 1965, Toni Morrison inizia a lavorare per la casa editrice Random House di New York come editor, curando le opere di diversi autori afroamericani come Gayl Jones, Toni Cade Bambara, Angela Davis e Muhammad Alì.
Lavora anche come redattrice presso una prestigiosa Rivista Letteraria, collabora come critica letteraria tenendo numerose conferenze pubbliche che trattano della Cultura afroamericana, ottenendo presto la specializzazione in Letteratura Afroamericana.







La carriera da scrittrice e romanziera di successo 



Cinque anni dopo il debutto alla Random House arriva il debutto da romanziera. Era il 1970 quando esce L'occhio più azzurro (The Bluest Eye).




Nel romanzo di debutto si narra la storia di una bambina nera che desidera ardentemente di assomigliare ai bianchi; sopra ogni cosa, la bambina sogna di avere gli occhi azzurri come Shirley Temple.

Il libro di debutto ottiene subito un largo consenso di pubblico e di critica per lo stile di spessore epico, per la poetica e per le descrizioni ricche ed espressive dell'America nera.

Tre anni più tardi, nel 1973 pubblica il secondo romanzo, intitolato Sula : protagoniste sono due donne il cui ritratto mette in evidenza il carattere diametralmente opposto; una ribelle, l'altra conformista.
Romanzo ambientato nel periodo delle migrazioni degli anni Quaranta sono lo spaccato diretto sul profondo cambiamento dentro la comunità aframericana del periodo.

L'anno seguente cura e pubblica l'antologia The Black Book : era il 1974.
Il volume raccoglie numerosi documenti e testimonianza di 300 anni di Storia Afroamericana.






Dal 1976 ottiene l'incarico per insegnare presso l'Università di Yale.

L'anno seguente, il 1977 esce Canto di Salomone (Song of Solomon).

Si raccontano le vicende di un ragazzo nero che durante gli anni Sessanta parte per Detroit, dove vigevano i diritti  civili, per raggiungere il paese mitico del Sud da cui proviene la sua famiglia e ritrovare il suo passato razziale.

Scelto come 'Libro del mese' dal 'Book - of - the - Month Club - ' : si tratta della seconda volta che un romanzo di un autore afroamericano viene scelto. Prima di Toni Morrison, era accaduto solo nel 1940 con il romanzo intitolato Paura (Native Son) di Richard Wright.

Qualche anno più tardi, siamo nel 1981, pubblica L'isola delle illusioni (Tar baby) : in questo nuovo romanzo, la scrittrice mette in evidenza tutti i pericoli dell'alienazione della 'Black Culture' negli anni Ottanta.

Nel frattempo diventa membro effettivo dell'Accademia americana delle Arti e delle lettere ricevendo numerosi riconoscimenti letterari.

Il 1984 segna il distacco dalla Random House. Inizia a lavorare presso la State University of New York di Albany.

Passano tre anni e, nel 1987 esce il capolavoro Beloved (Amatissima).






E' la storia di una schiava fuggiasca che preferisce uccidere la figlia piuttosto che farle vivere le tremende condizioni della schiavitù.

L'anno seguente, il 1988 con questo romanzo, la scrittirce di Lorain ottiene il prestigioso premio Pulitzer.
Nello stesso anno, intanto, insegna all'Università di Berkeley. L'anno seguente debutta come insegnante di Studi Afroamericani e scrittura creativa all'Università di Princeton.

Il 1992 è l'anno in cui pubblica un altro capolavoro Jazz.

Un anno più tardi, nel 1993 riceve il premio Nobel per la Letteratura. Non era mai accaduto che questo premio andasse a una scrittrice afroamericana.


Il romanzo criticato

Toni Morrison nel 1998 scrive il ro,manzo più criticato della sua carriera : Paradiso. Il testo si presta a molte discussioni e di non facile lettura.

Un opera tutta incentra nella riproduzione di oltre 2 secoli di Storia Afroamericana.


Nel 2004 pubblica Amore, un romanzo che narra la storia di due giovani amiche; romanzo corale che fa uso continuo dei flashback, ed è, oltre che una profonda indagine sulla natura dell'animo umano, un'analisi sociale della comunità afroamericana.

Tutto il grande lavoro di Toni Morrison, lo ha sempre dedicato alla comunità afroamericana e, per questo, è considerata tra i massimi rappresentanti della narrativa afroamericana degli ultimi cinquant'anni.


Barack Obama, primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti



Anche Toni Morrison al pari di tutta la comunità afroamericana sostiene la candidatura di Barack Obama alle Presidenziali 2008  così come, all'indomani dell'elezione di Trump, esattamente otto anni più tardi, fa sentire la sua voce di denuncia contro le politiche estremiste e razziste contro i diritti civili e sociali delle donne, per non parlare della comunità afroamericana, annunciate da #TheDonald.


La dipartita

Si spegne a New York, al Montefiore Medical Center, dopo una breve malattia (complicanze di una polmonite), il 5 agosto 2019.
Aveva 88 anni.

La poetica

Il tema fondamentale dei romanzi della Morrison è la perdita d'identità dei neri in quei momenti della Storia Americana in cui essi hanno subito la maggiore minaccia.
(Fonte.:theatlantic)
Bob Fabiani
Link
-https://www.theatlantic.com/remembering-toni-morrison
 

  

giovedì 22 agosto 2019

Ngugi wa Thiong'o, la lunga lotta contro la lingua dei colonizzatori







Ngugi wa Thiong'o è uno dei più amati scrittori e intellettuali africani, nato in Kenya 81 anni fa. Al nome dell'autore keniota è legata una singolare situazione : ogni anno, inevitabilmente il suo nome finisce nella rosa dei futuri Nobel; per questa ragione, Ngugi wa Thiong'o è da tutti definito il "quasi Nobel".

Parte inevitabilmente da questo punto, una serie di ragionamenti dello scrittore che ribadisce tutta l'importanza della lunga lotta contro la lingua dei colonizzatori, l'inglese (e tutte le altre).

"Risulta anche a me, lo so, lo so, dicono che ci sono andato vicino ... In tutta sincerità, io non ho voce in capitolo! Non ho diritto di voto in materia, proprio non dipende da me. E nemmeno posso dire di conoscere qualcuno tra coloro che decidono...".

Non sappiamo come finirà anche questa volta, tuttavia, potrebbe essere l'anno giusto, visto che nel 2019 di Nobel per la Letteratura ne verranno assegnati addirittura due.

Ngugi wa Thiong'o è uno dei più celebri e amati scrittori africani : la sua opera copre un arco di tempo temporale di oltre mezzo secolo, tra romanzi, raccolte di racconti e di poesie, teatro, saggi  dei quali il più celebre e citato è la raccolta Decolonizzare la mente, del 1986.





Una vita contro la lingua dei colonizzatori


La battaglia lunga un'intera vita per le lingue africane e contro l'inglese, "lingua coloniale" gli è valsa non solo una grande notorietà ma, un amore smisurato in tutto il continente. Ma anche grandi impedimenti.  A cominciare dal Kenya, la sua patria, a causa delle sue posizioni gli sono valse persecuzioni, incarceramento, esilio.

Un caso unico nella storia dei reati di opinioni.

Ora Ngugi wa Thiong'o, a un'età in cui di solito uno scrittore di successo si limita a raccogliere serenamente i frutti del suo lavoro, l'autore keniota pubblica, in italiano, il suo romanzo più recente e monumentale.

Il Mago dei corvi




Originariamente "Il Mago dei corvi" uscì proprio in lingua inglese nel 2006 e, arrivava al culmine di un silenzio prolungato dello scrittore ma, venti anni dopo ecco che Ngugi wa Thiong'o riesce a scrivere l'opera maggiore.

"Il mio romanzo precedente Matigari fu pubblicato a Londra, in gikuyu, la mia lingua, nel 1986. Ma in Kenya fu proibito e messo al bando. Per me fu un colpo durissimo : uno scrittore dipende e impara dalle reazioni dei suoi lettori. Negli anni successivi continuavano a venirmi nuove idee, ma non si trasformavano in una narrativa. Poi, verso il '96 - '97, prese forma nella mia mente la storia di questo dittatore che vuol costruire l'edificio più alto del mondo, così alto da raggiungere il cielo e da farlo diventare il vicino di casa di Dio.
Piano piano la storia s'impossessò di me, cominciai a scrivere ogni giorno, tra un volo e l'altro, nelle camere d'albergo. Mi ci vollero dieci anni ma alla fine uscii allo scoperto, insieme ai miei personaggi, sono riemerso dalla mia vita sottoterra".






Un romanzo "Il Mago dei corvi" scritto in gikuyu, lingua africana e tradotto autonomamente (in inglese)

"Non è la prima volta che scrivevo una mia opera nella mia lingua africana (gikuyu) e poi diventavo il traduttore del mio lavoro : era  Il Diavolo nella croce, del 1978. Quel romanzo è noto perché lo scrissi mentre ero detenuto nel carcere di massima sicurezza di Kamiti, a Nairobi. E' il primo romanzo moderno nella mia lingua madre, e per farlo dovetti usare i rotoli di carta igenica forniti dal servizio carcerario. Fui io stesso a tradurlo successivamente in inglese".


L'attualità della battaglia in difesa delle lingue africane 


"E' assolutamente attuale poiché i governi africani non hanno alcuna politica in materia. L'inglese e il francese restano le lingue del potere e dell'istruzione. Gli autori che scrivono nelle lingue africane continuano ad andare incontro a enormi problemi per riuscire a essere pubblicati e diffusi. Questa difficoltà è figlia del colonialismo, come ho sostenuto in Decolonizzare la mente. Lo squilibrio di potere tra le lingue non riguarda soltanta il rapporto tra l'Africa e l'Europa. Basta pensare allo scozzese, al gallese, all'irlandese. O alle lingue dei nativi americani. O a quelle del Pacifico. La lotta continua ed è una lotta globale, non solo africana. C'è tra le lingue un rapporto gerarchico, una relazione di potere disuguale, mentre dovrebbe essere una rete tra eguali".






Cosa rappresenta l'inglese oggi, per l'Africa, visto che adesso appare più la lingua del mondo che la lingua del potere, della musica, della scienza, della comunicazione giovanile?


"Non c'è proprio nulla di male in una lingua che fa comunicare una comunità di persone. Ma in Africa l'inglese e il francese sono state e ancora sono lingue di potere, la cui adozione presuppone la morte o l'abbandono delle altre. Se conosci tutte le lingue del mondo ma non la tua lingua madre, sei ridotto in schiavitù. Ma se conosci la tua lingua, con ogni lingua in più cresce la tua autonomia. Nella relazione coloniale, la lingua del colonizzatore si vuole sostituire a quella del colonizzato. E' una lingua piantata nel cimitero delle altre lingue".
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com  

mercoledì 21 agosto 2019

Scoprendo #Lagos (appunti dal tacquino di viaggio di Chimamanda Ngozi Adiche) Pt.3*






Terza e ultima parte degli appunti di viaggio della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adiche dedicati alla città di Lagos : una megalopoli che si appresta, nei prossi anni, secondo la scrittrice, a diventare "punto di riferimento per l'intera Africa".
(Bob Fabiani)



Giardini e mercati *


"In città  ci sono alcuni posti per turisti. Come gli ultimi esempi di architettura brasiliana nella parte vecchia della città. O il mercato di Lekki, dove sculture e splendidi ornamenti si mescolano al kitsch. O il Museo nazionale nigeriano, con i suoi giardini ben curati all'esterno e un'aria di squisito abbandono all'interno. O il Centro di conservazione di Lekki, una piccola riserva naturale con una vegetazione rigogliosa e alcuni piccoli animali. La prima volta che ci sono stata ho chiesto alla bigliettaia cosa potevamo vedere.

"Niente elefanti e leoni", mi ha risposto.

Il piatto forte sono i magnifici uccelli, e le scimmie, e l'assoluta sorpresa di immergersi in un'oasi naturale nel bel mezzo del trambusto della città. Le spiagge  nei dintorni sono sporche e sovraffollate, ma quelle raggiungibili in motoscafo sono pulite,, bordate di palme e casette.

I ristoranti di Lagos sono della "mafia" libanese, mi ha detto una volta un amico, scherzando solo in parte. In Nigeria c'è una significativa presenza di libanesi. Raramente si sposano con i nigeriani, e alcuni datori di lavoro libanesi non nascondono un marcato disprezzo per i dipendenti nigeriani. Ma le loro radici nel paese sono salde. Sono libanesi - nigeriani. Hanno molti ristoranti e la loro impronta è evidente nell'ubiquità dello shawarma. I giovani escono per mangiare shawarma. I bambini chiedono shawarma quando vogliono qualcosa di speciale.

Naturalmente ci sono anche ristoranti nigeriani : le catene che offrono piatti semplici e relativamente golosi; di medio livello, essenziali, che servono un riso jollof come quello fatto in casa; e i ristoranti di lusso, che faticano a sostenere il peso delle loro pretese. Sono sorti anche tanti negozi strani rivolti alla nuova tribù di Lagos : i rimpatriati, quei  giovani che tornano dopo aver studiato negli Stati Uniti o in Europa con nuove idee, convinti che una cosa "fatta a mano" sia straordinaria, come se in Nigeria non fosse la norma.

Ma la cosa che mi emoziona di più è la palpitante architettura umana di Lagos.






Per uno scrittore nessuna città offre un punto d'osservazione migliore. La domenica, quando le strade sono meno congestionate, mi piace farmi portare in giro in macchina per Lagos e osservare la città.
Le fermate dell'autobus piene di persone con le cuffiette alle orecchie. Un mercato sul ciglio della strada, con reggiseni colorati penzolanti, carretti di carote, un tavolo con delle parrucche. Ambulanti che vendono cipolle, uova, pane. Nei canali di scolo intasati di melma verdestra, lattine e sacchetti di plastica, immagino la possibilità di una città pulita.

Lagos è piena di avvisi. Il più comune è "questa casa non è in vendita" scarabocchiato sui muri, un avvertimento a non farsi ingannare dalle agenzie immobiliari. Vicino a una moschea dove sta passando una ragazza con i jeans alla moda e il velo in testa, c'è una scritta in verde : "L'imam capo di Lagos dice che qui non si puòparcheggiare".

Durante queste passeggiate in macchina penso alla rapidità con cui a Lagos scoppiano risse e nascono amicizie. Un piccolo minivan giallo ne colpisce un altro  e i due conducenti escono dai veicoli per litigare. La gente fa amicizia in fila  in banca, all'aeroporto, alla fermata dell'autobus rispondendo alle battute scontante e alle lamentele comuni. Di notte ci sono parti di Lagos di un grigio cupo per le insurrezioni di corrente e altre luminose e sfavillanti. In entrambe si vede la promessa di questa città : che troverai gente come te, con cui stai bene, che a Lagos da qualche parte c'è un posto per te".
(Fonte.:esquire)

- Fine -
*Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Cara Ijeawele

Bob Fabiani
Link
-https://www.esquire.com/chimamanda-ngozi-adichie 



martedì 20 agosto 2019

Scoprendo #Lagos (appunti di viaggio di Chimamanda Ngozi Adiche) Pt.2











Seconda parte degli appunti di viaggio della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie che descrive i cambiamenti  - alcuni epocali - della città di Lagos.
(Bob Fabiani)




Irresistibile Lagos (Pt.2)*


"A Lagos l'appartenenza etnica conta e non conta. E' la terra ancestrale degli yoruba, e la loro lingua è molto parlata, ma è anche il centro poliglotta della Nigeria, e i cacciatori di sogni arrivati da tutti gli angoli del paese comunicano in inglese, la lingua ufficiale, e in inglese pidgin, la lingua franca non ufficiale.
Alcune parti della città sono caratterizzate dall'etnia prevalente  - per esempio il settore hausa dove vivono i lavoratori musulmani originari del Nord o le grandi aree di mercato gestite daggli igbo, il gruppo etnico a cui anche io appartengo, maggioritario nel Sudest del paese  -  ma nessuna è ricca. Al crescere della ricchezza le rivendicazioni dell'appartenenza etnica svaniscono.


Attenti al ladro


Mia cugina vive in un quartiere piccolo borghese, dove abitano molti commercianti igbo. Una volta stavo andando a trovarla ma sono rimasta bloccata nel traffico.





Un venditore ambulante mi mostrava dei pacchetti di gomme masticare dal finestrino. Gabriel, il mio autista da dieci anni, mi ha avvertito : "Ma attenta alla borsa".  Un semplice promemoria. Così ho spostato sotto il sedile la borsa che tenevo appoggiata vicino a me. Mia cugina era stata derubata nel traffico mentre tornava dal lavoro, con una pistola puntata alla testa, mentre tutt'intorno le persone continuavano a guidare lentamente con lo sguardo fisso in avanti. Ora quando torna a casa lascia in bella mostra sul sedile una borsa con un telefono finto, perché i rapinatori prendono di mira le donne che viaggiano da sole. Se non hanno nulla nulla da farsi rubare rischiano di beccarsi una pallottola.

Anche mio cognato è stato rapinato. Era fermo nel traffico in pieno pomeriggio, con oil finestrino abbassato, e qualcuno da fuori ha urlato qualcosa riguardo alla sua macchina. Lui ha guardato fuori dal finestrino e poi indietro sulla strada, e in quell'attimo qualcuno ha infilato un braccio nell'altro finestrino e il suo telefono è sparito. Raccontava questa storia con una nota d'ammirata sconfitta. Proprio lui, un vero abitante di Lagos , che viveva in città da quarant'anni e ne conosceva tutte le astuzie e gli angoli. Eppure erano riusciti a imbrogliarlo. Si era fatto fregare dall'ingegnosità dei ladri di Lagos. Vivere a Lagos significa vivere nella diffidenza, dare sempre per scontato che qualcuno voglia truffarti e non farsi imbrogliare. Chi vive in questa città ne parla con orgoglio, come se la mera sopravvivenza fosse una prova della sua forza d'animo, perché Lagos è Lagos. Non ha la docile affabilità di Accra. Non è come Nairobi, dove nel traffico vendono i fiori.

In altre parti di Lagos, sopratutto nella ricca Island, non nasconderei la borsa quando sono in mezzo al traffico, perché mi considererei al sicuro. Lì la sicurezza è uno status.
Lagos è una città di complessi residenziali : gruppi di case, ognuna circondata da un muro, racchiusi all'interno di un altro muro di cinta, con un cancello centrale e un livello di sicurezza direttamente proporzionale alla ricchezza degli abitanti. Nei complessi residenziali meno esclusivi i cancelli vengono chiuso a chiave di mezzanotte per tenere fuori i rapinatori. Chi ci vive e frequenta i locali notturni sa che non può tornare  a casa prima delle cinque del mattino, quando si riaprono i cancelli. Per entrare nelle tenute più esclusive bisogna seguire procedure complesse : si parcheggia la macchina e si aspetta che le guardie di sicurezza chiamino le persone a cui si vuole fare visita, in alternativa viene rilasciato un tesserino da visitatore, o bisogna far ispezionare il bagagliaio, oppure una guardia boriosa gira intorno alla macchina con uno specchio telescopio per controllare che non ci siano bombe sotto.

In una città come Mumbai, complicata quanto Lagos, si capisce facilmente perché le zone più esclusive sono così costose. Basta attraversarle in auto. Invece Lagos ti confonde. Le ville siedono come budda dietro alti cancelli, ma le strade sono piene di buche  e sprofondano nelle pozzanghere durante la stagione delle piogge, e agli angoli ci sono ancora le baracchine dove gli autisti vanno a comprarsi il pranzo.









Le proprietà di lusso hanno sempre un'aria d'incompiutezza. Vicino a una tenuta con un giardino curato nei minimi dettagli e un cancello decorato si può trovare un lotto vuoto, incredibilmente costoso, ricoperto di erbacce.

Io vivo a Lekki e sogno Old Ikoyi. Era il quartiere dove a partire dagli anni 20 del novecento  vissero i funzionari del governo coloniale britannico, un periodo di blando apartheid in cui gli africani non potevano vivere nel quartiere, non potevano andare all'ospedale dei "bianchi" e non potevano aspirare a impieghi di alto livello. Oggi Old Ikoyi ha quella bellezza caparbia e innegabile che è il problematico retaggio dell'ingiustizia. Con i suoi terreni rigogliosi e gli alberi che si curvano sulla strada, mi ricorda Nsukka, la piccola città universitaria dove ho trascorso l'infanzia : tranquilla, riposante, con gli alberi di frangipane che costellavano la tenuta dove vivevamo e le buganvillee dai fiori porpora a ridosso dei muri.






Le apparenze contano


Così mi ritrovo a desiderare di vivere a Old Ikoyi e a piangere la sua lenta scomparsa. Le graziose villette con i colonnati vengono abbattute per costruire alti palazzi di appartamenti o grandi ville con facciate involontariamente barocche.

"Attenti a Lagos", sentivo ripetere spesso da bambina, quando vivevo dall'altra parte della Nigeria. Si diceva che Lagos fosse una città superficiale e di gente falsa. C'erano molti esempi famosi, versioni mitiche della realtà, storie ripetute in più varianti, con protagonisti di vari gruppi etnici e piccoli dettagli che li differenziavano : l'uomo garbato che guida una Range Rover ma non ha un centesimo e dorme sul divano degli amici; la signora che si spaccia per abile imprenditrice ma in realtà è una truffatrice. E come biasimare questi inventori di sé, così impegnati a mantenere le loro apparenze?

Qui l'apparenza conta. Ti puoi fare largo dapertutto se sai recitare un ruolo e guidi la macchina giusta. In molti complessi residenziali le guardie spalancano i cancelli quando vedono arrivare l'ultimo modello di una particolare marca di auto e dimenticano all'istante le domande che sono addestrarti a farti. Se invece ti avvicini con una vecchia Toyota danno libero sfogo al loro meschino potere.

Nessuno si preoccupa di nascondere il proprio snobismo. Tra le élite i loghi degli stilisti occidentali sono così familiari che i giornalisti di moda scrivono di Gucci e Chanel come se la maggioranza dei lettori potesse permetterseli.

Eppure lo stile è democratico. Le giovani lavoratrici sono le più originali : vanno a fare acquisti nei mercati, setacciano i cumuli di abiti di seconda mano sparsi per terra sotto gli ombrelloni e ne emergono con un paio di jeans attillati assolutamente perfetti, che le fanno apparire più belle.

I maschi non sono da meno, con le loro camicie a maniche lunghe infilate nei calzoni, o le tradizionali tuniche e pantaloni dai colori abbinati. E così Lagos intimorisce con il suo materialismo, la sua insolenza, la bellezza dei suoi abitanti. Una volta una ragazza mi ha raccontato che stava pensando di partecipare al concorso di bellezza di miss Nigeria, ma aveva deciso di non farlo a Lagos.

"Troppe donne belle", mi aveva detto. Così era andata a Enugu, la sua città d'origine, dove pensava di avere maggiori opportunità.

I giovani si lamentano delle loro relazioni. Sono tutti disonesti, dicono. Uomini e donne recitano una parte. Tutti cercano qualcosa di meglio, di più scintillante.

"Perché hai scelto di vivere a Lagos allora?", ho chiesto una volta a una ragazza. Ogni volta che faccio questa domanda a chi è scontento di Lagos mi guardano sempre con aria sorpresa, come se fosse ovvio che non penserebbero mai di andarsene. Tutti si lamentano di Lagos ma nessuno vuole lasciarla. E perché io vivo qui? Perché non ho costruito la mia casa a Enugu, una città lenta, pulita e attraente del Sudest?

E' un luogo comune parlare dell'"energia" di Lagos, e a volte può sembrare una risposta difensiva davanti alle tante sfide della città. Ma Lagos ha davvero una qualità per cui "energia" è la definizione più calzante. Un dinamismo. Una mancanza di pallore. La puoi percepire nella fastidiosa umidità dell'aria : il talento, l'ingegnosità, l'esplosiva pluralità di ogni cosa, la fiducia in sé stessa di una città che sa di essere importante.

L'unico porto nigeriano realmente funzionante è a Lagos, e gli imprenditori di tutto il paese non hanno altra scelta che far passare di qui le loro merci. Il mondo degli affari ha il suo cuore a Lagos : non solo banche e telecomunicazioni, aziende petrolifere e agenzie pubblicitarie, ma anche industrie creative emergenti. Le gallere d'arte di Lagos organizzano le mostre dei migliori artisti nigeriani. La settimana della moda si svolge a Lagos. I concerti sono i più grandi e rumorosi. Le stelle di Nollywood non girano film a Lagos  - è troppo costoso - ma è qui che li presentano in anteprima".
(Fonte.:esquire)

- Fine seconda parte -    

*Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Cara Ijeawele

Bob Fabiani
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-https://www.esquire.com/chimamanda-ngozi-adichie