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giovedì 28 febbraio 2019

Nelson Mandela Speech - FOTO DEL GIORNO





Questa intensa foto che ritrae in primo piano Nelson Mandela - comunemente e affettuosamente chiamato da tutti i sudafricani #Madiba - è la FOTO DEL GIORNO di oggi, per celebrare degnamente il #BlackHistoryMonth che si chiude oggi : naturalmente, Africaland Storie e Culture africane continuerà a celebrare la #BlackHistory.

"Non si può trovare passione nel vivere
  in modo mediocre.
  Non accontentatevi
  di una vita che è
  meno di quello che siete capaci di vivere"

       - Nelson Mandela - 


(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno 

mercoledì 27 febbraio 2019

Il disastro del #climatechange in Africa - FOTO DEL GIORNO







Le conseguenze dello stravolgimento del clima sta modificando per sempre l'ecosistema. I danni sono inestimabili e sono sotto gli occhi di tutti.

In Africa (come del resto anche in Asia ma senza tralasciare l'Europa e gli Stati Uniti n.d.t) il clima impazzito oltre a far avanzare il deserto in gran parte del Continente Nero sta modificando (in peggio) l'esistenza dei Baobab.

L'albero per eccellenza africano sta subendo un declino innarrestabile e, purtroppo ne muoiono sempre più a causa del clima  - come dimostra la foto che abbiamo scelto oggi per la sessione dedicata alla FOTO DEL GIORNO : qui siamo in Tanzania - ma, gli stravolgimenti dovuti al clima lasciano segni evidenti e drammatici nella vita di milioni di persone. A causa di alluvioni, violenti temporali, cicloni e cosi vià, gli abitanti dell'Africa, sono costretti a vivere sempre più in condizioni estreme.

Passando da una catastrofe all'altra: ormai i cambiamenti climatici sono sempre più responsabili delle migrazioni di interi popoli e, se, il mondo, sopratutto quello ricco non si deciderà a mettere in campo soluzioni e contrasti efficaci, il disastro globale è certo.
(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno/   

martedì 26 febbraio 2019

FOTO DEL GIORNO - Minorenni nigeriani avvistati ai seggi per votare alle #Elections2019




Le disastrose elezioni presidenziali 2019 in Nigeria hanno evidenziato alcune criticità. Oltre alle violenze ai seggi - dove nel sabato elettorale #23F hanno perso la vita almeno 39 morti - ad opera di alcuni facinorosi riconducibili al partito del presidente uscente Buhari (che almeno stando ai risultati resi noti da #INEC è stato riconfermato sulla poltrona presidenziale), APC.

Queste elezioni 2019 passarenno alla storia come le elezioni dove hanno votato anche un gran numero di minorenni: bambini avvistati in fila ai seggi per votare pur non avendone ancora l'età per esprimere il fondamentale diritto al voto.

AfricaLand Storie e Culture africane pubblica oggi questa vota che racconta molto del caos sociale in atto in Nigeria: il grande paese africano, chiamato anche 'Gigante del Continente Nero' si avvia a vivere una lunga stagione di incertezze sociali e politiche a oggi, decisamente, imprevedibili.
(Fonte.:africaland)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno 

lunedì 25 febbraio 2019

#SenegalPrésidentielle2019, Cronaca di una serata post-voto molto tesa





In Senegal la domenica elettorale dedicata alle Presidenziali 2019 non ha fatto registrare incidenti ai seggi come invece è accaduto in Nigeria, il giorno precedente. Qui, dalla capitale Dakar fino alla più piccola città e ancor di più, nei più sperduti villaggi, i senegalesi, hanno potuto tranquillamente votare.





Tutto bene allora? Non proprio. La riprova si è avuta subito dopo la chiusura dei seggi. Da quel momento in avanti, il quadro generale del post-voto cambiava bruscamente lasciando il posto a una serata piuttosto tesa.



Che cosa è accaduto?

Il culmine del nervosismo al termine della domenica elettorale per la corsa alla poltrona presidenziale della Repubblica del Senegal, è stata registrata dopo l'annuncio della vittoria - al primo turno - da parte del presidente uscente, Macky Sall.

In realtà più che un annuncio è stata una rivendicazione sufficiente per mandare su tutte le furie gli esponenti dell'opposizione che, dal canto loro, non hanno esitato a rispondere prontamente a quella che, a loro giudizio, altro non è che una vera e propria provocazione.

In quel framgente, l'opposizione senegalese ha invocato che si andasse al secondo turno dell'elezione presidenziale, cosa per altro messa in preventivo un po da tutti gli analisti ed esperti di "Elezioni Presidenziali senegalesi".




-Aria tesa nella serata post-elettorale


In Senegal, 6,6milioni di elettori sono stati chiamati alle urne ieri, domenica 24 febbraio 2019.
Non appena sono calate le ombre della sera senegalese, il paese africano, ha vissuto ore tese nel dopo-voto.

Ecco la cronaca dei fatti (così come si sono svolti).

Apriva le danze di questo pericoloso balletto il primo ministro affermando che Macky Sall avrebbe vinto  le elezioni presidenziali al primo turno, "con un minimo del 57% dei voti".

Questa dichiarazione non può (e non poteva) essere definitiva dal momento che è avvenuta quasi a ridosso della chiusura dei seggi.
Appare chiaro che è stata messa in campo per fare pressione su chi avrà la responsabilità di dover annunciare l'esito definitivo della disputa elettorale.

Naturalmente gli animi si sono subito surriscaldati toccando punte di crisi preoccupante per i giorni e le settimane che verranno.

Idrissa Seck e Ousmane Sonko, i due candidati dell'opposizione, ai quali, le intenzioni di voto li indicano a ridosso del presidente uscente, annunciano la "confisca" del secondo turno.

Cosa significa?

Secondo i due esponenti dell'opposizione, il presidente uscente avrebbe deciso arbitrariamente di sospendere il regolare corso dell'elezione, ossia, il secondo turno necessario per uno svolgimento regolare della corsa presidenziale.

A questo punto è importante mettere in risalto che le cifre ufficiali non sono note.

Le commissioni di conteggio del densimento dipartimentale (CDRV), composte da magistrati, chiamati ad esaminarli e a compilarli. Hanno tempo fino a martedì 26 febbraio per trasmettere questi risultati alla Commissione nazionale per il censimento dei voti (CNRV) a Dakar.

-Cronaca ad alta tensione


AfricaLand Storie e Culture africane è in grado di ricostruire i passaggi dell'escalation ad alta tensione, tra il presidente uscente e i due candidati dell'opposizione.


  • Ore 24,05 : il "Clan Sall" rivendica la vittoria al primo turno anche da parte dello stesso presidente uscente che mostrandosi sicuro di sé, una volta arrivato nel su quartier generale parla di vittoria limpida e certa.
  • Ore 23,15 : Idrissa Seck e Ousmane Sonko rifutano la "confisca" del voto. Seck, arrivando a Bokk Gis Gis, laddove è ubicato il suo Comitato elettorale nella capitale senegalese, rilascia questa dichiarazione "Macky vuole confiscare il risultato del voto, ma il popolo senegalese non lo accetterà!", tuona minaccioso.
  • Ore 23,00 : dichiarazione di Ousmane Sonko attraverso i social network per lanciare la protesta "Invito i giovani  a protestare di fronte a tutti i media che riporteranno la vittoria di Sall al primo turno, senza risultati ufficiali, questi media si assumeranno le loro repsonsabilità. Mi appello alla responsabilità dei leader religiosi di chiamare il partito di governo alla ragione".

-Conclusioni

Ora cosa accadrà in Senegal?

La situazione resta sospesa e dipenderà molto dal buonsenso di tutti i candidati coinvolti nella corsa presidenziale: quello che appare chiaro che il Senegal potrebbe ritrovarsi invischiato in un incendio, preludio di una crisi che porta i senegalesi nell'incubo delle violenze. Chi ha interesse a far precipitare la situazione e la pace sociale nel paese africano?  
(Fonte.:laviesenegalaise;jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-https://www.laviesenegalaise.com;
-https://www.jeuneafrique.com   

domenica 24 febbraio 2019

Storia di Karima2G, artista capace di creare un ponte tra #Africa, #Italia e il resto del #Mondo.











L'artista protagonista della #BlogStory di AfricaLand Storie e Culture africane di questa settimana è Karima2G: una storia capace di mettere in risalto meglio di molte altre, tutte le trasformazioni avvenute anche in Italia.
Karima,  è una cantante e beatmaker italiana, nata a Roma, il 28 maggio 1985, di origine liberiana.

E' quello che si direbbe una "italiana di seconda generazione": un'artista capace di far coesistere tutte le "culture del mondo" nelle sue interessanti "storie in musica".

Anche Karima2G è protagonista della nuova scena musicale italiana che non si accontenta più di restare confinata entro i cosiddetti confini nazionali ma, prendendo spunto dalla sua esperienza personale riesce - come altri artisti dell'interessante scena #Afroitalian  - a mettere all'interno dello spartito musicale un sound decisamte internazionale.





-Artista moderna eclettica


La storia professionale di Karima2G ha pochi eguali in Italia. Intanto iniziamo col dire che non è solo una cantante né solo una beatmaker ma, attingendo anche dalla cultura africana, Karima è anche una fenomenale ballerina olktreché una "Dj-Vocalis" tanto che, in questa veste la ritroviamo come una tra le più irresistibili (e richieste) protagoniste nelle discoteche italiane. Questa versalità la porta a diventare anche una delle voci più amate del panorama radiofonico italiano quando diventa una delle voci ufficiali di M2o.







-Karima2G&PepeSoup


Lasciata la stagione della Radio e delle discoteche l'artista italo-liberiana è già pronta ad aprire una nuova stimolante fase della sua carriera artistica.
Nel 2010 fonda i PepeSoup: un duo che mescola sapientemente i ritmi Afro con il tipico sound da "clubbing" attuale.

Ma Karima non è artista che ama stare troppo ferma e così, proprio nel 2010 decide di fare il grande passo: diventare produttrice discografica.  Fonda l'etichetta discografica Soupu Music". In questa avventura - che a prima vista poteva sembrare avventata - Karima dimostra di avere le idee chiare, le stesse che poi confluiranno nella sua musica; l'etichetta si dimostra attentissima a intercettare le "nuove onde sonore" sopratutto quelle che si producono Oltremanica fino agli USA. 

La Soupu Music è un'etichetta aperta al sound della "Bassmusic" inglese, Karima, guarda ai talenti capaci di saper parlare una "lingua internazionale" e che intercettino le tensioni di questo mondo contemporaneo senza mai dimenticare l'Africa.

Ecco che i Pepe Soup - così come la Soupu Music - si incaricano di veicolare i ritmi, i suoni che arrivano dalla Nigeria, dal Ghana, la natia Liberia e la Costa D'Avorio.

Un anno dopo, nel 2011 Karima2G viene selezionata da Al-Jazeera per far parte di un progetto molto interessante e che avrebbe meritato più attenzione da parte dei media italiani; un progetto a favore dell'integrazione "Surprising Europe": riunire artisti provenienti da diversi paesi europei.








-Riscoprendo l'Africa e le proprie radici


Più passa il tempo e più la carriera artistica di Karima2G prende consapevolezza internazionale anche nel cosiddetto "viaggio del ritorno" ... all'Africa. E' il 2013 quando riscopre  le proprie radici in seguito a un viaggio nella sua terra di origine, la Liberia.

Karima2G decide di impegnarsi in prima persona: come donna e artista black ma sopratutto come attivista diventando direttrice di un orfanotrofio a Monrovia.

Il 2014 segna un ulteriore passo in avanti per la carriera della cantante Afroitalian: arriva il debutto solista con un Album intitolato "2G", su etichetta Soupu Music.
Non si tratta solo di un album di debutto perché Karima (fin dal titolo) mette in chiaro un punto fermo: lei è un'artista a 360° gradi e decide di irrompere sul mercato italiano (e non solo) con un progetto  interamente scritto e prodotto dall'artista stessa.

Il disco è caratterizzato da suoni elettronici e rimandano alla "Bass music" con influenze Afro e Grime. I testi sono in pidgin-english, sua lingua madre.
I due singoli "Orangutan" e "Bunga Bunga", le attirano diverse attenzioni sia da parte dei media specializzati, riviste come Rumore e Blow Up oppure i siti di quotidiani del calibro del @Corsera e @IlFattoQuotidiano ma anche testate prestigiose che si occupano di moda: è il caso di Vogue.it.
Si accorgono di lei anche alcune testate europee, una su tutte, la svedese @BonMagazine.

Tuttavia, il riconoscimento che più sta a cuore di Karima2G è quello riservatogli dalla 'Sezione Africa' del sito statunitense di culto e tastemaker "Okayplayer": tutti parlano e sottolineano la capacità dell'artista di aver saputo scrivere, produrre e cantare un "disco attuale"; di forte impatto sonoro dai testi audaci e che non fanno sconti a nessuno, tantomeno ai potenti della politica italiana, a cominciare da Berlusconi.





-"Africa song"



Nel 2016 pubblica la canzone "Africa": un brano che rappresenta il confine tra la prima parte del suo percorso artistico, incentrato sul tema delle "seconde generazioni italiane" - tema questo sempre più centrale in Italia anche a distanza di tre anni da quel periodo - e la seconda, inevitabilmente diversa, sempre più internazionale anche nella scelta dei testi e delle storie da raccontare nelle sue canzoni come si evince anche dal suo nuovo lavoro discografico, uscito da pochi giorni e, che fin dal titolo ("Malala") conferma questa scelta, ormai da considerarsi definitiva per Karima2G.

Nello stesso periodo partecipa a 'Roots', progetto realizzato da History e da Amnesty International Italia e legato alla messa in onda di 'Radici', remake dell'omonima serie che nel 1977 ricostruì la tragedia della schiavitù degli avi africani deportati negli Stati Uniti sulle "navi negriere" scritta da Alex Haley, il co-autore della biografia di MalcolmX.

L'obiettivo del progetto 'Roots' è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica italiana sulle nuove forme di schiavitù, pubblica  - in collaborazione con Raffaele Costantino e Maurizio Bilancioni - un brano intitolato "Roots" e ispirato alle tradizionali worksong che gli schiavi di colore erano soliti cantare mentre lavoravano nei campi.

-Ritorno in studio

Il 2017 segna il ritorno in studio di Karima2G sempre più orientata oltre  i confini nazionali: è la storia contenuta nel singolo "Police", branco contenuto nel nuovo Album "Malala" uscito nel 2018.



Il nuovo album vede l'artista sempre più impegnata, attraverso i testi, nella denuncia sociale e storica, toccando temi difficili ma necessari, in quanto donna e nera.
Musicalmente anche questo nuovo album abbraccia quel sound internazionale necessario per la sua scelta definitiva che è quella del genere musicale "Electro-World" e la fa essere (e sentire) sempre più "cittadina del mondo" con echi profondi che riportano all'Africa.
(Fonte.: rockit)
Bob Fabiani
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-Youtube:KarimaOfficial   

  

sabato 23 febbraio 2019

Le incognite che attendono la #Nigeria dopo le elezioni presidenziali 2019









Dopo lo slittamento di una settimana, i seggi hanno aperto regolarmente in Nigeria dove, sono attesi circa 80milioni di elettori chiamati a decidere se riconfermare Buhari oppure, premiare il suo avversario, il miliardario Atiku.



Il presidente uscente, esponente del Congresso dei Progressisti (APC), Muhammadu Buhari, già in carica ai tempi delle dittature militari del 1983, a 76 anni, può contare sul sostegno forte del Nord del paese africano e, per strappare un secondo mandato consecutivo, potrebbe beneficiare dell'esplosione demografica nella regione.

A tal proposito, molti osservatori, hanno rilevato la presenza ai seggi elettorali questa mattina, sabato 23 febbraio 2019, di un gran numero di minorenni in fila come tutti gli altri elettori.




L'ex vicepresidente Atiku Abubakar, di 72 anni, proveniente anch'esso dal Nord (precisamente da Adamawa), ha svolto la sua carriera nel Sud cristiano, per la precisione a Lagos; egli è il candidato preferito delle classi medie e, sopratutto di quelle imprenditoriali, le influenti classi del business rampanti e, per questa ragione tendenzialmente poco propensi a recarsi ai seggi.

Atiku è un importante uomo d'affari, miliardari e molto chiacchierato, a proposito dell'origine della sua fortuna che molti, da queste parti, fanno risalire a una selezionata, costante, corruzione.

I nigeriani troveranno ben 73 candidati sulla scheda elettorale ma, la sfida decisiva si gioca tutta tra Buhari e Atiku. Quest'ultimo, è anche il candidato preferito dalle forze armate che, anche in Nigeria, come spesso avviene in Africa, possono incidere sull'esito finale delle presidenziali.





La Nigeria tuttavia si trova in una situazione delicata: il grande paese africano conta circa 87milioni di nigeriani costretti a vivere in estrema povertà e il numero sta peggiorando giorno dopo giorno, preannunciando "un'implosione socio-economica", in questo paese di 190milioni di abitanti, che dovrebbe diventare il terzo paese più popoloso del mondo entro il 2050.

In Nigeria si devono fare i conti con la cosiddetta "questione sicurezza": la battaglia intrapresa da Buhari all'indomani del suo trionfo presidenziale del 2014 per debellare #BokoHaram è fallita tanto che, anche oggi, #23F, giorno delle elezioni posticipate, i miliziani jihadisti hanno attaccato, a colpi di mortaio, a Maiduguri, nello Stato del Borno, per impedire le normali operazioni di voto.
La notizia è stata rilanciata dai reporter AFP i quali, hanno raccolto anche un indiscrezione proveniente dalle file dell'esercito ciadiano, inviate in Nigeria in "più di 500 unità" per dar manforte ai loro colleghi nigeriani.




Sullo sfondo  resta anche il mancato Referendum per l'Indipendenza del Biafra e, il boicottaggio di queste elezioni da parte di tutti i cittadini del Biafraland.

Per vincere le elezioni 2019 al primo turno servirà oltre alla maggioranza dei voti espressi, almeno il 25% dei voti in due terzi dei 36 Stati della federazione più il territorio della capitale Abuja. Se ciò non avverrà, si procederà con il secondo turnoda svolgersi entro i 7 giorni dopo l'appuntamento elettorale di questo #23F.

Infine nessuna data è stata menzionata da parte dell'INEC, ma, normalmente, un annuncio viene effettuato entro le 48 ore dalle operazioni di voto.

-Conclusioni

Quale futuro attende dunque la Nigeria dopo le elezioni del 2019?

I due rivali che si contendono la vittoria finale, Buhari e Atiku, hanno firmato un documento in cui si attesta che rispetteranno l'esito elettorale ma, lo spauracchio di una eventuale scoppio di guerra civile tra le opposte fazioni dei due candidati.

Al di là del post-voto, la Nigeria si trova ad affrontare alcune questioni di cui abbiamo parlato nelle frasi scritte in questo post: sono sfide decisive sopratutto quelle in ambito economico. Il paese è fermo, si trova in stagnazione, l'economia arretra e, per questa ragione, dalle parte di Abuja, le autorità nigeriane iniziano a pensare di richiedere alle multinazionali petrolifere straniere di rendere la cospicua cifra di 80 milioni di dollari che il paese africano non ha mai incassato dalle ricche multinazionali del petrolio.
Sarebbe una boccata d'ossigeno non indifferente e, in un colpo solo consentirebbe al "gigante africano" di consolidare la leadership del Continente Nero.
(Fonte.:afp;jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-https://www.afp.fr;
-www.jeuneafrique.com
     

venerdì 22 febbraio 2019

Nigeria, #INEC conferma che le elezioni presidenziali si terranno il #23F







La Commissione elettorale della Nigeria ha confermato la data di sabato #23F per le elezioni presidenziali e legislative dopo il rinvio di una settimana.

Ecco le dichiarazioni ufficiali dell'#INEC.

"Voglio assicurarvi che le elezioni si terranno sabato. Non ci sarà un ulteriore rinvio", insiste Mahmood Yakubu, presidente della Commissione elettorale indipendente.

Sono quindi le ore di vigilia di una tornata elettorale che potrebbe acuire ulteriormente i grandi problemi sociali e politici della Nigeria

giovedì 21 febbraio 2019

#GiletsJaunes e quell'escaltion repressiva che mette a dura prova le'aspirazioni democratiche dei cittadini francesi. Un intervento di Raphael Kempf*






Proseguono gli approfondimenti di AfricaLand Storie e Culture africane su e intorno i #GiletsJaunes, oggi, ospitiamo un lungo intervento di Raphel Kempf , avvocato presso il foro di Parigi, difensore di molti "gilet gialli".

Pubblichiamo questo intervento perché a nostro giudizio quanto sta avvenendo a Parigi e in nel resto della Francia non può passare a lungo sotto silenzio e censura di quanti, a parole si sentono, a fase alterne, paladini della democrazia e della libertà di espressione ... Quello che sta avvenendo in Francia, durante i cosiddetti "Sabati di lotta" pone quesiti non più rimandabili e, sopratutto, questa violenta repressione poliziesca (che si traduce, come vedremo, in vere e proprie mutilazioni sui corpi di quanti manifestano il loro malcoltento sull'operato di Macron) è il sintomo di qualcosa che si è spezzato all'interno della società civile francese ma, la risposta così violenta da parte del presidente e delle forze dell'ordine ci dicono che, il movimento dei #GiletsJaunes sta mettendo davvero paura alle élite, le stesse che vanno perennemente a braccetto con i capitalisti e l'immancabile borghesia, tutti responsabili del disastro sociale, causa principale del ritorno della povertà nel cuore dell'Europa.

Perché i poliziotti francesi stanno reagendo così brutalmente contro i #GiletesJaunes? Quale è il fine che si prefiggono sia le forze dell'ordine sia il governo del presidente Macron?

A queste domande cerca di rispondere l'intervento di Raphael Kempf.

(Bob Fabiani)






-Dalle violenze della polizia alle violenze giudiziarie*

"In visita a Carcassonne, il 14 gennaio scorso, Christophe Castaner ostenta il suo ruolo di ministro degli interni: "Io non conosco nessun poliziotto, nessun gendarme che abbia attaccato dei "gilet gialli"; conosco invece poliziotti e gendarmi che usano dei mezzi di difesa". Sentendo questa dichiarazione, Antonio Barbet scoppia a ridere, 40 anni, Barbet vive vicino a Compiègne, nell'Oise, dove fino a due mesi fa aveva un posto a tempo determinato come addetto al servizio clienti remunerato con il salario minimo. Presente sulle rotonde fin dall'inizio del movimento dei "gilet gialli", ha manifestato per la prima volta a Parigi il 24 novembre 2018. Nel tardo pomeriggio, in una strada tranquilla vicino agli Champs-Elysées, le forze dell'ordine hanno lanciato quella che molto probabilmente era una granata lacrimogena Gli-F4. L'ordigno è esploso sul piede di Barbet. Due mesi più tardi, l'uomo cammina ancora con le stampelle e il suo contratto a tempo determinato non è stato rinnovato.


Giornalista, freelance, David Dufresne riporta sistematicamente, su Twitter, le violenze che i "gilet gialli" subiscono da parte della polizia dalla nascita del movimento. Il 19 gennaio, la sera dell'atto X, ne aveva già contate più di 330, con tanto di documentazione fotografica.




In un libro sul mantenimento dell'ordine pubblicato nel 2007 (1), Dufresne aveva ricordato le parole dell'allora ministro degli interni Dominique de Villepin (2004-2005) sulla dottrina francese consistente nel tenere i manifestanti a distanza: "Questa visione dell'ordine pubblico fa parte della genialità francese".  Un decennio più tardi, alcuni studiosi hanno denunciato lo "splendido isolamento" della Francia relativamente a un mantenimento dell'ordine orientato verso l'intervento repressivo e sordo ai metodi di dialogo di de-escalation messi in atto in altri paesi europei (2).


Dissuadere i cittadini dal manifestare


Nel suo rapporto del dicembre 2017 dedicato a questo argomento (3), il difensore dei diritti Jacques Toubond ne ha ricordato i principi tradizionali.
Affidato a unità specializzate  -  compagnie repubblicane di sicurezza (Crs) e squadroni di gendarmeria mobile  -  il mantenimento dell'ordine si basa su una logica di intervento collettivo e gerarchizzato.  L'uso della forza non può provenire da iniziative individuali, eccetto nel caso dell'autodifesa, ma deve rispondere a principi di "assoluta necessità, proporzionalità e reversibilità".  L'intervento di unità non specializzate, in particolare le compagnie di sicurezza e di intervento (Csi) e le brigate anticrimine (Bac) mobilitate come rinforzi, mette in discussione questo modello. "Generalmente estranee alla dottrina e ai principi del mantenimento dell'ordine",  osservava il rapporto, queste forze cercano il contatto e gli arresti, a scapito del principio di messa a distanza di controllo.






Tale trasformazione nasce da una decisione politica. In queste condizioni, la ferita al piede di Barbet, così come le centinaia di lesioni gravi e di mutilazioni, in particolare degli occhi e delle mani, registrate dalls del movimento dei "gilet gialli", non possono essere considerati incidenti.





In una relazione congiunta (4) redatta nel 2014, le ispezioni generali della polizia e della gendarmeria nazionali ricordavano che la Francia era  -  e resta  -  l'unico paese europeo a utilizzare munizioni esplosive nelle operazioni di mantenimento dell'ordine, tra cui in particolare le granate lacrimogene Gli-F4: "Le granate con sostanze esplosive o deflagranti che producono onde d'urto possono mutilare un individuo o provocare ferite letali, mentre quelle con effetti sonori intensi possono causare lesioni irreversibili all'udito. (...) Trattandosi di dispositivi pirotecnici, una lesione alla testa o al volto non può mai essere completamente esclusa".  Lo Stato quindi è consapevole di far correre questi rischi ai manifestanti. Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 2018, diversi avvocati, tra cui l'autore di questo articolo, hanno scritto a Castaner e al primo ministro Edouard Philippe per chiedere loro di bandire queste granate. Stiamo ancora aspettando una risposta.


Proiettili da difesa


Usato migliaia di volte da metà novembre contro i manifestanti, il lanciatore di proiettili da difesa (Lbd) ha un nome quantomeno eufemistico. Il 5 luglio scorso, la corte amministrativa di appello di Nantes ha ritenuto che l'impiego di quest'arma "pericolosa", durante una manifestazione del 2007, contro unn ragazzo di 16 anni che aveva avuto il solo torto di trovarsi in prossimità del lanciatore costituisse una colpa tale da configurare la respoinsabilità dello Stato, condannato a pagare un indennizzo considerevole (5).

Nel dicembre del 2017, il difensore dei diritti ha giudicato le caratteristiche e le condizioni d'uso dell'Lbd "inadatte a un impiego nel quadro di operazione di mantenimento dell'ordine".  Ha poi concluso affermando che "dovrebbe essere ritirato dall'equipaggiamento delle forze di sicurezza impegnate in operazioni di mantenimento dell'ordine"; un avvertimento ribadito ancora nel gennaio del 2019.  Questa sollecitazione avrebbe dovuto essere inutile: nel 2017, il prefetto di polizia di Parigi aveva detto a Toubon di aver "preso la decisione di interdire l'uso dell'Lbd 40 x 46 nelle operazioni di mantenimento dell'ordine per via della sua pericolosità e il suo carattere inadatto a tale contesto". Una deciosne che non ha avuto alcun seguito.

Queste armi, così come il comportamento a volte inappropriato delle forze dell'ordine, hanno procurato centinaia di lesioni tra i "gilet gialli". Il carattere eccezionale di questo bilancio ha suscitato la collera di molti manifestanti, che spesso marciavanoin strada per la prima volta nella loro vita. E' lecito domandarsi se l'ostinazione del governo a utilizzare queste armi e queste tecniche pur sapendo che possono mutilare e uccidere non sia dovuta a una strategia deliberata, mirante a dissuadere i cittadini dal manifestare.





Dall'inizio del movimento, Sandrine P. occupa una rotonda vicino a casa sua, tra Douai e Velenciennes. A quasi 40 anni, questa assistente all'infanzia sta crescendo tre figli assieme al marito, commesso in un ipermercato. Con i "gilet gialli" ha scoperto il senso di un impegno politico collettivo. Ai primi di gennaio, si è dovuta confrontare con la violenza della polizia durante una manifestazione a Lille. Nessuna lesione grave, ma ha patito gli effetti dei gas lacrimogeni e ha maturato la convinzione che lenforze dell'ordine possono essere pericolose.  Il 12 gennaio è tornata a Lille con un paio di occhiali da nuoto, una mascherina e delle fiale di soluzione salina, ma non ha avuto il tempo di unirsi alla manifestazione.

Fermata al di fuori del corteo in compagnia di tre compagni, è stata messa sotto custodia nelle prigioni della stazione di polizia di Lille. Motivo: partecipazione "a un raggruppamento, anche di natura temporanea, finalizzato alla preparazione di uno o più atti concreti di violenza contro persone o di distruzione o danneggiamento di beni" (6). Questo reato, stabilito da una legge del 2 marzo 2010 presentata da Christian Estrosi, deputato dell'Unione per un movimento popolare (Ump), mirava a combattere le "bande violente" dei "quartieri cosiddetti sensibili".  Il suo obiettivo era punire prima che il reato venisse commesso, sulla base del postulato implicito secondo cui dei giovani che si riuniscono nello spazio pubblico non possono avere altra intenzione che creare disordini.



Pene sempre più pesanti


Per anni molto poco utilizzato, questo testo è stato riscoperto dal guardiasigilli Jean-Jacques Urvoas (*******) durante i movimenti sociali contro la  Loi Travail, nel 2016. Da allora, i procuratori della repubblica l'hanno usata per perseguire manifestanti a cui non poteva essere contestato alcun atto di violenza o di danneggiamento. Con il movimento dei "gilet gialli", in pareticolare l'8 dicembre, l'impiego di questo reato di riunione è diventato sistematico e ha portato a un numero mai visto di fermi preventivi e di custodie cautelari.


Alla fine di novembre, in una circolare speciale sui "gilet gialli", il ministro della giustizia Nicole Belloubet ha invitato le procure ad autorizzare i poliziotti a controllare e perquisire ogni individuo presente alle manifestazioni organizzate di sabato a Parigi, nelle grandi città e sulle strade che vi conducono (8).  Il carattere arbitrario della stragrande maggioranza di queste privazioni della libertà si può evincere confrontando il numero degli arresti con quello delle condanne. Delle 1.082 persone fermate nella capitale l'8 dicembre, un'ampia maggioranza è stata liberata senza conseguenze giudiziarie. Queste procedure abusive avevano il solo obiettivo di impedire ai "gilet gialli" di esercitare il loro diritto di manifestare.


Due giorni dopo, il 10 dicembre, Pierrick P. è entrato, sconvolto, nella gabbia degli imputati del tribunale di Parigi. Dopo più di 48 ore di custodia cautelare, è a processo  -  da solo  -  per il famigerato reato di partecipazione a un raggruppamento finalizzato a commettere atti di violenza o danneggiamento. Arrivato dalla Bretagna con quattro amici, questo ex operaio disossatore della filiera della carne suina ha smesso di lavorare nel febbraio 2016 in seguito a un grave incidente avvenuto all'interno dello stabilimento. Per lui, come per gli altri, il movimento dei "gilet gialli"  è stato un mezzo per gridare pubblicamente e collettivamente la propria collera. Fermato con i suoi amici l'8 dicembre alle 7 del mattino in un parcheggio, lontano dalla Parigi occidentale dove avrebbe dovuto tenersi la manifestazione, è stato trovato in possesso di indumenti protettivi (in particolare un casco e una protezione per il torso che usa abitualmente per fare del motocross) e di un bastone rinvenuto all'interno dell'auto. Tutti e cinque hanno passato il fine settimana in cella.



Più collera contro gli abusi


I suoi quattro amici sono stati rilasciati senza conseguenze, mentre lui è comparso in tribunale da solo e si è beccato sei mesi di prigione con la condizionale, sebbene il reato di riunione implichi un'intenzione collettiva. Non volendo rivivere l'esperienza traumatica di apparire davanti ai giudici, ha deciso di non ricorrere in appello. Anche se non gli è stato vietato di manifestare, ormai si rifiuta di marciare per paura di essere arrestato di nuovo e solo occasionalmente si reca sulle rotonde vicino casa.

E' ancora troppo presto per conoscere le statistiche sulle condanne dei "gilet gialli".  Tuttavia, sembrerebbe che le pene comminate a Parigi siano sempre più pesanti.  I giudici non esitano più a infliggere pene detentive e, ormai in modo quasi sistematico, divieti di recarsi nella capitale per diversi anni ai molti arrestati provenienti da fuori città. Allo squilibrio sociale  -  magistrati che giudicano operai, impiegati o disoccupati  -  si aggiunge la segregazione geografica. Non è raro sentire un procuratore che in aula rimprovera dei "gilet gialli" di non aver manifestato nella loro città. Questa violenza simbolica  implicitamente nega loro il diritto di unirsi a una marcia organizzata nella capitale.


Queste condanne ottenute grazie all''uso estensivo del reato di riunione, in violazione del principio della stretta interpretazione della legge penale, svolgono  de facto un ruolo di mantenimento dell'ordine, affiancandosi alle violenze della polizia con lo scopo di stroncare la mobilitazione e impedire l'esercizio di diritti fondamentali. Ma se la polizia e i tribunali spaventano, i loro abusi fanno anche crescere la collera e la determinazione di questi nuovi manifestanti.


"Castaner mente, afferma Barbet gettando uno sguardo al suo piede ancora dolorante. Io, che sono stato tra i primi a essere ferito, ho creato una pagina Facebook gestita esclusivamente da persone che hanno subito lesioni (9) e sto cercando di raccogliere le testimonianze delle vittime".  Il suo incidente o, a seconda del punto di vista, la sua aggressione, l'ha spinto a impegnarsi personalmente contro le violenze della polizia. E se dal 24 novembre non può più manifestare, spera di poter andare a Parigi appena possibile in una prossima manifestazione dei "gilet gialli" feriti, che lui stesso ha contribuito a organizzare".  

 -Raphael Kempf

*Avvocato presso il foro di Parigi, difensore di molti "gilet gialli"
**Questo articolo è apparso su @LeMonde-Diplomatique, Febbraio 2019 


Note

(1) David Dufresne, Maintien de l'ordre. Enquete, Fayard, coll. "Pluriel", Parigi 2013 (prima edizione 2007).

(2) Olivier Fillieule e Fabien Jobard, "Un splendide isolement. Les politiques françaises du mantien de l'ordre", La Vie des idées, 24 maggio 2016, http://laviedesidees.fr.

(3) "Le maintien de l'ordre au regard des règles de déontologie", rapporto del difensore dei diritti, Parigi, dicembre 2017.

(4) "Rapport relatif à l'emploi des munitions en opérations de maintien de l'ordre", ispezione generale della polizia nazionale (Igpn) e ispezione generale della gendarmeria nazionale (Iggn), ministero degli interni, Parigi, novembre 2013.

(5) Sentenza n° 17NT00411 concernente Pierre Douillard-Lefevre, autore di L'Arme à l'oeil. Violences d'Etat et militarisation de la police, Le Bord de l'eau, Lormont 2016.

(6) Articolo 222-14-2 del codice penale.

(7) Circolare del 20 settembre 2016 relativa alla lotta contro le infrazioni commesse in occasionbe di manifestazioni e altri movimenti collettivi, Légifrance, http://circulaires.legifrance.gouv.fr.

(8) Circolare del 22 novembre 2018 relativa al trattamento giudiziario delle infrazioni commesse in relazione al movimento di contestazione detto "dei gilet gialli", Légifrance, http://circulaires.legifrance.gouv.fr.

(9) www.facebook.com/FranceBlesseeGJ

(Fonte.:monde-diplomatique)
Bob Fabiani
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-www.monde-diplomatique.fr;
-https://dauduf.net/giletsjaunes-e 






   

      

mercoledì 20 febbraio 2019

Esce ufficialmente il mio Romanzo 'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO'





E' arrivato finalmente il momento.

Ora c'è la data ufficiale con la quale si potrà reperire il mio Primo 'Romanzo Africano' : #11Marzo2019 sul sito : ilmiolibro.it.

(Fonte.:bobfabiani)
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-https://www.facebook.com/bobfabiani10/ 

martedì 19 febbraio 2019

Walter Rodney, lo storico radicale del "sottosviluppo" dell'Africa











Famoso nelle Università dell'Africa Orientale, Walter Rodney, attivista e storico della #Guyana scomparso nel 1980, rimane del tutto assente dalle biblioteche francesi (e non solo se pensiamo a quelle italiane n.d.t) : ora però il gap è finalmente ricucito dopo la biografia dedicata a questo pensatore, compagno di molti capi di stato, intellettuali africani; apparsa, a metà dello scorso anno, il 2018.





Walter Rodney, intellettuale della Guyana, autore del classico "Come l'Europa ha sottosviluppato l'Africa" rimane sconosciuto ai più, compreso il mondo francofono mentre, miglior sorte, hanno avuto i suoi testi in inglese.

Nel maggio scorso, ha destato molto interesse il volume intitolato : "Walter Rodney, A engaged Historian (1942-1980)"; il volume pubblicato da Presemce Africaine, colma un vuoto importante, trattandosi della prima biografia in francese.

E' stata scritta da Amzat Boukari-Yabara, autore del #Benin, noto per il suo fondamentale libro "Africa Unite! Una storia di panafricanismo".






-Distruzione dei mercati africani


Il lavoro di Rodney, che era al tempo stesso politico in Guyana - fu assassinato nel 1980 per aver sostenuto l'opposizione guyana contro la dittatura -  compagno e osservatore critico del Movimento Rasta, e storico della tratta e la colonizzazione, è un personaggio difficile da inquadrare e riassumere in poche righe. Tuttavia,  tutto il lavoro di Rodney si concentrava su un tema : come gli africani "hanno partecipato sotto la costrizione della schiavitù e della colonizzazione nella costruzione di un mondo contemporaneo unipolare".

Una storia della Costa della Guinea Superiore, 1540-1800, uno dei suoi primi lavori di ricerca, pubblicato nel 1970 alla Oxford University Press, si concentrava principalmente sul commercio in Africa Occidentale tra il XVI e il XIX secolo.

L'interesse di Rodney si concentra sugli sconvolgimenti strutturali, sopratutto economici, vissuti dal Continente africano. Insiste su un punto fondamentale : "il Capitalismo europeo crea uno squilibrio di potere che gli è favorevole dal XVI secolo".

In un capitolo della famosa "Storia generale dell'Africa dell'Unesco", descrive, per esempio, la disorganizzazione dei mercati africani dal tempo della tratta degli schiavi "spostando il centro di gravità commerciale dalla zona del Sahel sulla costa dell'atlantico".




"La creazione della Sierra Leone Company segnala la volontà degli inglesi di sostituire il commercio degli schiavi con un modello di insediamento più redditizio"
( Walter Rodney)





Il grande intellettuale e attivista africano, ha studiato lungamente tutte le forme di dominio occidentale sull'Africa. Egli sottolinea che già a partire dal XVII secolo "la creazione della Sierra Leone segna il desiderio degli inglesi di sostituire il commercio degli schiavi con un modello di colonizzazione più redditizio, basato in particolare sui prodotti agricoli".

Con la colonizzazione, si stabilisce una situazione che risuona nella realtà : la crescita realizzata in molti territori non ha alcun collegamento con il loro reale sviluppo,, denuncia a più riprese, Rodney.






-Teoria della dipendenza


Walter Rodney in compagnia e al fianco di intellettuali come l'insegnante franco-egiziano ma di stanza a Dakar (Senegal), Samir Amin, spiega la "terapia della dipendenza", in quanto proprio a partire da questa situazione "i paesi sviluppati non sono mai stati, nel corso della loro storia, sottosviluppati". D'altra parte, le colonie furono integrate nell'economia mondiale dalla disintegrazione della loro stessa economia".

Rodney, non si limita a denunciare questo ma attacca anche la "divisione del lavoro, decisa dal nord", affermando che "crea un'interdipendenza che significa che nessuno dei paesi è abbastanza forte da essere in grado di assicurare la piena realizzazione di un prodotto ad alto valore quando i paesi emergenti sono in grado di assumere intere catene di produzione, la creazione di zone franche, delocalizzazione e redistribuzione introducono la concorrenza tra di loro e trasformano le economie stagnanti in prede per i paesi emergenti".


-L'hub rivoluzionario di Dar Es Salaam


Le domande che si pone Rodney, non sono teoriche. E' coinvolto, in particolare in Tanzania.
Il periodo "tanzaniano" della sua vita è una fase particolarmente stimolante della sua biografia. Rimase a Dar Es Salaam nel 1969, che l'intellettuale kenyota, Ngugi Wa Thiong'o considerava "il centro intellettuale dell'Africa". Lì, frequenta organizzazioni studentesche tra cui, il futuro presidente ugandese, Yoweri Museveni e pensatori come il sociologo Giovanni Arrighi.

Rodney, difende lo sviluppo socialista, sposato anche dal presidente della Tanzania, Julius Nyerere e, in contrapposizione e contro il kenyano, Ali Mazrui, su posizioni più conservatrici e favorevole a l'opzione economica liberale. Proprio con quest'ultimo, Rodney solleva la questione dell'integrazione economica regionale. Per lui, "suppone un'adesione allo stesso modello ideologico tra le economie nazionali dei paesi vicini".

Ma lo storico osserva : la configurazione coloniale britannica, che attribuiva a Nairobi e Dar Es Salaam ruoli economici molto diversi, influenzò il loro futuro post-indipendenza.
Tuttavia, Nairobi è più liberale, a causa di una vecchia vicinanza commerciale con Londra.

In questi dibattiti agitati, in cui partecipano personalità come il leader del Ghana, Kwame Nkrumah, Rodney è colui che porta la profondità storica.


"Ha sviluppato il principio che, come intellettuale, dovrebbe attingere all'esperienza delle masse per porre i problemi prioritari"
(Walter Rodney)


Nel 1974, riprende la strada della Guinea.

Lo stesso anno, Nyerere ospita il Congresso panafricano a Dar Es Salaam. Il leader tanzaniano respinge le agende politiche delle opposizioni caraibiche.
L'intellettuale e militante CLR James decide di boicottare l'evento. Rodney lo segue nella sua scelta, prima di tornare in Guinea. Il suo attivismo gli costerà la vita. La sua ultima eredità, secondo il ritratto autobiografico che ne emerge dallo scritto di Boukari -Yabara, è di offrire un modello di intellettuale che mischia il suo pensiero sul campo. Lo scrittore del Benin, alla fine dell'impresa della biografia scritta di Rodney, si è infine convinto che il classico "Come l'Europa ha sottosviluppato l'Africa" scritto e pubblicato da Walter Rodney nel 1975, fosse venduto a prezzi modici per volere dello stesso autore; e tradotto in Kiswahili.

In Tanzania, ha anche insegnato agli agricoltori, "sviluppando il principio che, come intellettuale, dovrebbe attingere all'esperienza delle masse per porre i problemi prioritari". 

Anche per questa ragione la figura rivoluzionaria di Walter Rodney costituisce una specificità e un eccellenza senza eguali nel panorama non solo del Panafricanismo ma, sopratutto, nel tracciare quella fusione, quell'unità di intenti tra intellettualismo e attivismo, tra ribellione e rivoluzione trattto caratterizzante della cosiddetta "via al socialismo in Africa", una storia pressoché inedita in quell'occidente che, a torto, si sente sempre l'unico depositario della civiltà e della cultura.

Walter Rodney era nato a Georgetown, il 23 marzo 1942 : morì il 13 giugno 1980.

(Fonte.:joburgpost;jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.joburgpost.co.za;
-www.jeuneafrique.com/culture   


  

lunedì 18 febbraio 2019

FOTO DEL GIORNO - Il "Green New Deal" di #AlexandriaOcasioCortez







In questi anni in cui gli USA hanno conosciuto l'era del #Trumpismo - dal nome del presidente americano Trump, il 45esimo della storia degli Stati Uniti, nelle elezioni di metà mandato - ossia quelle elzioni che "cadono esattamente a due anni dall'inizio delle amministrazioni americane" - l'America sta conoscendo nuovi volti di politici che hanno, in un attimo, ribaltato la narrazione di questi anni complicati.

Una di queste è Alexandria Ocasio-Cortez


Oggi, AfricaLand Storie e Culture africane nella sessione FOTO DEL GIORNO riporta l'idea della giovane progressista, rivoluzionaria, donna Dem sull'idea di un #GreenNewDeal.

"Tassare i super ricchi per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici.
 Introdurre un balzello del 70% su chi guadagna più di 10 milioni di dollari
 l'anno per investire in un piano che preveda il divieto dell'uso di combustibili fossili entro il 2030".

(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/blogsession/foto-del-giorno 
     

domenica 17 febbraio 2019

Quel canto di #Mahmood tra #BlackMusic, armonie arabe e periferie italiane





La nuova sessione di questo #Blog non poteva che iniziare il suo percorso da #Mahmood, il trionfatore di #Sanremo69 : crediamo che la storia umana e artistica di questo artista sia la "sintesi perfetta" per le storie che vogliamo raccontare in questa sezione di Africaland Storie e Culture africane.

Non è un caso del resto se, l'abbiamo voluta chiamare #Afroitalian.





Racconteremo di volta in volta una storia umana e professionale di Afroitalian che silenziosamente ma costantemente stanno cambiando un paese come l'Italia forse, nel momento in cui balzano alle cronache rigurgiti e venti di nuovo odio razziale, in un contesto dove il razzismo sembra prevalere, non solo sull'accoglienza verso i nuovi arrivati ma, anche e sopratutto verso quei cittadini migranti e, ancor di più verso i bambini migranti oppure, nei confronti di ragazzi e ragazze che sono Italiani in tutto e per tutto (come appunto il protagonista di questa prima pubblicazione); questo #Blog vuole provare a veicolare un altro messaggio, un'altra rappresentazione della realtà sociale italiana che, non deve per forza fare il paio con il vento reazionario dei nuovi egoismi di cui si nutrono questi vecchi-nuovi leader suprematisti bianchi e sovranisti che vorrebbero tirarci tutti per la giacca e, farci precipitare in un tunnel senza ritorno dove, a contare sono solo i soldi (non certo quelli di cui si parla nella canzone vincente della 69esima edizione del Festival di Sanremo e della Canzone italiana n.d.r), i ricchi e tutti coloro che credono (ma si illudono) di poter riportare le lancette dell'orologio della Civiltà indietro di secoli e di milenni.





AfricaLand Storie e Culture africane con la storia dedicata a Mahmood inaugura le pubblicazioni di questa sessione e augura a tutti i"lettori virtuali", buna lettura.



-Mahmood, quel canto giovane con echi di note millenarie e lontane


Una settimana dopo la "sbornia festivaliera" non accennano a diinuire le polemiche sulla vittoria al 69esimo Festival della Canzone italiana da parte di un artista, un giovane cantante con un nome che rimanda ad altri mondi, altre sonorità, altre storie: Mahmood  (il cognome) Alessandro (il nome), italianissimo (è nato a Milano, quartiere Basmetto, all'estrema periferia Sud della città meneghina n.d.t).

Eppure quella che è andata in scena all'Ariston (il famoso palco dove va in scena appunto, da 69 anni la "sbornia festivaliera italiana"), dal palco del tutto particolare dove, non sempre, è possibile compiere una rivoluzione epocale come invece, è riuscita a Mahmood.





Il nome d'arte 'Mahmood' è un gioco di parole tra il suo cognome Mahmood e l'espressione inglese "my mood" (il mio stato d'animo) che rappresenta in tutto e per tutto il suo progetto artistico di portare la sua storia personale e quindi, di conseguenza anche il suo stato d'animo all'interno delle canzoni scritte (anche con altri collaboratori come nel caso di "Soldi" la canzone trionfatrice alla kermesse festivaliera 2019 n.d.t).






E partendo da questo "punto zero" del background artistico e personale di Alessandro Mahmood, in arte Mahmood, è apparso subito chiaro, fin dal primo ascolto che siamo di fronte a uno straordinario talento, capace di unire il Soul (quello di matrice afroamericana n.d.t) e l'r'n'b ma è a questo punto sonoro che avviene quell'alchemia - che i più hanno scoperto nelle cinque serate festivaliere - quell'incontro, del tutto misterioso con le sonorità più vicine al pop moderno, inserito nel tessuto del miglior "cantautorato italiano".

Come è possibile tutto questo?

La risposta la si deve ricercare in quella "storia personale" dell'artista (di papà egiziano e mamma sarda n.d.t). Ecco le parole di Mahmood che spiegano in modo semplice ciò che di misterioso e affiscinante avviene all'interno delle sue "storie sonore".

"Nasco da madre sarda e padre egiziano e sono cresciuto con la musica che papà mi faceva ascoltare in macchina, mentre con mamma cantavamo le canzoni di Battisti e De Gregori".

A pensarci bene quell'affascinante "fusione" che avviene (in modo assolutamente naturale, senza forzature) nella musica di questo nuovo artista, lo si deve da questo incontro apparentemente lontano, questo sfiorarsi di culture, storie, tappeti sonori.

E' il meticciato a rendere unico Mahmood 






-Mahmood e la sua mucica

L'artista dopo il trionfo sanrmese ha dovuto rispondere sostanzialmente a due domande che possiamo riassumere pressapoco così: che musica fai? Quale messaggio volevi veicolare con "Soldi"?

Ecco le sue risposte

"Quando mi chiedono che genere faccio rispondo 'Marocco-pop' basti pensare a 'Gioventù bruciata' per esempio, dove il synth iniziale è la mia voce lavorata come fosse il canto di muezzin", spiega l'artista che poi spiega a proposito di 'Soldi' .

"Non volevo lanciare nessun tipo di messaggio politico, ma mi piacerebbe che qualcuno, che ha un vissuto simile al mio, si ritrovasse".

All'interno della canzone vincitrice di #Sanremo69 c'è un parte, una strofa del testo in lingua araba, Mahmood racconta "Significano 'Figlio mio, amore, vieni qua' ..., sono un mio ricordo, per marchiare ancora di più il mio passato".   



 L'album di inediti, intitolato "Gioventù bruciata" (come l'EP precedente che aveva già fatto veicolare il suo nome come quello di un talento di sicuro avvenire), in un primo momento doveva uscire a marzo ma, invece, sarà pubblicato il prossimo 22 febbraio: balza agli occhi che Mahmood uscirà sul mercato con una casa discografica storica, la Island Records ossia, la stessa che aveva messo sotto contratto un certo Bob Marley e il suo storico gruppo degli Wailers.

Ovviamente non vogliamo fare paragoni, sarebbe in qualche modo fuori luogo ma, il fatto che questo artista sia sotto contratto con una major di questo calibro, è un altro tassello a certificare che Mahmood sia un artista di livello.

A proposito del titolo dell'album dice: "Volevo che ci fosse un forte riferimento al film. Sopratutto la scena dove James Dean si appoggia la bottiglia di latte al viso dopo aver fatto a pugni? Volevo riproporre quel gesto ma sulla foto di copertina rovescio il latte, a significare che la mia gioventù, in confronto a quelle del passato, non ha neanche più voglia di fare a pugni".

-Collaborazioni

In conclusione di questo viaggio nel mondo di Mahmood vogliamo riassumere le collaborazioni di questo artista.

Luna (con Fabri Fibra)

Presi male (con Micheli Bravi)

Doppio whisky (con Gué Pequeno)

(Fonte.:thetimeinmusic)
Bob Fabiani
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-www.mahmood.it;
-www.thetimeinmusic.com

    

sabato 16 febbraio 2019

Nigeria, rinviate di una settimana le elezioni presidenziali 2019







Colpo di scena all'ultimo istante, hanno portato in Nigeria, al rinvio dell'appuntamento elettorale.
Le elezioni presidenziali e legislative 2019 si sarebbero dovute svolgere oggi #16F ma, la Commissione Elettorale Indipendente Nazionale (INEC), ieri sera, ha annunciato che il "rinvio era necessario visto che le schede elettorali non erano pronte in tutta la Nigeria".

Questa decisione ha scatenato un ginepraio di polemiche e accuse tra opposizione e presidente uscente (in corsa per essere rieletto per un secondo mandato) Buhari che, si sono rimpallati accuse di corruzione e brogli vari elettorali.






Dal canto suo l'INEC nella notte tra venerdì e sabato, dopo l'impazzare di voci che alludevano al "rinvio" - rilanciate sui social network - ha precisato quanto segue in una conferenza stampa affollata :  "Il posticipo è stato deciso per garantire lo svolgimento di elezione libere, eque e credibili. Organizzare il ballottaggio come concordato non era possibile", chiosa il presidente INEC Mahmood Yakubu, citando dunque problemi logistici, ma senza entrare nel merito del rinvio.

Eppure, la stessa INEC, per tutta la durata di questa settimana, l'ultima della campagna elettorale, aveva garantito a più riprese che il votonon sarebbe stato rinviato, nonostante il grave incendio doloso che ha madato, letteralmente in fumo tre dei suoi centri e quindi, in molti Stati non sono potute arrivare le schede elettorale indispensabili per il corretto svolgimento dell'appuntamento elettorale.

I nigeriani non hanno accolto con favore questo rinvio: per tutto il giorno sui social network è divampata precisa, circostanziata, diretta: secondo gli elettori quello che è accaduto deve essere denunciato come un "colpo di stato elettorale".
Anche i candidati alla corsa presidenziale (in tutto 73 n.d.t) hanno espresso tutto il loro disappunto, sposando la stessa identica denuncia degli elettori.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

In memoria di #MoussaBa - FOTO DEL GIORNO






#EStatoMortoUnRagazzo  : troppe volte è accaduto. Troppe per poter far finta di nulla. Troppi morti, troppe vite spezzate in modo atroce lì, a #SanFerdinando. Terra di #Calabria e di Sud.

AfricaLand Storie e Culture africane rende omaggio a #MoussaBa #MigranteSenegalese : a lui vogliamo dedicare questa foto che ritrae la bandiera del #Senegal racchiusa in un grande cuore, quello del suo paese e dell'#Africa.



Questo cuore che oggi ci tiene tutti stretti nel dolore deve essere lo stimolo affinché la morte di #MoussaBa e di tutti i fratelli africani che hanno incontrato la morte disumana in quella #baraccopoli - indegna di un paese civile quale pensa di essere l'Italia - non sia stata vana.

Come può questo paese, come possono le istituzioni della Repubblica italiana permettere che si possa vivere tra quelle baracche in legno dove, in modo assoluto non esiste la benché minima parvenza di igiene ma anche del rispetto dei diritti umani? Ma sopratutto come è possibile tenere in balia di caporali e cosche mafiose questi #MigrantiBraccianti senza che nessuno possa intervenire in loro tutela per liberarli dalla schiavitù?

Perdonaci, fratello senegalese, Rest In Power.

(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com/foto-del-giorno