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martedì 31 dicembre 2019

#Buon2020, Africa! (E a tutti i lettori)













E un altro anno è passato, ancora poche ore e sarà il 2020 : AfricaLand Storie e Culture africane desidera augurare i più sinceri auguri di buon anno e felice anno nuovo dando appuntamento a mercoledì 1 gennaio 2020. 
(Fonte.:africalandilmionuovoblog)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com

lunedì 30 dicembre 2019

1619, 400 Anni dopo l'inizio della schiavitù in America. Pt.5








Quinta e ultima pubblicazione di AfricaLand Storie e Culture africane dedicato al "tema della schiavitù" negli USA.

Sono passati ben 400 anni da quando, negli Stati Uniti, hanno fatto la loro comparsa i primi schiavi che arrivavano dall'Africa : sono stati i neri, con le loro battaglie per l'uguaglianza e per i diritti universali, a difendere gli ideali della costituzione statunitense e a trasformare il paese in una vera democrazia.

Il reportage, di cui oggi pubblichiamo la e ultima parte è la summa di un lungo articolo, di uno speciale pubblicato dal New York Times Magazine sull'eredità della schiavitù negli Stati Uniti. Il titolo scelto è 1619, l'anno in cui i primi schiavi africani furono comprati dai coloni britannici della Virginia, in Nordamerica.
(Bob Fabiani)



Un unico popolo*











"Nella maggior parte dei casi i neri combattevano da soli. Ma non combattevano mai solo per se stessi. Le sanguinose lotte per la libertà del movimento per i diritti civili dei neri gettarono le basi di tutte le altre lotte per i diritti cvili dell'era moderna. I fondatori bianchi degli Stati Uniti avevano stilato una costituzione non democratica che emarginava le donne, i nativi americani e i neri, e non avevano garantito il voto e l'uguaglianza a tutti gli americani.
Le leggi nate della resistenza dei neri hanno invece liberato tutti e vietato qualsiasi discriminazione basata non solo sul colore della pelle ma anche sul sesso, sulla nazionalità, sulla religione e sulle abilità.
E' stato il movimento per i diritti civili, nel 1965, a portare all'approvazione dell'Immigration and nationality act, che modificò il sistema pensato per mantenere bianco il paese. Grazie agli americani neri, oggi gli immigrati di ogni colore provenienti da tutto il mondo possono entrare negli Stati Uniti e vivere in un paese dove le discriminazioni non sono consentite dalla legge.

Nessuno apprezza la libertà più di chi non l'ha avuta. E ancora oggi gli americani neri abbracciano gli idedali democratici del bene comune più di qualsiasi altro segmento della popolazione. Secondo i sondaggi, i neri sono i più favorevoli all'assistenza sanitaria per tutti e all'aumento del salario minimo, e sono i più contrari alle misure che danneggiano i più deboli. Un esempio : i neri sono i più colpiti dai crimini violenti, ma sono contrari alla pena di morte; il tasso di disoccupazione tra i neri è quasi il doppio rispetto a quello dei bianchi, ma i neri sono i più favorevoli ad accogliere i rifugiati.

La verotà è che tutta la democrazia di cui il paese gode è il frutto della resistenza dei neri. Probabilmente i nostri padri fondatori non credevano veramente negli ideali che avevano sposato, ma i neri sì.
Per dirla con il sociologo Joe R. Feagin : "Gli schiavi afroamericani sono stati i più grandi combattenti per la libertà che questo paese abbia mai prodotto". Per generazioni, noi neri abbiamo dato a questo paese una fiducia che non meritava. Abbiamo visto il peggio dell'America, eppure ancora crediamo nella sua parte migliore.


Il potere dei nomi


Si dice che il nostro popolo sia nato sull'acqua.

Nessuno sa per certo quando è successo. Forse è stato durante la seconda settimana, o la terza, ma sicuramente prima della quarta, quando quegli uomini e quelle donne non vedevano la loro terra né nessun'altra terra da così tanti giorni da aver perso il conto. E' stato dopo che la paura si era trasformata in disperazione, la disperazione in rassegnazione e la rassegnazione in profonda comprensione.
L'azzurra infinità dell'oceano Atlantico li aveva separati così completamente da quella che un tempo era stata la loro casa che era come se nulla fosse mai esistito prima, come se tutte le cose e le persone che amavano fossero semplicemente sparite dall'universo. Non erano più mbundu, akan o fulani. Quegli uomini e quelle donne di tanti paesi diversi, tutti incatenati insieme nella soffocante chiglia della nave, erano diventati un unico popolo.
Solo qualche mese prima avevano famiglie, fattorie, vite e sogni. Erano liberi.
Avevano anche un nome, naturalmente, ma i loro padroni non si erano presi la briga di registrarlo. Erano stati resi neri dalle persone che credevano di essere bianche.
Nel posto dove erano diretti, nero equivaleva a "schiavo" e lo schiavismo richiedeva che degli esseri umani fossero trasformati in proprietà, privati di qualsiasi elemento di individualità. Questo processo si chiamava seasoning : le persone portate via dall'Africa occidentale e centrale erano costrette, spesso con la tortura, a smettere di parlare la loro lingua madre e di praticare la loro religione d'origine.
Per quanto i bianchi fingessero di crederlo, i neri non erano oggetti. E perciò quel processo di adattamento forzato, invece di cancellare la loro identità, otteneva l'effetto contrario. Nel vuoto, abbiamo creato una nuova cultura tutta nostra.
Oggi anche il nostro modo di parlare ricorda le lingue creole inventate dagli schiavi per poter comunicare sia con gli africani che parlavano vari dialetti sia con gli inglesi che li avevano schiavizzati. Il nostro modo di vestire, quel pizzico di stile in più, nasce dal desiderio degli schiavi, privati di qualsiasi individualità, di affermare la propria identità. Oggi le nostre pettinature e la nostra moda all'avanguardia sono la conseguenza della volontà degli schiavi di sentirsi pienamente umani esprimendo se stessi.
L'improvvisazione tipica dell'arte e della musica nere nasce da una cultura che, sentendosi esclusa, non poteva aggrapparsi alle convenzioni. Perfino i nostri nomi, spesso contestati, sono atti di resistenza. I nostri cognomi appartengono ai bianchi che un tempo ci possedevano. Questo è il motivo per cui tanti americani neri, sopratutto i più emarginati, continuano a dare ai loro figli nomi di fantasia che non vengono né dall'Europa né dall'Africa, dove non siamo mai stati. Anche questo è un atto di autodeterminazione. Quando il mondo ascolta la tipica musica americana, sente la nostra voce. I tristi canti che intonavamo nei campi per lenire il nostro dolore fisico e sperare in una libertà che non ci aspettavamo di conoscere prima della morte sono diventati il gospel americano. Tra la violenza devastante e la povertà del delta del Mississippi abbiamo dato vita il jazz e il blues. Ed è stato nei quartieri impoveriti dove erano costretti a vivere i discendenti degli schiavi che adolescenti troppo poveri per comprarsi uno strumento hanno cominciato a usare vecchi dischi per creare la nuova musica chiamata hip-hop.
Il nostro modo di parlare e di vestire e il suono della nostra musica evocano l'Africa ma non sono africani. Nel nostro isolamento unico, sia dalle nostre culture d'origine sia dall'America bianca, abbiamo creato la cultura più originale e significativa di questo paese. Da parte sua, la società "dominante" ha invidiato il nostro stile, il nostro slang, la nostra musica, e ha cercato di appropriarsi dell'unica vera cultura americana. Come scriveva Langston Hughes nel 1926 : "Vedranno quanto sono bello / e si vergogneranno / anch'io sono l'America".


Su queste terre


Per secoli  gli americani bianchi hanno cercato di risolvere "il problema dei neri", dedicando migliaia di pagine a questa impresa. Succede ancora oggi che si parli del tasso di povertà dei neri, delle gravidanze fuori dal matrimonio, della criminalità e del basso numero di neri iscritti all'università, come se in un paese costruito su un sistema di caste questi fenomeni non fossero prevedibili. Ma non si possono leggere queste statistiche senza tener conto di un altro dato : negli Stati Uniti i neri sono stati schiavi più a lungo di quanto non siano stati liberi.

Ho 43 anni e faccio parte della prima generazione di neri americani nata quando gli afroamericani avevano già tutti i diritti di cittadinanza. Abbiamo sofferto per 250 anni, siamo giuridicamente "liberi" solo da cinquanta. Eppure, in questo breve periodo, nonostante le continue discriminazioni, e anche se non è mai stato fatto un vero tentativo di riparare ai torti subiti dagli schiavi e alle conseguenze della segregazione, i neri hanno fatto progressi sorprendenti, non solo per se stessi ma per tutti gli americani.
E se finalmente, dopo quattrocento anni, l'America capisse che noi non siamo mai stati il problema ma la soluzione?
Quando ero bambina, credo fossi in quinta elementare, un'insegnante ci assegnò un compito che serviva a esaltare la diversità del grande crogiolo americano.
Ci chiese di scrivere un breve testo sulla terra dei nostri antenati e poi disegnarne la bandiera. Mentre si girava per scrivere le istruzioni alla lavagna, io e l'altra bambina nera della classe ci guardammo. La schiavitù aveva cancellato qualsiasi legame avessimo mai avuto con un paese africano, e anche se avessimo cercato di reclamare come nostro l'intero continente, non esisteva nessuna bandiera "africana". Era già abbastanza difficile essere una delle due alunne nere della classe, e questo compito non avrebbe fatto altro che ricordarci la distanza tra noi e i bambini bianchi. Alla fine mi avvicinai al mappamondo che era accanto alla cattedra, scelsi un paese africano a caso e decisi che era il mio.
Ora vorrei poter tornare da quella bambina che ero per dirle che i suoi antenati avevano vissuto in America, su queste terre, e invitarla a disegnare con coraggio e orgoglio la bandiera a stelle e strisce.
Un tempo ci dicevano che, a causa della nostra schiavitù, non avremmo mai potuto essere americani : ma è proprio a causa di quella schiavitù che siamo diventati i più americani di tutti".

*Nikole Hannah-Jones è una giornalista d'inchiesta statunitense. Per il New York Times segue i temi che riguardano le discriminazioni razziali, in particolare nel sistema scolastico.
*Fine
(Fonte.:nytimes)
Bob Fabiani
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-www.nytimes.com



domenica 29 dicembre 2019

Strage di studenti a Mogadiscio - FOTO DEL GIORNO







Un drammatico attentato ha colpito ancora una volta #Mogasishu, nella giornata di ieri, 28 dicedmbre 2019. L'attentato è stato opera dei miliziani jihadisti di #AlShabaab quando, un kamikaze si è fatto esplodere con un camion-bomba.

E' stata la strage degli studenti dell'università Benadir che, al momento del drammatico scoppio della bomba, si trovavano a bordo di un bus investito in pieno dalla violenta deflagrazione della bomba assassina.

Il bilancio dell'ennesima strage è pesante : le autorità locali somale hanno aggiornato - in questi ultime ore e nel momento in cui scriviamo questo post - la triste 'conta dei decessi e dei feriti : 92 sono i civili che sono andati incontro all'atroce morte in un amaro sabato di fine anno somalo mentre i feriti sono almeno 120.

L'angolo di Mogadiscio scelto dai jihadisti di #AlShabaab è quello dell'Ex Control Junction, incrocio di strade del Sud della capitale della Somalia e arrivano fino in pieno centro di Mogadiscio.

Le dichiarazioni del presidente somalo

"Questi nemici della Somalia non hanno mai fatto nulla di positivo per il Paese", ha dichiarato il presidente Mohamed Abdullahi Farmajo e aggiunge : "Non hanno mai costruito una strada, un ospedale, una scuola. Quello che fanno, è solo uccidere. E i somali lo sanno bene".
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com/somalie

venerdì 27 dicembre 2019

Libia, la guerra dei droni (mentre truppe Haftar conquistano #AeroportoTripoli)








Mentre il mondo e l'occidente festeggiavano la ricorrenza del natale, in Libia, la guerra civile faceva segnare un'esalation preoccupante. In questi ultimi due giorni sul terreno è accaduto di tutto, in un quadro che vede il paese Nordafricano sempre più coinvolto in una guerra senza eslusione do colpi.

Ma che guerra è quella che si sta combattendo tra le strade di Tripoli e, nel resto della Libia?

In questo #reportage, AfricaLand Storie e Culture africane allarga lo sguardo oltre la cronaca - seppure sempre più drammatica - per cercare di analizzare le "caratteristiche del conflitto" che si sta combattendo in questa parte di Africa.

Un bilancio disastroso

Il quotidiano sudafricano @DailyMaverick ha raccontato le caratteristiche della guerra libica tracciando un bilancio (per forza di cose del tutto sommario) tra gli schieramenti in campo.

Più di mille bombardamenti - che hanno causato decine di centinaia di vittime civili - con i droni, attacchi informatici e propaganda sui social network.
La guerra in Libia - scrivono i reporter del Daily Maverick - mostra come saranno i conflitti del prossimo futuro.

La cronaca delle ultime 72 ore 






Prima di addentrarci sulle caratteristiche della guerra libica facciamo un riassunto su quanto sta avvenendo (e avvenuto negli ultimi giorni).

Fino a poche settimane fa, tutto coloro che si interessavano alla "Crisi in Libia", usavano la formula "guerra per procura", per descrivere le parti in campo che fanno capo a #Serraj e a #Haftar : ma questa formula, negli ultimi giorni appare del tutto superata.

Oggi ci troviamo davanti a uno scenario del tutto diverso : la "guerra per procura" (degli interessi che nulla hanno a che vedere con la Libia ma rimandano ad altri lidi sia in Africa sia in Europa n.d.t) si è trasformata in una "guerra globale".

La prima cosa che salta agli occhi è l'infuriare della guerra civile diventando "egemonia per il controllo del Mediterraneo". A rompere in qualche modo gli indugi ha provveduto la Turchia con il "Sultano del Bosforo" deciso a diventare sempre più protagonista nel conflitto libico.

Tra il 24 e il 25 dicembre, Erdogan non si è nascosto e ha rilanciato il "soccorso messo a disposizione di Serraj" nel tentativo di fermare l'offensiva di Haftar per far capitolare Tripoli e, cacciare, una volta per tutte il governo di unità nazionale non riconosciuto da nessuno in Libia.

Questo lo sfondo su cui ci si è mossi in queste cruciali, drammatiche ultime 72 ore. Tuttavia per capire meglio il complesso quadro del paese Nordafricano è conveniente soffermarci su tutti i protagonisti del conflitto : iniziamo dalla Turchia.

L'nvito di Serraj al "Sultano del Bosforo"

L'invio di soldati turchi in Libia a sostegno del Governo d'Accordo nazionale libico (Gna), sotto assedio da aprile da parte del generale della Cirenaica Haftar, ha ora una data certa. Lo ha rivelato lo stesso Erdogan, non più tardi di ieri 26 dicembre 2019 durante un incontro ad Ankara con i membri del suo partito (Akp).

"Siccome ora c'è un invito, noi lo accetteremo. Presenteremo una mozione per mandare lì le truppe non appena il Parlamento riprenderà i lavori", ha detto il leader islamista, che poi ha aggiunto : "Se Dio vuole, la bozza passerà in Parlamento l'8 o 9 gennaio".

Tuttavia non c'è la conferma di questa richiesta da parte di Serraj, richiesta, secondo quanto ha detto Erdogan, sarebbe stata formulata (e prevista) nel cosiddetto memorandum di sicurezza turco-libico siglato lo scorso 27 novembre.

Erdogan è deciso a entrare in guerra per fermare le milizie di Haftar ma, in realtà questa mossa apre scenari del tutto nuovi spingendo la Turchia verso l'egemonia del Mediterraneo (oltre naturalmente a gettare un occhio se non tutte e due sul petrolio libico n.d.t).


La risposta di Putin e della Russia

A stretto giro di posta, il 24 dicembre, è sceso in campo Putin impegnando la Russia a stoppare l'ingordigia del "Sultano del Bosforo". La Russia evidentemente si fa portavoce delle posizioni di altri paesi che si affacciano sul Mediterrano ossia, la Grecia, Malta e Cipro.

In quelle stesse ore Putin ha rivelato che : "Siamo in costante contatto con la Francia la Germania e la stessa Turchia", senza nemmeno nominare l'Italia.

Quale è la strategia di Putin?

Sostenere Haftar in chiave anti-Ankara e creare un'asse che va dall'Egitto alla Francia passando per l'Arabia Saudita in un pericoloso, irresponsabile allargamento del conflitto che però è la conseguenza dello scenario precedente, ossia, la "guerra per procura".

Le preoccupazioni degli USA

Gli Stati Uniti in queste ultime 72 ore hanno capito che non è possibile avere una posizione troppo defilita sulla "Crisi della Libia" e, in un comunicato della Casa Bianca l'amministrazione Trump fa sapere di "essere molto preoccupati" per l'escalation bellica.

L'annuncio di Haftar

La giornata di oggi rischia di essere il vero spartiacque di questa ennesima guerra civile in Libia. Nel tardo pomeriggio di oggi 27 dicembre 2019 Haftar e il suo esercito (LNA) annunciano il controllo del quartier generale di Stato Maggiore che si trova sull'Autostrada dell'Aeroporto di Tripoli.

Qualche ora più tardi interveniva il portavoce LNA : "Avanziamo decisi e le prossime ore saranno una grande 'sorpresa' siamo a 300m di distanza dai principali quartieri di Tripoli".


La reazione ONU

In tarda serata interviene anche l'ONU annunciando una missione dell'Unione Europea  - guidata dal ministro degli esteri italiano Di Maio - per il 7 gennaio 2020 con l'intento di porre fine all'escalation bellica.


La guerra dei droni

Il conflitto in corso in Libia è molto diverso da quelli combattuti finora nel paese, o nel resto del mondo. Flotte di droni a lungo raggio compiono bombardamenti continui e attacchi haker annunciano la caduta di governi, mentre sui social network la propaganda è incessante.

Da aprile l'Esercito nazionale libico (Enl), una coalizione di milizie dell'esr della Libia che fa capo al maresciallo Khalifa Haftar, è impegnato nelle operazioni per conquistare Tripoli. La capitale libica è controllata dal Governo di accordo nazionale (Gna), che ha il riconoscimento della comunità internazionale ed è sostenuto dalle milizie della Libia occidentale.

Il bilancio è di duemila miliziani e duecento civili uccisi.

Se a combattere e a morire sono i libici, a tirare le fila di questa guerra sono in ampia misura le potenze straniere. La Turchia e il Qatar sostengono il Gna di Fayez al Serraj, mentre gli Emirati Arabi Uniti, l'Egitto, la Russia e la Francia appoggiano Haftar. Gli alleati stranieri hanno offerto a entrambi gli schieramenti supporto diplomatico, equipaggiamenti, personale militare e mercenari. Ma tra i vari aspetti del conflitto libico, l'uso dei droni, gli attacchi informatici e la propaganda sui social network spiccano come elementi di novità che fanno intravedere quali saranno le caratteristiche dei conflitti armati nel prossimo futuro.

Da aprile i droni sono un pilastro del conflitto. Anche se erano già stati impiegati in precedenti occasioni, per esempio dalle milizie affiliate all'Eln nella battaglia del 2018 per la conquista della città di Derna, negli ultimi combattimenti il loro uso è diventato sistematico e determinante sul piano militare. Alla fine di novembre Ghassan Salamé, il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia, ha dichiarato che da aprile gli attacchi condotti da droni sono stati più di mille. Questi apparecchi sono usati per missioni di ricognizione, per colpire depositi di armi e aeroporti e per dare copertura aerea alle unità coinvolte negli scontri urbani.

Per la fornitura di droni il Gna e l'Enl possono contare sui loro alleati. Da maggio a ottobre la Turchia ha consegnato al Gna più di una decina di veivoli di Bayraktar Tb2, oltre alle unità di controllo da terra. Gli Emerati Arabi Uniti hanno fornito all'Enl i droni cinesi Wing Loong II.


Meno costosi degli aerei

I droni armati sono ovunque in  Libia e lo saranno nei campi di battaglia del futuro, sia perché possono compiere attacchi relativamente precisi sia perché sono più economici degli aerei da combattimento. Il prezzo di un Wing Loong II può andare da uno a due milioni di dollari. Il Bayraktar, più caro, costa poco meno di 6 milioni di dollari. Gli eserciti possono perciò comprarli e schierarli piu facilmente, oltre a rimpiazzare quelli abbattuti in combattimento. I droni del Gna sono stati fatti decollare e atterrare su strade, invece che su piste dedicate.

Anche gli attacchi informatici sono usati come armi del conflitto libico. L'incidente più
noto risale ad agosto, quando l'account Twitter del Gna è stato violato per pubblicare un messaggio in cui si dichiarava che il governo si era fatto da parte e aveva affidato la sicurezza all'Enl. In un altro caso, un hacker è riuscito a rubare informazioni da alcuni utenti di Facebook dopo aver creato una serie di pagine fasulle che parlavano delle attività della Turchia in Libia o che imitavano i siti di reclutamento dell'Enl. L'hacker in seguito ha pubblicato documenti segreti delle forze di Haftar e i dati dei passaporti di funzionari di Tripoli.

Come i droni, gli attacchi informatici possono essere usati per essere raggiungere obiettivi bellici. L'hackeraggio dell'account Twitter del Gna ha provocato giusto un po' di confusione nell'opinione pubblica libica, ma se teniamo conto di quanto sono diventati importanti i social network nella comunicazione dei governi appare sempre più concreto il rischio che un incidente simile in futuro possa causare danni gravi.

La guerra in Libia è stata accompagnata infine da campagne di propoganda e disinformazione a opera del Gna, dell'Enl e dei rispettivi alleati stranieri, che fanno di tutto per influenzare l'opinione pubblica a loro vontaggio. Basta ricordare che inizialmente l'offensiva di Haftar su Tripoli si è basata non solo sull'effettiva potenza militare, ma anche su una narrazione che sottolineava la forza dell'Enl e l'inevitabilità della sua vittoria finale. Da quando questa narrazione so è sgretolata di fronte ai fallimenti dell'Enl, la propaganda di entrambi i fronti cerca di ridefinire punti di vista e posizioni dell'opinione pubblica. Così sui social network si pubblicano post che annunciano la conquista di un territorio o l'inevitabile vittoria di uno schieramento, o che denunciano le violenze sui civili commesse dai rivali. Molta propaganda ha origine all'estero : negli ultimi mesi quasi un terzo dei contenuti in rete che parlavano di Haftar venivano dall'Arabia Saudita. Questi contenuti finiscono poi su Facebook e Twitter, che per molti libici sono diventati delle fonti primarie d'informazioni.

Ognuno di questi elementi - droni, attacchi informatici - è già stato usato in altri paesi negli ultimi vent'anni. Ma il caso della Libia è unico, perché sono stati impiegati tutti insieme in un conflitto combattuto in gran parte armati non statali. Per questo potrebbe aiutarci a capire le guerre del futuro, e come le potenze straniere possono intervenire per prevenirle e risolverle.

La Libia ha bisogno del sostegno internazionale per superare la situazione in cui si trova.
(Fonte.:dailymaverick)
Bob Fabiani
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-https://www.dailymaverick.co.za  


     

martedì 24 dicembre 2019

Disperazione in una corsia di un Pronto Soccorso italiano *






Memento per una Mamma nigeriana, di nome Alima







Scorrono lente le ore. Uguali a se stesse. Intorno volti distanti, ostili. Nessuno disposto a dire una parola di incoraggiamento.
Scorrono lente le ore.
Interno di un nosocomio italiano di provincia, sala del Pronto Soccorso, la mamma venuta da lontano, con il cuore in gola e il respiro affannato spera. Intimamente spera che avvenga il miracolo. E' in attesa che i medici di Sondrio sappiano fare iul miracolo, salvare la sua bimba di appena cinque mesi arrivata in 'Codice Rosso' e in debito di ossigeno.

Silenzio. Sguardi di soppiatto, comunque ostili la squadrano in lungo e in largo. Intorno asettiche colori dell'imminente arrivo del natale.

Scorrono lente le ore.

Alima, mamma venuta in Italia dalla lontana Africa, dal paese più grande e popoloso del continente nero, Alima arrivata a Sondrio dalla Nigeria con la speranza di un futuro diverso. Un futuro di una vita umana, lontano dalla disperazione del paese africano, un futuro legato alla povertà e alla fame.

Storie aftricane che nessunoi ha voglia di ascoltare e capire anche qui a Sondrio.

Scorrono lente le ore dell'attesa : poi, in un attimo tutto accade. E' il momento senza ritorno. Senza possibilità di poter scrivere un finale diverso; il momento supremo, senza appello. La porta che delimita la sala d'aspetto con l'interno del Pronto Soccorso dove i parenti dei malati non sono ammessi se non quando sono direttamente chiamati dai medici, per essere informati della salute dei loro cari.

Momenti confusi, viavai di barelle e di persdonale paramedico, interno spasmodico di una normale giornata di un qualsiasi Pronto Soccorso italiano, echi di pianti e urli inconsalobili di chi ha perso una persona cara.

Ma non a tutti è concesso di esprimere il proprio dolore, non alla mamma nigeriana quando il dottore la chiama e gli comunica che la sua bimba - di cinque mesi non ce l'ha fatta, non è stato possibile salvarla - non è più su questa terra.

Il cuore si ferma. Il cuore sanguina. Il dolore è immenso, lancinante. Un vuoto insormonmtabile si prende tutto e, il respiro di Alima si fa sconnesso, difficile.

Pianto inconsolabile di una mamma.

Tutto intorno diventa ancora più ostile e la mamma è sola con il suo dolore che nessuno ha voglia di condividere. Il suo pianto non è accettato.

Accade tutto in quei momenti dolorosi.

"Fatela tacere scimmia. Tanto ne sfornano uno all'anno".

Cattive si scagliano le voci del disonore di un nosocomio di provincia di un paese chiamato Italia.

La mamma, la donna d'Africa di nome Alima non regisce, lei sta pensando solo alla sua bimba di cinque mesi che non potra più rivedere. Alima stya pensando solo che non sentirà la sua bella voice di bimba d'Africa.

Voce di Mistura (il nome della sua bimba).

Ore dopo incredula ragiona su quello che ha sentito in quel Pronto Soccorso di Sondrio.

"Mistura era il regalo del cielo per essere riuscita a scappare dalla fame, una speranza di una vita umana".

Giornalisti del paese chiamato Italia la cercano per intervistarla : vogliono sapere cosa ha da dire sui dolorosi insulti razzisti che ha subito in quel nosocomio della provincia italiana.



"Se mentre mia figlia moriva qualcuno mi ha insultata perché sono nata in Nigeria, non ho nulla da dire".

                                                  ***


Si avvicinano le ore della festa, le ore del natale e quelle stesse persone che hanno insultato Alima sono tutte impegnate a imbandire la tavola del natale e magari, a mezzanotte andranno anche alla 'Messa di Natale' ... chissà se, in uno slancio di ritrovata umanità sapranno chiedere perdono per il loro gesto di gratuito razzismo.
*AfricaLand Storie e Culture africane con questo 'Racconto di Natale' augura i migliori auguri a tutti i lettori
(Fonte.:ansa)
Bob Fabiani
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-https://africalandilmionuovoblog.blogspot.com

 


domenica 22 dicembre 2019

Africa, addio al franco CFA lo sostituirà 'ECO'









Le polemiche dei mesi scorsi in Africa e in Europa - compresa l'Italia - sul CFA hanno prodotto una decisione drastica sulla vecchia moneta in circolazione nella cosiddetta "Françafrique".
Senza squilli di tromba arriva la notizia che, il franco CFA verrà mandato in soffitta dal prossimo luglio 2020.
La moneta simbolo del vecchio potere colonialista francese in Africa lascerà il posto a una nuova moneta unica che si chiamerà ECO.






Lo ha annunciato Alassane Ouattara, presidente della Costa d'Avorio in una conferenza congiunta ad Abidjan al fianco di Emmanuel Macron, dopo la visita del presidente francese nel paese africano.





A Parigi, l'Eliseo ha fatto sapere a BFM - TV che la fine del franco CFA metterà fine "a tutte le illazioni su questa moneta".

Sicuramente le metterà a tacere in Europa e nel resto dell'occidente ma, per quanto riguarda l'Africa e la cosiddetta "Françafrique" non cambierà nulla : una moneta simbolo del potere colonialista (vecchio) lascerà posto a una nuova.
(Fonte.:ansa;bmftv;jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.ansa.it/news/africa;
-www.bmftv.com;
-www.jeuneafrique.com 

sabato 21 dicembre 2019

1619, 400 Anni dopo l'inizio della schiavitù in America. Pt.4









Quarta pubblicazione di AfricaLand Storie e Culture africane dedicato al "tema della schiavitù" negli USA.

Sono passati ben 400 anni da quando, negli Stati Uniti, hanno fatto la loro comparsa i primi schiavi che arrivavano dall'Africa : sono stati i neri, con le loro battaglie per l'uguaglianza e per i diritti universali, a difendere gli ideali della costituzione statunitense e a trasformare il paese in una vera democrazia.

Il reportage, di cui oggi pubblichiamo la parte è la summa di un lungo articolo, di uno speciale pubblicato dal New York Times Magazine sull'eredità della schiavitù negli Stati Uniti. Il titolo scelto è 1619, l'anno in cui i primi schiavi africani furono comprati dai coloni britannici della Viriginia, in Nordamerica.
(Bob Fabiani)



Invenzione geniale*


"Prima della ricostruzione, nel sud del paese non esisteva una vera scuola pubblica. I bianchi ricchi mandavano i figli nelle scuole private, mentre i bambini bianchi di famiglia povera non potevano studiare. Ma i neri appena liberati, che fino a quel momento non avevano potuto imparare a leggere e a scrivere, avevano un disperato desiderio di istruzione. Perciò i politici neri riuscirono a far approvare leggi che crearono un sistema scolastico finanziato dallo stato e destinato a tutti, non solo ai loro figili. I deputati neri contribuirono anche all'approvazione delle prime leggi sull'istruzione obbligatoria nella regione. I bambini del sud, bianchi o neri che fossero, furono obbligati ad andare a scuola come i loro fratelli del nord.

Appena cinque anni dopo l'inizio della ricostruzione, tutti gli stati del sud avevano inserito nelle loro costituzioni il diritto all'istruzione pubblica per tutti i bambini.
In alcuni stati, come la Louisiana e la South Carolina, per un breve periodo un piccolo numero di bambini bianchi e neri andò a scuola insieme.

Negli anni immediatamente successivi all'abolizione della schiavitù, negli Stati Uniti ci fu la più grande espansione dei diritti umani e civili che il paese abbia mai vissuto. Nel 1865 il congresso approvò il tredicesimo emendamento, che faceva degli Stati Uniti uno degli ultimi paesi del continente a dichiarare fuorilegge la schiavitù. L'anno successivo, esercitando il loro nuovo potere, i neri spinsero i politici bianchi ad approvare il Civil rights act, la più importante legge sui diritti civili che il congresso abbia mai introdotto.
Stabiliva per la prima volta il diritto di cittadinanza per i neri americani, vietava le discriminazioni nell'affitto delle case e dava a tutti gli americani il diritto di acquistare ed ereditare beni, stipulare contratti e ricorrere ai tribunali se non erano rispettati.

Nel 1868 il congresso ratificò il quattordicesimo emendamento, che garantiva la cittadinanza a chiunque fosse nato negli Stati Uniti. Oggi, grazie a quel provvedimento, la costituzione garantisce automaticamente la cittadinanza e gli stessi diritti giuridici a tutti i bambini nati negli Stati Uniti da immigrati europei, asiatici, latinoamericani o mediorientali. Da allora quasi tutti gli altri gruppi emarginati hanno invocato quell'emendamento nelle loro lotte per la parità (per esempio nel dibattito alla corta suprema sui matrimoni tra persone dello stesso sesso). Infine, nel 1870 il congresso approvò il quindicesimo emendamento, che concedeva il diritto di voto a tutti gli uomini a prescindere da "razza, colore o o precedente condizione di servitù".

Durante il breve periodo della ricostruzione la maggioranza del congresso sembrò abbracciare l'idea che dalle ceneri della guerra civile potesse nascere la democrazia miltirazziale che gli americani neri avevano immaginato.

Ma non durò a lungo.

Il razzismo nei confronti dei neri scorre nel dna di questo paese, come la convinzione, ben espressa da Lincoln nell'ottocento, che i neri costituiscono un ostacolo all'unità nazionale. I bianchi del sud reagirono alle molte conquiste di quel periodo con una resistenza feroce : violenze inimmaginabili nei confronti degli ex schiavi, repressioni su vasta scala degli elettori, brogli elettorali e perfino, in alcuni casi estremi, il rovesciamento di governi democraticamente eletti. Si fronte a queste azioni, il governo federale decise che la causa del problema erano i neri, e che la soluzione migliore per preservare l'unità nazionale fosse lasciare che i bianchi del sud facessero quello che volevano.
Nel 1877, per raggiungere un compromesso con i democratici del sud che gli avrebbe garantito la vittoria in un'elezione contestata, il presidente Rutherford B. Hayes accettò di ritirare le truppe federali dal sud. Una volta andati via i soldati, i bianchi cominciarono subito a cancellare le conquiste della ricostruzione. La sistematica repressione dei neri fu così pesante che quel periodo, tra gli anni ottanta dell'ottocento e gli anni venti e trenta del novecento, fu chiamato il Grande nadir, o la seconda schiavitù. Al sud la democrazia non sarebbe tornata per quasi un secolo.

Mentre riportavano i neri in condizioni di quasi schiavitù, i bianchi dedl sud di tutte le classi sociali videro migliorare notevolmente le loro condizioni di vita, anche grazie alle leggi e alle politiche progressiste volute dai neri. Come ha detto una volta Waters McIntosh, ex schiavo e leader del movimento per i diritti civili : "Furono i bianchi poveri a essere liberati dalla guerra civile, non i neri".


Ritorno doloroso


I pini della Georgia scorrevano veloci fuori dai finestrini dell'autobus Greyhound che riportava Isaac Woodard a Winnsboro, in South Carolina. Dopo aver servito per quattro anni nell'esercito durante la seconda guerra mondiale, dove si era guadagnato una medaglia, era stato congedato con onore e stava tornando a casa per rivedere la moglie. Quando l'autobus si fermò davanti a un negozio a un'ora da Atlanta, Woodard ebbe una breve discussione con l'autista bianco a cui aveva chiesto se poteva andare in bagno. Circa mezz'ora dopo, l'autista si fermò di nuovo e gli disse di scendere dall'autobus. Quando scese, Woodard, che era ancora in uniforme, trovò la polizia ad aspettarlo. Prima che potesse parlare, uno degli agenti lo colpì alla testa con uno sfollagente, così forte da fargli perdere coscienza. I colpi erano stati talmente violenti che il giorno dopo, quando si svegliò in prigione, non vedeva più. Il pestaggio era avvenuto solo quattro ore e mezzo dopo il suo congedo. Woodard aveva 26 anni, e non avrebbe mai recuperato la vista.
La sua non era una storia insolita. Faceva parte dell'ondata di violenza contro i neri cominciata dopo la ricostruzione sia al nord sia al sud. Mentre lo spirito ugualitario del dopoguerra veniva cancellato dal desiderio di riunificazione nazionale, con la loro semplice esistenza i neri americani ricordavano al paese i suoi fallimenti. I bianchi reagirono a questo disagio creando un sistema di apartheid razziale imposto con la violenza che escludeva quasi completamente i neri dalla vita del paese, un sistema così grottesco che in seguito la Germania nazista ne avrebbe tratto ospirazione per le sue politiche razziste.

Nel 1896 la corte suprema affermò che la segregazione razziale dei neri non era incostituzionale, nonostante il quattordicesimo emendamento. Con la benedazione del più alto tribunale del paese e nessuna volontà da parte del governo federale di rivendicare i diritti dei neri, a partire dalla fine dell'ottocento gli stati del sud approvarono una serie di leggi e di decreti che rendevano permanente il sistema delle caste del periodo schiavista, negando ai neri i diritti politici, l'uguaglianza sociale e la più elementare dignità. Introdussero test di alfabetismo per impedire ai neri di votare e istituirono primarie per le elezioni a cui potevano partecipare solo i bianchi. In South Carolina le fabbriche tessili avevano porte separate per bianchi e neri. L'Oklahoma costrinse le società telefoniche a creare cabine separate. A Baltimora fu approvata un'ordinanza che vietava ai neri di trasferirsi in un isolato abitato per più della metà da bianchi e ai bianchi di trasferirsi in un isolato abitato per più della metà da neri. In Georgia diventò illegale seppellire i bianchi e i neri gli uni accanto agli altri. L'Alabama vietò ai neri di usare le biblioteche pubbliche finanziate con le loro tasse. Nel nord i politici bianchi approvarono leggi che segregavano i neri in quartieri degradati e in scuole solo per loro; c'erano piscine pubbliche solo per i bianchi, nelle fiere di paese c'erano le giornate per "la gente di colore", e c'erano negozi che si rifiutavano regolarmente di servire i neri. La California si unì agli stati del sud vietando matrimoni misti, mentre l'Illinois e il New Jersey imposero scuole separate.


Il secondo sforzo


Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale il razzismo aumentò perché i bianchi capirono che se i neri fossero andati all'estero e avessero visto come si vive fuori dalla soffocante atmosfera di repressione razziale degli Stati Uniti, difficilmente avrebbero accettato di farsi sottomettere una volta tornati a casa. Durante la prima guerra mondiale James K. Vardaman, senatore del Mississippi, disse che i soldati neri che tornavano al sud avrebbero "inevitabilmente provocato una catastrofe".
Molti americani bianchi vedevano i neri in uniforme non come patrioti ma come persone che esibivano un pericoloso orgoglio. Centinaia di reduci neri furono picchiati, mutilati, aggrediti con le armi e linciati. All'apice di quel periodo di terrorismo razziale, i neri americani non venivano solo uccisi ma castrati, bruciati vivi, smembrati, con parti del loro corpo messe in mostra davanti ai negozi. Questa violenza aveva lo scopo di terrorizzarli e controllarli, ma forse, cosa altrettanto importante, era un balsamo per la supremazia bianca. Nessuno avrebbe mai trattato così un essere umano. L'eccesso di violenza era un sintomo del meccanismo psicologico necessario per assolvere gli americani bianchi dal peccato originale del loro paese. Per rispondere a chi chiedeva come potevano apprezzare tanto la libertà all'estero e contemporaneamente negare la libertà a un'intera comunità a casa loro, gli americani bianchi risuscitarono l'ideologia razzista che Jefferson e gli autori della costituzione avevano usato per fondare il paese.
L'ideologia secondo cui i neri appartenevano a una razza inferiore non era scomparsa una volta abolita la schiavitù.
Se gli ex schiavi e i loro discendenti avessero studiato, se avessero dimostrato di saper fare anche i lavori dei bianchi o di eccellere nelle scienze e nelle arti, l'esistenza della schiavitù non sarebbe più stata giustificata. I neri liberi erano una minaccia per l'idea che il paese aveva di se stesso, sollevavano uno specchio in cui gli altri americani non volevano guardarsi. Così la disumanità nei confronti dei neri praticata da tutte le generazioni di bianchi giustificava la disumanità del passato.

Proprio come temevano gli americani bianchi, la seconda guerra mondiale fu la miccia che diede vita al secondo sforzo dei neri per creare una vera democrazia. Il pestaggio di Woodard è considerato una delle scintille della decennale ribellione che oggi chiamiamo movimento per i diritti civili. Ma è utile ricordare che quello fu il secondo movimento di massa per i diritti civili dei neri. Mentre si avvicinava il centenario dell'abolizione della schiavitù, i neri stavano ancora cercando di ottenere i diritti per i quali avevano combattuto e che avevano momentaneamente conquistato dopo la guerra civile; il diritto a essere trattati in modo giusto dalle istituzioni pubbliche, che era stato garantito nel 1866 dal Civil right act; il diritto a essere considerati cittadini a pieno titolo davanti alla legge, che era stato sancito nel 1868 dal quattordicesimo emendamento; e il diritto di voto, introdotto nel 1870 con il quindicesimo emendamento. I bianchi risposero alle rivendicazioni dei neri impiccandoli agli alberi, massacrandoli e gettando i loro corpi nei fiumi, assassinandoli davanti alle loro case, facendoli saltare in aria con le bombe sugli autobus e nelle chiese, attaccandoli con i cani e bruciandoli con  i lanciafiamme".
*Nikole Hannah-Jones è una giornalista d'inchiesta statunitense. Per il New York Times segue i temi che riguardano le discrimi razziali, in particolare nel sistema scolastico.
**Fine quarta parte
(Fonti.:nytimes)
Bob Fabiani
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-www.nytimes.com    

venerdì 20 dicembre 2019

Sudan, il ritorno in piazza del popolo sudanese a un anno dalla 'Rivoluzione' per chiedere giustizia mentre #Bashir è condannato per corruzione






A un anno dall'inizio della mobilitazione che nell'aprile 2019 ha portato alla cacciata di Bashir, in migliaia hanno manifestato a Khartoum per chiedere giustizia per le centinaia di vittime della repressione dell'esercito.





Bashir condannato (corruzione) per due anni


L'ex presidente del Sudan, Omar al Bashir, 75 anni, è stato riconosciuto colpevole di corruzione dal tribunale di Khartoum.
Il giudice Al Sadiq Abdelarahman lo ha condannato a due anni da trascorrere in un centro di recupero a causa dell'età avanzata.
La Corte ha ordinato la confisca dei milioni di euro e di sterline sudanesi trovate nella sua residenza. Deposto dall'esercito lo scorso 11 aprile, dopo mesi di violente proteste contro il regime. Al Bashir si è sempre dichiarato estraneo alle accuse ammettendo solo di aver ricevuto 25 milioni di dollari dal principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. Il suo avvocato ha dichiarato ha dichiarato che farà appello.

Bashir guidava il Sudan dal golpe 1989, a maggio era stato incriminato per la morte dei manifestanti uccisi durante le proteste e rinchiuso in isolamento nel carcere di massima sicurezza di Kobar.

Il ritiro di 10 mila soldati dal conflitto yemenita

Significativi passi avanti nell'opera di persausione sugli USA affinché il Sudan venga rimosso dalla lista nera dei paesi che sostengono il terrorismo; e l'ok all'annuncio di un sostanzioso disimpegno dal conflitto in Yemen, con 10 mila soldati.
E' questo il risultato portato a casa dal nuovo premier di transizione sudanese Abdalla Hamdok dopo la visita negli Stati Uniti. 
Il Sudan dal 2015 fa parte della coalizione anti-houthi a guida saudita e in alcune fasi del conflitto è arrivato a schierare sul terreno 40 mila unità. Ora il governo di compromesso partorito a Khartoum alla fine di un lungo negoziato tra società civile e militari vorrebbe cambiare registro e Hamdok si è detto "disponibile a cooperare per il raggiungimento di una soluzione politica.

La Rivoluzione delle donne sudanesi






Una donna, in Sudan, non può andare a capo scoperto o indossare i pantaloni. Non può frequentare uomini che non siano il padre, il marito, i più immediati familiari. Non può decidere se iscriversi a un'associazione, uscire di casa, accettare un lavoro, iscriversi a scuola o all'università : deve avere il permesso di un uomo. Chi contravviene a questi precetti rischia l'arresto e la fustigazione, come è accaduto nel tempo a molte sudanesi.

Ma questa descrizione della condizione di sostanziale assenza di diritti umani delle donne sudanesi risale ai tempi del regime di Bashir.

Era quanto rischiavano le donne, a causa delle famigerate "leggi sull'ordine pubblico" volute dal dittatore Bashir ma, finalmente abrogate a fine novembre, in mezzo a scene di giubilo.

"Erano uno strumento di sfruttamento e di umiliazione". Questa frase, è stata pronunciata dal primo ministro Hamdok.

La Rivoluzione sudanese dello scorso aprile sta dando i suoi frutti.

C'erano voluti mesi di proteste, scioperi, un sit-in permanente davanti al palzzo del quartier generale delle Forze Armate a Khartoum. Le donne sempre in prima fila, i cortei spesso macchiati dal sangue dei manifestanti. Alla fine al Bashir era stato abbandonato dai militari e deposto, poi imprigionato. Ma il nuovo potere del generali non soddisfaceva certo la richiesta di democrazia e libere elezioni. Sono seguiti altri mesi di teso negoziato, fino all'accordo e alla formulazione di un governo transitorio nel quale siedono militari e civili e che ha tre anni di tempo per condurre il Sudan a libere elezioni.

L'abrogazione delle leggi contro le donne è il primo segno della sua buona volontà. E' stata anche approvata l'abolizione del partito di al Bashir, il National Congress Party, un tempo onnipotente.
Il Sudan ha una lunghissima tradizione democratica, che forse sta rinascendo davvero.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

giovedì 19 dicembre 2019

Una 'class action collettiva' in #Congo contro i giganti tech








Finalmente dal Congo (RDC) arriva la notizia che squarcia lo spesso muro d'impunità delle multinazionali del settore tech che, in questa e in altre parti dell'Africa, d'accordo con i governi locali; sfruttano il lavoro minorile nelle miniere.

Spesso si tratta di vero e proprio schiavismo : i bambini vengono sottoposti a turni disumani e spesso non hanno la possibilità di veder riconosciuti i loro sacrosanti diritti umani.

Questo lavoro disumano nelle miniere espone i bambini al contatto con sostanze tossiche.

La class action contro i giganti del tech

Cinque giganti del tech sono stati citati in giudizio a Washington l'accusa per queste multinazionali è quella di aver favorito in Congo la morte di bambini impiegati in miniere di cobalto.

Tesla, Apple, Alphabet, Microsoft e Dell sono finite nel mirino di una class action avviata da 14 famiglie del Congo.
(Fonte.:theguardian)
Bob Fabiani
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-www.theguardian.com/uk/news/africa/congo/child-exploitation  

mercoledì 18 dicembre 2019

Afrochella, il grande festival di arte e musica di #Accra








Le presenze al pirotecnico Festival "Afrochella" in Ghana e per le strade della capitale Accra, ha richiamato oltre 12mila persone.
Si tratta di un festival di arte e musica ghanese : un'esperienza accattivante e che si lascia ricordare come una delle più belle esperienze che si possono vivere in questa parte di Africa.

Quest'anno, al termine di un programma di talk che culminerà il prossimo 28 dicembre, andrà in scena il concerto - evento allo Stadio El Walk e sarà l'occasione di ammirare arte, moda e gastronomia.

La "mission" degli organizzaatori del festival è quella di richiamare e infondere un forte senso di appartenenza, trascinato in un immaginario tutto africano.

Saranno chiamati a salire sul palco i talenti della musica locale, promossi con l'aiuto di un'App di streaming gratuito Audiomack.

Tra i protagonisti ci sarnno la giornalista Lolade Olayokun, che si occupa e scrive di spettacolo, l'attore Charles Okocha, l'attrice e modella Nikki Samonas e il cabarettista DKB interverranno come ospiti speciali.

L'evento è prodotto dal team guidato da Abdul Karim Abdullah del Culture Management Group. Legato a questo evento, sono state pensate alcune attività parallele a beneficio della comunità locale: un Afro Food Truck è stato noleggiato per attraversare da Medina Zongo a Labadi, distribuendo oltre 500 pasti in aree di grande povertà.

Ma non solo.

L'Afrochella Reads ristrutturerà la scuola per orfani di Genesis, che si trova a Jamestown. L'edizione 2019 è dedicata al tema del Diaspora Calling : si tratta della campagna The Year of Return : Ghana 2019 lanciata dal presidente Nana Akufo-Addo, pensata per incoraggiare i rientri in Africa dei discedenti degli schiavi nel cosiddetto "Nuovo Mondo" (e di cui abbiamo scritto due giorni fa su questo blog).
(Fonte.:afrochella)
Bob Fabiani
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-www.afrochella.com   

martedì 17 dicembre 2019

Tutti contro tutti (per accaparrarsi le materie prime) in #Libya - FOTO DEL GIORNO






All'indomani della scellerata guerra Nato in Libia (era il 2011; n.d.t) e dopo la decapitazione di Gheddafi, a Tripoli si scese in piazza per festeggiare la fine dell'éra del Rais. Durò poco. Ben presto si capì che, solo Gheddafi, era in grado di tenere insieme tutte le anime libiche.

Un attimo dopo la fine di quella guerra, nel paese Nordafricano iniziava un'altra stagione, quella delle Milizie libiche che volevano coprire e occupare lo spazio lasciato libero dopo l'uccisione di Gheddafi.

Otto anni dopo, la Libia è alle prese con una guerra civile cruenta e disumana : nessuno è al sicuro a Tripoli. Nel pieno delle operazioni belliche e dello scontro fratricida tra Al- Serraj e Haftar - l'uomo forte della Cirenaica, nonché numero due del regime di Gheddafi - sono presi di mira i civili e i migranti, tenuti come schiavi nei disumani lager libici (messi in piedi anche e sopratutto con il sostegno dell'Europa e dell'Italia in particolare).

Ma in questa ultima parte del 2019, mentre il generale Haftar è più che mai deciso a conquistare definitivamente Tripoli, si assiste all'imperversare della cosiddetta "guerra per procura" tra potenze, avide di accaparrarsi le materie prime libiche, prime fra tutti, il petrolio e il gasal mondo naturale.

Siamo al punto di non ritorno e con la presenza massiccia e minacciosa - nel Mediterraneo - della Russia (sempre più decisa a tornare prepotentemente alla ribalta in tutto il continente, da nord a sud; n.d.t) e sopratutto della Turchia.

Proprio l'offensiva di Erdogan potrebbe far precipitare la situazione in modo irreparabile, creando uno scenario "stile Siria".
Il presidente turco - come suo solito - è andato dritto alla meta : in cambio dello specchio di mare tra i più ricchi di gas naturale è pronto a fornire armi al governo di Tripoli guidato da Al - Serraj. Questa mossa ha subito scatenato l'ra dell'Egitto del dittatura Al-Sisi, sponsor di Haftar.

La situazione in Libia è sul punto di deflagare in modo irreparabile mentre il paese Nordafricano è ormai, definitivamente, uno Stato fallito : ma questo era già evidente dopo l'eliminazione di Gheddafi, nella guerra voluta dalla Nato e dalla Francia di Sarkozy allora presidente della Repubblica in Francia.
(Fonte.:mediapart) 
Bob Fabiani
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-www.mediapart.fr   

lunedì 16 dicembre 2019

L'anno speciale del Ghana (#YearOfReturn,2019)






Il 2019 è stato un anno speciale per il Ghana, il paese dell'Africa Occidentale da dove, 400 anni fa, partirono le prime navi cariche di schiavi dirette verso l'America (il cosiddetto "Nuovo Mondo) : le autorità ghanesi, su suggerimento del presidente Akufo-Addo, hanno deciso di proclamarlo Anno del Ritorno.





Il governo di Accra ha avviato da tempo una politica di re-insediamento degli africani della diaspora. Questa presa di posizione del Ghana, ha un valore e un obiettivo preciso : tramandare la memoria della schiavitù.






Il presidente ghanese Nana Akufo-Addo ha conferito la cittadinanza a 126 afroamericani di origini ghanesi, tra i quali Rita Marley, vedova del leggendario Bob Marley, la stella giamaicana del reggae.

Cape Coast (Castle)

Destinata a convivere con i fantasmi del passato, Cape Coast è una delle località culturalmente più significative del continente africano.
Era l'ex capitale della colonia britannica, che i portoghesi avevano battezzato con il nome di Cabo Corso, è stata un tempo il più grande centro dell'Africa Occidentale per la tratta degli schiavi che nel periodo dei traffici più intensi, venivano convogliati fin qui da paesi distanti come la Nigeria e il Burkina Faso.

Una volta arrivati a Cape Coast, uomini e donne venivano segretati nelle viscere dell'imponente fortezza cittadina, per poi essere ammassati come bestie sulle navi in partenza dal porto verso un futuro che avrebbe irrimediabilmente modificato la vita delle generazioni a venire.

Sono passati 400 anni da quel 20 agosto 1619 quando tutto iniziò.


    


La "Porta del non ritorno" e i forti costieri del Ghana


La "Porta del non ritorno" nel Castello di Cape Coast era l'accesso a una fortezza utilizzata per confinare gli schiavi con la Gold Coast (le spiagge della "Costa Oro" n.d.t) prima che venissero deportati verso il "Nuovo Mondo".

Cape Coast è il più grande degli edifici (fortezze) che contiene l'eredità della tratta degli schiavi transatlantici.




Quanti sono le fortezze visitabili nel Ghana di oggi?

Attualmente nel paese dell'Africa Occidentale sono ancora visitabili 37 delle oltre 70 fortezze in cui gli schiavi venivano chiusi dietro la "porta del non ritorno".
Questi edifici (della vergogna) nel 1979 sono stati proclamati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.

Brevi cenni storici

La catena di forti e castelli (i termini vengono in genere usati indifferentemente) che si snoda lungo la costa del Ghana costituisce uno straordinario monumento storico, unico in tutta l'Africa Occidentale.
La maggior parte di queste fortezze fu costruita nel corso del XVII secolo dalle principali potenze europee , tra cui Gran Bretagna, Danimarca, Olanda, Francia, Germania, Portogallo e Svezia, che si contendevano il controllo dei traffici commerciali della Costa d'Ora (come si chiamava allora, il Ghana; n.d.t) e del Golfo di Guinea. La concorrenza era spietata e i forti passavano di mano in mano con estrema rapidità; alla fine del XVIII secolo se ne contavano 37 lungo tutto il litorale.
I forti erano concentrati lungo questo tratto costiero relativamente breve (circa 500 km) perché l'accesso alle zone dell'interno era più facile rispetto alle coste paludose di altre regioni dell'Africa Occidentale e anche perché il litorale roccioso forniva i materiali per erigerli.





I sistemi difensivi di cui erano previsti non tanto per la popolazione locale, con la quale i forti commerciavano su basi paritarie, quanto contro gli attacchi di altre potenze (colonialiste) europee.

In origine creati come stazioni commerciali per il deposito delle merci acquistate sul territorio, come oro, avorio e spezie, in seguito, con l'affermarsi dello schiavismo, i forti furono trasformati in prigioni dove gli schiavi venivano segregati prima dell'embarco.
Venivano ammassati in buie celle sovraffollate in condizioni sanitarie disumane e vi rimanevano per intere settimane, se non addirittura per mesi (un pò come avviene oggi nei #lagerlibici dove sulla pelle dei migranti si è tornati a praticare la pratica dello schiavismo e, oggi come allora, in prima fila c'è la civilissima Europa; n.d.t).

Visitare Cap Coast e gli altri forti è una esperienza da provare perché, il senso di angoscia per la brutalità con cui erano stati trattati gli avi della diaspora afroamericana di origini ghanesi che, 400 anni dopo, hanno ottenuto la cittadinanza, per volere del presidente Akufo-Addo, nell'Anno del Ritorno, il 2019.

Arrivare davanti alla "Porta del non Ritorno" significa entrare in sintonia con l'anima e lo spirito di quanti, e furono milioni; subirono disumane torture : quando arrivava la "nave negriera", gli schiavi venivano incatenati e condotti fino alla imbercazioni passando da quella porta, la "Porta del Mon Ritorno".
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

domenica 15 dicembre 2019

Madagascar, la conta dei danni (e dei decessi) dopo il passaggio del #CycloneBelna









Il passaggio del Ciclone Tropicale Belna, con piogge torrenziali, ha causato gravi danni e vittime.
Era previsto per lunedì 9 dicembre e quando ha toccato terra sulla più grande isola africana, il Madagascar, con venti tempestosi fino a 180 Km/h e, le piogge che hanno assunto carattere torrenziale (fino a 300 mm in poche ore) provocando smottamenti, allagamenti e frane.





Dopo aver raggiunto le coste Nord-ovest dell'isola, il Ciclone Belna si è poi diretto verso la terraferma posizionandosi a circa 250 - 300 Kn/h ad ovest della capitale Antananarico (Tana).

Il Ciclone Belna ha provocato 9 vittime, tra cui un bambino, a causa del cedimento di una diga. Le autorità malgasce stilando una prima stima dei danni parlano di quasi 1.500 persone che si sono ritrovate senza casa nei distretti di Mahajanga e Soalaia.





Al momento la situazione dell'emergenza sembra rientrata - anche se, mentre scriviamo questo post, da Majunga si segnala il ritorno della pioggia; seppure lentamente e i fenomeni di piogge torrenziali sono cessati già da due giorni così come i venti che, progressivamente, hanno perso intensità.

Ultimora

Nonostante il susseguirsi di eventi catastrofici sopratutto nei paesi poveri - e tra questi il Madagascar è uno dei più poveri al mondo - da Madrid arrivano notizie negative dalla #COP25 : nessun accordo è stato ancora trovato; i leader mondiali sembrano non aver capito che il tempo è drammaticamente scaduto : l'imminente catastrofe è dietro l'angolo e, a farne le spese saranno propio i paesi più poveri. 
(Fonte.:lexpressdemada) 
Bob Fabiani
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-https://lexpress.mg/category/cyclone-belna

venerdì 13 dicembre 2019

Quelle "elezioni presidenziali farsa" in Algeria






Il 12 dicembre 2019 mentre tutto il mondo era con lo sguardo rivolto al Regno Unito per le elezioni anticipate britanniche, in Africa, è andata in scena una consultazione elettorale che, in Algeria, il movimento #Hirak ha definito "mascherata elettorale".

Il clima in cui la tornata delle elezioni presidenziali si è svolta era del tutto surreale, con i 5 candidati (i due ex premier Abdelmadjjd Tebboune e Ali Benflis, più Azzedine Mihoubi, Abdelkader Bengrina e Abdelaziz Belaid) contestati a ogni apparizione pubblica dal movimento #Hirak.

Seggi semivuoti

La rabbia degli algerini si è trasformata in una azione di sostanziale astensionismo e, i seggi risultavano semivuoti per tutta la giornata del voto.
In realtà molti manifestanti anti-voto sono stati caricati brutalmente dalla polizia algerina. E' questo il quadro che è venuto alla ribalta nel giorno delle prime elezioni presidenziali in Algeria del dopo Bouteflika, con appena il 20% degli aventi diritto che si era recato alle urne alle 15 e con decine di arresti in tutto il paese Nordafricano.

Campagna di repressione

La campagna di repressione, più che elettorale, come denuncia anche Human Rights Watch e Amnesty International, con centinaia di arresti e continue minacce di dimostranti.

Amin Khan, poeta e intellettuale, promotore della cultura algerina come motore di cambiamento sociale, è stato uno dei tantissimi astensionisti. Così spiega la sua scelta : "Sono partigiano della transizione democratica, frutto di un negoziato tra il potere e il popolo. Solo questo creerà le condizioni politiche, giuridiche e amministrative per elezioni realmente democratiche".

Abdelmadjjs Tebboune vince la "mascherata elettorale"

Abdelmadjjs Tebboune eletto al 1° turno delle presidenziali in Algeria con il 58,15% dei voti, ha annunciato l'autorità elettorale nazionale indipendente (Anie).
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

GB, un voto per la #Brexit










Il voto elettorale di ieri in Regno Unito alla fine ha detto una cosa chiara : i britannici non gradiscono l'ingovernabilità e l'incognita di governi deboli.

Questo il primo dato che, unito all'alta affluenza popolare ai seggi fa tirare un sospiro di sollievo. Ma qui finiscono le buone notizie.

Vittoria Tory e pesante sconfitta del Labour

Prima gli exit poll e poi lo spoglio effettivo delle schede elettorali consegnano la vittoria ai Conservatori di Johnson con ben 362 seggi e, di conseguenza puniscono, in modo forse troppo netto i Progressisti che si fermano a 203 seggi : il peggior risultato del Labour dal 1935 a oggi.
Si tratta di una maggioranza assoluta per i Tories e quindi, questo voto rappresenta la conferma della Brexit.

Le trionfali dichiarazioni di Johnson

E' un leader raggiante quello che di prima mattina inizia a parlare e a rilasciare interviste e dichiarazioni. "Fermata la minaccia miserevole del secondo referendum" e aggiunge "Il voto sulla Brexit verrà espletato prima di Natale".

La moneta

La sterlina ha fatto registrare l'immediato rialzo sul dollaro e sull'euro non appena gli exit poll hanno certificato che la Brexit sarebbe uscita rafforzata dal risultato elettorale. Questo significa che la vittoria dei conservatori era quello che tutti si attendevano. E' anche una bocciatura sonora per il Labour a trazione "socialista" da sempre osteggiato se non odiato dai mercati. Questa lettura è anche un monito molto negativo in direzione delle prossime elezioni presidenziali USA e per i Democratici statunitensi.
La divisa britannica guadagna l'1,85% sul dollaro e l'1,09% sull'euro.

Che cosa accadrà ora dopo il voto del 12 dicembre?

Johnson - come per altro ha già annunciato questa mattina - può ora far passare la Brexit in Parlamento : il 31 gennaio 2020 il Regno Unito si prepara ad uscire dall'Europa, al netto dei negoziati per stabilire le regole dei rapporti futuri. Ci sarà una fase di transizione che terminerà il 31 dicembre 2020, data in cui le relazioni saranno definitivamente interrotte.

L'incognita della Scozia

Il 12 dicembre 2019 passerà alla storia come il primo giorno in cui i britannici hanno potuto sancire l'effettiva uscita dall'UE ma, seppure da Londra parlano di addio confermato per il 31 gennaio 2020, tutto questo non scongiura il fatto che, lo spauracchio dell'#HardBrexit possa verificarsi.

E proprio a conferma di ciò, mentre scriviamo, dalla Scozia, i leader fanno sapere che Johnsonn non ha alcun : "mandato per portare la Scozia fuori dall'Europa".
Sullo sfondo si materializza un nuovo referendum stavolta per l'indipendenza della Scozia da Londra.
(Fonte.:theguardian)
Bob Fabiani
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-https://www.theguardian.com/uk/brexit

Libya, Haftar lancia (di nuovo) l'"ora zero" per la conquista di Tripoli










Il clima è sempre più teso in Libia dopo l'ennesimo annuncio del signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar.  Si tratta dell'ennesima "ora zero" dell'offensiva per conquistare Tripoli.
La prima era stata lanciata alcuni mesi fa : il 4 aprile scorso.

In questo momento la situazione sul campo è la stessa da molti mesi : i combattimenti sono in stallo, si assiste a scontri che, sostanzialmente, non modificano la situazione militare.

E allora che cosa è accaduto di nuovo da indurre il generale Haftar a mostrare i muscoli?

Per esaudire questa risposta dobbiamo spostarci verso la Turchia con il Sultano del Bosforo scatenato e ingolosito dal suo movimentismo bellico in atto non solo sul fronte Mediorientale e, in Siria, in particolare.
Non più tardi di alcuni giorni fa, nel pieno dello scorso weekend, Erdogan, è tornato a interessarsi di Africa con un occhio di riguardo per la Libia. La dichiarazione - minaccia di Erdogan rischia di incendiare ancora di più, la situazione disastrosa del paese Nordafricano.
Nella giornata di sabato scorso, Erdogan ha fatto sapere, attraverso un annuncio, di essere pronto a sostenere con le navi da guerra il governo di unità nazionale di al-Sarraj - lo ribadiamo ancora una volta, questo governo non è né riconosciuto né seguito da nessuno in Libia - e, subito dopo è seguito un accordo mareittimo e militare tra i due leader.

A stretto giro di posta, Haftar ha reagito : "bombarderemo le navi turche che si avvicinerà alle coste libiche" per salvaguardare il petrolio libico. Già che c'era, il generale ha voluto lanciare di nuovo "l'ora zero" per la conquista di Tripoli.
Il nervosismo del generale è presto spiegato: l'uomo forte della Cirenaica sa perfettamente che una eventuale presenza turca impedirebbe il raggiungimento del suo obiettivo, proprio nel momento in cui sembra essere vicino grazie al contributo di contractor russi del gruppo Wagner.

Vedremo che sviluppi avverranno in questa drammatica "guerra per procura" che si sta combattendo in Libia.

Nelle ultime ore c'è da registrare un sostanziale dietrofont di Ankara dopo la presa di posizione dura di Haftar : il ministro degli esteri turco, Cavusoglu scandisce bene le parole e spiega : "l'accordo di sicurezza non include alcuna clausola sull'invio di truppe".

La situazione umanitaria

Intanto in Libia si fa sempre più drammatica la situazione umanitaria. I dati pubblicati dall'ONU parlano da soli : 647 vittime civili dall'inizio dell'offensiva di Haftar su Tripoli. Inoltre sono stati 61 casi di attacchi contro strutture mediche e il loro personale, un aumento del 69% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Conclusioni

Benvenuti nella Libia "liberata" dalla guerra della Nato del 2011.
(Fonte.:afp)
Bob Fabiani
Link
-www.afp.fr/afrique/libya