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mercoledì 31 marzo 2021

Mali, rapporto ONU accusa Parigi per la strage di civili


 




La notizia era nell'aria già da molto tempo - precisamente dallo scorso gennaio - e vede Parigi sempre più nell'occhio del ciclone in Mali, dopo l'accusa di aver ucciso 6 cacciatori inermi lo scorso giovedì, ma soprattutto in seguito alla pubblicazione ieri di un rapporto ONU su un bombardamento della forza Barkhane - 5 mila militari francesi sul terreno - dello scorso mese di gennaio.

L'indagine delle Nazioni Unite, redatta dai responsabili della missione Minusma, ha concluso che "l'attacco aereo effettuato dai francesi ha ucciso 22 civili riuniti per celebrare un matrimonio e non solo jihadisti", come affermato finora da Parigi.
L'attacco, effettuato a Bounti lo scorso 3 gennaio, aveva creato un acceso dibattito tra le autorità francesi e maliane che affermavano "di aver colpito un gruppo di jihadisti" e numerose associazioni che invece denunciavano come sotto le bombe fossero finiti "numerosi civili inermi".

Gli autori del rapporto hanno accertato la presenza quel giorno "di cinque persone armate, di cui almeno una portava un'arma, arrivate al villaggio con tre motociclette e membri della Katiba Serma", gruppo jihadista appartenente al Gruppo di sostegno per l'Islam e i musulmani (Gnim), affiliato ad Al Qaeda
Secondo Minusma "almeno 22 persone sono state uccise, di cui 3 sospetti jihadisti (...), il gruppo era composto in modo schiacciante da civili inermi, protetti dal diritto internazionale umanitario".

Dure le reazioni di Parigi che, attraverso un comunicato ufficiale della Difesa ribadisce la propria versione indicando che "le forze francesi hanno effettuato un attacco aereo contro un gruppo jihadista armato identificato come tale da informazioni di intelligence" e ponendo dubbi "sulla metodologia e sull'utilizzo di testimonianze non verificabili".



Il terrorismo di matrice jihadista intanto continua a flagellare l'Africa a est come a ovest fino al Mozambico.
Lunedì è stato il turno della Costa d'Avorio : una postazione militare a Kafolo e una della gendarmeria a Tehini, vicino al confine con il Burkina Faso, sono state oggetto di un duplice attacco che ha causato 3 morti e 10 feriti tra i militari. Un attacco che si aggiunge a quello dello scorso giugno contro due avamposti che causò la morte di 12 soldati ivoriani.
Il capo delle forze armate ivoriane, Lassine Doumbia sul quotidiano online Abidjian.net accusa "gli uomini della Katiba Macina, guidata dal maliano Amadou Koufa, numero due dello Gnim, venuti in Costa d'Avorio con l'obiettivo di reclutare uomini e installarsi nel nostro paese".

Un segnale che desta grande preoccupazione visto che la Costa d'Avorio è il "nuovo bersaglio dei gruppi jihadisti". Preoccupazioni cresciute dallo scorso febbraio, quando Bernard Emié, capo dell'intelligence estera francese, aveva affermato che lo Gnim, stava sviluppando un "progetto di espansione verso il Golfo di Guinea, in particolare verso Costa d'Avorio e Benin".
(Fonte:abidjian.net)
Bob Fabiani
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-www.abidjian.net


martedì 30 marzo 2021

#LEDITORIALE. Il processo Floyd (L'#AmeriKKKa metterà alla sbarra il 'razzismo sistematico'?)


 





8 Minuti e 46 secondi tanto è durata l'agonia di George Floyd quando, a Minneapolis trovò la morte per l'operato razzista del poliziotto bianco Derek Chauvin che premeva - senza pietà - il ginocchio sul collo dell'afroamericano.

Era il 25 maggio 2020.

Quella morte brutale fece divampare la rivolta del movimento Black Lives Matter in tutti gli Stati Uniti
Ora è partito il processo - ieri l'udienza di apertura - e, per la prima volta è stata anche irradiata la copertura - TV a dimostrazione che stavolta l'esito deve essere ben diverso da tutti gli altri che hanno visto alla sbarra un poliziotto che ha giustiziato un cittadino afroamericano.

Sarà un processo difficile dal quale emergerà l'America futura : non potranno esserci vie di mezzo al termine del processo Floyd; o gli USA mettono alla sbarra il razzismo sistematico oppure sancirà in modo inequivocabile che questo paese non potrà garantire giustizia per la comunità afroamericana.

Sarà un processo lungo che non risparmierà nessun "colpo basso" ai danni di George Floyd - lo si è capito fin dalla prima udienza - perché questa sarà la strategia dell'avvocato del poliziotto razzista

A Minneapolis è iniziato, in un tribunale blindatissimo per via della pandemia e del timore di proteste, il processo a Derek Chavin, l'ex agente di polizia che ha ucciso George Floyd, soffocandolo. 
La copertura televisiva del processo - una primizia nell'era Black Lives Matter - sarà trasmesso in diretta Tv nella sua interezza, ogni giorno dalle 9 alle 16, per quattro settimane.

-Le parole degli avvocati e del procuratore

"Questo è un processo a un singolo agente, non al corpo di polizia", ha detto nella dichiarazione iniziale il procuratore Jerry Blackwell ed ha esposto il caso contro Chauvin. Ha presentato le prove video del giorno in cui George Floyd è stato ucciso : si vede il poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd che dice : "Non riesco a respirare"
Il procuratore ha quindi proseguito : "Potete vedere con i vostri occhi che si tratta di omicidio. Potete sentire la sua voce diventare più profonda e pesante, le sue parole più distanti, il suo respiro più superficiale. Lo vedete quando perde conoscenza e scuotersi senza controllo quando non respira più".

E il processo è subito in salita per i difensori dell'ex agente. Nella stessa deposizione hanno affermato che schiacciare Floyd al terreno per 8 minuti era necessario perché l'uomo era grande e forte, ma anche tanto debole e fragile da morire per "un uso di routine della forza da parte della polizia"; e che il loro assistito, come gli altri tre poliziotti presenti, ha reagito stando sulla difensiva perché "si sono sentiti in pericolo, la folla che aveva assistito al soffocamento diventava più cattiva".

L'avvocato della famiglia Floyd, Ben Crumb, prima di entrare in aula ha dichiarato:


                       


"Questo è un referendum su due sistemi di giustizia in America, uno per i bianchi e uno per i neri. L'obiettivo oggi è giustizia equa per gli USA". Fuori la famiglia, insieme a tanti manifestanti Blm, si inginocchiava, il gesto che ha accompagnato le proteste esplose pressoché ovunque nell'ultimo anno.
(Fonte:theatlantic)
Bob Fabiani
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-www.theatlantic.com    

lunedì 29 marzo 2021

Mozambico, l'offensiva jihadista conquista la città di Palma


 





La sistematica offensiva dei gruppi jihadisti in Mozambico - in atto ormai da mesi - rappresenta un monito per tutti i paesi dell'Africa meridionale. La comunità internazionale, seppure impegnata nella lotta alla pandemia da coronavirus, farebbe bene a non sottovalutarla ancora a lungo.

Dopo quasi una settimana di intensi combattimenti in Mozambico, lo Stato Islamico (Daesh) nella provincia dell'Africa centrale (Iscap) ha rivendicato oggi, 29 marzo, la conquista della città di Palma, nella martoriata provincia settentrionale di Cabo Delgado, presa d'assalto mercoledì scorso da un centinaio di insorti jihadisti appartenenti al gruppo noto come Ansar al Sunna e localmente come Al Shabaab (da non confondere con l'omonimo gruppo somalo).




A riferirlo è stato lo stesso gruppo jihadista, che attraverso i suoi canali di propaganda online ha fatto sapere che dall'inizio dell'attacco - sferrato lo scorso 24 marzo - sono morte 55 persone, inclusi militari e i loro "seguaci cristiani" e "stranieri", aggiungendo che i miliziani hanno preso il controllo di edifici governativi, aziende e banche. 

La rivendicazione contraddice la precedente versione fornita dalle autorità di Maputo che, tramite il portavoce del ministero della difesa, Omar Saranga, ha confermato la morte di decine di persone ma non ha ammesso di aver perso il controllo della città.
Secondo le informazioni raccolte dal portale di notizie Carta de Mozambique, le forze di difesa di Maputo hanno anche lanciato un'offensiva nell'area con il supporto di compagnie militari private operanti nell'area, tra cui il gruppo sudafricano Dyck Advisor. Secondo le stesse fonti, la situazione sarebbe tuttavia mutata dopo che i jihadisti hanno ricevuto rinforzi che hanno consentito loro di sferrare una nuova offensiva nei dintorni della città.

Palma, si trova in una posizione strategica essendo situata nei pressi del megaproggetto Gnl gestito da Total che, a seguito di questo attacco ha chiuso i battenti consigliando i suoi collaboratori a lasciare la zona.
(Fonte.:jeuneafrique;cartamz)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-www.cartamz.com 

domenica 28 marzo 2021

Madagascar, morto l'ex presidente Didier Ratsiraka


 





L'ex presidente del Madagascar è morto all'età di 84 anni, domenica 28 marzo. Era ricoverato dall'inizio della settimana presso l'ospedale militare di Soavinandriana, ad Antananarivo.

"L'ammiraglio si è inchinato stamattina. E' entrato a far parte delle stelle da dove continuerà a vegliare su di noi", si legge, da questa mattina sulla pagina Facebook ufficiale dell'ex presidente malgascio Didier Ratsiraka, che deve il suo soprannome alla sua formazione di ufficiale di marina.

Ha governata per due volte il Madagascar - dal 1975 al 1993 e poi dal 1997 al 2002 - è morto questa mattina presto : le cause della sua morte non sono ancora state rese note.
Era stato ricoverato, così come sua moglie, "a seguito di un controllo di routine a causa di una piccola influenza". Il TEST PCR Covid-19 dell'ex presidente è stato negativo, secondo quanto riportato dai suoi parenti.

"Didier Ratsiraka era un grande statista e oggi l'intera Nazione è in lutto, si tratta di un atto di giustizia", ha dichiarato Lalatiana Rakotondrazafy Andriatongarivo, il ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo della Grande Isola dalla Terra Rossa, all'annuncio della scomparsa dell'ex presidente.

Didier Ratsiraka, è stato attore e testimone privilegiato della storia del Madagascar e del Continente nero per quasi 6 decenni, inoltre l'ex presidente oggi scomparso, è stato un attivista e statista anticolonialista.

Per capire chi fosse Didier Ratsiraka sarà sufficiente soffermarsi sul suo "punto di vista" durante una celebre intervista rilasciata ai reporter di Jeune Afrique : il punto in questione verteva sui 60 anni dell'indipendenza del Madagascar.

-Domanda : "Come vede oggi i 60 anni di indipendenza del suo paese?".

-Risposta : "Abbiamo tutti gli attributi dell'indipendenza : la bandiera, l'inno, il Parlamento ... Ma non abbiamo la piena sovranità. I prezzi del caffè e del cacao vengono decisi a Londra, così come i prezzi del petrolio sono fissati nella sede dell'OPEC a Vienna".
(Fonte:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com   

Il Madagascar aderisce al COVAX


 




Il Ministero della Salute pubblica malgascia ha avviato le procedure per l'introduzione del vaccino anti - Covid-19 registrando il paese nell'iniziativa COVAX, lo ha reso noto il ministro dedlla sanità pubblica.

Tutti i dettagli saranno resi noti successivamente dalla Presidenza della Repubblica, secondo il ministro, prof. Jean Louis Rakotovao.

Si tratta di una buona notizia.

Le autorità malgasce hanno deciso di tornare sui propri passi quando, sul finire del 2020, avevano escluso categoricamente l'adesione del Madagascar al COVAX - l'organismo che contratterà collettivamente per l'Africa, l'acquisto delle dosi di vaccino - anche a causa della 2 ondata della pandemia e dei contagi che stanno aumentando minacciosamente.
(Fonte:actu.orange.mg)
Bob Fabiani
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-http://actu.orange.mg

venerdì 26 marzo 2021

Tanzania, morto il presidente "negazionista del Covid-19" John Magufuli


 




John Magufuli, il presidente tanzaniano, è morto il 17 marzi all'età di 61 anni, ufficialmente per problemi cardiopatici.
Erano quasi venti giorni che non lo si vedeva più in pubblico e circolavano insistentemente voci secondo le quali si era ammalato di Covid-19, voci che sono costate l'arresto ad almeno quattro persone. 
Qualche giorno dopo il decesso però, queste voci, erano confermate : il presidente è deceduto a causa della pandemia di coronavirus.
Magufuli sarà ricordato come uno dei più accaniti negazionisti del Covid-19 : per lui test e vaccini non servivano a niente e sosteneva che a guarire il paese ci avrebbe pensato Dio, tanto che a maggio dell'anno scorso la Tanzania aveva smesso di contare contagi e decessi.

Ma la realtà ha avuto il sopravvento e anche tra i tanzaniani hanno cominciato a emergere numerosi casi di polmonite sospette.

Oltre che per il suo negazionismo, Magufuli (soprannominato il Bulldozer dai suoi sostenitori) sarà ricordato per i modi autoritari, per gli abusi dei diritti umani e per la persecuzione di avversari politici e giornalisti. A prendere il suo posto sarà la vicepresidente Samia Suluhu Hassan.

Dopo il funerale, l'ex presidente della Tanzania John Pompe Mugufuli è stato sepolto nella sua casa ancestrale a Chato, una città situata nella regione di Geita, nel Nord-ovest del paese africano.

A pochi giorni dalla scomparsa di Mugufuli, la sua vice Samia Suluhu Hassan ha giurato ufficialmente succedendogli e diventando a tutti gli effetti la prima donna musulmana a ricoprire tale incarico.
(Fonte:jeuneafrique;focusonafrica)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com;
-www.focusonafrica.info

lunedì 22 marzo 2021

Libia, nuovo governo di unità nazionale


 



In Libia il nuovo governo di unità nazionale, guidato dal miliardario di Misurata Abdul Hamid Dbaibah, ha prestato giuramento il 15 marzo a Tobruk e si è insediato a Tripoli.
Per la prima volta in 7 anni i libici hanno un esecutivo unitario, che resterà in carica fino alle elezioni di dicembre.
Il nuovo governo comprende 5 ministre, tra cui agli affari esteri Najlael Mangoush, avvocata di Bengasi che si è specializzata negli Stati Uniti in risoluzione dei conflitti.

Il 17 marzo il Panel of experts sulla Libia delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulle principali sfide per il paese (corruzione, presenza del gruppo Stato Islamico/Daesh e di altre milizie sudanesi e ciadiane), ma ha tagliato la parte riguardante le accuse di corruzione a Dbaibah, di cui si era detto che avrebbe offerto tangenti in cambio di voti.
(Fonte:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

mercoledì 10 marzo 2021

I troppi rapimenti in Nigeria


 




Le quasi 300 studentesse rapite il 26 febbraio in un scuola secondaria femminile di Jangebe, nel nordovest della Nigeria, sono state liberate quattro giorni dopo.
E' il secondo rapimento di massa nel paese in meno di dieci giorni e il terzo da dicembre.
Le autorità attribuiscono questi attacchi a "banditi", cioè criminali comuni in cerca di denaro. Il giornale The Nation critica i governatori degli stati federali per non aver saputo proteggere le scuole e per la linea adottata finora, cioè pagare i riscatti ai rapitori.
(Fonte:thenationonlineng)
Bob Fabiani
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-www,thenationonlineng.net

martedì 9 marzo 2021

Ciad, l'opposizione si ritita


 







Il principale candidato dell'opposizione alle presidenziali dell'11 aprile, Saleh Kebzabo, si è ritirato il 1 marzo.
Accusa il capo dello stato Idriss Déby (candidato a un sesto mandato) di usare la forza per intimidire gli avversari e denuncia la "militarizzazione della politica", scrive Jeune Afrique.
Il giorno prima almeno tre persone erano morte a N'Djamena nel corso di una sparatoria scoppiata quando la polizia era andata ad arrestare un altro candidato dell'opposizione, Yaya Dillo.
Le vittime sono la madre di Dillo e due soldati. Dillo è accusato di aver diffamato la moglie di Délby.
(Fonte:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com

lunedì 8 marzo 2021

#InternationalWomensDay2021


 






Sono donne e sono il cuore pulsante del Continente : sono bambine, ragazze e spose;
madri e nonne, sono il centro nevralgico del nucleo familiare;
sono spesso prive di voce e votate a ogni sacrificio : per i bambini e la famiglie.

Nel buio silenzioso degli abissi di esistenze segnate da abusi e soprusi,
vivono con dignità muta e orgoglio africano per cancellare l'ultima umiliazione - violazione
non hanno lacrime da versare ma soluzioni da rivendicare
per il cambiamento e il progresso del Continente tutto.

Rivendicano diritti e spazio vitale per indirizzare sempre più il futuro
per rendere l'Africa un Continente nuovo e all'avanguardia.
Sono rivoluzionarie e sono la Vera Speranza per un domani di prosperità 
sono i colori sgargianti a difesa dell'Ambiente e contro i Cambiamenti Climatici.

Sono donne che sanno amare e sono capaci di donare le loro esistenze perché :
#LAfricaèDonna.
(Fonte:uneca)
Bob Fabiani
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-www.uneca.org

domenica 7 marzo 2021

#FreeSenegal





In Senegal si opprimono le persone,  i canali televisivi sono bloccati, broadcast non trasmettono più. YouTube è inaccessibile. Gli oppositori vengono imprigionati, la gente viene attaccata dalle forze dell'ordine con proiettili veri se manifesta.

Siamo al prologo di una dittatura?

Macky Sall, presidente del Senegal da 9 anni, vuole estendere il suo secondo mandato da 5 a 7 anni e poi avere le mani libere per correre a un 3 mandato presidenziale.

E' questo il nodo cruciale della crisi divampata in Senegal : la solita "questione di cambiare le carte" a ridosso della prossima scadenza - mandato. Il presidente di turno, non vuole lasciare il potere e pur di scatenare una rivolta, decide di comportarsi in modo spericolato, forzando la mano. 

E' quello che sta accadendo nel paese africano.

Bisogna sottolineare che tutto questo non potrebbe accadere senza l'avallo decisivo dell'occidente.

I giovani senegalesi non sono d'accordo e chiedono che lasci il comando ma Sall non è dello stesso avviso e usa le maniere forti sparando sui manifestanti : comportandosi come un "dittatore in divenire".

Intanto le proteste sono arrivate al 5 giorno : i manifestanti chiedono il rilascio di tutti i detenuti politici - tra questi, anche il leader dell'opposizione Sonko, inviso all'occidente perché si richiama ai principi del Panafricanismo e, agli insegnamenti di Thomas Sankara tanto che si teme per la sua incolumità fisica - senza distinzioni, piena luce su tutte le perdite umane e, di fare luce (piena) sul comportamento sulle milizie (al soldo del presidente?) che hanno sparato senza pietà sulla cittadinanza.

Su Twitter l'hashtag #FreeSenegal è tra i più seguiti mentre dalla Francia, la diaspora senegalese - molto preoccupata per la piega della crisi politica - ha manifestato a Tolosa, Lione e Marsiglia.
(Fonte:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com
 

venerdì 5 marzo 2021

Liberate studentesse rapite in Nigeria


 





Le 279 - inizialmente si temeva fossero 317 - studentesse rapite il 26 febbraio in una scuola di Jangebe, nello stato nigeriano di Zamfara (nordovest), aspettano di sottoporsi ai controlli medici nel palazzo del governo locale a Gusau.
Le ragazze sono state liberate il 2 marzo, dopo essere rimaste quattro giorni in un nascondiglio nella foresta.

Drammatiche le loro testimonianze:

"Ci hanno puntato le pistole alla testa".

E' il terzo rapimento di massa da dicembre a colpire un istituto scolastico in questa parte della Nigeria. I responsabili sono spesso gruppi criminali in cerca di un riscatto, che attaccano le scuole per avere maggiore visibilità (col lasciapassare di Boko Haram ...).
(Fonte:reuters)
Bob Fabiani
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-www.reuters.com/middle-east-africa

giovedì 4 marzo 2021

La fauna del Madagascar Pt.2


 




La fauna del Madagascar, unica nel suo genere, è una meta ideale per amanti della natura, appassionati di biologia e studiosi di scienze naturali. 
Numerose specie di animali sono uniche in tutto il mondo.
Oggi AfricaLand Storie e  Culture africane pubblica un elenco delle specie più diffuse.

-Catta

Il catta (Lemur katta), con la caratteristica coda ad anelli bianchi e neri, è senza dubbio il rappresentante dei lemuri più conosciuto.
E' presente in molti zoo d'Europa, pertanto risulta familiare a molti viaggiatori. Lo si può trovare nel parco del Berenty e nei parchi nazionali dell'Andringitra e dell'Isalo.

-Lemure topo

Sono in assoluto i primati più piccoli e rendono onore al proprio nome. Si tratta di animali notturni delle dimensioni di un topo, presenti ovunque sull'isola : dalle aride regioni del sud-ovest a quelle umide della costa orientale. Attualmente sono note 14 specie di lemuri topo, di cui alcune sono state scoperto dagli scienziati solo negli ultimi anni. Chi non è esperto, difficilmente riuscirà a distinguerli al buio, ma con un po' di fortuna li si può incontrare anche di sera, durante una passeggiata, in ogni parco dell'isola.

-Sifaka

I sifaka, imparentati con gli indri, sono un po' più piccoli e hanno una lunga coda. Ne esistono complessivamente nove specie, diffuse nelle varie aree dell'isola, sia nelle foreste secche dell'ovest che in quelle pluviali dell'est. Hanno colorazioni molto diverse, dal bianco candido del sifaka setoso (Propithecus canditus) al nero del sifaca di Perrier (P.perrieri). Tutte le varie specie di sifaka si sono specializzate nell'alimentazione a base di foglie. La specie più diffusa è il sifaka di Verreaux (P. verreauxi). Lo si può trovare nelle zone aride del sud-ovest ed è famoso per riuscire a superare grosse distanze saltando con balzi laterali da un albero all'altro, quasi come in una danza. Per questo motivo è anche chiamato "lemure danzante".
Si può vedere nel parco del Berenty e nei parchi nazionali dell'Andringitra e dell'Isalo.

-Vari

Il lemuri vari bianco e nero vive, come i vari rosso, nelle foreste pluviali della costa orientale. Ha un'alimentazione alquanto varia, ma si nutre preferibilmente di frutta. Questa varietà molto bella di lemuri ha una morbida e folta pelliccia, che gli permette di sopportare le freddi notti invernali sui monti della foresta pluviale. E' un animale pauroso e piuttosto difficile da incontrare nei parchi nazionali sparsi lungo il territorio della costa orientale.
(Fonte:parcs-madagascar)
Bob Fabiani
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-www.parcs-madagascar.com

 

mercoledì 3 marzo 2021

Quelle mille guerre in Congo. Pt.2


 





Si conclude oggi il reportage di AfricaLand Storie e Culture africane intorno alla questione complessa delle "guerre in Congo" che, fanno da sfondo alla tragedia dell'attacco in cui sono morti l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava e il loro autista congolose : si è trattato di un promemoria del conflitto che va avanti da più di 20 anni nell'est della Repubblica Democratica del Congo.
Ma dietro alla tragedia c'è un quadro geopolitico molto più complesso : un quadro di interessi, alleanze e tradimenti al centro di conflitti ventennali.
(Bob Fabiani)


-Di padre in figlio (Seconda parte)

A Kinshasa Joseph Kabia prese il posto del padre Laurent - Désiré, che il 16 gennaio 2001 fu assassinato da una delle sue guardie. Nell'est la questione della lealtà al regime ruandese divise i banyamulenge : alcuni signori della guerra, tra cui Makanika, stanchi di essere strumentalizzati, decisero di cambiare schieramento e si misero a combattere i fiancheggiatori del Ruanda (per essere il Rassemblement congolais pour la démocratie, Rcd, di Goma ...), a cui davano la colpa di tutte le difficoltà che da decenni ostacolavano il loro riconoscimento come parte della nazione congolose.

Oggi, osserva un analista che preferisce restare anonimo, "il Ruanda vede nei banyamulenge la minaccia principale dal vicino Congo".
Dal settembre del 2017 per circa un anno, alcuni villaggi tra gli altopiani del Sud Kivu controllati dai miliziani banyamulenge hanno ospitato combattenti di Kayumba Nyamwasa, il nemico numero uno di Paul Kagame.
Nyamwasa, ex generale e capo di stato maggiore dell'esercito ruandese, sogna da tempo, dal suo esilio in Sudafrica, di rovesciare il presidente ruandese. Alla fine del 2017 la presenza degli uomini di Nyamwasa era per il Ruanda una provocazione e le relazione tra Kagame e Joseph Kabila si sono deteriorate.

"Non esiste una vera solidarietà etnica o politica. Contano solo gli interessi", constata Alexis Sinduhije, un giornalista e politico dell'opposizione burundese, che nel 2008 fu arrestato e poi andò in esilio. Alcuni giovani del suo partito, il Mouvement pour la solidatité et la démocratie (Msd), in prevalenza tutsi, hanno imbracciato le armi nel Sud Kivu contro il regime autoritario del Burundi. Secondo un'inchiesto dell'ONU l'avrebbero fatto dietro suo ordine, ma è un'accusa che Sinduhije respinge. Gli inquirenti e le autorità del Burundi sospettano inoltre che l'Msd sia appoggiato dal Ruanda. Nell'attesa di "liberare il Burundi" i combattenti dell'Msd vagano sugli altopiani del Kivu, dove secondo alcune fonti danno man forte ai miliziani mai - mai quando, quasi quotidianamente, aggrediscono i banyamulenge, ne razziano il bestiame, uccidono civili, incendiano villaggi.
Gli stessi crimini sono compiuti dai giovani agli ordini di Makanika, che li descrive come studenti che hanno abbandonato le aule universitarie a Nairobi, Kampala o Kigali per tornare a casa e "salvare il loro popolo".

Queste violenze creano grandi spostamenti di civili : i dati dell'ONU parlano di quasi 300 mila sfollati tra il febbraio del 2019 e il settembre del 2020, centinaia di morti e decine di violenze sessuali sulle donne. Oggi la RDC conta più di cinque milioni di sfollati interni. Un milione di congolesi vivono da profughi nei paesi confinanti.

-Conclusioni




L'omicidio dell'ambasciatore italiano nel Nord Kivu fa tornare in primo piano la situazione drammatica nell'est del paese.
Sono attacchi, omicidi, stupri commessi in territorio congolese che rendono un inferno la vita dei cittadini e, tutto questo avviene all'interno di conflitti che durano da oltre 20 anni. Tuttavia, è bene sottolineare che la comunità internazionale, o più precisamente alcune potenze occidentali, hanno sfruttato gli eventi drammatici accuditi in questa parte dell'Africa, nella cosiddetta regione dei "Grandi laghi".
Visto dalla RDC, questo omicidio sulle alture tristemente leggendarie del Kivu fa tornare in primo piano il problema, mai risolto, della sicurezze nelle province orientali del paese. Da un quarto di secolo i congolesi che abitano nel Nord Kivu, nel Sud Kivu, nell'Ituri e nel nord del Katanga vivono una tragedia infinita, che ha già causato milioni di morti.

In questo dramma, cominciato nel 1994 con l'arrivo in massa dei profughi ruandesi - tra cui i combattenti hutu vicini al regime genocida di Juvénal Habyarimana - i congolesi sono unici a piangere. 

Proprio gli eventi drammatici accaduti in Ruanda nel 1994 sono stati sfruttati dalle potenze occidentali per completare il progetto cominciato alla conferenza di Berlino del 1885, cioè rendere il vasto spazio congolese un magazzino di risorse e materie preziose a cui i vincitori possono attingere liberamente.
Da lì è facile intuire che le ragioni umanitarie sventolate da chi ufficialmente si trova nel paese per assistere, aiutare, sostenere e rafforzare l'RDC non sempre corrispondono alle motivazioni reali. Spiega inoltre l'incredibile contrasto tra la quantità di risorse umane, finanziarie e logistiche spese negli ultimi 20 anni e gli scarsi risultati ottenuti. E fa capire perché si dedicano attenzioni diverse alle province orientali e alle altre regioni del paese, nonostante la povertà sia un problema per tutti.
(Fonte:lemonde)
-Fine-
Bob Fabiani
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-www.lemonde.fr/afrique/rdc



martedì 2 marzo 2021

Quelle mille guerre del Congo. Pt.1


 




L'attacco in cui sono morti l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava e il loro autista è un crudele promemoria del conflitto che va avanti da più di vent'anni nell'est della Repubblica Democratica del Congo.
La tragedia è accaduta sulla strada che da Goma, il capoluogo della provincia del Nord Kivu, porta a Rutshuru
E' una strada ben nota ai turisti che visitano il parco naturale dei monti Virunga, ma gli abitanti della zona sanno anche che a una decina di chilometri da Goma c'è l'incrocio delle "tre antenne", un posto molto pericoloso, dove anche il direttore del parco, Emmanuel de Merode, ha rischiato di morire qualche anno fa. L'incrocio si trova vicino a un'area in cui si nascondono gruppi armati, delinquenti comuni e banditi di strada.

Ma cosa realmente significa questo attacco? Quali scenari si porta dietro? Quali interessi, alleanze e tradimenti si celano al centro di conflitti che durano ormai da più di venti anni?

E' quello che AfricaLand Storie e Culture africane cercherà di analizzare in questo post.


-Conflitti ventennali


  




Le province orientali dell'RDC sfuggono al controllo di Kinshasa. A dettar legge sono le milizie, che rispondono al Ruanda, all'Uganda e al Burundi.


Makanika è tornato in guerra.
Sull'uniforme dell'ex colonnello dell'esercito congolose, disertore, non ci sono simboli né bandiere : Michel Rukunda, questo il suo vero nome, obbedisce solo a se stesso. Asserragliato sugli altopiani del Sud Kivu, nell'est della Repubblica Democratia del Congo (RDC), si dice "pronto a morire" per i suoi.
I suoi sono i banyamulenge, una comunità di pastori tutsi dalle lontane origini ruandesi. Da gennaio del 2020 Malanika è uno dei comandanti della loro lotta armata. I banyamulenge vivono nell'RDC da secoli (secondo alcuni studiosi da prima del 1885, l'anno in cui questo territorio diventò proprietà personale di re Leopoldo II del Belgio ...), ma non sono riconosciuti parte integrante della nazione. Le altre comunità li considerano degli invasori al soldo del regime ruandese di Paul Kagame. Dal 2017 i banyamulenge sono il bersaglio delle milizie mai - mai, formate da giovani bantu a scopo di autodifesa e spesso anche loro comandate da altri disertori dell'esercito congolese.
Gli assalti contro i villaggi dei banyamulenge si sono intensificati alla fine dell'anno socrso. 

"Vogliono cancellare la mia comunità dalla mappa del paese", denuncia Makanika, che nega di ricevere aiuti dal Ruanda e accusa i mai - mai di avere l'appoggio di alcuni dei gruppi armati stranieri che proliferano nelle province orientali dell'RDC.

Dalla fine degli anni Novanta Uganda, Ruanda e Burundi, che confinano con l'RDC, conducono qui innumerevoli guerre per procura o usano alcune milizie per annientare le rispettive opposizioni interne. Spesso conflitti scatenati per motivi in apparenza futili finiscono per assumere una dimensione regionale.
Come le centinaia di signori della guerra che mettono a ferro e fuoco le province orientali dell'RDC, Makanika conosce bene queste dinamiche. Del resto, anche lui ne è un prodotto. Quand'era molto giovane fu attirato dalla guerriglia per reazione alle politiche discriminatorie della dittatura di Mobutu Sese Seko (1965 - 1997), che perseguitava i tutsi congolesi. Negli anni Novanta aderì al Fronte patriottico ruandese (Fpr), fondato da Fred Rwigema e da Paul Kagame e sostenuto dal presidente ugandese Yoweri Museveni
Makanika ricevette un addestramento militare in Uganda e fece il battesimo delle armi in Ruanda, dove contribuì alla vittoria di Kagame, che nel 1994 entrò a Kigali e mise fine al genocidio dei tutsi. In quel periodo l'afflusso di centinaia di migliaia di profughi ruandesi, in gran parte hutu, nell'RDC rese critica la situazione per i banyamulenge. Per questo nel 1996 Makanika decise di tornare nel suo paese a combattere.

Gli abitanti del Sud Kivu non hanno mai dimenticato l'arrivo dei combattenti dell'Fpr con indosso la divisa dell'esercito ruandese, capeggiati da miliziani banyamulenge che cercavano vendetta. Il 6 ottobre 1996 attaccarono l'ospedale di Lemera, dove uccisero una trentina di pazienti (il massacro diede il via a quella che sarebbe passata alla storia come le prima guerra del Congo ...). Il vicegovernatore del Sud Kivu ordinò a tutti i banyamulenge di lasciare lo Zaire (il nome dell'RDC a quei tempi). Ma il gruppo stava acquisendo sempre più potere all'interno del movimento guidato dal leader marxista Laurent - Désiré Kabila, che era deciso a rovesciare Mobutu con il benestare di Ruanda e Uganda. Gli uomini di Kabila marciarono per duemila chilometri verso la capitale Kinshasa, dove il 17 maggio 1997 fecero cadere il dittatore.

Nonostante il contributo decisivo all'ascesa di Laurent - Désiré Kabila, i banyamulenge non ottennero il riconoscimento che si aspettavano. Nel giro di pochi mesi si consumò il divorzio fra Laurent - Désiré Kabila e i suoi alleati ruandesi e ugandesi, e scoppiò la seconda guerra del Congo (1998 - 2003), che coinvolse nove paesi africani (RDC, Uganda, Ruanda, Burundi, Namibia, Angola, Zimbabwe, Ciad, Sudan) e causò la morte di centinaia di migliaia di congolesi.

Fu allora che Yoweri Museveni, presidente dell'Uganda, e Paul Kagame, presidente del Ruanda, s'imposero come gli uomini forti nella tormentata regione dei Grandi laghi. Le loro truppe occuparono parte delle province orientali dell'RDC, ne saccheggiarono le risorse (miniere e legname pregiato) e ne sfruttarono le terre fertili. Tuttavia anche questi fratelli d'armi alla fine diventarono rivali, al punto di scontrarsi sia direttamente, a Kisangani, nella "guerra dei sei giorni" (5-10 giugno 2000) sia attraverso i movimenti politico - militari congolesi che controllavano.
E così la galassia dei gruppi armati attivi nell'est dell'RDC si è ricomposta ogni volta in funzione di interessi, alleanze e tradimenti.
(Fonte:lemonde)
-Fine Prima Parte-
Bob Fabiani
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