AfricaLand Storie e Culture africane, ospita, in occasione della
Giornata Mondiale del Rifugiato un lungo
#Reportage per fare il punto della situazione di quanto sta avvenendo nella città
#nigerina di
#Agadez che si trova alle porte del
#Sahara e, trasformatesi in un posto di blocco per i movimenti della popolazione che si spinge verso il
#NordAfrica e il
Mediterraneo.
Il
reportage sarà diviso - data la lunghezza - in
quattro parti -, oggi partiamo da alcune considerazione raccolte dal
giornalista,
Rémi Carayol,
inviato speciale de
Le Monde diplomatique in
#Niger.
(Bob Fabiani)
Migranti intrappolati nella rete di Agadez
"E' mercoledì mattina e un dolce torpore avvolge la stazione degli autobus di
Agadez. La stagione calda è alle porte. Fin dall'alba, sulla città è sceso un velo di polvere. Ma il meteo non giustifica l'esiguo numero dei viaggiatori.
"Da molto tempo non ce n'è più", afferma rattristato un bigliettaio.
"Le persone che vanno verso nord si nascondono", prosegue, disteso su una stuoia accanto a un collega addormentato
.
Agadez è la principale città del
Nord del
#Niger e le agenzie turistiche l'hanno soprannominata
"la porta del deserto", ma questa denominazione non le si addice più. Eppure, un tempo, la stazione centrale da cui partivano i convogli per raggiungere
Dirkou e la
Libia, era il cuore pulsante della città. Ogni lunedì, decine di veicoli, a volte quasi
duecento, si avviavano verso il deserto, trasportando bestiame e passeggeri. La maggioranza di questi ultimi, provenienti dall'
Africa occidentale e, più raramente, dal centro o dall'est del continente, cercava di giungere in
Libia e,
inshallah, in
Europa.
Scortati dall'esercito fino alla frontiera
libica, i convogli erano sinonimi di grande speranze per coloro che vi sgattaiolavano dentro e di una boccata d'ossigeno per gli abitanti di
Agadez.
"Tutta la città viveva di questo", sospira, con sguardo sognante
Mahaman Sanoussi, un militante del mondo associativo molto conosciuto.
"La migrazione era legale. Gli autisti gestivano un'attività rispettabile e pagavano le tasse come tutti gli imprenditori. La legge 2015-36 ha cambiato tutto".
Primo destinatario dell'"aiuto" di Bruxelles
La legge del
26 maggio 2015 sul traffico illegale di migranti, percipita nel
Nord del
Niger come un flagello, ha reso illegale dall'oggi all'indomani quel che prima era un'attività commerciale come un'altra, e gettato in prigione decine di giovani del paese. Il
2015 è l'anno in cui l'
Unione europea ha costruito un muro invisibile per bloccare i migranti provenienti da
Sud; l'anno dell'agenda europea sulla migrazione e del summit a
La Valletta. In quell'occasione, i
Ventotto, riuniti nella capitale
maltese, progettavano l'esternalizzazione della lotta contro l'immigrazione, con la complicità di alcuni
Stati africani.
Bruxelles sa come convincere i propri
"partner": a questi squattrinati governi vengono promesse cifre colossali (oltre
2 miliardi di euro) per
"accompagnarli" nel contenimento di chi vuole compiere il grande viaggio. Il
Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa (Eutf) "a favore della stabilità e della lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa" finanzia molti progetti nell'ambito di quel che la
Commissione europea definisce
"cooperazione su misura" (1) con la
Nigeria, il
Senegal, l'
Etiopia, il
Mali e il
Niger.
Il
Niger, che confina con
Algeria e
Libia, ha un ruolo centrale nella strategia europea. Dopo la liquidazione del regime di
Mu'ammar Gheddafi ad opera della coalizione
franco-britannica, nel
2011,
Agadez è diventato il principale luogo di transito verso il
Vecchio continente. Nel
2016, vi sarebbero passati quasi
400.000 migranti, in viaggio per il
Maghreb (2), prima di proseguire, nella maggior parte dei casi, attraverso il
Mediterraneo. Nel
2015,
Beuxelles, l'ha dunque individuata come uno dei principali bersagli della propria politica di stretta sulla migrazione.
Il
Niger, paese più povero del mondo, stando al Programma delle
Nazioni Unite per lo sviluppo, deve far fronte a gravi minacce alle proprie frontiere:
Boko Haram a
Sud-est, i gruppi armati del
Mali nel
Nord-ovest, le
milizie tebu nel
Nord... Lo Stato guidato da
Mahamadou Issoufou, alleato della
Francia, ha bisogno di soldi e di sostegno militare. l'
Eutf, in tre anni, ha stanziato per questo paese più che per ogni altro:
266,2 milioni di euro. La teoria ufficiale di prestare sostegno allo sviluppo o ancora di lottare contro la tratta degli esseri dissimula un obiettivo ben più prosaico: bloccare, anche con la forza, i flussi migratori verso l'
Europa.
Una parte dei fondi è destinata alla ricostruzione dello Stato e al controllo delle frontiere: potenziamento delle forze di sicurezza
nigerine attraverso la creazione di un'unità scelta di lotta contro le migrazioni e di una squadra investigativa comune
(Sic) per localizzare le
"reti criminali legate all'immigrazione clandestina".
La missione civile di sviluppo della capacità dell'
Unione Europea (eucap Sahel Niger), lanciata nel
2012, può contare anche su una sede ad
Agadez. La sua unità migrazione organizza dal
2015 delle formazioni per le forze di sicurezza e distribuisce materiale. Ufficialmente, i poliziotti provenienti dai quattro angoli dell'
Europa, non intervengono sul campo ma raccolgono informazioni e trasmettono un kow-how tecnico.
L'elaborazione dell'Agenda europea sulla migrazione e l'adozione della legge
2015-36 sono state quasi simultanee. All'interno del governo
nigerino non si levano voci contrarie: questa legge è stata ispirata, se non imposta, dall'
Europa - tanto da essere stata parzialmente redatta da funzionari
francesi.
"E' vero, ci sono state pressioni", ammette il generale
Mahamadou Abou Tarka, presidente dell'Alta autorotà per il consolidamento della pace
(Hacp), ente connesso alla presidenza e incaricato di seguire l'applicazione della legge.
"Ce ne stiamo occupando da un po'. A partire dal 2012, l'esplosione dei flussi migratori era diventata per noi una delle maggiori preoccupazioni. All'inizio l'abbiamo tollerata, sopratutto perché era un modo per i nostri connazionali di guadagnarsi da vivere. Ma ne sono derivati molti traffici illeciti. Quando l'Europa ci ha detto : vi diamo i soldi, abbiamo colto l'occasione al volo".
Un proverbio locale dice :
"quando sei in fondo a un pozzo, prendi tutto quel che viene dall'alto, foss'amche un serpente".
Da quel momento in poi, chiunque permetta a un
migrante di entrare illegalmente nel territorio, o di uscirne, ricevendone in cambio un vantaggio economico o materiale, rischia da cinque a dieci anni di carcere e una sanzione che può arrivare a 5 milioni di franchi
Cfa (7.630 euro). Chi gli presti aiuto durante il soggiorno - ospitandolo, nutrendolo o fornendogli vestiti - incorre in una pena da due a cinque anni di prigione. Dal
2016, sono state arrestate quasi
trecento persone, tra autisti e passeur, e sono stati sequestrati più di
trecento automezzi.
- Fine Prima Parte -
*Rémi Carayol
(Fonte.:mondediplomatique)
Bob Fabiani
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