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martedì 31 luglio 2018

#ZimVotes2018: Nelson Chamisa dichiara la 'vittoria eclatante' nel voto del #30luglio2018 in #Zimbabwe





Il leader del Movimento per il cambiamento democratico (MDC) ha dichiarato, pochi minuti fa, la "brillante" vittoria nelle elezioni generali tenutesi ieri, lunedì #30luglio2018 in #Zimbabwe, le prime senza l'ingombrante presenza - sulla scheda elettorale - di Robert Mugabe.

Ecco le parole di Chamisa:

"Vittoria brillante, eclatante (...) Abbiamo svolto un lavoro perfetto, straordinario", ha twittato Nelson Chamisa, un risultato maturato e basato su un numero di voti raccolti in circa 10 mila seggi elettorali.



Il giovane leader dell'opposizione zimbabwana ha poi concluso, sempre dallo stesso messaggio social : "Ora, siamo pronti a formare il prossimo governo".

Intanto ieri, in tutto lo #Zimbabwe hanno fatto scalpore l'eco delle parole del "Compagno Bob" che, a sorpresa dichiarava: "Voterò per l'opposizione. Per la prima volta in assoluto abbiamo una lunga lista di aspiranti al potere ... Ma non posso votare per quelli che mi hanno tormentato spero che elezioni spazzino via il governo dei militari e riportino lo Zimbabwe alla costituzionalità".

Insomma al tirar delle somme il voto storico del #30luglio2018 sembra essersi materializzato tra chi ha dato fiducia a Chamisa (ma in questo modo potrebbe in qualche modo riscattato proprio il "Compagno Bob" n.d.t) e chi invece, ha votato per Mnangagwa (detto "il coccodrillo") e rappresentante delle forze armate. In ogni modo si potrebbe aprire una stagione alquanto confusa in #Zimbabwe e, non è detto che poi, il verdetto sia davvero rispettato da tutti anche se, al momento, non ci sono indizi che possano far pensare a una soluzione muscolare della contesa elettorale.
Quanto durerà l'incertezza? I militari accetteranno di fare un passo indietro quasi laterale, nel tentativo della formazione del nuovo esecutivo? Tutte domande ancora premature, anche perché ancora non ci sono dati ufficiali post-voto.

-Grande affluenza e partecipazione popolare al voto di lunedì

Erano in molti a recarsi alle urne in #30luglio2018 all'apertura degli uffici elettorali per le prime elezioni generali dopo la caduta di Robert Mugabe, nel novembre scorso, dopo quasi 40 anni di potere ininterrotto.
Ovunque nel paese africano le operazioni di voto si sono svolte nella massima tranquillità senza incidenti e, tutto sommato la prova democratica è stata superata brillantemente: ora lo #Zimbabwe attende di entrare in una nuova stagione che si spera, dia risposte concrete sul cambiamento invocato dai cittadini zimbabwani.
A conferma di quanto sia precaria la situazione del post-voto dopo la dichiarazione di Chamisa gli fa eco quella di Mnangagwa che sostiene di essere in vantaggio nello scrutinio dei voti, come riporta Afp pochi istanti fa.
Nulla appare scontato: ci aspetta una lunga giornata dopo il conteggio dei seggi elettorali in tutto lo #Zimbabwe.
(Fonte.:jeuneafrique;afp)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com;
-www.afp.com 

lunedì 30 luglio 2018

#ZimDecides2018





I zimbabwani si apprestano a vivere una giornata storica, a lungo attesa: quella di potersi recare alle urne per esprimere il proprio voto per le elezioni senza avere davanti l'ingombrante figura di Robert Mugabe. E' questo il primo aspetto storico di questo #30luglio2018, un lunedì unico che segna il definitivo inizio di una nuova pagina per lo #Zimbabwe.




I seggi sono stati aperti regolarmente alle 8 ora locale e così, hanno preso il via ufficialmente le operazioni di voto per 5,6 milioni di zimbabwani per quelle che sono le prime elezioni - 8 mesi dopo - la caduta di Robert Mugabe.
Oggi infatti i cittadini dello #Zimbabwe sono chiamati alle urne per eleggere il loro presidente, deputati e consiglieri comunali.




Per la prima volta dunque i 5,6 milioni di cittadini dello #Zimbabwe andranno a porre il proprio voto dopo la cacciata di Robert Mugabe, al potere da quasi 40 anni conducendo il paese in una grave crisi economica.
Un lunedì storico perché queste sono le prime elezioni dall'indipendenza dal regime dell'apartheid rhodesiano - a quell'epoca l'attuale #Zimbabwe si chiamava ancora con il nome imposto dai colonizzatori britannici, Rhodesia - senza la cappa pesante costituita dall'ombra del "Compagno Bob". Euforia e speranze vanno a braccetto in questa giornata elettorale: i cittadini zimbabwani sperano di scrollarsi di dosso la spirale della povertà (il 72% infatti si trova a vivere sotto questa soglia) e, sperano anche i giovani che la dilagante disoccupazione inizi a rallentare.
I candidati devono superare il 50% dei voti per essere eletti altrimenti si andrà all'eventuale ballottaggio (per il turno): favorito - almeno stando ai sondaggi degli ultimi giorni prima del lunedì di voto - sarebbe l'attuale presidente Emmerson Mnangagwa, 75 anni soprannominato "il coccodrillo" per l'astuzia politica e sostenuto dal partito che detiene il potere, praticamente da sempre, lo Zanu-PF. 
Nell'immediata vigilia elettorale, l'ex capo di Stato, il "Compagno Bob", ha fatto recapitare il "suo personale augurio": "Auguro la sconfitta al mio ex partito. Non posso votare per lo Zanu-PF".



In queste ultime settimane "Mnangagwa, il coccodrillo" ha cercato di legittimare e migliorare la sua immagine, cercando di presentarsi come "l'unico in grado di portare il cambiamento" nello #Zimbabwe.
Il principale sfidante è il giovane 40enne Nelson Chamisa, candidato del Movement for Democratic Change (Mdc), un ruolo che ha ereditato dopo la morte dello storico oppositore Morgan Tsvangirai. A parte qualche caduta di stile e gaffe durante la campagna elettorale, Chamisa è un politico appassionato ed energico e, per questa ragione, ha attirato su di sé molte critiche, comprese quelle arrivate dal suo partito.
Nei sondaggi  - tra questi abbiamo riportato quelli effettuati da Afrobarometer - il candidato Mdc ha visto salire il consenso tra gli elettori: mentre Mnangagwa è dato al 40%, Chamisa raccoglierebbe il 37%.
Inoltre c'è da aggiungere che l'esponente Mdc raccoglie i suoi consensi tra i giovani elettori e, del resto, nello #Zimbabwe oltre la metà della popolazione ha meno di 25 anni e, non solo, a questo dato, si deve aggiungere che circa il 43,5% degli aventi diritto al voto ha meno di 35 anni, fa sapere Afrobarometer.

         


Chi riuscirà a vincere queste elezioni storiche: il presidente ad interim Mnangagwa oppure l'esponente del partito d'opposizione (Mdc), Chamisa? Chiunque la spunterà è chiamato a dare risposte concrete per il cambiamento invocato dai giovani zimbabwani e non soltanto limitarsi a promettere di aprire agli investitori perché stavolta, anzi, sopratutto questa volta, potrebbe non bastare. Quello che serve è un cambio di rotta deciso, definitivo e totale: chissà se i militari che hanno dato una svolta, 8 mesi fa per porre fine al lungo "regno Mugabe" portando al comando "il coccodrillo" (e arrivando a occupare poltrone importanti al governo) saranno dello stesso parere.
Passa da qui la sfida per la rinascita definitiva dello #Zimbabwe prima che sia troppo tardi e, per non ripiombare nell'angoscia di una nuova stagione di rivolte.
(Fonte.:afrobarometer;jeuneafrique;thezimbabwean)
Bob Fabiani
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-www.afrobarometer.org/countries/zimbabwe;
-www.jeuneafrique.com/pays/zimbabwe;
-www.thezimbabwean.co

domenica 29 luglio 2018

#MaliDecide (al via operazioni di voto per le #ElezioniPresidenziali)




E' una domenica elettorale quella che si sta svolgendo in #Mali: al momento, non arrivano notizie particolari, assenti qualsiasi focolaio di problemi legati a disordini di ordine pubblico.
I seggi sono stati regolarmente aperti da questa mattina alle 8 ora locale per consentire a 8 milioni di maliani di poter esprimere il sacrosanto diritto del voto. Eppure queste elezioni presidenziali 2018 arrivano in momento particolarmente difficile per il #Mali.




Il paese che oggi va al voto per il primo turno delle elezioni presidenziali, mostra tutti i segni della svolta mancata. A distanza di 5 anni dall'avvio dell'intervento militare franco-africano è evidente il fallimento che penalizza la comunità maliana.
E' un paese attanagliato dalla corruzioni e dal declino sociale e politico che fa di questa tornata elettorale una grande incognita.
Tra gli analisti è stato tutto un crescendo di preoccupazioni per l'alto rischio che il voto presidenziale si porta con sé, nel segreto dell'urna.
Il #Mali è un paese in chiara sofferenza che mostra un preoccupante deficit di democrazia (anzi a ben vedere in tutto il paese africano si sono ridotti gli spazi democratici n.d.t) e, il conto alla fine risulta particolarmente salato. Per tutti.
Il #Mali oggi risulta uno dei luoghi più pericolosi al mondo.




Il lascito della "guerra infinita" - lanciata cinque anni orsono dalla classe dirigente maliana con il supporto di #Parigi - lascia un vuoto spaventoso senza aver minimamente risolto nessuno dei problemi, compreso quello per cui era stata lanciata (in tutta fretta), ossia, la definitiva sconfitta dei jihadisti che oggi, 5 anni dopo, sono più forti che mai. In compenso però, il ritorno a una "finta normalità" ha fatto scoprire una amara realtà ai maliani: il paese è sempre più sprovvisto di infrastrutture e di servizi (anche i più elementari).
I gruppi armati che fanno riferimento ai jihadisti sono diventati quasi gli "unici padroni " del #Mali e, questa triste realtà è confermata anche dall'ultimo rapporto dell'Institute for Security Studies.
Ecco uno dei passaggi salienti:

"Il Mali oggi è il crocevia dell'instabilità regionale e il terreno privilegiato per le potenze occidentali", scrive senza tanti giri di parole l'Iss.




-Voto blindato

A vigilare sul corretto svolgimento delle operazioni di voto nei seggi di tutto il paese africano sono ben 7 mila caschi blu della missione ONU "Minusma". Saranno presenti anche i soldati francesi della missione "Barkhane" coadiuvati da 30 mila militari maliani. 
I candidati alla tornata presidenziale sono 24 e sfideranno il presidente uscente Ibrahim Boubacar Keita (detto Ibk).
La rielezione non è scontata perché Ibk arriva all'appuntamento con le urne avendo alle spalle la peggior crisi di sempre. L'elettorato e il resto della popolazione è stanco di guerra e, non ne può più della fame che umilia pressoché l'intera comunità.
Nulla è andato nella casella giusta e il paese - cinque anni dopo -  dall'avvio della cosiddetta "guerra del nord" è al punto di partenza. La crisi securitaria è drammaticamente uguale a quella del 2013: gran parte del territorio del centro e del nord resta sotto l'arcigno dominio dell'alleanza jihadista, Jama'at nusrat al islam wal muslim (su questo specifico tema stiamo preparando un reportage che pubblicheremo nelle prossime settimane anche perché a urne chiuse chiunque vincerà dovrà tener conto della cosiddetta "questione jihadista n.d.t).
I beni informati fanno sapere che in realtà il risultato che verrà fuori dalle elezioni presidenziali di questa domenica 29 luglio, alla fine saranno a tutto vantaggio dei miliziani jihadisti: sarebbe l'epilogo peggiore per il #Mali già crocevia dei traffici (peggiori) tra Europa e Sahel con le rotte dei #migranti che da tutta l'Africa fuggono da tutti i problemi che affliggono lo stesso #Mali e, che neanche la guerra franco-africana ha saputo minimamente scalfire.
(Fonte.:jeuneafrique;journaldumali)
Bob Fabiani
-www.jeuneafrique.com;
-www.journaldumali.com 

sabato 28 luglio 2018

#JUSTICEFORNIA





E' accaduto di nuovo. L'#AmeriKKKa quella spinta dall'odio razziale verso i neri ha nuovamente battuto un colpo. Cieco. Sordo.
E' la storia di sempre, quella che non passa mai: e se possibile in questi tempi odierni, malati, drogati dalle #fakenews che arrivano direttamente dalla Casa Bianca dove si trova, la peggiore amministrazione che la storia degli Stati Uniti ricordi a memoria d'uomo; la situazione è anche più drammatica per la comunità afroamericana.

Un'altra vittima dell'odio razziale da parte di quell'#AmeriKKKa bianca che si crede depositaria dell'unica verità plausibile è tornata a colpire. A uccidere.



E' la storia di sempre. Una storia amara che si consuma tra rigurgiti di razzismo, un sentimento che è potuto nuovamente tracimare, esplodere, sdoganarsi ai tempi nefasti (e inaccettabili) di #TheDonald - il "presidente razzista" quello che non trovai mai il tempo per condannare queste azioni vili alimentate da un'odio cieco, l'unico che sta alla base di quanti, tra i sostenitori del peggior presidente della Storia USA, credono, sognano e sperano di tornare ai "cari vecchi tempi quelli dello schiavismo" - che del resto, durante la campagna elettorale 2016 ha accettato (senza ritegno) il sostegno e i voti del Ku Klux Klan.
Il quadro è completo: in questa #AmeriKKKa sempre più divisa, in balia dei deliri razzisti di un'amministrazione che è arrivata a deportare, rinchiudere (nelle gabbie!) e separare i bambini migranti solo per alimentare la fobia del declino della "razza bianca" vissuta come se fosse il "male assoluto" di quella parte del Paese che non si rassegna al semplice fatto che, da qui al 2050, in USA i "bianchi diventino minoranza".
Non accettando questa situazione, l'amministrazione di #(Refuse)TrumpPence ha sempre avuto parole di comprensione (e mai di netta condanna) per i razzisti che si sentono autorizzati a rialzare la testa in tutti gli Stati Uniti d'America.
Questo presidente ha sdoganato i suprematisti bianchi al quale apparteneva anche l'ultimo assassino - il giustiziere di #NiaWilson.




L'unica colpa di Nia Wilson era quella di essere afroamericana e per questa ragione meritava di morire - secondo i parametri del suo assassino - che, in una domenica di fine luglio ha trovato la fine dei suoi giorni.
Aveva grandi piani per il suo futuro, Nia Wilson sognando di diventare medico. Ma tale sogno si è spezzato. Per sempre.


Trovare la morte a soli 18 anni in #AmeriKKKa se si nasce con il colore della "pelle nera" è purtroppo la normalità. La normalità di una tragedia. La normalità che si alimenta sempre a senso unico dal momento che gli USA non hanno saputo risolvere la "questione razziale". Meno che mai oggi, in questa #AmeriKKKa guidata da un presidente come #TheDonald che non fa mistero di avere simpatie razziste dovendo rendere conto al suo elettorato bianco, razzista, xenofobo, incattivito dalla crisi economica.
Ma questa è solo la parte finale di una vecchia storia. La solita vecchia storia di un'America che mal tollera la comunità afroamericana e dove questi delitti - come quello di #NiaWilson non trovano mai giustizia         


-#JusticeForNia

La foto che abbiamo postato appena sopra vede la composizione del nome del Movimento afroamericano  - Black Lives Matter - con i nomi dei ragazzi e delle ragazze delle donne e degli uomini di colore che in questi anni hanno trovato la morte per mano delle forze dell'ordine o dei suprematisti bianchi, come nel caso di Nia Wilson (nome che per altro dovrà essere aggiunto alla triste lista) e che certifica il totale fallimento della convivenza tra le "due Americhe".

Nia è stata assassinata domenica scorsa con una coltellata alla schiena mentre stava scendendo da un treno alla stazione MacArthur di Oakland, California, in compagnia delle due sorelle.
L'autore del vile delitto armato dall'odio razziale è John Lee Cowel di 27 anni: se non fosse stato per la compatta e immediata reazione della comunità afroamericana che, una volta raggiunta dall'ennesima tragedia si riversava in strada preparando immediatamente la resistenza e la vibrante protesta questo razzista bianco, l'avrebbe scampata. La folla inviperita per l'ennesimo lutto era pronta ad attaccare il Proud Boys, associazione di suprematisti bianchi a cui apparteneva l'assassino Cowell.
Durante le ore successive all'assassinio di #NiaWilson stava andando in onda il solito refrain: non si è trattato di un "delitto a sfondo razziale" (guarda un po' lo stesso identico ritornello che si sente anche in #Italia dove da quando è arrivato al Viminale il #ministrodellapauraSalvini è iniziato un inaccettabile "caccia al nero" tra spari di fucile e tentativi di "aggressione di coltello" proprio come ad Oakland ...) ma di una azione di "uno squilibrato, un senza tetto, un pazzo, un malato" ... Ecco in fondo il razzismo è sopratutto questo: far veicolare una narrazione falsa, volta a minimizzare, circoscrivere quello che invece diventa un passatempo da sempre, tra i preferiti di quella parte di America che vorrebbe tanto tornare ai "buon vecchi tempi dove i negri erano schiavi".
La cosa sta prendendo sempre più piede lontano dagli Stati Uniti d'America dove i nuovi squadristi si sentono in dovere di rialzare la testa prendendo spunto dal fatto che il #Trumpismo li ha sdoganati e portati in trionfo alla Casa Bianca.

-La reazione in America dopo l'assassinio di Nia





L'attrice bianca Anne Hathaway con un post su Instagram ha scosso le coscienze americane: ecco cosa ha scritto:
"Bianchi come me e voi dovrebbero capire quanto siano privilegiati. Assimilando fino alle ossa la verità che tutti i neri vivono da generazioni nel terrore quotidiano. Nessun bianco può dire di avere paura di uguali violenze. Quanto possiamo definirci ancora decenti se non agiamo subito? Pace e giustizia per Nia".

Il post ha dato subito il via a una reazione sui social: immediato è partito l'hashtag #JusticeforNia al quale anche AfricaLand Storie e Culture africane si sente di dare un contributo.

 



L'atroce delitto di Nia Wilson capita a poche settimane dall'anniversario dei "fatti di Charlottesville" quando, lo scorso agosto una donna afroamericana protestando contro il raduno del Ku Klux Klan fu uccisa da un suprematista lanciatosi a folle velocità con il suo suv contro i manifestanti. Ora, alla luce del delitto di Nia Wilson scatta l'allarme dal momento che i razzisti sono pronti a sfilare nuovamente (e sempre il 12 agosto n.d.r) a Washington e, per altro, la marcia, è stata anche autorizzata.

-Le voci del dissenso 






Viola Davis (attrice)

"Dove ci fermeremo? Nia, grideremo il tuo nome dai tetti!"


Tracee Ellis Ross (artista)

"I nostri corpi e la nostra umanità meritano gioia e sicurezza" 

La comunità afroamericana (e il resto del mondo)

"#NoJuasticeNoPeace #JusticeForNia #SayHerName"

(Fonte.:washingtonpost;latimes)
Bob Fabiani
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-https://www.washingtonpost.com;
-www.latimes.com

La grande attesa per l'esito delle elezioni presidenziali in #Mali e #Zimbabwe




Appuntamenti con le elezioni presidenziali in due importanti Stati africani, il #Mali e lo #Zimbabwe alle prese con problemi e crisi politiche di differente matrice, seppure allineate da un comune denominatore: la corruzione della classe dirigente al potere.




Sono due situazioni complesse e, per quanto riguarda il #Mali necessitano di approfondimenti mirati che pubblicheremo nelle prossime settimane. Qui è sufficiente menzionare che il #Mali perseguitato dal perenne e persistente pericolo jhadista, problema che si pensava di risolvere una volta per tutte con la guerra contro i miliziani dei gruppi jihadisti arriva, alla scadenza elettorale senza aver risolto alcun problema.





"Chi vincerà le elezioni?", si chiede il Journal du Mali in vista dell'election day di domani 29 luglio. Una risposta apparentemente complessa che, tuttavia, gli istituti di sondaggi maliani, risolvono in una maniera quasi del tutto scontata: i candidati favoriti (per la vittoria finale) sono il presidente uscente Ibrahim Boubacar Keita (detto Ibk), il leader dell'opposizioni Soumaila Cissé e l'ex premier Cheick Modibo Diarra, noto astrofico.
Tuttavia come accennato appena qualche riga più sù, il voto di domani è fortemente condizionato da un'opa (ostile) dei cosiddetti gruppi jihadisti che, in questi anni, non solo hanno seminato orrore, morte e disordini ma, ripetutamente messo in ritirata anche l'esercito francese arrivato qui, nell'ex colonia per abbatterli.
Sulla rielezione di Ibk pesa sopratutto "la delusione per il protrarsi dell'insicurezza, nonostante la firma nel 2015 dell'accordo per la riconciliazione in Mali".

In realtà questo accordo non ha risolto praticamente nulla (per approfondimenti vi rimandiamo allo "Speciale Mali" che stiamo preparando e che pubblicheremo nelle prossime settimane).





-Elezioni presidenziali in #Zimbabwe

La tornata elettorale presidenziale nello #Zimbabwe è prevista per il 30 luglio. Citando un sondaggio, The Zimbabwean, informa che il candidato del Movimento per il cambiamento democratico (Mdc, partito d'opposizione), Nelson Chamisa, sta guadagnando consensi e colmando lo scarto con il capo dello Stato, Emmerson Mnangagwa, esponente dello Zanu-Pf, di cui ci siamo occupati sul finire dello scorso anno, nei giorni turbolenti del cosiddetto "golpe indolore di Harare" tanto da portarlo al potere dal mese di novembre 2017, dopo l'allontanamento del "Compagno Bob" divenuto, nel frattempo despota e dittatore, parabola amara di Robert Mugabe.






Durante tutta la durata della campagna elettorale Mnangagwa ha cercato di conquistare il voto dell'elettorato bianco criticando la riforma fondiaria voluta da Mugabe.
(Fonte.:journaldumali;thezimbabwean)
Bob Fabiani
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-www.journaldumali.com;
-www.thezimbabwean.co   
     

giovedì 26 luglio 2018

Se il vento del #Razzismo soffia forte in #Italia (e nel resto dell'#Occidente) mettendo a rischio la #solidarietà e la #giustiziasociale. La denuncia di #AboubakarSoumahoro








Non passa giorno dopo l'arrivo al potere in #Italia del #ministrodellapaura dell'#EsecutivoGialloVerde in cui non si assista alla generale caduta in basso nella sfera dei valori fondamentali che sono (e devono restare, malgrado tutto...) capisaldi irrinunciabili in uno Stato moderno e di diritto quale, è (o almeno lo era... oppure aspirerebbe ad esserlo) il fu (bel)paese.

A poche ore dall'ennesima sparata muscolare dell'inquilino del Viminale (questa volta l'occasione è stata la nuova crociata contro #Strasburgo laddove la Corte europea per i diritti dell'uomo sospendeva lo sgombero del Camping River dal momento che 300 persone finissero per strada. L'inquilino del dicastero dal quale dipende l'ordine pubblico della Repubblica italiana iniziava il consueto uso urlato di epiteti contro i cosiddetti "buonisti" n.d.t) in combutta con la sindaca di #Roma, Virginia Raggi per lanciare la "tabula rasa" ai danni di un #camporom (situato in Via Tiberina n.d.t), ossia, il tanto reclamizzato sgombero del campo (poi sospeso dall'UE per via del fatto che il Comune di Roma non ha presentato ne trovato valide soluzioni alla cacciata delle famiglie dal suddetto campo ...mentre scriviamo queste righe apprendiamo che lo sgombero è in atto tra le denunce dei residenti che ribadiscono di essere stati "sbattuti per strada" ...da fonti governative fanno sapere che invece la soluzione "#exitstrategy" sarebbe stata accettata da alcuni nuclei familiari ...), ne ha approfittato per lanciare il nuovo slogan : il "decreto sicurezza".

Ora è chiaro che da quel poco che è trapelato  - dalle stesse laconiche parole dell'inquilino del Ministero dell'Interno - si percepisca l'entrata in vigore di un "giro di vite" in chiave punitiva verso i #Migranti e i richiedenti asilo, verso le minoranze etniche ma anche verso tutti coloro che non rientrano nella visione oscurantista del #ministrodellapaura.
Ora questo ulteriore scatto in avanti avviene in un contesto sociale e politico tra i più preoccupanti degli ultimi decenni.




Il clima è cambiato (in peggio) e non soltanto sui social ma anche e sopratutto nei gangli vitali del paese dove soffia forte il vento distruttivo del #razzismo e dell'#apartheid in una crescente, inaccettabile "caccia al negro", in ripetuti gravissimi attacchi di stampo fascista (sdoganati dall'arrivo al potere del #ministrodellapaura che fa di tutto per banalizzarli mentre, al contrario arringa, urla, blatera, parole d' odio rivolte contro tutti: migranti e #Ong che hanno il difetto di salvare vite in mare ... ma nel paese si assiste a una pericolosa "deriva disumana" che serve da collante unico al mantra dell'inquilino volta a giustificare la paranoia di una inesistente invasione di migranti assolutamente falsa n.d.t) contro chi si adopera a difesa dei diritti umani in tutta la Penisola.

Ecco allora che AfricaLand Storie e Culture africane ospita la denuncia di Aboubakar Soumahoro sindacalista Usb che difende i diritti dei braccianti schiavi nelle campagne del nostro Meridione.
Aboubakar Soumahoro è un italo-ivoriano laureato in sociologia.




Le parole-testimonianza che leggerete qui di seguito fanno parte di un intervento del sindacalista Usb apparse sulle pagine de L'Espresso (n.26 Anno LXIV - 24 giugno 2018).

Eccone i passi salienti:

"Quanto stiamo vivendo, a partire dai luoghi delle contraddizioni sociali, mentre scrivo queste poche righe, mi fa venire in mente quanto diceva Aimé Césaire : 'Una civiltà che si dimostri incapace di risolvere i problemi che produce il suo stesso funzionamento è una civiltà in decadenza". 
Ma cosa vuol dire che una civiltà è in decadenza?
Ho ripetuto e sono convinto che la nostra civiltà, intesa come società nelle sue varie articolazioni, è in decadenza quando sostiene che l'essere "umano" sia un problema, quando vengono chiusi i porti agli esseri umani, mentre invece, le navi da guerra circolano liberamente e indisturbate. La nostra civiltà è in decadenza quando si pensa di risolvere i temi della giustizia sociale, i bisogni degli esclusi e delle escluse attraverso le politiche di austerità, o quando vengono colpiti con leggi repressive, con tagli allo Stato Sociale o con la ghettizzazione, coloro i quali decidono di lottare.".






Sentire il suono (e ancor di più il significato sociale e politico) di queste parole fa doppiamente male: tuttavia, non possiamo certo permetterci il lusso di recriminare su quello che ha permesso che anche in #Italia si arrivasse a respirare un'aria pesante, una brutta aria che fa somigliare - in modo inquietante - questa #Italia2018 a #Soweto1976 : come è stato possibile ridursi a tanto?
La risposta nel passaggio successivo scritto da Aboubakar Soumahoro dalle colonne de L?Espresso :

"La decadenza di una civiltà avviene quando si utilizza contro chi lotta un linguaggio incendiario e barbaro, perché privo di capacità di argomentazione, o quando si privano i lavoratori, precari, disoccupati, studenti e pensionati della possibilità di uscire da questa condizioni di impoverimento di massa con l'esplosione delle diseguaglianze sociali e la precarietà esistenziale che ci affliggono.". 

Non è un caso che questo passaggio racchiuda il "cuore del problema". Il problema non è il migrante né il rifugiato ma, le politiche d'austerità portate avanti dai governi in nome del diktat del "neoliberismo sfrenato" riportando in essere la "povertà per i popoli europei" al quale, non sono esenti neanche negli Stati Uniti d'America.
Se non si affronta questo nodo non si può risolvere il problema e, guarda caso, questo #EsecutivoGialloVerde (al pari degli altri governi che lo hanno preceduto) non affronta minimamente la questione. Anzi, ne fa una continua censura. Bypassando questo passaggio centrale, a quel punto, l'inquilino del Viminale è costretto  a mettere in campo una paranoica visione (tipica delle destre estreme, xenofobe e razziste n.d.t) utile a creare una pericolosa spirale di "odio etnico". Una sorta di "chiamata alle armi" utile a mettere gli uni contro gli altri. Gli ultimi contro i penultimi. ... dando così il via a quel "#FarWestItalia" assolutamente inaccettabile.

Come si può uscire da questa situazione?

Ecco cosa pensa Aboubakar Soumahoro:

"Per uscire da questa situazione non si possa prescindere da processi che definisco di 'ricomposizione meticcia'. Perché non si può parlare di giustizia sociale se non si parla di antisessismo, di antirazzismo e di antifascismo. Perché la solidarietà è la carne viva della nostra società, che non vuol dire 'buonismo'. 
Solidarietà vuol dire coniugare umanità e giustizia sociale insieme, a partire dai bisogni delle persone in quanto esseri umani e non merce di scambio. Una solidarietà quindi che veda camminare insieme  gomito a gomito braccianti e rider, lavoratori del pubblico e quelli del privato, disoccupati e precari, perché accomunati dal bisogno di un uguale salario per un uguale lavoro. 
Ciò indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza geografica. Perché il bisogno di un lavoro e di un giusto salario, il diritto all'abitare, alla pensione, a costruirsi un presente e un futuro dignitoso non possono essere negati a nessuno.




Si tratta di bisogni di donne e uomini, che siano gay, lesbiche o meno, che richiedono risposte concrete senza alcuna strumentalizzazione né da parte di coloro i quali ci hanno portato in questo calvario né da chi ci governa oggi. 
La campagna di banalizzazione e disumanizzazione, con progetti di schedature etniche o guerra a chi salva vite umane, definendoli taxi del mare, con l'utilizzo di un linguaggio incendiario è sintomo di una decadenza che la nostra umanità non può accettare, culturalmente e socialmente.
C'è bisogno di un'umanità aperta che sappia partire dai luoghi delle contraddizioni sociali e culturali. Vale a dire insieme agli "invisibili e sfruttati" sistematicamente e continuamente impoveriti dalle politiche di austerità e dai tagli al welfare e ai servizi sociali, o dalle diverse forme di oppressione che vivono sulla propria pelle." . 


Il sindacalista italo-ivoriano Usb conclude così:

"So bene che è una strada impervia e difficile, sono più che consapevole che è lunga la lotta per affermare i nostri diritti, ma siamo in cammino e non abbiamo nessuna intenzione di fermarci."










-Tesimonianza/2:"Non si affitta a stranieri", #AboubakarSoumahoro


"Non affittiamo a stranieri" . E' stata la risposta che si è sentito dare il sindacalista italo-ivoriano dell'Usb noto per le sue battaglie contro il caporalato (altro problema di cui il #ministrodellapaura non parla mai nei suoi frequenti post sui social e nelle tante, troppe interviste che rilascia ai media adoranti), da diverse agenzie immobiliari di #Roma.
A denunciarlo è stato lo stesso #AboubakarSoumahoro che su Twitter scrive: "A quanti è negata la possibilità di affittare una casa? Perché studenti, precari, lgbt, meridionali o stranieri. Siamo sulla stessa barca, tutti". 

Il sindacalista aveva anche raccontato su Facebook la sua esperienza: "Sto cercando casa da affittare, chiamo un'agenzia di Roma concordando un appuntamento. Al termine della telefonata, durata oltre 4 minuti, l'operatrice mi chiede di lasciare i miei riferimenti, appena sente le iniziali del mio nome e cognome, mi dice che "Non si affitta a stranieri".

-Conclusioni 

Abbiamo voluto riportare questo episodio perché questo problema del diritto all'abitare di cui parla il sindacalista nel suo intervento sulle pagine de L'Espresso prima (in modo generale) e poi sulle pagine social (in modo diretto) è un problema che diventerà centrale nelle prossime settimane,rischiando di diventare ancor più esplosivo dopo i propositi bellicosi del #ministrodellapaura che nel decreto sicurezza - da approvare entro l'estate così fa sapere - partendo dall'attacco contro i rom ("sgomberi di ruspa e di governo") ma vuole andare a parare da un'altra parte. L'inquilino del Ministero dell'Interno intende entrare a "gamba tesa" contro le occupazioni abitative: ecco che anche in #Italia il cosiddetto #EsecutivoGialloVerde che a parole si schiera contro l'establishment   - tratto indelebile del #Trumpismo in #AmeriKKKa - mostra il vero e reale volto. E si schiera (come fanno sempre le destre fasciste n.d.t) con le lobby di settore (edilizia), le quali, adoranti, ringraziano.
Cosa significa (tradotto dal lessico ... del tutto limitato del #ministrodellapaura ) ?
Significa che il titolare del dicastero più importante del governo metterà insieme molti temi: dall'immigrazione all'ordine pubblico, decoro e sicurezza pubblica.
(Fonte.:lespresso;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-http://lespresso.it;
-www.ilmanifesto.it;
-www.usb.it           

mercoledì 25 luglio 2018

De Beers trasferisce 200 elefanti in Mozambico







Una delle piaghe più diffuse e odiose in #Africa è senza dubbio quella della bracconaggio.
Non si può dire però che i vari stati africani - ognuno per proprio conto - non abbia provato, negli anni, a combattere questa "impresa criminale". Gli esempi sono tanti e, seppure, la pratica sia in generale diminuzione, non si può affermare che sia stata vinta del tutto.

Certamente una delle pagine più efficaci arriva proprio dal Sudafrica dove, da qualche anno sono attive su questo specifico fronte le #BlackMamba ragazze-ranger che passano le loro giornate lavorative cercando di stanare i bracconieri.





Queste ragazze-ranger fanno un lavoro durissimo per tentare di salvaguardare gli elefanti sudafricani che, altrimenti andrebbero incontro a morte certa. L'operato delle #BlackMamba è meritevole ma certo da solo non basta.





Da qualche tempo, in tutto il Continente Nero si assiste a un ritorno in grande stile dei bracconieri e la situazione sta precipitando mettendo a rischio l'esistenza e la sopravvivenza di questi stupendi esemplari, simbolo dell'#Africa.

Nei giorni scorsi ha fatto storcere la bocca a molti la singolare decisione di De Beers, il produttore mondiale di diamanti che, ha deciso di trasferire 200 elefanti dal Sudafrica al Mozambico.







La decisione del celebre produttore arriva a seguito della massiccia presenza degli elefanti e, a detta dell'entourage del magnate, queste presenze troppo elevate "danneggiano l'ecosistema".
Per giustificare questa decisione dunque De Beers e il suo staff hanno parlato di gravi danni all'ecosistema senza però rendersi conto che, questo spostamento in Mozambico - paese molto arretrato sul fronte e il contrasto al bracconaggio - possono mettere a rischio estinzione tutti e 200 gli elefanti. Basterà la promessa del produttore di mettere a disposizione imprecisati fondi anti-bracconaggio?

(Fonte.:bbc)
Bob Fabiani
Link
-www.bbc.co.uk/world/africa
  

lunedì 23 luglio 2018

Il viaggio di Xi Jinping nel #ContinenteNero per rafforzare l'asse Cina-Africa





Ha perso il via il 21 luglio il tour di una settimana in #Africa del presidente cinese, Xi Jinping.
Un viaggio che si snoda tra #Senegal, #Ruanda e, tappa finale in #Sudafrica, dove si svolgerà il summit dei Paesi emergenti, conosciuti con il nome di #Brics.






Nel momento in cui l'Occidente (e l'UE in modo particolare) pensa al Continente Nero più come un fastidio che, invece, come risorsa utile a sviluppare nuove strade verso un "sviluppo costruttivo" per dare risposte finalmente concrete al di là e al di qua del #Mediterraneo, finendo puntualmente per mettere in piedi idee che, non si distaccano troppo da una funzione punitiva, in una visione del tutto xenofoba e, senza la benché minima progettualità, a parte la folle rincorsa alla "guerra contro le migrazioni" senza mai provare ad allargare l'orizzonte che possa dare seguito a una vera, proficua partnership tra Vecchio Continente e #Africa c'è qualcuno che invece, ha intrapreso questa strada già da molto tempo: la Cina.





Dal canto suo, la Cina continua - senza tentennamenti né ripensamenti - l'opera diretta per andare in tutt'altra direzione rispetto alla miopia occidentale (ed europea), accecata e intossicata (irreversibilmente?) dal "virus xenofobo" e dalla paranoia di fantasiose quanto improbabili invasioni di Migranti, animata e urlata dai "sovranisti alla Bannon" e del resto, non è da oggi che il "gigante cinese, il dragone" ha capito che, la migliore mossa da fare era quella d'inserirsi in questo vuoto lasciato dagli occidentali e, che l'infinito Continente Nero rappresentava una sfida da intraprendere e da vincere.





Nasce da questa intuizione il primato della Cina in Africa tanto che, dal 2009 il "Dragone cinese" è diventato il principale partner commerciale in tutto il Continente Nero.
A partire da quell'anno si può dire che il termine #ChinAfrica non è più solo un'espediente giornalistico ma, la realtà dei fatti. 
Questa posizione necessita un continuo sforzo da parte della Cina per mettere in campo una solida rete finanziaria e politica; uno sforzo profuso da #Pechino da 20 anni a questa parte.


-Xi Jinping in Ruanda, antipasto del summit tra Africa e Cina


Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato in visita a Kigali nella giornata di ieri, domenica 22 luglio. Fitto il programma degli incontri tra le due delegazioni che si concluderanno nella giornata odierna. Il ministro ruandese, Olivier Nduhungirehe ne approfitterà per "firmare accordi e lanciare progetti vantaggiosi per entrambi i paesi".
Xi Jinping è già stato in Senegal allo scopo di preparare il summit Africa-China che è in agenda il prossimo mese di settembre, a Pechino.




-Vertice Brics in Sudafrica

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica si danno appuntamento a #Johannesburg: il vertice prenderà il via mercoledì e si concluderà venerdì.
Si tratta del 10ecimo  summit del blocco del Brics. L'agenda sarà incentrata quest'anno su "crescita inclusiva e prosperità condivisa nella quarta rivoluzione industriale" .

Non saranno i soli temi che verranno affrontati dai leader presenti nella #NazioneArcobaleno, infatti, sono in scaletta temi importanti che spaziano dai vaccini alle politiche di genere e il turismo.
Colpisce sopratutto il fatto che, questo summit viene subito dopo il #G20 di Buenos Aires, in Argentina e, laddove i "grandi del pianeta" e i colossi del cosiddetto "mondo ricco" hanno passato gran parte del tempo a parlare di dazi e muri, chiusure e nessuna prospettiva certa per lo sviluppo e il benessere di miliardi di persone, a #Johannesburg si parlerà e si ragionerà guardando al futuro e, procedendo sempre più speditamente nella valorizzazione di "mondi altri" compresa l'#Africa.








-Africa-Cina un asse strategico (per Xi Jinping)


A partire dal 2000 qualcosa come 10mila società cinesi hanno avviato attività nel Continente Nero e, da quel momento, il commercio tra Cina e Africa sarebbe aumentato del 20% ogni anno. Proprio a partire dal 2009, la Cina è diventata il principale partner commerciale in Africa, superando e surclassando le ex potenze coloniali che da allora si sono cosparse di cenere la testa e, in modo disordinato quasi con aria snob da antichi padroni, sono tornati in Africa.
Non per contrastare la superpotenza cinese né per fare concorrenza a Pechino ma per intraprendere una sconclusionata guerra contro i jihadisti dell'Isis dimostrando ancora una volta di non avere leader in grado di capire come si deve collaborare con l'Africa.




-Conclusioni

Il futuro dunque è sempre più rivolto verso la "#CinAfrica", dato che il Continente Nero è integrato nel principale progetto economico cinese: la "New Silk Roads", che il presidente Xi Jinping metterà a punto nel viaggio africano di questi giorni. Un progetto lanciato a maggio 2017, destinato a rafforzare il commercio cinese con Europa e Asia coinvolgendo (e non da comprimaria) proprio l'Africa in parallelo al declino senza soste degli USA di #TheDonald che nella loro assurda, razzista visione del mondo pensano di poterne fare a meno.
Oggi è la Cina la vera superpotenza mondiale e, raccogliendo il testimone da Washington non hanno fatto lo stesso errore, quello di snobbare l'Africa e il suo immenso continente.
(Fonte.:cnn;jeuneafrique;chinafrica;africarivista)
Bob Fabiani
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-http://chinafrica.cn;
-www.cnn.com;
-www.jeuneafrque.com;
-www.africarivista.it/africa-xi-jinping-in-visita-nel-continente/

domenica 22 luglio 2018

Boom Accra!





Storie (e notizie) di questo tipo non trovano mai posto sui media italiani ma, esiste un Continente Nero in gran fermento nel solco di una nuova presa di coscienza che mette, sempre più al centro l'#Africa.
Questa la premessa che ci da la possibilità di parlare di #Accra capitale del #Ghana che, ormai da diverso tempo sta attirando un gran numero di musicisti da tutto il mondo.











"Ad Accra succedono un sacco di cose", spiega il beatmaker e artista visuale Alex Wondergem, che vive nella capitale del Ghana. Con 28 milioni di persone e la presenza di più di settanta gruppi etnici, l'identità musicale del paese è cosmopolita.
In particolare Accra sembra avere un potenziale sconfinato, infinito, in una parola grande. Per comprendere questa stimolante "condizione artistica sconfinata" basta soffermarsi sulle radio e le televisioni letteralmente dominate da generi come l'#azonto, lo #highlife, che mescola strumenti occidentali con i suoni della tradizione #akan, e l'#afrobeat.




Anche se lo spazio per la scena alternativa è limitato, da qualche tempo da queste parti, un gruppo di persone sta unendo le forze per organizzare concerti, festival e aprire locali.

L'esempio calzante di questa realtà è ACCRA (dot) ALT.
Si tratta di un progetto nato per contrastare "l'incuria dello stato e la mancanza di infrastrutture" e "contribuire alla rinascita del Ghana".




Ogni anno, il #ChaleWoteStreetArtFestival attira migliaia di persone nel quartiere di #Jamestown, un insediamento di pescatori fatto di strade acciottolate all'ombra di fatiscenti edifici coloniali.
E' stato proprio un concerto al Chale Wote nel 2016 a convincere il producer Rvdical The Kid, originario del #Benin, a trasferirsi in #Ghana.




Da quel giorno sono passati 2 anni e Rvdical The Kid è ancora entusiasta dell'atmosfera che si respira nella capitale.
Il musicista spiega così la sua scelta:
"Avevo tre opzioni: la Nigeria era un po' troppo caotica per me, il Benin troppo pigro. Accra è perfetta". 



(Fonte.:bandcampdaily;accradotaltradio)
Bob Fabiani
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-https://daily.bandcamp.com;
-accradotaltradio.com