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lunedì 3 settembre 2018

#BURNINGTRIPOLI, STATE OF EMERGENCY








Sono ore drammatiche a #Tripoli per l'attacco senza tregua delle #Milizie contro il governo di 'Unità Nazionale' di Serraj. La capitale #Tripoli è sotto attacco e, ormai, appare chiaro che questa nuova impennata della "guerra civile" - che mette tutti contro tutti - ha un preciso scopo: rovesciare e mettere all'angolo Al Serraj e i suoi sponsor.



"Noi non vogliamo la distruzione, avanziamo in nome dei cittadini che non trovano cibo, mentre altri si godono il denaro", ringhia rabbioso il leader della "7°Brigata" una delle milizie che hanno dato il via all'offensiva guerrafondaia che sta gettando nel caos (senza fine) #Tripoli e il resto della #Libia.

-L'ostacolo alla pace della #Libya

I combattimenti tra le milizie bloccano ogni sforzo di trovare una soluzione politica al conflitto e, alla luce di quanto sta accadendo nelle ultime ore (dove pare che i ribelli delle milizie siano davvero a stretto giro di posta della capitale e, abbiano nel mirino, le postazioni dell'odiato governo di Al Serraj n.d.t), appare anacronistico pensare che si possano organizzare elezioni generali come spera di poter fare Macron (a favore) del suo nuovo pupillo Haftar (in chiave anti-Roma n.d.t).

Sembrano passati secoli da quell'incontro, andato in scena a Parigi, lo scorso mese di maggio quando, i leader delle quattro principali fazioni libiche si sono sedute intorno a un tavolo con i rappresentanti ONU, dell'UE e quindi dell'Unione africana nonché dei rappresentanti della Lega araba: oggetto dell'incontro, appunto le elezioni del #10dicembre.

Non a tutti accettano questo schema e il suo naturale vincitore quell'Haftar che, Macron ha provveduto a sostenere al pari degli arabi e sopratutto degli egiziani che, sotto la spinta del dittatore Al-Sisi sognano finalmente il "Grande Egitto".

"Le milizie hanno il potere di far avanzare o mandare a monte il processo di pace, sono loro a detenere il potere sul campo. Si dice spesso che il precedente accordo politico sulla Libia è naufragato perché non prendeva in considerazione il futuro delle milizie. Ancora oggi il governo Al Sarraj ha un grosso debito con i gruppi armati" , afferma Tarek Megerisi, analista dell'European council of foreign relations.

Nodi difficili da sciogliere ma, nessuno poteva realmente pensare che fosse Al Serraj, presidente di un governo non riconosciuto nel resto della Libia ha consentire al paese Nord africano di tentare una problematica uscita dalle sabbie mobili della crisi.

Oggi la situazione appare anche più disperata e Al Serraj ha deciso di istituire lo "Stato d'Emergenza" a Tripoli e dintorni.

Sullo stato d'emergenza hanno preso posizione i volontari e gli attivisti di Medici Senza Fontiera:

"Lo stato d'emergenza è stato annunciato a Tripoli. Medici Senza Frontiere resta altamente preoccupato per i cittadini libici nelle aree residenziali e per i rifugiati e migranti intrappolati nei centri di detenzione, le cui sofferenze sono state aggravate dalle politiche dell'Unione europea. La libia non è un Paese sicuro".

Ma che cosa sta succedendo? E quale ruolo hanno paesi come l'Italia e la Francia gli Stati Uniti e la Gran Bretagna?

Orientarsi nel caos libico non è sempre facile: a tal proposito riannodiamo i fili e ripartiamo dalla disastrosa guerra contro Gheddafi del 2011.

-I fatti

Rivolte arabe 2011:

Nel quadro delle rivolte arabe del 2011 divampate in Africa in #Tunisia e poi allargatesi all'#Egitto e in molte parti e Monarchie del Medio Oriente, il Caso Libia si distinse nel periodo che va da febbraio a ottobre dando il via a una guerra civile che oppose il regime di Gheddafi alle forze di opposizione sostenute dall'esterno dalle potenze occidentali e, tra queste figuravano la #Turchia e alcuni Paesi arabi.

Il disastroso intervento militare 2011:

La spedizione militare che si organizzò in fretta e in furia si svolse sotto l'egida dell'ONU che, almeno nelle intenzioni (rivelatesi del tutto false) di difendere i civili dalla repressione del regime e sostenere una rapida transizione della Libia verso la democrazia.

Libia stato fallito, paese diviso:

In realtà da fine 2011 il paese è diviso in centri di potere, con due parlamenti e due governi: quello di Tripoli guidato da quel Al Serraj inviso e non riconosciuto come presidente della Libia dal resto del paese africano e l'altra sotto controllo del generale Haftar, con varie milizie che hanno sempre più peso nella gestione delle risorse dello Stato e della rendita petrolifera.





Ma le divisioni che si sono in un certo modo manifestate in tutta la loro drammaticità sono la conseguenza della destituzione e dell'assassinio del Rais Gheddafi in quella disastrosa guerra voluta principalmente dalla Francia sotto la guida di Sarkoszy che, spinse come un ossesso per la soluzione militare per insabbiare e ridurre al silenzio (definitivo) lo stesso Rais che aveva finanziato la campagna presidenziale del presidente francese.
Oggi fa un certo effetto vedere proprio Parigi come "sponsor più attivo" nel perorare la "causa delle elezioni generali" del #10dicembre: per quale motivo?

-Elezioni sponsorizzate da Parigi

La percezione che appare sempre più chiara mano a mano che passano i giorni è che sia proprio la Francia a volerle queste elezioni e, il motivo di questa strategia di Macron rimanda a quella "nuove alleanze" richieste dal presidente francese (di cui abbiamo parlato la scorsa settimana su questo #Blog) per riscrivere non tanto e non solo gli "asset strategici francesi" ma, in qualche modo, per promuovere la leadership francese in Africa e in Medio Oriente. In questo contesto rientra a pieno titolo con questa agenda presidenziale voluta da Macron.
L'iper-attivismo dell'Eliseo rischia di produrre un nuovo mostro (a più teste).





Macron non vuole concedere troppo spazio a Roma anzi, nel suo ragionamento l'impianto che dovrebbe condurre la Libia alle elezioni generali del #10dicembre ha una doppia valenza: rimettere ordine in tutta la Libia che, attraverso "l'uomo forte e nuovo Rais", ossia il generale Haftar sarebbe in grado di tenere a bada quelle milizie che, in queste ore stanno mettendo a ferro e fuoco Tripoli. 
Un attimo dopo, l'Italia sarebbe messa nell'angolo. Ai margini della "nuova Libia".



Haftar sarebbe la soluzione peggiore per Roma: è del tutto risaputo l'antipatia atavica del generale nei confronti dell'Italia e, le cose sono anche peggiorate dopo l'arrivo dell'#EsecutivoGialloVerde caratterizzato dalle sparate razziste del #ministrodellapaura.

Tuttavia l'azione di Macron serve anche a rafforzare l'asse (storico) che Haftar (Signore della guerra della Cirenaica) con l'#Egitto del dittatore Al-Sisi. Nella visione di Macron serviva portare Haftar dalla parte di Parigi e, in questa nuova santa alleanza pare che, il generale si sia fatto garantire dal presidente francese l'azione serrata contro l'Italia da sempre tra gli sponsor più convinti di Al Serraj.


-Strategia a stelle e strisce (e di) #Africom 

E l'America di Trump come si posiziona su tutta questa situazione?

#TheDonald è stato molto chiaro al riguardo: per la Libia vuole una soluzione che "deve durare nel tempo" e, per questo, convintamente, ha offerto il pubblico sostegno all'Italia e all'#EsecutivoGialloVerde (in chiave anti-migranti n.d.t).




Il portavoce del comando americano per l'Africa spiega in poche parole l'"ingaggio" di Africom che, si muove in una unica direzione: "Gli USA lavora con il governo di Unità nazionale per portare stabilità nel paese".




-Il Golpe (del nuovo Rais e pupillo di Parigi)

A nessuno però può sfuggire che quando ci si trova di fronte alla "Crisi libica" è sempre e solo  la "Questione Petrolio". E allora tutto quello che sta avvenendo in modo cruento e drammatico acquisisce le sembianze di un Golpe (attraverso le mosse belliche della "7°Brigata" n.d.t) .

Non bisogna dimenticare che la "Settima Brigata" originariamente aveva giurato fedeltà a Serraj ma, visto che ormai il futuro del presidente del governo di Tripoli è segnato e, visto anche che quest'ultimo non ha intenzione di lasciare il comando, le milizie hanno scatenato l'inferno per rovesciarlo.
La mano, il regista è chiaramente Haftar che ha capito di avere dalla sua la Francia, i paesi arabi e l'#Egitto ecco che il generale ha fretta non solo di scatenare l'inferno ma di prendersi il potere.




Haftar teme che le elezioni non si facciano e per non avere intralci alla sua scalata al potere ha scatenato la guerra civile in modo che gli garantisca di l'entrata trionfale a Tripoli.
(Fonte.:alarabyaljadid)
Bob Fabiani
Link
-www.alaraby.co.uk/english





   

    

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