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lunedì 6 maggio 2019

Quali cause si celano dietro gli attacchi di 'pulizia etnica' (#OgossagouMassacre)? *





Dopo il drammatico massacro della Comunità Fulani a #Ogossagou, nel Mali, stordito dalla rara violenza dei miliziani-cacciatori, sono divampate le polemiche e il dibattito per cercare di individuare le cause che hanno portato alla situazione, ormai fuori controllo del Mali centrale? Tutti sono concordi che l'instabilità politica del paese africano e, di conseguenza, la debolezza del governo di Bamako, possano favorire questi massacri, in un contesto di guerra civile tra le varie etnie.

E' davvero così?

In questo post, AfricaLand Storie e Culture africane cercherà di dare delle risposte.

Prima di addentrarci nelle radici di questa crisi partiamo dall'attualità. A tempo di record, sono arrivate le conclusioni preliminari da parte del gruppo investigativo della missione delle Nazioni Unite in Mali, meglio conosciuta con il nome di Minusma.


L'attacco di Ogossagou "potrebbe essere classificato come crimine contro l'umanità"

Il gruppo investigativo della Missione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma), inviato a Ogossagou dal 25 al 29 marzo, dopo il massacro di 157 membri della comunità Fulani, ha consegnato le conclusioni preliminari giovedì scorso (3 maggio).

Eccole.

"Sabato 23 Marzo 2019, verso le 5 del mattino, un gruppo di almeno un centinaio di uomini armati, identificati come cacciatori tradizionali (dozos) e accompagnati da una dozzina di uomini in uniforme militare e altri in abiti civili, hanno condotto un attacco pianificato, organizzato e coordinato contro i Fulani del villaggio di Ogossagou".

Queste le conclusioni preliminari, rese note il 3 maggio dalla missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (Numisma), attraverso un comunicato ufficiale. Le conclusioni sono state consegnate a Bamako.

Inoltre si legge: "Il gruppo di cacciatori, di numere superiore ai membri (maschi e combattenti) del Clan Fulani presenti in quel momento nel villaggio, ha scatenato una pioggia di fuoco, mentre avanzava nel villaggio, uccidendo indiscriminatamente uomini, donne e bambini bruciando le case con torce e altri combustibili preparati per l'azione criminale".






Il team investigativo Minusma ha "localizzato e confermato almeno tre fosse comuni contenente almeno 40 corpi e 70 nella terza".

Inoltre l'azione ha prodotto anche 65 feriti.

Ma scrivono anche altro.

"Questo attacco, che arriva nel contesto delle tensioni della comunità e degli attacchi jihadisti nella regione di Mopti, non è un caso isolato".

Secondo quanto afferma Minusma, si apprende che a "Bankass, sono almeno 37 i casi di violazione dei diritti umani che hannocausatol'uccisione di almeno 115 persone, sono il risultato di comunità costituitesi in gruppi di autodifesa dal novembre 2018"


Conclusioni del Rapporto Numisma


"L'attacco pianificato, organizzato e coordinato alle porte di Peule del villaggio di Ogossagou è inserito nel contesto di altri attacchi simili da parte di cacciatori tradizionali contro popolazioni Fulani




Pertanto, le violazioni dei diritti umani documentate a Ogossagou, prese nel loro contesto e giudicate da un tribunale competente, potrebbero essere considerate crimini contro l'umanità".


Fin qui il Rapporto-Numisma, ora cerchiamo di individuare quali siano le cause scatenanti di queste violazioni dei diritti umani nel centro del Mali, laddove, le violenze assumono il drammatici azioni da "pulizia etnica".






-Alle radici dell'instabilità nel Mali centrale*


"Dal 2015 nella regione di Mopti, nel Mali centrale, c'è stato un drammatico aumento delle violenze. Nel 2018 almeno 202 civili sono morti in 42 attacchi. Lo scorso 23 marzo 160 persomne sono state uccise nel villaggio di Ogossagou da presunti cacciatori dogon, che hanno aggredito anche gli abitanti del vicino villaggio di Welingara. I dogon sono una delle etnie più numerose nella ragione. la maggior parte delle persone uccise invece apparteneva alla cominità peul. E' stato preso di mira anche il personale coinvolto nelle operazioni di smobilitazione, disarmo e reintegro dei "gruppi di autodifesa" locali.
  Questi massacri nascono dal lungo conflitto tra i peul, che sono nomadi e in prevalenza musulmani, e i gruppi dogon e bambara, generalmente politeisti e sedentari.
Al centro della disputa c'è quindi la tradizionale contrapposizione tra poipolazioni pastorali e sedentarie, aggravata dalle tensioni religiose. Ma altri fattori contribuiscono ad alimentare le frizioni. Secondo l'esperto norvegese di geografia umana Tor Arve Benjaminsen in queste aree l'espansione dei campi coltivati ha limitato la mobilità dei pastori e l'accesso ad alcune aree di pascolo tradizionalmente usate dagli allevatori peul.
  Il conflitto è inasprito dalle dispute sulla terra all'interno della comunità, in un momento in cui s'indeboliscono le strutture di mediazione tradizionali, che sono sempre meno capaci di risolvere queste controversie. L'afflusso di armi leggere, a partire dagli anni novanta, ha reso ancora più sanguinosi i conflitti sulla terra.
  Inoltre bisogna considerare l'icapacità del governo centrale maliano di punire le violenze comunitarie. In passato Bamako usava milizie locali come forze di polizia nei casi in cui non poteva o non voleva mandare i suoi agenti (è il caso della milizia dogon Dan Na Ambassagou che il 23 marzo ha attaccato Ogossagou e poi è stata sciolta per ordine del presidente). Questo ha contribuito ad alimentare un clima d'insicurezza e sospetto tra gli abitanti della regione e il governo centrale. Inoltre in questo contesto le milizie locali hanno la tentazione di trovare nuovi alleati tra i jihadisti.


Legami complessi


Le prime alleanze tra peul e jihadisti risalgono al 2012 e 2013, dopo che questi ultimi hanno preso il contro del Nord del Mali.
Per esempio alcuni peul nomadi della regione di Douentza erano entrati nei campi d'addestramento del Movimento per l'unicità e il jihad nell'Africa occidentale a Gao. Altri si erano uniti al gruppo Ansar Eddine. Quando i jihadisti hanno preso il controllo di quel territorio, la maggior parte dei peul è tornata nella regione di Mopti.
  Oggi i dogon e i bambara accusano i peul di essere alleati del Fronte di liberazione del Macina, che fa parte del Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani, affiliati ad Al Qaeda. Dal canto loro i peul si lamentano perché si sentono etichettati come jihadisti.
   Più a Nord, nella regione di Ménaka, il gruppo jihadista Stato islamico nel grande Sahara si è a sua volta inserito nei conflitti locali, sostenendo alcune sottotribù peul. I suoi miliziani comnpiono furti di bestiame oppure offrono "protezione" alle mandrie degli abitanti del posto. Il quadro è ulteriormente complicato dai conflitti tra i peul e il gruppo Stato islamico quando quest'ultimo sceglie di allearsi con i loro rivali.
  Per gli abitanti della regione di Mopti i jihadisti sono una presenza reale. Non tutti appartengono al Fronte di liberazione del Macina e alcuni rivendicano gli attacchi per conto di altri. Molto spesso nessuno rivendica le aggressioni ai villaggi. I gruppi armati indeboliscono attivamente il già fragile sistema giudiziario maliano. E la situazione d'insicurezza ostacola gli affari, gli spostamenti delle persone e lo sviluppo dell'agricoltura".
*Stig Jarle Hansen
(Fonte.:jeuneafrique;theconversation)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com;
-theconversation.com/africa
  


    

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