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mercoledì 23 settembre 2020

Mauritius, il disastro ambientale della marea nera mette in difficoltà il governo


 






La compagnia navale giapponese che gestiva il cargo Mv Wakashio, naufragato lo scorso 25 luglio al largo di Mauritius, ha causato numerose stragi di delfini, marinai dispersi: il relitto pericoloso vicino alla costa, una popolazione provata dalle conseguenze economiche della pandemia (come nel resto dell'Africa; n.d.t).

Il quadro che emerge sull'isola di Mauritius è desolante e il clima che si respira è teso. In questo reportage, AfricaLand Storie e Culture africane fa il punto a quasi due mesi dal disastro.


-Proteste contro il governo

Il 26 agosto molte persone a Mauritius e nel resto del mondo sono rimaste impressionate da un'immagine: almeno 18 delfini spiaggiati nel Sudest dell'isola. Non è possibile risalire al numero esatto perché sono arrivati in più ondate, e i conti variano a seconda delle fonti. Nessun esamplare è sopravvissuto. E' successo a Grand-Sable, non lontano da Mahébourg, lo stesso posto dove lo scorso 25 luglio è naufragata la nave cargo Mv Wakashio.







Secondo le autorità dell'isola la morte dei delfini non è collegata alla marea di combustibili usciti dalla Mv Wakashio, perché non c'era traccia di idrocarburi nel loro corpo. Ma servono ricerche più approfondite per escludere definitivamente un legame. In ogni modo, questo è solo uno dei tanti disastri che hanno colpito l'isola negli ultimi tempi.

Disastri di cui purtroppo non si vede la fine.



Dopo il naufragio del rimorchiatore, i mauriziani hanno chiesto al governo di individuare i responsabili. Perché quella vecchia nave era uscita in mare nonostante le cattive condizioni meteorologiche? Chi l'aveva autorizzata a lasciare il porto?

E' in corso un'inchiesta, e per le conclusioni bisognerà aspettare settimane.

Nel frattempo tra gli abitanti dell'isola crescono la rabbia e la disperazione. Il 29 agosto si è svolta una manifestazione di portata storica. Per la prima volta in trent'anni decine di migliaia di persone hanno sfilato per le strade della capitale Port Louis per chiedere le dimissioni del primo ministro Pravind Jugnauth (in carica dal 2017 ed esponente del partito di centrosinistra Movimento socialista militante; n.d.t). Dichiaratamente "apolitica" e frutto di una mobilitazione spontanea, la manifestazione ha preso di mira il governo, considerato incapace di contrastare le conseguenze sociali delle diverse crisi che stanno colpendo l'isola.

"Il governo di Mauritius diffonde informazioni false su qualsiasi tema", s'indigna il mauriziano Sungkur Deepak, che vive a Parigi e fa parte di un'associazione di attivisti. Insieme ad altri militanti Deepak ha organizzato una manifestazione della diaspora mauriziana nella capitale francese il 29 agosto, in contemporanea con i cortei a Port Louis. All'iniziativa hanno partecipato centinaia di persone. Un successo di cui l'attivista è stato il primo a sorprendersi e che l'ha spinto a continuare.

"Chiediamo le dimissioni di un governo che ha mentito troppe volte", continua Deepak in una dichiarazione resa ai reporter di Mediapart, il 9 settembre.

"Chiediamo che Mauritius sia una vera democrazia. Che le persone al potere si assumano la responsabilità delle recenti leggi che limitano la libertà di stampa e d'espressione. Che rendano conto della corruzione e che ci spieghino perché hanno aspettato dodici giorni prima di intervenire sul relitto della Mv Wakashio e l'hanno lasciato affondare senza permettere a nessuno di scattare foto".


-Decisioni affrettate

Questo è uno dei punti su cui il governo mauriziano è più criticato: cos'è successo subito prima, durante e dopo il naufragio? Anche se c'è un'inchiesta in corso, le autorità hanno lasciato numerose questioni aperte e la gestione del relitto è stata poco trasparente. Dopo che il 15 agosto la nave si è spezzata in due sulla barriera corallina della punta di Esny, nella parte Sudorientale dell'isola, il governo ha ordinato che la prua fosse affondata a 25 chilometri dalle coste, cosa che è stata fatta subito il 21 agosto.

"Gli esperti francesi  avrebbero preferito che il relitto fosse smantellato in India, ma questa possibilità non è stata presa in considerazione dalle autorità mauriziane. La Francia non ha potuto fare niente perché Mauritius è un paese sovrano", ha precisato un rappresentante del governo francese interpellato dai reporter di Mediapart.

Alcune associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace, avevano protestato contro la scelta di affondare parte del relitto. Del resto, la poppa della nave è tuttora bloccata sulla barriera corallina della punta d'Esny, un sito dall'importante valore ambientale. La fretta con cui si è deciso di affondare parte della nave così come altri elementi poco chiari del naufragio sono stati strumentalizzati dall'opposizione, all'interno della quale si è imposta la figura di Bruneau Laurette. Esperto di sicurezza, addestratore militare, forse mercenario, Laurette ha svolto molti lavori nell'ambiguo mondo della sicurezza marittima nell'oceano Indiano. E' stato anche uno degli organizzatori della grande manifestazione del 29 agosto a Port Louis e ha presentato due denunce contro il governo mauriziano per negligenza nella gestione della crisi dell'Mv Wakashio.

Laurette ha detto più volte ai mezzi d'informazione dell'isola di avere "foto satellitari" che mostrano spostamenti di carichi sospetti a bordo dell'Mv Wakashio. I suoi sostenitori lasciano intendere che il traffico di droga  - un tema ricorrente a Mauritius - non sia estraneo né al naufragio né alla gestione caotica della crisi. Il 13 settembre Laurette ha organizzato nuove manifestazioni contro il governo e si è alleato con gli oppositori riuniti intorno a Sungkur Deepak a Parigi.

"Il clima sociale si sta scaldando, anche se per ora le manifestazioni sono pacifiche e non si registrano le tensioni tra i gruppi etnici paventate dal governo", osserva un cittadino francese che vive a Mauritius (sull'isola convivono numerose comunità formate dai discendenti delle persone portate lì dai coloni tra il settecento e l'ottocento).

A causa della crisi sanitaria provocata dal Covid-19, le frontiere dell'isola rimarranno chiuse agli stranieri almeno fino al 31 ottobre. Il turismo è completamente bloccato da 6 mesi, nonostante sia la principale fonte di valuta estera e contribuisca a un quarto del pil. Da circa un mese i mauriziani che erano all'estero quando sono state adottate le misure contro la pandemia hanno cominciato a essere rimpatriati, con il contagocce. Sono molte le storie di marinai bloccati in giro per il mondo e costretti, una volta tornati sull'isola, a pagare con i loro soldi una stanza d'albergo per le due settimane della quarantena. Queste storie, che circolano tra la diaspora e sui social network, contengono critiche pericolose per Jugnauth.

Nelle prossime settimane sono previste manifestazioni a Port Louis, Londra, Toronto, Sydney e Parigi. Dopo la crisi sanitaria e quella ecologica, quindi, il governo mauriziano rischia di dover fare i conti con una crisi politica. L'ampiezza del malcontento provocata dal lockdown non lascia presagire nulla di buono.


 



- Per saperne di più: un lungo lavoro di pulizia


La compagnia navale giapponese che gestiva il cargo Mv Wakashio, naufragato lo scorso 25 luglio al largo di Mauritius, ha accettato di pagare 9,4 milioni di dollari (invece dei 34 milioni richiesti inizialmente dal governo dell'isola) per ripristinare le aree naturali danneggiate dallo sversamento in mare di più di mille tonnellate di combustibile. Il denaro servirà a finanziare progetti per salvaguardare le ricchezze naturali dell'isola, tra cui mangrovie e coralli, e a creare un fondo per l'ambiente. Inoltre la compagnia si è impegnata a sostenere l'industria locale della pesca e del turismo. Resta da vedere, scrive il sito dell'emittente tedesca Deutsche Welle, se il governo di Mauritius considera la somma adeguata. 

Secondo alcuni esperti ambientali, lo sversamento di petrolio è un disastro totale per la natura dell'isola, con ripercussioni ampie e durature.

"La marea nera resterà tra i titoli di giornali per settimane, ma quel petrolio resterà sulle coste mauriziane per decenni", spiega Carrill Muffett, presidente dell'ong statunitense Center for international environmental law.

"Guardando alla quantità impressionante di persone che si sono mobilitate per ripulire il mare dal petrolio, è evidente che i mauriziani sanno bene quali possono essere le conseguenze della marea nera sull'ambiente e sui loro mezzi di sostentamento", scrive il sito African Arguments.

"Ma per capire fino in fondo gli effetti a lungo termine su un ecosistema così fragile ci vorrà tempo. Serviranno anni per ripristinare l'equilibrio naturale nelle lagune Sudorientali di Mauritius, che ospitano una grande biodiversità".

Invece, fa notare il settimane sudafricano The Continent, uno dei rischi più immediati è la sicurezza alimentare degli abitanti, poiché i prodotti della pesca e dell'acquacoltura potrebbero essere contaminati da sostanze tossiche.

(Fonte.:mediapart,thecontinent,africanarguments;dw)

Bob Fabiani

Link

-www.mediapart.fr/afrique/mauritius;

-www.mg.co.za/thecontinent/mauritius;

-www.africanarguments.org;

-www.dw.com  

     


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