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mercoledì 3 marzo 2021

Quelle mille guerre in Congo. Pt.2


 





Si conclude oggi il reportage di AfricaLand Storie e Culture africane intorno alla questione complessa delle "guerre in Congo" che, fanno da sfondo alla tragedia dell'attacco in cui sono morti l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava e il loro autista congolose : si è trattato di un promemoria del conflitto che va avanti da più di 20 anni nell'est della Repubblica Democratica del Congo.
Ma dietro alla tragedia c'è un quadro geopolitico molto più complesso : un quadro di interessi, alleanze e tradimenti al centro di conflitti ventennali.
(Bob Fabiani)


-Di padre in figlio (Seconda parte)

A Kinshasa Joseph Kabia prese il posto del padre Laurent - Désiré, che il 16 gennaio 2001 fu assassinato da una delle sue guardie. Nell'est la questione della lealtà al regime ruandese divise i banyamulenge : alcuni signori della guerra, tra cui Makanika, stanchi di essere strumentalizzati, decisero di cambiare schieramento e si misero a combattere i fiancheggiatori del Ruanda (per essere il Rassemblement congolais pour la démocratie, Rcd, di Goma ...), a cui davano la colpa di tutte le difficoltà che da decenni ostacolavano il loro riconoscimento come parte della nazione congolose.

Oggi, osserva un analista che preferisce restare anonimo, "il Ruanda vede nei banyamulenge la minaccia principale dal vicino Congo".
Dal settembre del 2017 per circa un anno, alcuni villaggi tra gli altopiani del Sud Kivu controllati dai miliziani banyamulenge hanno ospitato combattenti di Kayumba Nyamwasa, il nemico numero uno di Paul Kagame.
Nyamwasa, ex generale e capo di stato maggiore dell'esercito ruandese, sogna da tempo, dal suo esilio in Sudafrica, di rovesciare il presidente ruandese. Alla fine del 2017 la presenza degli uomini di Nyamwasa era per il Ruanda una provocazione e le relazione tra Kagame e Joseph Kabila si sono deteriorate.

"Non esiste una vera solidarietà etnica o politica. Contano solo gli interessi", constata Alexis Sinduhije, un giornalista e politico dell'opposizione burundese, che nel 2008 fu arrestato e poi andò in esilio. Alcuni giovani del suo partito, il Mouvement pour la solidatité et la démocratie (Msd), in prevalenza tutsi, hanno imbracciato le armi nel Sud Kivu contro il regime autoritario del Burundi. Secondo un'inchiesto dell'ONU l'avrebbero fatto dietro suo ordine, ma è un'accusa che Sinduhije respinge. Gli inquirenti e le autorità del Burundi sospettano inoltre che l'Msd sia appoggiato dal Ruanda. Nell'attesa di "liberare il Burundi" i combattenti dell'Msd vagano sugli altopiani del Kivu, dove secondo alcune fonti danno man forte ai miliziani mai - mai quando, quasi quotidianamente, aggrediscono i banyamulenge, ne razziano il bestiame, uccidono civili, incendiano villaggi.
Gli stessi crimini sono compiuti dai giovani agli ordini di Makanika, che li descrive come studenti che hanno abbandonato le aule universitarie a Nairobi, Kampala o Kigali per tornare a casa e "salvare il loro popolo".

Queste violenze creano grandi spostamenti di civili : i dati dell'ONU parlano di quasi 300 mila sfollati tra il febbraio del 2019 e il settembre del 2020, centinaia di morti e decine di violenze sessuali sulle donne. Oggi la RDC conta più di cinque milioni di sfollati interni. Un milione di congolesi vivono da profughi nei paesi confinanti.

-Conclusioni




L'omicidio dell'ambasciatore italiano nel Nord Kivu fa tornare in primo piano la situazione drammatica nell'est del paese.
Sono attacchi, omicidi, stupri commessi in territorio congolese che rendono un inferno la vita dei cittadini e, tutto questo avviene all'interno di conflitti che durano da oltre 20 anni. Tuttavia, è bene sottolineare che la comunità internazionale, o più precisamente alcune potenze occidentali, hanno sfruttato gli eventi drammatici accuditi in questa parte dell'Africa, nella cosiddetta regione dei "Grandi laghi".
Visto dalla RDC, questo omicidio sulle alture tristemente leggendarie del Kivu fa tornare in primo piano il problema, mai risolto, della sicurezze nelle province orientali del paese. Da un quarto di secolo i congolesi che abitano nel Nord Kivu, nel Sud Kivu, nell'Ituri e nel nord del Katanga vivono una tragedia infinita, che ha già causato milioni di morti.

In questo dramma, cominciato nel 1994 con l'arrivo in massa dei profughi ruandesi - tra cui i combattenti hutu vicini al regime genocida di Juvénal Habyarimana - i congolesi sono unici a piangere. 

Proprio gli eventi drammatici accaduti in Ruanda nel 1994 sono stati sfruttati dalle potenze occidentali per completare il progetto cominciato alla conferenza di Berlino del 1885, cioè rendere il vasto spazio congolese un magazzino di risorse e materie preziose a cui i vincitori possono attingere liberamente.
Da lì è facile intuire che le ragioni umanitarie sventolate da chi ufficialmente si trova nel paese per assistere, aiutare, sostenere e rafforzare l'RDC non sempre corrispondono alle motivazioni reali. Spiega inoltre l'incredibile contrasto tra la quantità di risorse umane, finanziarie e logistiche spese negli ultimi 20 anni e gli scarsi risultati ottenuti. E fa capire perché si dedicano attenzioni diverse alle province orientali e alle altre regioni del paese, nonostante la povertà sia un problema per tutti.
(Fonte:lemonde)
-Fine-
Bob Fabiani
Link
-www.lemonde.fr/afrique/rdc



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