Lunedì 4 giugno in #Madagascar è andata in scena un'apparente svolta nella grave crisi politica che da settimane affligge l'#IsolaDallaTerraRossa. In un escalation di colpi di scena, il dramma politico ha mostrato più facce della stessa medaglia.
Nel giro di poche ore ci sono state le dimissioni del premier malgascio Olivier Mahafaly e la nomina di Christian Ntsay.
Si tratta di un primo ministro "neutrale" promosso dalla casta per traghettare, possibilmente accompagnare, senza troppi ed ulteriori scossoni, l'isola alle elezioni presidenziali, previste entro il 2018.
E' dunque questa la soluzione giusta per dar vita al superamento della crisi malgascia? Difficile dirlo ma certo, non è questo premier che può rispondere - in modo concreto - alle istanze messe sul tavolo dalle opposizioni e dallo stesso popolo malgascio.
Che ne sarà delle richieste di cambiamento invocate dall'opinione pubblica dell'isola? Tutto sembrerebbe congelato, bloccato e sterilizzato con la nomina di Ntsay.
Ma chi è il nuovo premier malgascio?
Cerchiamo di scoprirlo in poche battute (per una questione di assoluta mancanza di spazio...ma ci torneremo su nelle prossime settimane).
Ntsay si presenta ai malgasci come "presidente neutrale" ma in passato ha lavorato per l'ONU e, per via della sua lunga esperienza - in questa particolare e travagliata crisi politica del #Madagascar - può essere di grande aiuto alla causa, facendo ricorso alle "necessarie capacità di riconciliazione", sono le parole declamate dal presidente della Repubblica, Rajaonarimampianina.
A cosa riferiva il presidente?
Alludeva allo scontro - cruento e senza esclusioni di colpi - in atto tra maggioranza e opposizione su chi ha maggior titolo per detenere la maggioranza in parlamento. Il caos è dilagato dopo che diversi parlamentari hanno deciso di cambiare schieramento rispetto alle ultime elezioni legislative del 2013 fino ai giorni nostri.
In realtà a dare man forte all'incendio e a spingere il #Madagascar verso il baratro è l'infuocato dibattito sulla nuova legge elettorale che secondo l'opposizione sarebbe congegnata per impedire al suo candidato, Marc Ravalomanana, di candidarsi.
Ma questa è solo "una parte" della verità che si annida dentro questa drammatica crisi. In queste ultime settimane, la #GrandeIsola è stata più volte sul punto di precipitare in un salto nel buio che, non promette nulla di buono per i cittadini malgasci.
La posta in gioco è altissima. Mai come in queste giornate, il #Madagascar è stato sull'orlo del dramma (per il popolo) di essere sopraffatti da un colpo di stato militare.
Le dimissioni di Mahafaly erano state ordinate e imposte lo scorso 25 maggio dall'Alta Corte costituzionale (Hcc). Il nuovo governo, ha sentenziato la Corte, dovrà riflettere i veri risultati usciti dalle urne, senza dimenticare che, nel frattempo sono andati a segno innumerevoli cambi di casacca.
Tutto risolto?
Assolutamente no: tutti i quesiti posti dall'opinione pubblica della #GrandeIsola restano sullo sfondo di questa crisi dall'esito ancora del tutto incerto. Troppi interessi si celano dietro il cambio in corsa, anzi, quasi in dirittura d'arrivo (quando mancano pochi mesi alle elezioni presidenziali - legislative n.d.r) per indirizzare a piacimento di "lorsignori" e rendere così la "cosa pubblica" e la politica, sempre più un affare privato, da tenere rigorosamente ben separato, non solo dalle aspettative dei cittadini ma anche e sopratutto dal loro bisogno di cambiamento che non corrisponde a quello della "casta del potere".
(Fonte.:rfi;jeuneafrique;lexpressmada)
Bob Fabiani
Lnk
-www.rfi.fr/afrique;
-www.jeuneafrique.com/pays/madagascar;
-www.lexpressmada.com
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