L'Italia sperava di fare il colpaccio nella due giorni del vertice sulla Libia, svoltosi a Palermo; l'idea del governo italiano era quella di favorire un accordo tra Al-Sarraj e il generale Haftar dopo aver incassato il sostegno delle Nazioni Unite, seguite anche dal "Piano per la Libia" portato in dote, qui a Palermo dall'inviato speciale ONU in Libia, Ghassan Salamé.
Proprio per questa ragione, rispedito al mittente da parte di Haftar, un attimo prima di lasciare Palermo.
Ecco le infuocate parole dell'uomo forte della Cirenaica:
"La mia presenza è limitata agli incontri con i ministri dell' Europa e il primo ministro italiano, con gli altri (leggi Turchia e Qatar estromessi giocoforza dall'Italia per non coprirsi di ridicolo per questo inutile summit); non ho nulla a che fare", dice a butto muso il generale un attimo di lasciarsi alle spalle i corridoi di Villa Igiea.
Il generale poi però dice anche altro:
"Siamo sempre in stato di guerra e il Paese ha bisogno di controllare le proprie frontiere. Abbiamo frontiere con la Tunisia, Algeria, Niger, Ciad, Sudan, Egitto e la migrazione illegale viene da tutte le parti", riferendosi in particolare al fenomeno dei miliziani jihadisti toccando un punto che non è troppo considerato qui in occidente, ossia, il tragico fenomeno per l'Africa del terrorismo di matrice islamica : la minaccia dell'"Islam radicale" (come veniva descritto ai tempi degli attentati in Belgio e in Francia nel 2015) che nel Continente Nero si materializza con la presenza di gruppi di Al Qaeda e Daesh per punire quei governi locali troppo accondiscendenti verso le Potenze colonialiste di sempre.
(fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com
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