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venerdì 22 dicembre 2017

Quel dilemma insormontabile che affligge gli scrittori africani.*






Prende il via oggi sulle pagine virtuali di Africaland - Storie e Culture africane una inchiesta-riflessione (in 2 puntate) a cura di Boubacar Boris Diop - scrittore e saggista senegalese - che punta la lente d'ingrandimento su un tema per nulla scontato: la difesa delle lingue (spesso antichissime) del continente nero, un patrimonio dell'umanità spesso dimenticate.

Africaland dedica questa inchiesta-riflessione allo scrittore, poeta e insegnante camerunense Patrice Nganang che si trova in stato detentivo in Camerun (andrà a processo il prossimo 19 gennaio 2018 n.d.r) con l'accusa di "oltraggio agli organi costituzionali" intese come minacce, soltanto perché, lo scrittore usando appunto uno dei tanti dialetti (che però in Africa spesso e volentieri sono da considerare delle vere e proprie lingue...), il "camfranglais" (sorta di miscela linguistica di inglese, francese e lingue locali n.d.r) ha denunciato la deficitaria gestione della cosiddetta "Questione anglofona" che sta spingendo nell'abisso il Camerun; da parte del presidente Paul Biya che non ha trovato nulla di meglio che mettere in campo una "risposta muscolare" per imporre una sorta di "Stato militare" con la quale vorrebbe scongiurare la secessione della regione "Ambazonia" dal Camerun.


   


Lo scrittore, Patrice Nganang lo aveva denunciato per primo e per questa ragione è stato arrestato, incarcerato e come abbiamo già riportato nella parte iniziale di questo articolo, il prossimo 19 gennaio subirà un processo dal verdetto già annunciato: in questo omento in Camerun, il diritto alla libertà d'espressione e d'opinione non è garantita sopratutto se, uno scrittore, si permette di sposare le ragioni e le cause di quanti vorrebbero che fosse accettata l'uso della lingua inglese nel paese africano.

In questo contesto acquista importanza e si rafforza il tema centrale di questa inchiesta: l'incerto uso delle lingue del continente nero: nel nostro caso - grazie alle riflessioni dello scrittore e saggista senegalese affronteremo il "caso dell'uso del wolof".


-Brevi accenni sulla lingua wolof

Il wolof (o uolof) è la lingua parlata in Senegal dall'omonima popolazione. La lingua wolof si articola in alcuni dialetti quali: baol, cayor, dyolof (djolof, jolof), lébou (lebu), jander.
Nel dialetto della regione di Dakar, la capitale del Senegal, in particolare, si notano forti contaminazioni francofone e la presenza di numerosi vocaboli derivati dal francese e dallo slang afroamericano.
Il wolof parlato in Gambia, a causa delle influenze anglofone, rende difficoltosa la sua comprensione da parte dei wolof francofoni.
Il wolof figura come prima o seconda lingua per una popolazione di almeno 7.000.000 di individui (la popolazione senegalese madrelingua è minimo 3.976.500, dati aggiornati al 2006).
E' parlato anche in Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania e nei paesi dove è molto presente la diaspora di questa parte dell'Africa, ossia Stati Uniti d'America, Francia, Italia.

(Bob Fabiani) 



 



-Il dilemma degli scrittori africani: "Chi ha paura del wolof"-Boubacar Boris Diop*


"In Senegal, la mia generazione è stata la prima a studiare, negli anni Sessanta - subito dopo l'indipendenza - quella che con un termine vago e quasi inafferrabile è chiamata "letturatura africana". Passando da Arthur Rimbaud e Honoré de Balzac a Léopold Sédar Senghor e Mongo Beti , avevamo l'impressione, per così dire, di lasciare finalmente l'ombra per la preda (ci si riferisce, capovolgendo il concetto, alla favola di Esopo Il cane e l'osso, ndt).
Anche se amavamo alcuni dei nostri nuovi autori molto più di altri, tutti in qualche modo hanno forgiato il nostro carattere. In quel tempo, i confini dell'Africa erano più mentali che geografici, non era necessario esservi nati per essere interamente accettati come suoi figli; non ricordo di aver sentito mai uno dei miei compagni interrogarsi, per esempio, sull'africanità di Aimé Césaire: sarebbe stato incongruo quanto chiedersi se Frantz Fanon (1) fosse algerino. Entrambi - il primo, sopratutto - erano onnipresenti nei corsi, con nostra grande soddisfazione. Brillavano invece per la loro assenza gli scrittori anglofoni, lusofoni e dell'Africa del Nord. Certo, era possibile imbattersi in una pagina di Mohamed Dib o di Kateb Yacine, Amos Tutuola e Chinua Achebe, ma temo che fosse solo un modo per compensare. Nel paese di Senghor, ci trovavamo già nel cuore di una francofonia letteraria della quale egli si fece, per tutta la vita, cantore e custode.

A Ibadan e all'università Makerere (Kampala) i giovani nigeriani e ugandesi della nostra età non avevano altra scelta che rassegnarsi, anch'essi, a questa confusione sistematica fra la parte e il tutto. Quando Jane Wilkinson mette insieme nel 1992 il suo celebre Talking with African Writers ("Conversazioni con scrittori africani") (2), è con gli anglofoni Tsitsi Dangarembga, Wole Soyinka, Essop Patel e Mongane Wally Serote che si intrattiene lungamente. Insomma, il sole delle indipendenze si era appena levato e già i suoi raggi voltavano le spalle. Quello che Cheikh Hamidou Kane  chiameràpiù tardi "il primo mattino dell'Occidente" in Africa era già vissuto come lo choc iniziale, l'evento all'infuori del quale niente meritava di essere preso in considerazione.

Nello spazio francofono, Forcebonté, del senegalese Bakary Diallo (3), nel 1926 pone la primissima pietra miliare di un campo letterario i cui contorni si preciseranno nei decenni successivi. Il Congresso degli artisti e scrittori neri del 1956 (Parigi) e del 1959 (Roma) ne sono stati due riferimenti importanti; Présence africaine - la rivista e la casa editrice - era nata dieci anni prima. E' un retaggio che bene o male si perpetua. A Dakar e a Yaoundé, la stampa continua a riferire della pubblicazione, quasi sempre a Parigi, di romanzi e saggi di autori africani, disserta sui potenziali vincitori africani di premi come il Renaudot o il Femina e, rilanciando le discussioni accademiche, si interroga con gravità: l'"amalgama", così riuscito in Amadou Kourouma, del francese e del malinké, non potrebbe essere in fin dei conti il futuro della nostra letteratura? Pensiamo al "realismo magico" in Pedro Pàramo del messicano Juan Rulfo e a Les Sept Solitudes de Lorsa Lopez del congolose Sony Labou Tansi.


Gli autori viventi non sono da meno.
Li vediamo in tante conferenze e sugli schemi televisivi, concentrati o disinvolti, ma sempre ben decisi a rimettere in piedi l'Africa. Ma forse è un modo di dire: nella "post-colonia", l'inquietudine per il futuro del continente non è più tanto condivisa, e certi autori, non è più tanto condivisa, e certi autori, non si sa bene perché, si mettono sul chi va là non appena sentono la parola "identità". Eppure sono gli stessi che si vantano di dar pepe e far delirare una lingua francese un po' troppo saggia e pallida per i loro gusti...

In realtà, avrebbero evitato  volentieri queste capriole stilistiche, ma è così difficile, per dirla con il poeta haitiano Léon Laleau, "dire con parole della Francia (un) cuore venuto dal Senegal"... Tutti gli scrittori hanno relazioni tempestose con le parole, ma nel caso dell'autore africano, è l'intera lingua di scrittura a essere problematica. Per anni mi hanno chiesto: "Perché scrive in francese?". E dopo la pubblicazione del mio romanzo Doomi Golo: "Perché scrive in wolof?".
Nessuno si sente in dovere di leggere i libri prima di fare queste domande, che veicolano tutte le frustrazioni di uno scambio umano abortito, agli antipodi del progetto letterario".

* Boubacar Boris Diop, Scrittore e saggista, visiting professor all'università statunitense della Nigeria. Autore di Murambi, il libro delle ossa (e/o, 2004) e di Doomi golo (Editions Papyrus, Dakar, 2003)

Note

(1) Si legga Salima Ghezali, "Rendez-vous avec Frantz Fanon", Le Monde diplomatique/il manifesto, luglio 2012.
(2) Jane Wilkinson, Talkin with African Writers: Interviews with African Poets, Playwrights and Novelists, James Currey, Londra, 1992.
(Bakary Diallo (1892-1979) racconta in questo libro la sua esperienza di soldato proveniente dalle colonie (Senegal) nel 1914-1918.

-Fine Prima parte-

Bob Fabiani
Link
-www.monde-diplomatique.fr  



      

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