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martedì 22 gennaio 2019

Se le rivolte popolari scuotono e fanno tremare il #Sudan e #Khartoum*






Sul finire dello scorso anno, il 2018, l'intero Continente africano, ha visto, una serie di rivolte che stanno mettendo a dura prova il consolidato potere - quasi infinito ed eterno - di presidenti e desposti. E' il caso del #Camerun, alle prese con le proteste e la ribellione del cosiddetto "Camerun Anglofono" e anche del #Sudan, oggi, Africaland Storie e Culture africane ospita un interessante #focus di Hamadou Gadiaga apparso sulle colonne de Le Pays, quotidiano pubblicato in #BurkinaFaso.

Dallo scorso 19 dicembre i sudanesi scendono in piazza per protestare contro il rincaro del pane e chiedono apertamente la fine del regime di Omar al Bashir, al potere dal lontano 1989.

(Bob Fabiani)





-Le rivolte popolari fanno tremare Khartoum*




 "Il presidente sudanese Omar al Bashir è ormai preso tra l'incudine di un'insurrezione popolare e il martello della Corte penale internazionale (Cpi). Il 3 gennaio in un discorso pubblico ha cercato di difendersi, accusando chi ormai chiede la sua destituzione di complottare con gli stranieri per destabilizzare il regime. L'uomo forte di Khartoum non è mai stato così alle strette  e molti osservatori pensano che la crisi scoppiata per l'aumento del prezzo del pane possa costare ad Al Bashir la sua sopravvivenza politica.
  L'economia sudanese è stata asfissiata dai lunghi anni di guerra civile, e sopratutto dall'indipendenza del Sud Sudan nel 2011, che ha fatto perdere a Khartoum i tre quarti delle riserve petrolifere. Il deprezzamento della sterlina sudanese ha aggravatola crisi e il governo ha imposto un piano di austerità che ha fatto aumentare i prezzi dei prodotti alimentari. Il rincaro del pano è stato il casus belli, e le manifestazioni di proteste si sono diffuse rapidamente delle città minori, come Atbara, alla capitale, nonostante la dura repressione della polizia e il controllo costante dei servizi segreti, che fanno di Khartoun una delle città più sorvegliate di tutta l'Africa. Le rivolte del pane cavalcano senza dubbio una tensione politica esplosiva, in particolare da quando Al Bashir, al potere dal 1989, ha modificato la costituzione per potersi candidare a un nuovo mandato nel 2020. La connessione tra la dimensione tra la dimensione politica e quella sociale è evidente e i manifestanti invocano apertamente la caduta del regime.
    Per non essere destituito e ritrovarsi a dover fare i conti con la giustizia internazionale, il presidente sudanese ha minacciato i leader dell'opposizione di punizione commisurate al loro tradimento. Secondo il bilancio ufficiale sono morti una ventina di manifestanti, mentre per Amnesty international le vittime sono ormai una quarantina. Il numero, però, è destinato a salire perché le due parti sono diventate più intrasingenti. Il 5 gennaio migliaia di sudanesi sono scesi in piazza a Khartoum e in altre città del paese per gridare il loro scontento, e molti di quelli che hanno cercato di raggiungere il palazzo presidenziale sono stati arrestati (dall'inizio delle proteste, il 19 dicembre, sono finite in carcere più di ottocento persone).


-Un'alternativa poco appetibile


 Omar al Bashir sa bene che, se perderà il potere, lo attende la Cpi, che il 4 marzo 2009 ha emesso contro di lui un mandato d'arresto per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra per quello che hanno fatto le sue milizie e i suoi agenti segreti in Darfur. Per questo cerca di tenersi stretta la poltrona. Sempre il 3 gennaio Al Bashir ha annunciato un aumento sostanzioso degli stipendi e nuovi vantaggi per i funzionari pubblici, ma bisogna capire se questo "regalo" basterà a calmare gli animi di chi ormai vuole solo toglierselo di torno.
E tra i più determinati ci sono i dipendenti della pubblica amministrazione.
    Se questa forma di corruzione non funzionerà, Al Bashir potrà ancora una volta ricorrere alle armi, ordinando agli agenti di sparare sui civili proprio come nel settembre del 2013, quando decine di manifestanti furono uccisi per aver denunciato la dittatura e il malgoverno. Questa strategia potrebbe comunque essere controproducente, perché se i sudanesi riuscissero a caccaire Al Bashir, il presidente sudanese dovrebbe rispondere anche di queste azioni davanti alla giustizia internazionale. Forse farebbe meglio a negoziare la sua uscita di scena con i leader dell'opposizione, che potrebbero, all'occorrenza, indicargli la strada dell'esilio. Per esempio in Arabia Saudita, dove andrebbe a incontrare un'altra vittima delle proteste popolari, Zine el Abidine Ben Ali, l'ex dittatore tunisino, il primo a cadere sotto i colpi della "primavera araba"

*Hamadou Gadiga, Le Pays, Burkina Faso
** questo articolo è apparso su Internazionale 11/17 gennaio 2019 

(Fonte.:internazionale;lepays)
Bob Fabiani
Link
-www.internazionale.it;
-https://www.lepays.bf    

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