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martedì 4 agosto 2020

#ZimbaweanLivesMatter








Le notizie che arrivano dallo Zimbabwe certificano una situazione preoccupante su vari fronti, a cominciare da quello dei diritti umani sistematicamente calpestati.
Le autorità di Harare hanno preso a spunto - come del resto in altre parti dell'Africa - la pandemia per mettere in atto una spietata repressione.
Ne abbiamo già parlato su queste pagine virtuali di questo blog ma, preoccupano gli arresti arbitrari, gli abusi delle forze dell'ordine spalleggiate dai militari con le quali il governo sta tentando di imbavagliare le proteste delle opposizioni che denunciano una delle facce della crisi: la corruzione.

In questo #focus AfricaLand Storie africane racconta le ultime drammatiche ore vissute dalla cittadinanza che tenta disperatamente di far sentire la propria voce contro gli abusi di potere dei politici e le durissime conseguenze del lockdown causa Covid-19.


-Arresti per imbavagliare il dissenso






L'attuale crisi che colpisce lo Zimbabwe viene da lontano. I cittadini e la società civile sogna (da molto tempo) un radicale cambiamento per rendere il paese africano più moderno, equo e solidale, nonché rispettoso dei diritti umani.
Tuttavia, l'attuale presidente dello Zimbabwe non è mai stato un sostenitore della democrazia e del dissenso politico. Piuttosto, quando era alle dipendenze del vecchio "Compagno Bob" - eroe dell'Indipendenza dalla Gran Bretagna quando ancora si chiamava Rhodesia, indipendenza avvenuta nel 1980 -, al secolo Robert Mugabe, si era macchiato di una di quelle "purghe" per non far cadere il regime della "Famiglia Mugabe" e dell'egemonia delle forze armate. Da allora il suo soprannome è "Coccodrillo".
Salito al potere per sostituire il "vecchio Compagno Bob", Emmerson Mnangagwa si presentò alla cittadinanza promettendo un cambiamento radicale contro la corruzione. Nulla di tutto questo è avvenuto e ora, lo Zimbabwe, si trova in una crisi irreversibile resa disperata anche dalla tragedia del Covid-19.






Da quel giorno (24 novembre) del 2017 le cose sono peggiorate ancor di più: tre anni dopo, lo Zimbabwe è attraversato e quasi colpito a morte, da una corruzione galoppante che ha spinto la cittadinanza (e le opposizioni) a scendere in piazza per denunciare lo stato della situazione.
Mnangagwa però non tollera di essere contraddetto. Odia il dissenso e così, a più riprese, nei tre anni in cui si ritrova al timone dell'ex Rhodesia, ha tentato di "silenziare" oppositori politici, avvocati, giornalisti, artisti, attivisti e scrittori.

La situazione è definitivamente deragliata quando, lo scorso 31 luglio, le opposizioni avevano indetto una marcia per denunciare la corruzione. Il governo - che dipende da Mnangagwa - aveva dichiarato fuorilegge la manifestazione.
In questi giorni però, la società civile, le opposizioni e intellettuali hanno voluto creare una hashtag su Twitter per denunciare quello che sta avvenendo: del resto il governo ha effettuato migliaia e migliaia di arresti con la scusa della pandemia ma l'obiettivo dichiarato è quello di sempre: imbavagliare il dissenso.
#ZimbaweanLivesMatter vuole essere un richiamo sui diritti civili sistematicamente cancellati dal potere e da Mnangagwa.


-Arresti eccellenti

     




La repressione "manu militari" non risparmia nessuno in Zimbabwe. A farne le spese anche grandi scrittori come Tsitsi Dangarembga.

Era finita in manette anche la scrittrice zimbabwese Tsitsi Dangarembga, con in tasca una nomination per il prestigioso premio letterario Booker Prize edizione 2020, uno dei più ambiti riconoscimenti internazionali.






E' stata rilasciata ieri sera insieme ad altri 11 dimostranti, ma dovranno presentarsi davanti al giudice il 18 settembre, perché accusata di istigazione e violazione delle norme sanitarie volte ad arginare il Covid-19.
La sessantunenne scrittrice era stata caricata su un camioncino delle forze dell'ordine insieme a altri manifestanti e portata in un commissariato di polizia di Harare, la capitale dello Zimbabwe.

Ma non è la sola.

Sono finiti dietro le sbarre anche l'avvocato Fadzayi Mahere e Jacob Ngarivhume e, ancora prima, il giornalista d'investigazione Hopewell Chin'ono che aveva scritto articoli per denunciare la corruzione dilagante dei politici e del governo.

Il governo aveva annunciato giorni prima: "La marcia di protesta annunciata per venerdì 31 luglio è un grave atto di insurrezione".
I partiti di opposizione  e le organizzazioni della società civile avevano chiesto alla popolazione di scendere nelle piazze  e nelle strade per protestare contro la galoppante corruzione e l'inflazione che ha raggiunto il 700 per cento.

I poliziotti e i militari erano ovunque, impossibile sfilare in massa: gli organizzatori però non demordono e hanno portato avanti la loro protesta pacifica nelle periferie mentre il centro di Harare era praticamente deserto, altrettanto quello di Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe.
I più indossavano magliette o portavano cartelloni con la scritta #ZanuPFMustGo (il partito al potere, Zanu PF se ne deve andare).

Già nei giorni precedenti alla manifestazione alcuni sindacalisti e giornalisti sono stati arrestati. Altri oppositori sono fuggiti, perché ricercati dalla polizia. Insomma il presidente Emmerson Mnangagwa - detto "il Coccodrillo" -, al potere dal 24 novembre 2017, dopo la caduta del suo storico predecessore ormai deceduto, Robert Mugabe, non tollera obiezioni. Chi lo contesta finisce in galera.
Tra gli arresti eccellenti c'era anche Fedzayi Mahere, avvocato e portavoce del maggiore partito all'opposizione, Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC).
Le forze dell'ordine l'avevano fermata perché manifestava con un cartellone chiedendo giustizia per i giornalisti sbattuti in galera e l'apertura immediata di un'inchiesta per mettere fine agli scandali di corruzione (come aveva denunciato con i suoi articoli Hopewell Chin'ono n.d.t) : e la scrittrice conosciuta a livello internazionale Tsitsi Dangarembga, aveva fatto la stessa fine di Mahere e altri.

Ma gli organizzatori chiedevano di continuare la lotta durante tutto il fine settimana scorso.

-Le tante crisi dello Zimbabwe

Lo Zimbabwe si trova al centro di diverse crisi: oltre  a quella della cattiva qualità della democrazia con ripercussioni pesanti sul piano dei diritti umani, ve ne sono altre che vanno dalla pandemia ai cambiamenti climatici.

Entro fine anno, il 60% della popolazione avrà bisogno di assistenza alimentare: 8,6 milioni di persone si troveranno in stato di necessità a causa dei cambiamenti climatici - siccità e invasione delle cavallette - recessione e pandemia da Covid-19.
Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha lanciato un appello il 30 luglio scorso e ha chiesto aiuti per 213 milioni di euro per poter far fronte a questa crisi senza precedenti.

Un discorso a parte merita il lockdown come conseguenza del coronavirus messo in atto per arginare la propagazione del temibile virus ha messo in ginocchio innumerevoli famiglie in città, dove sono rimaste senza lavoro e quindi senza entrate. Mentre nelle zone rurali la situazione è ancora più disperata.

Lunedì scorso, nell'ospedale centrale di Harare sono venuti al mondo 7 neonati morti in una sola notte. Le emergenze non riescono a essere eseguite nei tempi previsti per la mancanza cronica di personale. Gran parte delle infermiere  e dei paramedici sono in sciopero in tutto il paese, in quanto mancano protezioni contro le pandemie.

E sullo sfondo resta la drammatica situazione dei diritti umani ancor più calpestati da inizio crisi sanitaria, in Zimbabwe, si sono verificati arresti arbitrari, sparizioni extragiudiziali e torture: ricostruire il paese non sarà impresa facile a meno che non si riesca a far dimettere Mnangagwa.
(Fonte.:africa-express;bbcafrica;afp;jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.africa-express.info
-www.bbc.com/africa
-www.jeuneafrique.com    

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