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lunedì 16 marzo 2020

#Coronavirus e sovranismi: il pericolo politico del nuovo virus








AfricaLand Storie e Culture afrficane con questa inchiesta inagura una serie di focus e speciali sul nuovo coronavirus.

Il primo approfondimento lo dedichiamo al problema evidenziato, negli ultimi giorni; dalle sparate di alcuni leader - tutti riconducibili alla schiera dei sovranisti - che, nel momento di massima espansione del virus e dopo, la dichiarazione OMS "il coronavirus da epidemia è diventato una pandemia"; hanno scoperto il loro volto cinico e senza scrupoli.

Quale è dunque il pericolo più immediato che il coronavirus si porta dietro?

Cercheremo di dare una risposta più esaustiva possibile.

-Cinismo e sovranismo

C'è un filo conduttore a legare azioni e dichiarazioni di alcuni leader che, in questo momento - loro malgrado si ritrovano a guidare i loro rispettivi paesi: si tratta di Bolsonaro (Brasile), Johnson (Gran Bretagna) e, il capofila, colui che, da quattro anni si ritrova alla Casa Bianca, quel Trump (USA) assolutamente impreparato a far fronte alla grave pandemia (ci torneremo su questo argomento nei prossimi giorni).







Al di là delle loro discutibili politiche questi leader nonb perdono mai occasione per mostrare il loro cinismo e spregio non solo della democrazia ma anche e sopratutto dei diritti civili e fondamentali. Tuttavia, hanno scatenato una selva di polemiche le sparate sulla crisi sdanitaria causata dal coronavirus.

Johnson (UK)

"I britannici dovranno abituarsi che molti di loro perderanno persone care".

Durante una conferenza stampa dedicata alla crisi del coronavirus il premier britannico ha presentato una cinica strategia anti-paralisi.

"Il 60% dei britannici avrà bisogno di contrarre il virus per sviluppare l'immunità di gregge". 

Che cosa s'intende per immunità di gregge?

"In medicina, è definita immunità di gregge  quella forma di protezione indiretta che si verifica quando la vaccinazione di una parte significativa di una popolazione (o di un allevamento) finisce con il fornire una tutela anche agli individui che non hanno sviluppato direttamente l'immunità. Nelle malattie infettive, la catena dell'infezione può essere interrotta quando un gran numero di appartenenti alla popolazione sono immuni o meno suscettibili alla malattia".

Il governo britannico dunque non farà nulla e favorirà il contagio.

Bolsonaro (Brasile)

"Che cosa sarà mai questo nuovo virus? Non vi allarmate, anzi, piuttosto pensate alla banalissima influenza che annualmente uccide milioni di persone. Non esiste un rischio coronavirus".

Un altro tratto di riconoscimento di questi leader è quello di avere un approccio negazionista (su tutto, per ultimo appunto il virus) salvo poi, in fretta e furia, ritornare sui loro passi, non appena la crisi si è evidenziata nei loro paesi: a oggi, il Brasile, è il paese latinoamericano più colpito dal COVID-19 (162).



Trump (USA)

Il presidente statunitense in un primo momento ha fatto spallucce sul virus salvo poi annunciare lo Stato d'Emergenza : gli Stati Uniti preoccupano l'Organizzazione mondiale della sanità.
Due giorni fa, Trump, ha cercato di entrare a gamba tesa sulla questione: preoccupato di perdere le prossime Elezioni Presidenziali di novembre, si è fatto promotore di una azione spericolata. Venuto a sapere che degli scenziati olandesi stanno mettendo a punto un farmaco che dovrebbe contrastare il virus, #TheDonald pretendeva di poterlo sfruttare in anteprima, mettendo sul piatto una vagonata di miliardi di dollari.
E' stato respinto con sdegno.

Questi sono i leader che sono alla testa della fila dei sovranisti mondiali, un'autentica "scheggia impazzita" che mettono a rischio la vita e la sicurezza di tutti i cittadini del mondo. Non sono i soli, con loro ce ne sono almeno un altro trio, ossia, Erdogan (Turchia), Putin (Russia) e Netanyahu (Israele).

Questa breve introduzione è utile per allargare il discorso sulla vera partita che si nasconde dietro questa drammatica crisi sanitaria mondiale che tutti conosciamo col nome di COVID-19.
(Bob Fabiani) 
   



-Il pericolo politico del nuovo virus*


Il nuovo coronavirus è qualcosa di più di un'epidemia mortale. E' anche una tela su cui sono proiettati i timori e i momenti di diffusione del panico e della paranoia, alimentati dalle immagini distopiche di città deserte e navi da crociera in quarantena, che è importante capire qual è la ricaduta emotiva ma anche quali sono le conseguenze sull'economia politica.

Davanti alla paura del coronavirus è utile riflettere sul romanzo di Thomas Mann Morte a Venezia, scritto nel 1912, in cui una misteriosa malattia (che poi si scoprirà essere il colera) si diffonde in quel "paradiso" dei turisti. Alla base del romanzo c'è la paura orientalista della contaminazione proveniente dall'est : "l'orrore della diversità" di cui parla il protagonista Ashenbach quando scopre che la malattia è arrivata dall'India e prima di raggiungere il Mediterraneo e Venezia si è diffusa in tutta l'Asia. Nel quattrocento la città lagunare fu una delle prime a introdurre un sistema di quarantena marittima. In Italia la quarantena ha una lunga storia: usata per la prima volta a Modena nel 1374 per tenere fuori dalla città persone potenzialmente infette, fu poi usata per impedire l'ingresso nelle città di stranieri, minoranze, ebrei e arabi. Diventò un mezzo per segregare alcune persone. Nel 1836 Napoli impedì con la quarantena la circolazione di prostitute e mendicanti, considerati portatori del contagio. Con il nuovo coronavirus sono i cinesi a portare il peso del sospetto xenofobo.

Un virus non è solo un agente biologico che si riproduce nelle cellule vive di organismo, ma è anche parte di un'ideologia che considera "l'altro" come una malattia.
Il 30 gennaio, dopo i primi casi di coronavirus identificati in Italia, il leader della Lega Matteo Salvini, ha twittato: "E' poi eravamo noi a essere speculatori e catastrofisti. Frontiere aperte, incapaci al governo".

E non sono solo i nazionalisti a usare il coronavirus per "dimostrare" che hanno ragione sulla chiusura dei confini. "Anche i mezzi d'informazione progressisti hanno trattato il virus come se fosse intrinsecamente cinese. Il 1 febbraio il settimanale tedesco Der Spiegel in copertina aveva la foto di una persona in tuta protettiva, maschera antigas e con un iPhone in mano. Il titolo era "Made in China". Lo stesso giorno il titolo della copertina dell'Economist era: "Quanto diventerà grave?", e c'era l'immagine della Terra coperta da una mascherina fatta con la bandiera cinese.

Il razzismo della purificazione

Nel 1978 Susan Sontag nel suo libro Malattia come metafora condannava il linguaggio che attruibuisce la colpa alle vittime spesso usato per descrivere  alcune malattie. A distanza di quarant'anni, si parla ancora di malattie in modo semplicistico e gli si attribuisce un valore simbolico: il nuovo coronavirus è usato come metafora per esprimere ogni genere di paure, compresa, come dimostrano lo Spiegel e l'Economist, la paura della posizione dominante della Cina nell'economia globale. Le copertine dei due settimanali rappresentano il pericolo economico che il virus costituisce per il capitalismo, cioè per la produzione di merci, dagli iPhone alle auto Tesla.

Il coronavirus influisce in modo significativo sull'economia, sopratutto sul turismo e sulla produzione. Ma non determinerà il crollo del neoliberismo - l'ideologia dominante degli ultimi quarant'anni - il cui principio consiste nel proteggere l'economia di mercato dalle forze democratiche.
Come sostiene Michel Foucault in due conferenze sostenute al Colléde de France negli anni settanta, il neoliberismo opera attraverso una nuova forma di governo che si preoccupa del "controllo biopolitico delle popolazioni". Questo obiettivo, che si raggiunge con "tecnologie di controllo", come l'assistenza sanitaria e le punizioni, può portare a quello che Foucault definiva il "razzismo di stato" e al razzismo della "purificazione permanente". L'idea è stata ripresa dallo storico canadese Quinn Slobodian, autore di Globalists. Nel 2018 Slobodian ha sostenuto sul New York Times che l'estrema destra vuole introdurre una "globalizzazione modificata" basata sull'ostilità verso l'immigrazione, in cui "la circolazione delle merci e del denaro sarà libera, ma non quella delle persone".

Il coronavirus non è una minaccia per l'economia neoliberista, ma anzi crea l'ambiente perfetto per quell'ideologia. Ma dal punto di vista politico il virus è un pericolo, perché una crisi sanitaria potrebbe favorire l'obiettivo etnonazionalista delle frontiere rafforzate e dell'esclusività razziale e quello di interrompere la libera circolazione delle persone (sopratutto se arrivano da paesi in via di sviluppo) assicurando però una circolazione incontrollata di merci e capitali.

Il timore di una pandemia è più pericoloso del virus stesso. Le immagini apocalittiche dei mezzi d'informazione nascondono un legame profondo tra l'estrema destra e l'economia capitalista. Come un virus ha bisogno di una cellula viva per riprodursi, anche il capitalismo si adatterà alla nuova biopolitica del ventunesimo secolo.

Il nuovo coronavirus ha già influito sull'economia globale, ma non fermerà la circolazione e l'accumulazione di capitale. Semmai, presto nascerà una forma più pericolosa di capitalismo, che farà affidamento su un maggior controllo e una maggiore purificazione delle popolazioni.
*Srecko Horvat è un filosofo croato. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è La radicalità dell'amore (DeriveApprodi 2016)
(Fonte.:newstatesman)
Bob Fabiani
Link
-https://www.newstatesman.com
          

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