TAG - AfricaLand Storie e Culture africane

AFRICA - Anc - DIASPORA - Segregazione razziale - - DIRITTI UMANI - migrazioni - TORTURE - RAZZISMO - Lotte anti-Apartheid - AFRIKANER - Afroamerican - LIBIA - lager libici - Libertà - Rwanda - genocidio rwandese - Namibia - genocidio dimenticato - Donald Trump - trumpismo - NELSON MANDELA - APARTHEID - SUD AFRICA - THOMAS SANKARA - Burkina Faso - rivoluzione burkinabé - STEVE BIKO - MARTIN LUTHER KING - i have a dream - slavers 2017-2018 - schiavitù - SCRITTORI D'AFRICA - Negritudine - PANAFRICANISMO - AFROBEAT - FELA KUTI - NIGERIA - BLACK MUSIC - BLACK POWER - BLACK LIVES MATTER - SELMA - Burundi - referendum costituzionale - Pierre Nkurunziza - presidente onnipotente - Madagascar - Place du 13 Mai - Antananarivo - Madagascar crisis - Tana Riot -Free Wael Abbas - Egitto- Piazza Tahir- Rivoluzione2011- Al Sisi - Italia - Esecutivo Giallo-Verde - osservatorio-permanente - Storie-di-Senza-Diritti-Umani - Barack Obama - Obama Years- Dakar2021 - World Water Forum - ChinAfrica - Brics - ambiente - Climate Change - FOTO DEL GIORNO - REGGAE -#mdg2018 - #MadagascarDecide - 'AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO' - IL ROMANZO - #GiletsJaunes - Afroitalian - Walter Rodney - Brexit - Coronavirus - #LEDITORIALE - News For Africa - I Can't Breathe - #USA2020

giovedì 20 giugno 2019

Quei #Migranti intrappolati ad #Agadez (la città stravolta per i diktat dell'Unione Europea)*





AfricaLand Storie e Culture africane, ospita, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato un lungo #Reportage per fare il punto della situazione di quanto sta avvenendo nella città #nigerina di #Agadez che si trova alle porte del #Sahara e, trasformatesi in un posto di blocco per i movimenti della popolazione che si spinge verso il #NordAfrica e il Mediterraneo.

Il reportage sarà diviso  - data la lunghezza - in quattro parti -, oggi partiamo da alcune considerazione raccolte dal giornalista, Rémi Carayol, inviato speciale de Le Monde diplomatique in #Niger.
(Bob Fabiani)


Migranti intrappolati nella rete di Agadez

"E' mercoledì mattina e un dolce torpore avvolge la stazione degli autobus di Agadez. La stagione calda è alle porte. Fin dall'alba, sulla città è sceso un velo di polvere. Ma il meteo non giustifica l'esiguo numero dei viaggiatori.

"Da molto tempo non ce n'è più", afferma rattristato un bigliettaio. "Le persone che vanno verso nord si nascondono", prosegue, disteso su una stuoia accanto a un collega addormentato.

Agadez è la principale città del Nord del #Niger e le agenzie turistiche l'hanno soprannominata "la porta del deserto", ma questa denominazione non le si addice più. Eppure, un tempo, la stazione centrale da cui partivano i convogli per raggiungere Dirkou e la Libia, era il cuore pulsante della città. Ogni lunedì, decine di veicoli, a volte quasi duecento, si avviavano verso il deserto, trasportando bestiame e passeggeri. La maggioranza di questi ultimi, provenienti dall'Africa occidentale e, più raramente, dal centro o dall'est del continente, cercava di giungere in Libia e, inshallah, in Europa.
Scortati dall'esercito fino alla frontiera libica, i convogli erano sinonimi di grande speranze per coloro che vi sgattaiolavano dentro e di una boccata d'ossigeno per gli abitanti di Agadez.
"Tutta la città viveva di questo", sospira, con sguardo sognante Mahaman Sanoussi, un militante del mondo associativo molto conosciuto. "La migrazione era legale. Gli autisti gestivano un'attività rispettabile e pagavano le tasse come tutti gli imprenditori. La legge 2015-36 ha cambiato tutto".


Primo destinatario dell'"aiuto" di Bruxelles

La legge del 26 maggio 2015 sul traffico illegale di migranti, percipita nel Nord del Niger come un flagello, ha reso illegale dall'oggi all'indomani quel che prima era un'attività commerciale come un'altra, e gettato in prigione decine di giovani del paese. Il 2015 è l'anno in cui l'Unione europea ha costruito un muro invisibile per bloccare i migranti provenienti da Sud; l'anno dell'agenda europea sulla migrazione  e del summit a La Valletta. In quell'occasione, i Ventotto, riuniti nella capitale maltese, progettavano l'esternalizzazione della lotta contro l'immigrazione, con la complicità di alcuni Stati africani. Bruxelles sa come convincere i propri "partner": a questi squattrinati governi vengono promesse cifre colossali (oltre 2 miliardi di euro) per "accompagnarli" nel contenimento di chi vuole compiere il grande viaggio. Il Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa (Eutf) "a favore della stabilità e della lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa" finanzia molti progetti nell'ambito di quel che la Commissione europea definisce "cooperazione su misura" (1) con la Nigeria, il Senegal, l'Etiopia, il Mali e il Niger.




Il Niger, che confina con Algeria e Libia, ha un ruolo centrale nella strategia europea. Dopo la liquidazione del regime di Mu'ammar Gheddafi ad opera della coalizione franco-britannica, nel 2011, Agadez è diventato il principale luogo di transito verso il Vecchio continente. Nel 2016, vi sarebbero passati quasi 400.000 migranti, in viaggio per il Maghreb (2), prima di proseguire, nella maggior parte dei casi, attraverso il Mediterraneo. Nel 2015, Beuxelles, l'ha dunque individuata come uno dei principali bersagli della propria politica di stretta sulla migrazione.
Il Niger, paese più povero del mondo, stando al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, deve far fronte a gravi minacce alle proprie frontiere: Boko Haram a Sud-est, i gruppi armati del Mali nel Nord-ovest, le milizie tebu nel Nord... Lo Stato guidato da Mahamadou Issoufou, alleato della Francia, ha bisogno di soldi e di sostegno militare. l'Eutf, in tre anni, ha stanziato per questo paese più che per ogni altro: 266,2 milioni di euro. La teoria ufficiale di prestare sostegno allo sviluppo o ancora di lottare contro la tratta degli esseri dissimula un obiettivo ben più prosaico: bloccare, anche con la forza, i flussi migratori verso l'Europa.





Una parte dei fondi è destinata alla ricostruzione dello Stato e al controllo delle frontiere: potenziamento delle forze di sicurezza nigerine attraverso la creazione di un'unità scelta di lotta contro le migrazioni e di una squadra investigativa comune (Sic) per localizzare le "reti criminali legate all'immigrazione clandestina".
La missione civile di sviluppo della capacità dell'Unione Europea (eucap Sahel Niger), lanciata nel 2012, può contare anche su una sede ad Agadez. La sua unità migrazione organizza dal 2015 delle formazioni per le forze di sicurezza e distribuisce materiale. Ufficialmente, i poliziotti provenienti dai quattro angoli dell'Europa, non intervengono sul campo ma raccolgono informazioni e trasmettono un kow-how tecnico.

L'elaborazione dell'Agenda europea sulla migrazione e l'adozione della legge 2015-36 sono state quasi simultanee. All'interno del governo nigerino non si levano voci contrarie: questa legge è stata ispirata, se non imposta, dall'Europa  - tanto da essere stata parzialmente redatta da funzionari francesi.

"E' vero, ci sono state pressioni", ammette il generale Mahamadou Abou Tarka, presidente dell'Alta autorotà per il consolidamento della pace (Hacp), ente connesso alla presidenza e incaricato di seguire l'applicazione della legge. "Ce ne stiamo occupando da un po'. A partire dal 2012, l'esplosione dei flussi migratori era diventata per noi una delle maggiori preoccupazioni. All'inizio l'abbiamo tollerata, sopratutto perché era un modo per i nostri connazionali di guadagnarsi da vivere. Ma ne sono derivati molti traffici illeciti. Quando l'Europa ci ha detto : vi diamo i soldi, abbiamo colto l'occasione al volo".
Un proverbio locale dice : "quando sei in fondo a un pozzo, prendi tutto quel che viene dall'alto, foss'amche un serpente".


Da quel momento in poi, chiunque permetta a un migrante di entrare illegalmente nel territorio, o di uscirne, ricevendone in cambio un vantaggio economico o materiale, rischia da cinque a dieci anni di carcere e una sanzione che può arrivare a 5 milioni di franchi Cfa (7.630 euro). Chi gli presti aiuto durante il soggiorno - ospitandolo, nutrendolo o fornendogli vestiti - incorre in una pena da due a cinque anni di prigione.  Dal 2016, sono state arrestate quasi trecento persone, tra autisti e passeur, e sono stati sequestrati più di trecento automezzi.

- Fine Prima Parte -
*Rémi Carayol

(Fonte.:mondediplomatique)
Bob Fabiani
Link
-www.monde-diplomatique.fr
   


    

Nessun commento:

Posta un commento