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lunedì 24 giugno 2019

Come cambia la strategia della protesta sudanese dopo il #SudanMassacre?







Il 3 giugno 2019 almeno 500 persone sono morte durante le drammatiche operazioni di sgombero del sit-in organizzato davanti al quartier generale dell'esercito sudanese a Khartoum : questa è stata la denuncia del Comitato centrale dei medici sudanesi e, sostanzialmente - tranne rari casi - essa è caduta, sostanzialmente, nel vuoto dal momento che, la grande maggioranza dei media internazionali (compresi quelli italiani, anche qui, tranne in rarissimi casi), ha pensato bene di "silenziare" non solo, il volgare massacro ma, nell'insieme, la rivolta e la rivoluzione del popolo sudanese che pretende e invoca un nuovo Sudan.
Questo post fa parte di una serie di #reportage che AfricaLand Storie e Culture dedica alla grande dedizione dei sudanesi che, non si rassegnano a vivere in un paese dilaniato dalla violenza e corruzione alleati perfetti di ogni regime dittatoriale.
(Bob Fabiani)


Una nuova strategia di protesta*


"Costruite le barricate, e poi scappate. I leader delle proteste sudanesi hanno lanciato questo messaggio ai manifestanti prima di dare il via, il 9 giugno, a una campagna di disobbedienza civile in tutto il paese (lo sciopero generale è durato 3 giorni ed è stato sospeso il 12 giugno quando, sono ripresi i negoziati tra l'opposizione e il consiglio militare di transizione sul passaggio di poteri a un governo civile).

Le barricate, fatte di mattoni e pezzi di metallo rimediati per strada, sono diventati il simbolo del movimento di protesta  in Sudan. Inizialmente servivano a proteggere il sit-in che era nato davanti al quartier generale dell'esercito a Khartoum. Ma da quando, il 3 giugno, i paramilitari sudanesi hanno sgomberato il raduno con la violenza, l'opposizione ha cambiato tattica.

"Le barricate sono la vostra protezione", ripete l'Associazione dei professionisti sudanesi, il gruppo che dal dicembre del 2018 guida le proteste e che chiede ai manifestanti di costruire sbarramenti in tutte le strade della capitale. Tuttavia, invece di presidiarli come succedeva durante il sit-in, i simpatizzanti dell'opposizione devono scappare. "Evitate gli scontri con i janjaweed", raccomanda l'associazione, riferendosi alle Forze di supporto rapido (Fsr).






Questo gruppo paramilitare è considerato il responsabile del massacro del 3 giugno, in cui sono morte almeno 500 persone, ed è formato dagli stessi miliziani janjaweed accusati di aver commesso crimini di guerra in Darfur nel 2003.

Mentre i manifestanti allontanati dal sit-in avrebbero voluto erigere nuove barricate e affrontare a viso aperto i soldati, i leader della protesta invitano alla prudenza. Ora, sostengono, bisogna concentrarsi sulla disobbedienza civile.

Il 9 giugno le strade di Khartoum e di altre città sudanesi si sono svuotate e i negozi hanno abbassato le saracinesche. Le banche sono rimaste chiuse, i voli all'aeroporto della capitale sono stati cancellati e le operazioni marittime a Port Sudan sono state bloccate, nonostanti si parli di vari tentativi della giunta militare di costringere le persone ad andare al lavoro. Secondo l'Associazione dei professionisti sudanesi, impiegati del settore dell'aviazione, dell'azienda elettrica e delle banche sarebbero stati presi in custodia e costretti a lavorare.

Internet bloccato

Dal 3 giugno (e per molti giorni) l'accesso a internet è stato praticamente bloccato, e i miliziani delle Fsr hanno continuato a pattugliare le strade e ad aggredire i passanti senza motivi particolari.
Negli ultimi giorni testimoni oculari hanno riferito di un numero crescente di bande non meglio identificate in giro per le strade. Il ministro della salute Suleman Adula Gadar ha dichiarato che due fine settimana fa 11 persone sono rimaste uccise a causa dell'aumento di "fuorilegge" che approfittano del caos.
Per gli abitanti di Khartoum uscire per strada è diventato pericoloso e quindi preferiscono restare chiusi in casa.

C'è chi parla di "arresti domiciliari di massa".

"La gente ha fatto provviste per prepararsi alla campagna di disobbedienza civile", dichiara un manifestante che ha chiesto di restare anonimo. Questa strategia è al centro di discussioni accese tra i manifestanti, che cercano di passarsi le informazioni attraverso gli sms o dei biglieei scritti a mano per aggirare le restrizioni a internet.




I video che sono trapelati dal Sudan, condivisi dai pochi che sono riusciti ad aggirare il blocco di internet, mostravano una specie di gioco del gatto con il topo tra i manifestanti che costruivano barricate e i miliziani delle Fsr, che cercavano di abbatterle per poter percorrere le strade a bordo dei loro famigerati pick-up equipaggiati con armi automatiche. L'Associazione dei professionisti sudanesi ha avvisato i suoi sostenitori di non cadere nei tranelli dei militari, che lascerebbero delle armi per strada per spingere i manifestanti a scegliere la violenza.
Molti abitanti di Khartoum sembrano tornare in piazza. A Omdurman, la città gemella della capitale, ci sono statigrandi raduni di manifestanti il 7 e l'8 giugno 2019. Lo stesso è successonel quartiere di Bahri.

Il 9 giugno 2019 un attivista, Waleed Abdelrahman, è morto per una ferita d'arma da fuoco al petto. "Il consiglio militare di transizione continua a uccidere cittadini disarmati e a minacciare la loro sicurezza", ha dichiarato il Comitato centrale dei medici sudanesi".

*Kaamil Ahmed
**Questo intervento è aapparso sulle colonne del Middle East Eye
(Fonte.:middleeasteye;sudantribune;afp)
Bob Fabiani
Link
-https://www.middleeasteye.net;
-www.sudantribune.com;
-www.afp.fr 

  

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