A un anno dall'inizio della mobilitazione che nell'aprile 2019 ha portato alla cacciata di Bashir, in migliaia hanno manifestato a Khartoum per chiedere giustizia per le centinaia di vittime della repressione dell'esercito.
Bashir condannato (corruzione) per due anni
L'ex presidente del Sudan, Omar al Bashir, 75 anni, è stato riconosciuto colpevole di corruzione dal tribunale di Khartoum.
Il giudice Al Sadiq Abdelarahman lo ha condannato a due anni da trascorrere in un centro di recupero a causa dell'età avanzata.
La Corte ha ordinato la confisca dei milioni di euro e di sterline sudanesi trovate nella sua residenza. Deposto dall'esercito lo scorso 11 aprile, dopo mesi di violente proteste contro il regime. Al Bashir si è sempre dichiarato estraneo alle accuse ammettendo solo di aver ricevuto 25 milioni di dollari dal principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. Il suo avvocato ha dichiarato ha dichiarato che farà appello.
Bashir guidava il Sudan dal golpe 1989, a maggio era stato incriminato per la morte dei manifestanti uccisi durante le proteste e rinchiuso in isolamento nel carcere di massima sicurezza di Kobar.
Il ritiro di 10 mila soldati dal conflitto yemenita
Significativi passi avanti nell'opera di persausione sugli USA affinché il Sudan venga rimosso dalla lista nera dei paesi che sostengono il terrorismo; e l'ok all'annuncio di un sostanzioso disimpegno dal conflitto in Yemen, con 10 mila soldati.
E' questo il risultato portato a casa dal nuovo premier di transizione sudanese Abdalla Hamdok dopo la visita negli Stati Uniti.
Il Sudan dal 2015 fa parte della coalizione anti-houthi a guida saudita e in alcune fasi del conflitto è arrivato a schierare sul terreno 40 mila unità. Ora il governo di compromesso partorito a Khartoum alla fine di un lungo negoziato tra società civile e militari vorrebbe cambiare registro e Hamdok si è detto "disponibile a cooperare per il raggiungimento di una soluzione politica.
La Rivoluzione delle donne sudanesi
Una donna, in Sudan, non può andare a capo scoperto o indossare i pantaloni. Non può frequentare uomini che non siano il padre, il marito, i più immediati familiari. Non può decidere se iscriversi a un'associazione, uscire di casa, accettare un lavoro, iscriversi a scuola o all'università : deve avere il permesso di un uomo. Chi contravviene a questi precetti rischia l'arresto e la fustigazione, come è accaduto nel tempo a molte sudanesi.
Ma questa descrizione della condizione di sostanziale assenza di diritti umani delle donne sudanesi risale ai tempi del regime di Bashir.
Era quanto rischiavano le donne, a causa delle famigerate "leggi sull'ordine pubblico" volute dal dittatore Bashir ma, finalmente abrogate a fine novembre, in mezzo a scene di giubilo.
"Erano uno strumento di sfruttamento e di umiliazione". Questa frase, è stata pronunciata dal primo ministro Hamdok.
La Rivoluzione sudanese dello scorso aprile sta dando i suoi frutti.
C'erano voluti mesi di proteste, scioperi, un sit-in permanente davanti al palzzo del quartier generale delle Forze Armate a Khartoum. Le donne sempre in prima fila, i cortei spesso macchiati dal sangue dei manifestanti. Alla fine al Bashir era stato abbandonato dai militari e deposto, poi imprigionato. Ma il nuovo potere del generali non soddisfaceva certo la richiesta di democrazia e libere elezioni. Sono seguiti altri mesi di teso negoziato, fino all'accordo e alla formulazione di un governo transitorio nel quale siedono militari e civili e che ha tre anni di tempo per condurre il Sudan a libere elezioni.
L'abrogazione delle leggi contro le donne è il primo segno della sua buona volontà. E' stata anche approvata l'abolizione del partito di al Bashir, il National Congress Party, un tempo onnipotente.
Il Sudan ha una lunghissima tradizione democratica, che forse sta rinascendo davvero.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
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-www.jeuneafrique.com
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