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lunedì 16 ottobre 2017

Geopolitica, emancipazione e speranze disilluse dell'Africa





Esisteva un'Africa prima del Colonialismo e, poi, esiste un Continente che si è plasmato e formato dopo il Colonialismo. 
Non sarebbe sbagliato partire da questo elementare punto fermo quando si deve parlare, scrivere, ragionare sull'Africa.  E' l'obiettivo dichiarato di questo blog, una riflessione dalla quale partire nel nostro quotidiano post sulle pagine virtuali di AfricaLand Storie e Culture africane. 

Non capita molto spesso che ci si ponga di fronte all'Africa con l'obiettivo di riflettere su quanto è avvenuto oppure avviene in quell'immenso Continente. Con l'articolo di oggi vogliamo dare il nostro contributo. Questo blog - come abbiamo scritto nelle settimane scorse e nei giorni di presentazione - ha una serie di "capitoli" strutturati per aprire una discussione (tra i lettori) che abbiano come punto di riferimento il "punto di vista" dell'Africa e di coloro che la abitano.

Lo spunto odierno vuole mettere la lente di ingrandimento su un'aspetto fondamentale al tempo di oggi: per questa ragione nel blog troverete "l'etichetta o tags" - come si dice al giorno d'oggi, al tempo della "nuova comunicazione" quella dei "nuovi social network"  - interamente dedicata alla "Geopolitica d'Africa", uno strumento che consideriamo assolutamente utile per capire cosa avviene e cosa attende ai popoli d'Africa in questi tempi confusi e per nulla rassicuranti.
Non è un caso che al termine di lunghe riunioni redazionali si sia deciso di creare questa sezione nel blog perché forse, al giorno la geopolitica riveste un'importanza centrale - dato che questa materia è "lo studio dei fattori geografici che condizionano l'azione politica" - sono sempre più decisivi nel determinare tragedie di proporzioni bibliche come le "migrazioni" che dall'Africa investono il resto del mondo.
Eppure questa tragedia non deve essere pensata come un dramma figlio "solo" di questi tempi malati - come qualcuno li definisce - perché le cause e le "concause" sono molteplici e (come vedremo durante questo articolo) affondano le radici nella notte dei tempi.

Nel 2009, appena due anni dopo la dipartita del grande reporter polacco, Ryszard Kapuscinski, uscì postumo un prezioso libro - che il grande giornalista fece in tempo a progettare - dal titolo Nel turbine della storia. Riflessioni sul XXI secolo (edito da Feltrinelli in Italia n.d.r) : l'importanza di queste pagine risiedeva nel fatto che, il giornalista sentì il bisogno di scrivere una serie di riflessioni circa i luoghi visitati durante tutta la carriera, di cui l'Africa, ha costituito una costante per i suoi imperdibili libri-inchiesta. 
In queste pagine, il giornalista nato a Pinsk (Polonia orientale, oggi Bielorussia) nel 1932 e morto a Varsavia appunto nel 2007 riflette su alcuni aspetti decisivi per contribuire a "scrivere la grande storia"; aspetti per nulla secondari se, tramite di essi, si sono potuti assestare, rafforzare (nei lettori e in tutti noi che abbiamo amato questi libri imperdibili per capire il mondo guardato, per una volta non con la solita supponenza che vuole e impone sempre un solo punto di vista quello occidentale) alcune delle "questioni aperte" e mai superate del tutto sopratutto quando, l'argomento in questione è: l'Africa. 
Sono "questioni aperte"  - come amava argomentare Kapuscinski - perché hanno creato una serie di guasti e lasciti ben visibili ai giorni nostri, in questa parte di mondo.

La penna del reporter Kapuscinski non è mai scesa a facili compromessi. Nei suoi lunghi viaggi-reportage dedicati all'Africa non ha mai nascosto quei guasti semplicemente perché era impossibile per il punto di vista di un "giornalista e intellettuale con la schiena dritta" quale era Kapuscinski quando si trovava in una delle tante "giovani nazioni africane" che tentavano (con alterne fortune) di risalire la china, nel tentativo di scrollarsi di dosso tutti i guasti generati dal lungo periodo del colonialismo, in quel "Terzo Mondo", di cui l'Africa fa ancora parte ai giorni nostri.

"La denominazione Terzo Mondo - scrive in questo libro il reporter polacco - "proviene da un libro del demografo Alfred Sauvy". 
Negli anni Cinquanta del Novecento quando il demografo, economista e sociologo francese coniò il termine, l'intento era quello di una visione (e divisione) del "tutto politica" che, poi, con l'andar del tempo ha acquisito un modo di pensare non del tutto privo di razzismo ma che a ben vedere, non costituiva una novità assoluta. Non lo era dal momento in cui questo modo di pensare era tipico di "quell'occidente" sempre pronto a erigersi "unico depositario" della verità. Se poi questo modo di pensare lo si abbina a "questioni economiche" allora, il punto di vista dell'occidente diventa assoluto perché è da esso che, i cosiddetti "Paesi del Terzo Mondo" ricevono la patente necessaria per sedersi al "tavolo dei grandi Stati" ma sempre e solo come "invitati" e, al massimo come "osservatori" senza che possano in alcun modo decidere, influire, prendere decisioni che riguardano il destino di miliardi di persone.

Queste patenti "concesse" (sempre di controvoglia) dall'occidente servono ( o dovrebbero servire) a "promuovere lo sviluppo nei Paesi emergenti" ma, il più delle volte si tratta di "speranze disilluse" nei confronti dell'Africa perché - ormai ci sono molti riscontri - ci si trova di fronte a discutibili escamotage messi in atto per non cedere "posizioni vantaggiose", le stesse che hanno sempre dimostrato l'arcigno "stato da sfruttamento" da parte di quelle potenze colonialiste, imperialiste che in Africa hanno voluto "dettare legge". 
Ogni "stagione politica" del "Primo Mondo" ha finto col costituire un'irresistibile scusa per imporre questa pratica. La pratica del colonialismo è durata circa 70 anni e, alla fine di questa fase, ha portato all'indipendenza delle "giovani nazioni africane", a partire dal 1960.  Tuttavia, gli storici, come scrive Kapuscinski, sono pressoché tutti concordi nell'indicare che la "disgrazia maggiore per l'Africa è stata la pratica del commercio degli schiavi, durato oltre 300 anni", e questo ha finito per rappresentare una tragedia ben superiore a quella del Colonialismo. 
A ben vedere questo succedersi di schiavismi, colonialismi e post colonialismi deve essere ascritta - secondo il ragionamento del reporter polacco - "totalmente all'occidente". 
Queste tragedie sono strettamente collegate ad esse per alcuni ragioni. La prima è del tutto evidente : l'occidente, i cosiddetti "esseri civilizzati" si sono sentiti in dovere di sperimentare i "peggiori istinti razzisti"  dell'uomo bianco ai danni dei neri in Africa.  L'apice di queste "nefandezze disumane" toccarono il punto più basso (nella scala dei diritti umani n.d.r) proprio durante quei terribili 300 anni in cui, il commercio di schiavi, era diventata una "pratica" addirittura "alla moda" (a partire dal XVI sec. e protratto fino al XIX n.d.r) tanto che poi, le varie fasi del colonialismo rappresentarono un "passo avanti" per la disperata condizione di vita dei cittadini e dei popoli dell'"Africa nera". 
Del resto non si poteva continuare a usare "pratiche brutali" - come invece accadde durante la pratica (odiosa) del commercio di schiavi e, nella prima, brutale fase del colonialismo - ai danni della maggioranza dei neri. 

Questa fase va inquadrata con l'avvento del XX secolo quando il colonialismo delle stesse Potenze imperialiste - anche grazie alla svolta e alla spinta della rivoluzione del Panafricanismo al pari della "Negritudine" - costrinse i bianchi e i "padroni europei imperialisti"  a mettere in campo investimenti e piani di sviluppo. Si trattava di "atti dovuti" nei confronti dell'Africa ma, è bene precisarlo, le Potenze imperialiste e colonialiste, lo fecero di controvoglia e, in un contesto di "progressivo abbandono dell'Africa". 
Anche questo specifico punto è da mettere in correlazione della nuova "opportunità politica" da inquadrare come un "ritiro tattico". Fino alla prossima opportunità che prima o poi si sarebbe nuovamente materializzata: questione di tempo. L'Europa e l'America da quel momento decisero di attendere l'avvio di una nuova stagione e questa si materializzò con l'avvento della "guerra fredda" che possiamo far coincidere proprio con l'avvio delle varie indipendenze delle "giovani nazioni africane". Era il pretesto che i due continenti (cosiddetti civilizzati) aspettavano per poter far riprendere tutto come era stato lasciato una decina di anni prima. Tutto riprese nel solco degli "interessi commerciali" delle Potenze colonialiste dato che già a partire dagli anni ottanta del XIX secolo, l'Africa viene spartita fra le stesse Potenze europee, annota il reporter polacco : "Queste potenze erano la Francia, il Belgio, l'Inghilterra, l'Italia e i Paesi Bassi". 
Le "giovani nazioni africane" fino a quel momento "non esistevano" - ammette Kapuscinski - e, questo "stato di cose" andava (e va) a tutto vantaggio di quelle stesse "nazioni colonialiste". E' l'occidente che non ha consentito lo sviluppo dell'Africa : tutto iniziò con il commercio degli schiavi quando, i migliori uomini africani, i più giovani e sani - scrive ancora il giornalista polacco - "venivano deportati". 

Partivano dall'Africa atlantica in direzione dell'Europa e dell'America mentre, dall'Africa orientale, venivano deportati verso l'attuale Medio Oriente, nei paesi arabi dell'allora penisola arabica del resto molto vicina all'Africa orientale. 

Quando queste "Potenze colonialiste" che si sentivano a tutti gli effetti civilizzate ed evolute più delle altre nazioni abbandonarono l'Africa - si tratta come annota il reporter polacco degli europei - lasciarono problemi enormi, irrisolti. Faceva parte di una nuova strategia (non ancora conclusa dato che, ai giorni nostri è ancora in atto). Di una mutazione per continuare a tenere "sotto scacco" le "giovani nazioni africane" che, una dopo l'altra si ritrovarono nuovamente a convivere la scomoda presenza dei capitalisti del resto abili a favorire sempre (e comunque) quei leader africani che, una volta arrivati al potere delle loro nazioni, si comportavano anche peggio dei loro omologhi colonialisti in un crescendo di corruzione e sistematica mancanza di democrazia e di un totale mancanza del rispetto dei diritti umani imposte alle "nuove generazioni di giovani africani" che, per certi versi sono anche più arrabbiati (e disperati) di coloro che nel passato hanno combattuto contro le dittature e i regimi oppressivi dei bianchi. Oggi, queste Potenze colonialiste e imperialiste, non hanno più bisogno di "fare quel lavoro sporco" perché questo è ora appannaggio di quelle Multinazionali che, in quanto a pratiche disumane non hanno nulla da invidiare ai "peggiori schiavisti" che, a vario titolo e in diverse epoche si resero responsabile dell'odiosa pratica del "commercio di schiavi".  Anzi queste Multinazionali sono gli artefici principali, a cavallo del terzo millennio di veri e propri "flussi finanziari illeciti". 
E' l'ultima speranza disillusa propinata all'Africa. 
(Fonte.:mondafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.mondafrique.com 
    

  

    
     

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