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venerdì 13 luglio 2018

#NotInMyNeighbourhood, il #docufilm di Kurt Orderson sul 'nuovo colonialismo" imposto con 'metodi violenti' (a #CapeTown come a #NYC e #SanPaolodelBrasile)




Se esiste un lavoro artistico, un #docufilm - come nel caso documentarista sudafricano Kurt Otabenga Orderson - allora quel film è senza ombra di dubbio #NotInMyNeighbourthood - Non nel mio quartiere.

Si tratta di una pellicola che illustra benissimo, inquadrando questa era; questa stagione contraddistinta da grandi soprusi, egoismi sbandierati dalle classi dominanti (in una parola: il dettame e i capisaldi del #neoliberismo n.d.t) che ha stravolto, travolto per sempre il mondo. A ogni latitudine. In ogni continente.

Il regista sudafricano nei suoi lavori - e qui in modo particolare - riesce a far confluire 'mondi lontani' ma che poi, amalgamandosi riescono a parlare una "lingua" internazionale. Per far questo Kurt Orderson  immette ampie dosi  di politica subito affiancata dalla cultura e poi, come scelta artistica (necessaria) lasciando ampia libertà alle parole di uscire, di inondare la "celluloide" (i più giovani tra nostri lettori virtuali mi perdoneranno se, in questa epoca fatta a uso e somiglianza dell'iper-tecnologia io me ne esca con un vocabolo di un'altra epoca...lontana nel tempo).

Ecco si potrebbe dire che #NotInMyNeighbourhood sia tutto qui. Racchiuso in questi passaggi.




E invece questo è un film che si nutre di molto altro, a cominciare dalle strutture delle città che mano a mano vengono raccontate, analizzate, riprese dalla macchina da presa per raccontare il "nuovo razzismo" che si evolve in "classismo della gentrificazione" .




-"Tutte le nostre lotte sono una sola"

Questa è la frase che il regista sudafricano si è sentito dire direttamente da un attivista di #Brooklyn quando il #docufilm racconta la situazione maturata a #NewYork molto più simile di quanto non si voglia crede ad altre realtà depresse prese inconsiderazione in questo film attualissimo (e amarissimo).
Scegliendo di raccontare (e documentare) la gentrificazione in atto in tre diverse parti del mondo, Kurt Orderson indaga sul "comune denominatore" che lega queste storie, queste resistenze, questi soprusi - in Sudafrica, Brasile, AmeriKKKa - tutte legate dalla sopraffazione ai danni dei neri e dei più poveri.






-La genesi di #NotInMyNeighbourhood



Molti anni fa, quando il regista sudafricano viveva e lavorava a #Harlem quartiere newyorchese, Kurt Orderson lesse una scritta che campeggiava, in bella evidenza su un muro: "Gentrifiers get out of my neighbourhood" (Fuori i gentrificatori dal mio quartiere). Poco dopo tornò nella città in cui era nato, Città del Capo (#CapeTown), in Sudafrica, notò subito delle similitudini tra aree come Harlem, Williamsburg oppure Brooklyn laggiù a New York, la città incredibile, la "Grande Mela" quella che riesce a dare "una grande opportunità a tutti a patto che ci siano soggetti disposti a volere il successo a tutti i costi". ... Il cosiddetto sogno americano, uno degli equivoci più incredibili della storia del mondo, dato che non solo si è sempre trattato di una "narrazione di parte" ma, in qualche modo proprio quella illusione è alla base della virata autoritaria - assimilata in tutto e per tutto dal dettame #neoliberista - per imporre i diktat del mercato e poi, a seguire nel tempo, le imposizioni della "Finanza creativa", la grande invenzione per far arricchire i ricchi ancor di più a danno del resto dell'umanità.
Ma non erano solo queste le coincidenze che il #filmakersudafricano riscontrò una volta tornato nella "Nazione Arcobaleno": esistevano almeno altri due posti qui, in Sudafrica - il Woodstock Exchange oppure l'Old Biscuit Mill - proprio a Città del Capo. 





Inizialmente #NotInMyNeighbourhood doveva essere un "corto" di un quarto d'ora ma, alla fine il #docufilm è un documentario di circa un'ora e mezza sulle persone e i movimenti che nelle tre metropoli - #CapeTown #SaoPaoloduBrazil e #NYC - si oppongono ai soprusi dei potenti di turno (i governi ... non importa se eletti direttamente ... o indirettamente dal mandato popolare piuttosto che, come nel caso del Brasile, almeno limitatamente agli ultimi due anni messi sulle poltrone da organismi che non si fanno certo scrupolo di ricorrere a "sistemi autoritari" se non proprio golpisti, realtà questa che investe molto più di quanto si possa credere i paesi che compongono L'America Latina n.d.t) che, in nome e per conto del profitto, radono al suolo abitazioni e interi quartieri con gli "stessi metodi violenti in tutto il mondo".

E le comunità non possono far altro che capitolare sotto questi metodi violenti voluti dai grandi speculatori che si fingono grandi imprenditori e benefattori.





L'idea di Oderson si articola intorno a questo ragionamento: "buttare fuori di casa la povera gente per sfruttare le zone in cui vivevano è qualcosa di molto simile al colonialismo e all'apartheid", ecco perché, secondo il #filmaker "raccontare quelle storie di quella povera gente è fondamentale, anche solo per conservare una memoria che rischia di essere cancellata".

Per sempre.

In modo che si possa certificare che la casa è un diritto 'solo' per bianchi.

(Fonte.:thedailyvox)
Bob Fabiani
Link
-https://www.thedailyvox.co.za
  

    

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