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martedì 13 ottobre 2020

Attivisti che cercano di "restituire" l'arte africana, a processo in Francia


 





Un'attivista congolese Emery Mwazulu Diyabanza e altri quattro sono finiti a processo in Francia (lo scorso 30 settembre), con l'accusa di furto per aver tentato di rimuovere un palo funerario africano del XIX secolo da un museo di Parigi, come parte di una campagna di protesta contro il saccheggio dell'era coloniale.


Emery Mwazulu Diyabanza non accetta di essere chiamato ladro : in realtà si sente un "apostolo della restituzione diretta" dell'immenso patrimonio dell'arte africana che, le potenze colonialiste scipparono all'Africa andando a rimpinguare i musei europei.

L'attivista congolese fondatore del collettivo panafricano Unity, Dignity, Courage, per protestare contro i furti perpetrati dalle potenze europee durante il colonialismo, senza maschera né armi, entra nei musei e porta via opere d'arte e manufatti africani durante azioni fimate e trasmesse in streaming sui social. 

Finora ha colpito in Francia e Olanda.

A giugno è entrato nel Musée du quai Branly, l'istituzione culturale parigina che ospita tesori delle ex colonie francesi, e ha rimosso una stele funeraria in legno del XIX secolo proveniente dal Ciad. A luglio, a Marsiglia, ha sequestrato un manufatto dal Museo delle arti africane, oceaniche e dei nativi americani.  A settembre il gruppo ha preso una statua funeraria congolose dall'Afrika Museum di Berg en Dal, nei Paesi Bassi.



Naturalmente nell'immaginario - a senso unico - di tutte quelle nazioni colonialiste queste imprese vengono etichettate come gesti che debbono essere perseguiti penalmente. Dal canto suo, Diyabanza sa che queste azioni incendiano il dibattito in un momento in cui il movimento antirazzista Black Lives Matter è al suo apice.

"La mia è una protesta visiva pensata per i social media per sensibilizzare su questa ingiustizia", dichiara. "Questi artefatti sono stati portati via dai loro Paesi di origine senza alcun consenso e i presidenti africani hanno dimostrato di non volere, o potere, recuperarli. Al ladro non viene chiesto il permesso di restituire ciò che ha rubato".

E' la questione che si trascina da tempo immemore che mai nessuna potenza colonialista ha pensato di restituire all'Africa dato che, dall'Europa all'America si è portati a pensare che l'Africa non sia un Continente dove l'arte sia stata prodotta salvo poi, una volta scoperta, impossessarsene - come dice Diyabanza - senza chiedere il permesso. E' successo all'arte quello che è successo alle materie prime : un razzia senza precedenti.

Ora deve affrontare due processi, uno a Parigi e uno a Marsiglia, per tentativo di furto di un'opera pubblica (che però appartiene all'Africa ...). In entrambi i casi rischia 150 mila euro di multa e sopratutto 10 di reclusione. 

Due pesi e due misure ...

Nel 2017 il presidente Emmanuel Macron si è impegnato a restituire parte del patrimonio africano che la Francia aveva rubato al Continente. Due accademici, Bénédicte Savoy e Felwine Sarr, nel 2018 gli hanno consegnato il loro rapporto : afferma che tutti i manufatti rimossi dall'Africa subsahariana in epoca coloniale dovranno essere restituiti dalla Francia se provato in modo inequivocabile (da chi?) che sono stati sottratti con la forza. 

Questa narrazione è contestata (giustamente a nostro avviso) da Diyabanza : "Finora sono state annunciate 27 restituzioni da parte della Francia, ed è stato restituito un solo oggetto. Non ci resta che andare avanti".

Il tempo è maturo affinché questa disgustosa ingiustizia venga rimossa : tutte le opere d'arte africane devono tornare in Africa ed essere esposte nei musei del Continente.

(Fonte.:bbc;aljazeera;theguardian;france24)

Bob Fabiani

Link

-www.bbc.com

-www.aljazeera.com

-www.theguardian.com

-www.france24.fr 

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