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martedì 7 novembre 2017

La "Questione Migranti" (in onore e in ricordo delle ragazze nigeriane morte nel Mediterraneo)






Questa è una storia africana. Una storia di dolore, speranze negate tra indicibili soprusi, torture, diritti umani violati. Storia di stupri e naufragi.
Cronaca di un genocidio.

Queste poche frasi che avete appena letto sulle pagine virtuali di un blog, uno spazio interamente dedicato all'Africa - che ci siete capitati per sbaglio oppure con l'intenzione di leggerle quotidianamente le storie della "Grande Madre Terra" - devono la loro pubblicazione in onore e in ricordo delle ragazze nigeriane naufragate nel tratto di mare che va dalla Libia all'Italia. 
E' l'ennesimo bilancio drammatico di un unico sterminato genocidio quello dei migranti costretti a fuggire dall'inferno di guerre, schiavitù, fame, torture che si consumano nel Continente Nero. 
E' un cerchio concentrico che non conosce fine perché, questa situazione fa comodo a troppi protagonisti, compreso quell'occidente, quella civilissima Europa - non ultima l'Italia - che è restia a lasciare l'egemonia colonialista oggi rinverdita sotto altre spoglie. Le stesse di sempre: controllare le risorse di quelle materie prime di cui l'Africa è ricca. E' un gioco al massacro che chiede (e pretende) il "sacrificio massimo" solo e soltanto all'anello debole, i migranti costretti ad abbandonare la Nigeria, il Senegal, il Burundi e giù fino all'Africa del Sud per poi risalire verso la Costa D'Avorio, il Camerun, il Ghana o il Burkina Faso. E sono donne e uomini, più spesso ragazzi e ragazze strappati alle loro città Lagos o Dakar, Bamako o Tunisi quando ancora sono in età scolastica. Minori soli, sbandati, disorientati, passati attraverso l'inferno in terra racchiuso in un posto, uno "Stato fallito" (che qualcuno di loro già aveva conosciuto perché il caso ha voluto che siano nati in Somalia, cittadini di Mogadiscio oppure di sperduti villaggi, in balia di orde di terroristi, "Signori della guerra", ben finanziati, armati, sostenuti dalle potenze imperialiste, le stesse di sempre ... Francia o Usa, Italia o Gran Bretagna e poi Spagna, Belgio e le monarchie del Golfo, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Turchia, Russia e Germania).

Vite disperate confluite in un altro "Stato fallito" la Libia del dopo-Gheddafi. E' qui che accade qualcosa di inaccettabile. E' qui che tutto diventa inferno: sulla pelle dei migranti. Nessuno può salvarsi dopo mesi e mesi di un lento, massacrante girovagare per l'Africa passando attraverso il deserto al confine con il Niger e il Ciad. 
Sono le "rotte della morte" e l'Europa si mostra insensibile a questa tragedia se, cinicamente fa finta di nulla scegliendo di girare la testa da un'altra parte come per la "costa dei lager" che, in Libia ormai se ne conta a decine. Ce ne sono di ufficiali, ossia gestite da milizie (armate) vicino al governo (quello riconosciuto solo a livello internazionale, Onu, Unione Europea e Stati Uniti d'America e non certo in quella Libia ridotta al caos e allo sbando dopo la guerra del 2011 voluta sopratutto da europei e americani con la Francia smaniosa di levarsi di torno Gheddafi ... e, a distanza di 6 anni si capisce anche il perché...dato che oggi, in quella stessa Francia, all'epoca dei fatti guidata da Nicolas Sarkozy; un libro appena pubblicato rivela che "i soldi di Gheddafi erano per la candidatura dello stesso Sarkozy", il "peggiore scandalo di corruzione della Quinta Repubblica" ("Avec les compliments du Guide" firmato da Fabrice Arfi e Karl Laske) e "per questo l'Eliseo volle la guerra").
Ma ne esistono anche di segreti, in mano alle bande di trafficanti di armi, droga, comprese quelle del petrolio (in combutta con la mafia e in complicità con la guardia costiera libica, la stessa che l'Italia supporta...ufficialmente sul fronte anti-migranti) e del traffico di migranti. Siamo sulla costa, nella città di Zawyia oppure a Mellitah, un compound in mano alla milizia "Anas Dabbashi". 
E' qui l'inferno dove nessuno può sperare di farla franca se decine di migliaia di migranti vengono sistemati nel centro di detenzione di Al Nasr, Zawyia. Le tribù hanno afferrato bene il concetto: più riescono a tenere i migranti sotto chiave e più il loro guadagno sale. Basta non farli partire.

E' dunque con queste milizie, con queste tribù che l'attuale ministro dell'interno italiano, Minniti, ha stretto un accordo che in realtà era temporaneo, inconcludente e tutto incentrato sul blocco dei migranti condannandoli ai soprusi, alle torture e agli stupri come raccontano le decine di migliaia di ragazze, donne e bambine che sono approdate in Italia dopo aver superato e domato l'inferno prima di finire in un altro "girone infernale" calcando ormai il selciato italiano. 
Frammenti e storie del "Codice Minniti" dove si voleva colpire in una unica direzione: i diritti non riconosciuti dei migranti e di pari passo tutte le Ong delle navi di soccorso dei migranti in difficoltà in mare aperto, nel vano e velleitario tentativo di impedire lo sbarco dei migranti in Italia e in Europa. 


-Torture e stupri nei centri libici

Sono storie dure. Amare. Violente. Testimonianze che denunciano la perdita della ragione umana.
"Eravamo ammassati come bestie", raccontano le voci migranti a Joanne Liu, presidente internazionale di Medici senza frontiere (Msf). La stessa presidente dichiara "quello che ho visto in Libia è l'incarnazione della crudeltà umana al suo estremo".
E sono denunce dirette di giovani donne, ragazze (come le 31 nigeriane naufragate solo qualche giorno fa e sbarcate nel porto di Salerno dentro alle bare, giovani adolescenti, di soli 14 anni e, la più grande di 18 anni...) vittime di stupri e torture. Questo accade in quei centri libici finanziati dall'Italia (con ingente somme di denaro) eppure declinati come vanto sia dal ministro Minniti sia dal primo ministro del governo italiano. 
Storie di orrori documentati dai disegni dei ragazzi in gabbia. Orrori disegnati narrando stupri, fucili e botte: per questa ragione nell'animo dei migranti non può far paura la traversata del Mediterraneo tra la Libia e la Sicilia, la rotta più pericolosa che porta al Canale di Sicilia.
Qui dove si consuma il genocidio dei morti in mezzo al mare, come quelle 31 ragazze nigeriane, sorelle d'Africa di cui non sapremo mai i loro nomi.
(Fonte.:libyaherald;limes;espresso.repubblica;ilmanifesto;internazionale)
Bob Fabiani
Link
-https://www.libyaherald.com;
-www.limes.com;
-espresso.repubblica.it;
-www.ilmanifesto.it;
-www.internazionale.it/africa   

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