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sabato 18 novembre 2017

Se il "libero scambio" minaccia l'agricoltura africana.(Terza parte)*


 




Terza e ultima parte dell'inchiesta dedicata da AfricaLand Storie e Culture Africane che allarga l'orizzonte visivo sui guasti del libero scambio che, a nome del "credo neo-liberista" anche in Africa - imposto dal cosiddetto primo mondo quello occidentale, ossia dell'Unione europea - minaccia l'agricoltura africana. 
Le pagine di questo blog ospitano l'intervento dell'economista Jacques Berthelot che spiga quale siano i problemi e i rischi per l'intero Continente nero; una problematica che chiama in causa anche l'Unione africana per la convergenza funesta con l'Unione europea non fosse altro perché attraverso il libero scambio continua quell'oppressione colonialista per continuare a poter disporre, a proprio piacimento delle "ricche risorse" dell'Africa.
(Bob Fabiani)


-Jacques Berthelot: "L'agricoltura africana nella tenaglia del libero scambio"*

"L'Unctad non vede che vantaggi nella Zlsc, in particolare nel settore agricolo. "Le esportazioni africane di prodotti agricoli e alimentari - in particolare grano, cereali, zucchero grezzo (di canna e di barbabietola) e i  trasformati (carne, zucchero e altri prodotti alimentari) - trarranno i maggiori benefici della Zisc", scrive  l'organismo delle Nazioni unite. "Con la Zlsc, le esportazioni africane di prodotti agricoli e alimentari potrebbero aumentare del 7,2% (pari a 3,8 miliardi di dollari) nel 2022 rispetto alla situazione attuale".  In realtà, la dipendenza dell'Africa non smette di crescere: le importazioni annuali di grano da parte del continente sono passate dai 26,6 milioni di tonnellate (per 9,2 miliardi di euro) fra il 2014 e il 2016, mentre le esportazioni si riducevano da 0,3 milioni di tonnellate (per 31,6 milioni di euro) a 0,2 milioni di tonnellate (per 74,1 milioni di euro).
Queste ultime si riferiscono essenzialmente al Sudafrica e sono state dirette verso il resto del continente per il 71% nel primo periodo e per l'85% nel secondo, benché il deficit sudafricano quanto al frumento sia quintuplicato.


Integrazione la lezione da trarre

Decantando i presunti vantaggi dell'eliminazione dei diritti di dogana rispetto agli scambi agricoli intra-africani, l'Unctad non fa che dimostrare la propria totale ignoranza della storia dei mercati agricoli: questi sono sempre stati sottoposti a misure speciali di protezione, in tutti i paesi, dai faraoni in poi. Infatti, contrariamente ai prodotti industriali e ai servizi, i mercati agricoli non possono autoregolarsi: di fronte a una domanda alimentare stabile nel breve periodo, la produzione e i prezzi agricoli sono soggetti in particolare alle alee climatiche, alle quali si aggiungono le fluttuazioni dei prezzi mondiali in dollari, accentuate dalle variazioni dei tassi di cambio e dalla speculazione.
Dal momento che nei paesi sub-sahariani gli agricoltori rappresentano circa il 60% della popolazione attiva totale, si può immaginare l'enorme impatto sociale che avrebbe la liberalizzazione degli scambi agricoli.

L'Unione africana misura gli ostacoli che si frappongono al suo progetto di zona di libero scambio? Com'è possibile stabilire regole commerciali comuni in un continente enorme che ospita 1,2 miliardi di abitanti, cifra del 2016 (saranno 2,5 miliardi nel 2050), che presenta sistemi politici davvero diversificati e infrastrutture di trasporto debolissime, e dove il reddito nazionale lordo pro capite va dai 260 dollari del Burundi ai 6.510 del Botswana. "La Zlsc creerà solo un gigantesco mercato africano con pochi prodotti africani scambiati, avverte il Third World Network Africa. Favorirà semplicemente la circolazione dei prodotti importati dall'Europa e da altre regioni del mondo...".

Uno sguardo critico sulle politiche condotte dall'Unione europea non impedisce di trarre insegnamenti dall'integrazione che essa ha realizzato e che sembra ispirare l'Unione africana. Quest'ultima sottolinea che il commercio intra-africano rappresenta all'incirca il 10% del suo commercio totale, mentre il commercio intra-europeo costituisce quasi i due terzi del commercio totale. Ma non si è arrivati a questa percentuale in virtù di un miracolo. Benché il bilancio dell'Unione europea sia sempre stato molto limitato, nella misura dell'1% circa del Pil totale, più di un terzo è stato dedicato ai fondi strutturali. E al fondo di coesione. E questi trasferimenti hanno facilitato l'adattamento degli Stati membri meno sviluppati. Ma nel continente nero non è previsto nulla di simile.

La lezione da trarne per l'Africa sub-sahariana è dunque chiara: un'integrazione economica duratura non sarà possibile senza una politica di redistribuzione significativa fra gli Stati membri (in  particolare all'interno di ogni sub-regione del continente), il che implica un minimo di integrazione politica e un bilancio importante. L'apertura precoce al libero scambio senza queste contropartite non può che marginalizzare le famiglie, le imprese e le ragioni più povere, provocando conflitti sociali e politici strutturali e insormontabili, e acuendo il sottosviluppo dell'Africa".
-Fine-
*Jacques Berthelot - Economista
(Fonte.:monde-diplomatique)
Bob Fabiani
Link
-www.monde-diplomatique.fr;
-www.sol-asso.fr;
-www.au.int;
-www.unctad.org   

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