Oggi pubblichiamo la seconda parte dell'inchiesta che punta la lente d'ingrandimento su una questione di vitale importanza per l'intero Continente nero: la questione legata al problema del "libero scambio", lo stesso che prende forma e corpo da quel "credo neo-liberista" che minaccia l'agricoltura africana.
Lasciamo dunque la parola all'economista Jacques Berthelot.
(Bob Fabiani)
-Jacques Berthelot: "L'agricoltura africana nella tenaglia del libero scambio"*
"La professione di fede liberista dell'Unione europea non impedisce a quest'ultima di sovvenzionare le sue esportazioni verso l'Africa dell'Ovest.
Nel 2016, l'Ue ha destinato 215 milioni di euro per 3,4 milioni di tonnellate di prodotti lattiero-caseari in equivalente latte. Nello stesso anno, gli aiuti all'export verso l'Africa australe sono stati pari a 60 milioni di euro per i cereali, 41 milioni per le carni avicole e le uova e 23 milioni per i prodotti lattiero-caseari. Infine 18 milioni di euro di aiuti sono stati versati per i prodotti lattiero-caseari destinati all'Africa centrale. Per i cereali trasformati, i prodotti lattiero-caseari e le carni, i diritti doganali praticati dell'Unione europea verso il resto del mondo e le tariffe fuori quota sono molto più elevati da quelli applicati dall'Africa sub-sahariana.
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E' in questo contesto che l'Unione africana, sostenuta dalla Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), dalla Commissione economica delle Nazioni unite per l'Africa e dalle istituzioni finanziarie internazionali, ha deciso di lanciare una Zona di libero scambio continentale (Zlsc) entro la fine del 2017 e un'unione doganale continentale entro il 2019; la prima eliminerà i diritti di dogana fra i 55 Stati, e la seconda doterà questi ultimi di una tariffa estera comune verso il resto del mondo. L'Unione africana, affascinata dai grandi accordi di libero scambio in gestazione, come il grande mercato transatlantico (Ttip, Tafta in inglese), il partenariato transpacifico e l'Accordo economico e commerciale globale (Ceta in inglese) fra Unione europea e Canada, pretende di fare ancora meglio: "La nascita di mega-accordi commerciali regionali continua a minacciare l'accesso degli africani ai mercati principali, dichiarava Fatima Haram Acyil, allora commissaria al commercio e all'industria dell'Unione africana, e la tendenza sembra accentuarsi. Anche se non siamo capaci di controllare quello che succede nell'Organizzazione mondiale del commercio o altrove, quello che facciamo all'interno della Zlsc è interamente nelle nostre mani".
L'idea che il continente nero possa trarre benefici economici da un'apertura brutale alla concorrenza fa parte del mondo delle illusioni. Nella storia, nessun paese ha raggiunto un livello di sviluppo sufficiente ad affrontare la competizione con altri senza proteggere dalle importazioni la propria agricoltura e le industrie nascenti.
Inoltre, gli Stati già sviluppati hanno beneficiato e tuttora beneficiano di importanti sovvenzioni, come nel quadro della politica agricola comune europea. "Non si può oggi chiedere all'Africa di essere la prima a dimostrare che lo sviluppo avvenga aprendo i mercati", riassumeva Mamadou Cissoko, presidente onorario della Rete delle organizzazioni contadine e dei produttori dell'Africa dell'Ovest (Roppa), nel corso del Forum pubblico dell'Organizzazione mondiale del commercio nel settembre 2014.
Ospitando ad Accra, il 9 marzo 2016, una riunione della Comunità economica degli Stati dell'Africa dell'Ovest (Cedeo), il ministro del commercio e dell'industria del Ghana, Ekwow Spio-Garbrah, lanciava un avvertimento: "Il successo della messa in opera della Zlsc dipenderà da come essa risponderà alle necessità del settore privato. E' previsto generalmente che le regole che i paesi africani adottano in materia di commercio siano destinate a essere utilizzate dal settore privato. L'impegno di quest'ultimo e la sua sensibilità rispetto alla Zlsc sono dunque essenziali". Il "settore privato" al quale il ministro fa riferimento non sono le centinaia di milioni di piccoli agricoltori africani - i quali produrrebbero molto di più se fossero loro assicurati prezzi remunerativi garantiti da un'efficace protezione rispetto alle importazioni -, ma alcune decine di multinazionali presenti in Africa e di imprese private africane che premono per l'abolizione dei diritti doganali fra paesi del continente. "Certo, trarre vantaggi dal commercio internazionale rimane una sfida per la maggior parte dei nostri paesi, riconosce il ministro, perché misure come le regole di origine, i deficit infrastrutturali, le norme e gli ostacoli tecnici mascherati da strumenti di politica commerciale continuano a impedirci di trarre vantaggio dalla possibilità di accesso ai mercati, ostacolando così la nostra effettiva integrazione nel sistema commerciale multilaterale". Ma egli sembra ignorare che gli Ape apriranno una breccia enorme nella protezione dei mercati interi africani".
-Fine Seconda parte-
*Jacques Berthelot
(Fonte.:monde-diplomatique)
Bob Fabiani
Link
-www.monde-diplomatique.fr
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