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sabato 4 novembre 2017

Sankara Speech, Addis Abeba, 1987, Vertice dell'Organizzazione per l'Unità africana (Oua)


 






Alcuni mesi prima di essere barbaramente assassinato Thomas Sankara parlò - in un memorabile discorso di alcuni dei problemi "centrali" che a suo giudizio, non consentivano all'Africa di poter decidere liberamente del proprio futuro. Era il lascito drammatico del colonialismo che sotto "altre spoglie" continuava quell'opera di "oppressione" tanto da rendere il Continente nero per sempre "dipendente dalle potenze imperialiste". 
Era uno dei passaggi centrali del suo messaggio che, dal piccolo Burkina Faso stava mettendo in serio dubbio la dominazione delle Potenze colonialiste quelle della civilissima Europa. Partiva da qui lo stupendo messaggio di speranza e di cambiamento che Sankara aveva sviluppato in quella rivoluzione che tutta l'Africa e il resto del mondo imparò a conoscere con il nome di "Rivoluzione burkinabé". 
Anche dopo la morte violenta del "Capitano Sankara", il popolo dell'ex Alto Volta non lo ha dimenticato quando si è trattato di presentare il conto contro il "vero nemico del popolo" che, in un giorno di metà ottobre del 1987 (il 15 per l'esattezza) organizzò uno spietato golpe per abbattere, rovesciare e zittire colui che aveva rappresentato la "coscienza ribelle dell'Africa". 
L'occasione capitò molti anni dopo quella giornata amara. Il Burkina Faso ha dovuto convivere con tutti mali che Sankara aveva denunciato e combattuto ma che, inevitabilmente - grazie al suo carnefice Blaise Compaoré - avevano finito per condannare alla povertà l'intera comunità attraverso una lunga scia di soprusi e corruzione del tutto inaccettabile. Non poteva durare in eterno e non durò. Il regome di Compaoré entrò in crisi quando comparve sulla scena politica e sul fronte della mobilitazione, il movimento Balai Citoyen (letteralmente "La scopa dei cittadini" n.d.r). Si tratta di un movimento della società civile che partecipò all'opposizione del despota e padrone del Burkina Faso per indurlo a lasciare finalmente il potere dopo oltre 25 anni di regime dittatoriale utili solo a ribaltare quelle che erano state le intuizioni e le riforme di Sankara.
Il Balai Citoyen è stato fondato nell'estate del 2013 da artisti-attivisti : il musicista reggae e conduttore radiofonico Sams'K Le Jah e il rapper-attore Serge Bambara - meglio conosciuto col nome d'arte Smockey. 
Circa un anno dopo la nascita di questo movimento, nel mese di ottobre 2014 fu in grado di dare il supporto alla "seconda rivoluzione burkinabé"; del resto la motivazione primaria che spinse gli attivisti e gli artisti a fondare Balai Citoyen consisteva dalla totale condivisione "Sankarist" ossia, recuperando l'eredità e gli ideali che indussero Thomas Sankara a parlare quel giorno del 1987 al vertice di Addis Abeba (Etiopia) in occasione della riunione dell'Organizzazione per l'Unità africana (Oua). 

AfricaLand Storie e Culture Africane riporta quello storico intervento in modo che le nuove generazioni che non hanno avuto la possibilità di conoscere e ascoltare questo discorso e in generale quelli che erano i dettami di quella "Rivoluzione Burkinabé" che scosse le coscienze dell'intera Africa ponendo l'accento sulla questione ancora oggi attualissima, ossia quell'idea del "Capitano Sankara" secondo cui l'"Africa non doveva pagare il debito estero" aggiungendo subito dopo che il "Continente non compri più armi".
(Bob Fabiani)



                                                  SANKARA SPEECH


-L'Africa non paghi il debito estero e non compri più armi*
Addis Abeba, 1987, vertice dell'Organizzazione per l'Unità africana (Oua)

"Il problema del debito va analizzato prima di tutto partendo dalle origini. Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che hanno per tanto tempo gestito i nostri stati e le nostre economie; essi hanno indebitato l'Africa presso i donatori di fondi. Noi siamo estranei alla creazione di questo debito, dunque non possiamo pagarlo.**
Il debito, inoltre, è anche legato a meccanismi neocoloniali; i colonizzatori si sono trasformati in assistenti tecnici ... o dovremmo dire assassini tecnici, e ci hanno proposto dei meccanismi di finanziamento con i finanziatori, i bailleurs de fonds, un termine continuamente usato : come se ci fossero "uomini il cui sbadiglio (baillement in francese ...) bastasse a creare lo sviluppo nei nostri paesi! (Risate).
I finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. Ci hanno presentato dei vantaggi finanziari. Così ci siamo indebitati per decenni e per decenni abbiamo rinunciato a soddisfare i bisogni delle nostre popolazioni. Il debito nella sua forma attuale, controllato e dominato dall'imperialismo, è una riconquista coloniale organizzata con perizia, affinché l'Africa, la sua crescita, il suo sviluppo, obbediscano a regole che ci sono del tutto estranee, e che ciascuno di noi diventi finanziariamente schiavo, o peggio, scjiavo tout court, di quelli che hanno avuto l'opportunità, l'astuzia, la furbizia di piazzare capitali da noi con l'obbligo di rimborsarli. Ci si dice di rimborsare il debito. Ma non si tratta di una questione morale: qui  non è in gioco il cosiddetto 'onore'. Signor presidente, abbiamo ascoltato e applaudito il primo ministro di Norvegia che ha parlato qui ieri; anche lei, che è europea, ha detto che il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché, se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, possiamo esserne certi; invece, se paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi.
Quelli che ci hanno portato all'indebitamento hanno giocato, come al casinò: finché ci guadagnavano tutto bene; adesso che hanno perduto al gioco, esigono che li rimborsiamo... 
Non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito, né dobbiamo, non essendone responsabili (...).
Quando si parla oggi di crisi economica, si dimentica di dire che la crisi non è venuta dal nulla, esiste da sempre, e andrà avanti sempre più mano a mano che le masse popolari diventeranno più coscienti dei propri diritti di fronte agli sfruttatori.
C'è crisi oggi perché le masse rifiutano la concertazione delle ricchezze nelle mani di qualche individuo. C'è crisi perché qualche individuo deposita in banche all'estero somme che basterebbero a sviluppare l'Africa. C'è crisi perché di fronte a quelle enormi ricchezze individuali le masse popolari non ci stanno più a vivere in ghetti e aeree fatiscenti. C'è crisi perché i popoli dappertutto si rifiutano di essere dentro Soweto a guardare Johannesburg. Ci sono dunque lotte, che inducono all'inquietudine i detentori del potere finanziario. Ci viene chiesto di essere complici nella ricerca di meccanismi di equilibrio: equilibrio in favore di chi ha il potere finanziario, equilibrio a scapito delle nostre masse popolari. No, non possiamo essere complici!
No, non possiamo accompagnare il passo assassino di chi succhia il sangue dei nostri popoli (...). 
Si sente parlare di Gruppo dei 5, Gruppo dei 7, magari Gruppo dei 100 e chissà altro ancora. E' davvero tempo di creare il nostro club, il nostro gruppo: facciamo sì che da oggi Addis Abeba diventi la sede di un nuovo club, il Fronte unito di Addis Abeba contro il debito. E' nostro dovere proclamare di fronte a tutti che nel nostro rifiuto di pagare il debito non ci sono intenti bellicosi; al contrario, c'è un intento amichevole e fraterno, quello di dire come stanno le cose. Le masse popolari europee non sono opposte a quelle africane, anzi quelli che vogliono sfruttare l'Africa sono gli stessi che sfruttano l'Europa. I nemici sono comuni. Il nostro club di Addis Abeba dovrà di re a tutti "il debito non sarà pagato" (...).
Impegnamoci molto saggiamente a ricercare delle soluzioni; facciamo sì che altre conferenze spieghino con chiarezza che non possiamo pagare il debito. Dobbiamo dirlo tutti insieme, perché individualmente andremo a farci assassinare. Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il suo debito, io non sarò qui alla prossima conferenza (risate); ma con il sostegno di tutti - e ne ho bisgogno (applausi) - potremo evitare di pagare. Ed evitare di pagare di pagare è una condizione sine qua non perché possiamo provvedere al nostro sviluppo.
Ma non posso terminare senza sottolineare che ogni volta che un paese africano acquista armi, è contro gli africani. Quando nel lasciare la risoluzione di non pagare il debito, dobbiamo contestualmente trovare una soluzione al problema degli armamenti (...).
Cari fratelli, con la collaborazione di tutti possiamo arrivare alla pace fra noi. E potremo utilizzare le nostre immense possibilità di sviluppare l'Africa. Il nostro suolo, il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia, abbiamo un mercato, abbiamo sufficienti capacità intellettuali per creare e utilizzare la tecnologia e la scienza che non mancano (...).
Facciamo sì che a partire dal Fronte unito di Addis Abeba contro il debito si decida di frenare la corsa agli armamenti fra paesi deboli e poveri (...).
Facciamo sì inoltre che il mercato degli africani sia davvero il mercato degli africani: produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo ciò di cui abbiamo bisogno, e consumiamo quello che produciamo, invece di importare! (...).
La 'Patrie ou la mort, nous vaincrons!'" (Applausi)
-Thomas Sankara-

NOTE

* In un discorso con punte di umorismo, accompagnato da applausi e risate degli incravattati capi di stato africani, Thomas Sankara vestito con il Faso dan Fani  - cotone del suo paese, il Burkina Faso -, espone e motiva la proposta del piccolo paese africano di creare un Fronte unito di Addis Abeba contro il pagamento del debito estero. Rilanciando in grande stile tutti i capisaldi della "Rivoluzione Burkinabé" che, a sua volta, prendeva spunto dai dettami del "Panafricanismo". Nell'occasione, non risparmia tuttavia stoccate ai governanti che accumulano ricchezze all'estero e condanna lo scandaloso acquisto di armi da parte dei paesi africani. Infine invita l'Africa a produrre invece di importare, accettando di di vivere degnamente all' africana.

** Il Burkina Faso in realtà era uno dei paesi meno indebitati d'Africa, anche grazie alle politiche di contenimento delle importazioni e all'austerità di bilancio autoimposta. Il servizio del debito costituiva solo il 2,5% del Pil
(Fonte.:jeuneafrique;thomassankara30ans)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com;
-www.thomassankara30ans.net               
  

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