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venerdì 30 agosto 2019

La "Crisi del Camerun anglofono" senza soluzione









La gestione della "Crisi del Camerun anglofono" è stata gestita in modo pessimo sin dalle prime battute. Il presidente del paese africano, Paul Biya, non ha saputo arginare per tempo la richiesta delle regioni anglofone che, almeno, nella primissima fase, non avevano alcuna intenzione di arrivare a richiedere la separazione dal Camerun.

La questione infatti era nata come un problema di diritto a usare la lingua inglese, al posto del francese, riconosciuta come la lingua ufficiale in tutto il Camerun. Inizialmente erano stati sopratutto gli studenti che rivendicavano il diritto a usare l'inglese ma, dal governo e dallo stesso presidente Biya, la chiusura è stata subito netta.

Il presidente Biya ha trattato il problema solo dal punto di vista dell'ordine pubblico alzando subito il tenore dello scontro che, a mano a mano, è diventato radicale.

Nel frattempo, il Camerun, è andato alle elezioni presidenziali che hanno riconfermato Paul Biya alla Presidenza del paese africano.

La rielezione piena di Biya sembrava dover indirizzare la crisi verso una stabilizzazione, sopratutto, si sperava di porre fine al conflitto in atto da tre anni, in tutte le regioni anglofone del paese, ribattezzate dai ribelli insorti contro il potere centrale : Ambazonia (da Ambas Bay, la regione situata a Ovest della baia del fiume Mungo; n.d.r).

Tuttavia, dopo quasi un anno dal voto presidenziale la destabilizzazione continua a crescere e le cronache parlano di violenze sempre più cruente mentre, dalla parte dei "separatisti" - come dimostra la vignetta che pubblichiamo che sta girando su tutti i social network camerunensi - si parla apertamente di "genocidio in Ambazonia".

Anche la comunità internazionale inizia a cambiare atteggiamento nei confronti dell'amministrazione Biya e, la riprova arriva dagli USA che hanno ridotto sensibilmente gli aiuti militari, appoggiando, il primo vertice del Consiglio di sicurezza ONU sul conflitto nelle regioni anglofone.







Il 23 luglio scorso, il Congresso ha adottato una nuova risoluzione che condanna  "gli abusi commessi dalle forze di sicurezza" in quel contesto e raccomanda "un dialogo senza precondizioni".



Un conflitto con oltre mille morti

Al momento mentre scriviamo questo post il conflitto nelle aree anglofone ha provocato 1.850 morti, 530mila sfollati interni e almeno 35mila rifugiati in Nigeria.

Per colpa di questo conflitto, secondo i dati forniti dal ministro della Pubblica Istruzione Laurent Serge Etoudi, 4.482 scuole primarie e materne (su 5.377 n.d.r) sono chiuse o distrutte.




Blocco delle città


Il 26 agosto i ribelli secessionisti hanno bloccato per protesta le attività nelle principali città delle regioni anglofone. L'obiettivo è ostacolare l'inizio del nuovo anno scolastico.







Tensioni etniche


L'analista politico Yuhniwo Ngenge denuncia l'aumento di tensioni di tipo etnico, emerse in modo significativo durante le elezioni presidenziali che si sono svolte lo scorso ottobre, in particolare tra i Bamileke (38% della popolazione) e i Beti (18%).

L'asse politica-etnia è stato ampiamente utilizzato durante la pessima campagna elettorale, senza incidere particolarmente nelle urne, dove alla fine ha vinto Biya (Beti) contro Kamto (Bamileke), senza naturalmente contare i presunti brogli che, a oggi non sono stati dimostrati.
Secondo Ngenge però questa situazione deve essere risolta una volta per tutte prima che questo focolaio possa evolversi in qualcosa di altro : infatti, in questa crisi merita una discorso a parte la situazione dei rifugiati tra Camerun e Nigeria.

Intanto nel Nord del paese a Minawao è partito il primo rimpatrio volontario di rifugiati nigeriani in Camerun, almeno 90mila, ai quali devono essere sommati i 260mila della Repubblica centrafricana.

Apparentemente sembra una buona notizia (ma in realtà è qualcosa d'altro) se i nigeriani decidono di rientare nel loro paese quello stesso paese da cui erano fuggiti per non finire uccisi dai miliziani jihadisti di Boko Haram.

Questa decisine dei rifugiati nigeriani però deve far riflettere : se malgrado la minaccia di Boko Haram più di 2mila hanno espresso il desiderio di rientare in Nigeria significa che qui, in Camerun, la situazione del conflitto è grave.

Forse sarebbe stato sufficiente se, tre anni fa, il presidente Biya avesse accolto la richiesta di usare la lingua inglese, non saremmo arrivati a questo punto e, il Camerun, non correrebbe il rischio di una secessione.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com   

  

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