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venerdì 30 agosto 2019

Quei corpi in vendita delle donne : inchiesta sulla prostituzione in sette paesi africani. Pt1





L'inchiesta che leggerete in questo post è stata realizzata da undici giornalisti dell'African investigative publishing collective (Aipc) che hanno intervistato 226 donne in sette paesi africani. Queste donne vivono in comunità povere, dove il reddito medio è inferiore a 1,90 dollari al giorno, e hanno un lavoro regolare, ma quello che guadagnano non basta per pagare le spese o mantenere le famiglie. Per questo decidono di prostituirsi.

"Se da un punto di vista tecnico si può parlare di lavoratrici del sesso, questa definizione ci è sembrata inadeguata", spiegano i giornalisti che hanno scritto il rapporto.

Si trattava piuttosto di sfruttamento violento, perché queste donne erano costrette a "usare il loro corpo come ultima risorsa. I risultati dell'inchiesta, che non ha pretese di scientificità, dovrebbero spingere a realizzare una ricerca più ampia, che indichi ai governi degli obiettivi da perseguire, come smettere di tagliare i fondi pubblici destinati alla saluta e alla scuola".

Africaland Storie e Culture africane pubblica queste storie.


Corpi in vendita*

"Anita dorme per terra con i suoi cinque bambini, la nonna e i due fratelli in una casa composta da un'unica stanza nelle township di Atteridgeville, vicino a Pretoria, in Sudafrica. Tutti i giorni si alza alle quattro del mattino per arrivare al lavoro in orario : fa la bidella in una scuola a Pretoria. Torna a casa la sera per preparare da mangiare ai figli, ma dopo cena non può riposarsi : deve andare nel solito locale che serve shisa nyama (carne alla griglia) per ballare sui tavoli, nella speranza di trovare qualcuno disposto a pagare duecento rand (14 dollari) per fare sesso con lei.

Ad Abuja, in Nigeria, dopo una giornata passata a vendere prodotti alimentari e per la casa al mercato, Saratu offre prestazioni sessuali : i suoi clienti sono lavoratori di passaggio e commercianti delle bancarelle vicine. Lo stesso fanno Laura, una studente di Lubumbashi, nella Repubblica Democratica del Congo, Lucy, una cuoca di Tororo, in Uganda, e Nadifa, una sarta della comunità somala di Eastleigh, a Nairobi, in Kenya.

Queste donne non riescono a far quadrare i conti senza prostituirsi.

Si prostituiscono anche se hanno paura dei clienti violenti e, ancora di più, di essere contagiate dal virus hiv.

Nelle regioni più povere di alcuni paesi africani circa due terzi delle donne sono costrette a prostituirsi per provvedere ai bisogni delle famiglie. Lo rivela un'inchiesta realizzata dall'African investigative publishing collective (Aipc) dal titolo The last resource : risking death to feed your kids (L'ultima risorsa : rischiare la morte per sfamare i propri figli).






Realizzando intervista a campione, i giornalisti dell'Aipc hanno ascoltato le testimonianze di più di 200 donne di sette paesi africani (Liberia, Nigeria, Kenya, Uganda, Zimbabwe, Repubblica Democratica del Congo e Sudafrica) che vivono in comunità dove le persone guadagnano in media meno di due dollari al giorno.

Tutte le intervistate hanno un lavoro di giorno  - vendono verdure, fanno le parrucchiere, le collaboratrici domestiche, le sarte, la cameriere - ma sono costrette a prostituirsi perché quello che guadagnano non basta. Tutte hanno paura di morire di aids perché molti clienti non vogliono usare il preservativo, ma sono disposte a corre il rischio perché hanno bisogno di soldi per sé e sostenere i figli o i genitori anziani e malati. Tutte si vergognano. Alcune dicono che non gli importa più di nulla, che hanno perso l'anima e che non si riconoscono più. Solo un terso delle intervistate ha dichiarato di aver guadagnato abbastanza da non doversi più prostituire.

"Non fatevi prendere in giro. Qui tutte si prostituiscono", dice Emma, una parrucchiera della baraccopoli di Kamwokya a Kampala, capitale dell'Uganda. "Non lo dicono, ma lo fanno tutte. Altrimenti come farebbero a sopravvivere?".

"L'aids ti uccide tra vent'anni, la fame in due giorni", si sente ripetere tra le donne di Kamwokya. La baraccopoli è popolata da gente di campagna che è arrivata in città alla ricerca di una vita migliore. Quando gli uomini si trasferiscono nei centri urbani portano con sé i loro risparmi o i soldi che hanno ottenuto vendendo terre e proprietà. Le donne invece arrivano spesso a mani vuote, a causa di leggi e tradizioni che impediscono di ereditare e di possedere terreni e case. Alcune scappano da mariti violenti, con o senza figli. In ogni caso devono trovare il modo di guadagnare, spesso per mandare i soldi alle famiglie che hanno lasciato a casa, ai bambini, ai genitori anziani o malati, e ad altri parenti.

Così decidono di prostituirsi, anche se nessuna s'illude che sia un laoro vero e proprio.

"E' orribile, non è un lavoro. Dovremmo farlo per amore, non per soldi. ma che alternative hai quando non mangi da due giorni?" , spiega Winnie, che lavora nello stesso salone di Emma a Kampala.
Il fardello che portano è molto pesante si sentono responsabili del benessere delle loro famiglie. Matra i loro parenti quello che fanno resta un segreto, come dice Timi, 34 anni, nigeriana di Port Harcourt.

"Mio padre e i miei fratelli pensano che abbia fatto i soldi vendendo scarpe e borse. E che oggi i miei affari vadano a gonfie vele".

- Fine Prima parte -

(Fonte.:investigativecollective;grandjournal)
Bob Fabiani
Link
-https://www.investigativecollective.com   

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