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lunedì 26 agosto 2019

Quei passi del Sudan sulla strada della democrazia, mentre, il paese africano è flaggellato dalle alluvioni






Dopo i giorni amari del massacro di Khartoum dei primi giorni di giugno 2019 sembrava che tutto fosse finito : la rivoluzione, la rivolta, il sogno del popolo sudanese che, da mesi, stavano protestando in tutto il Sudan per il cambiamento necessario sia per destituire il dittatore - padrone del Sudan (al potere da ben 30 anni) sia per creare i presupposti affinché non ci fossero più giunte militari a guidare il paese; sembrava il solito epilogo già ampiamente sperimentato in tutta l'Africa : i popoli, in nessun caso potevano aspirare alla democrazia anzi, il risultato era esattamente l'opposto. Più dittatura e stato di polizia il tutto orchestrato dalle milizie paramilitari capaci di otganizzare un massacro di civili in men che non si dica.

Ma il popolo sudanese non si è piegato, non si è lasciato intimorire e ha continuato a stare nelle strade, nelle piazze finché non fosse stato raggiunto il risultato sperato e sognato dalla rivolta popolare.

Tracciando la via maestra anche per gli altri popoli del Continente Nero.

In questo #focus Africaland Storie e Culture africane indaga tutti i passaggi e i possibili futuri scenari per il resto dell'Africa se, altri popoli saranno capaci di organizzare una rivolta forte e coesa per porre fine a dittature e governi militari.
(Bob Fabiani)


Alluvioni e distruzioni in tutto il Sudan




Da inizio luglio, in Sudan, uno dei paesi più poveri dell'Africa, è stato interessato da forti piogge e alluvioni, che finora hanno causato 62 morti e 98 feriti. Lo afferma l'agenzia di stampa statale SUNA.

Le alluvioni hanno coinvolto in tutto 200mila persone, lo rende noto la @BbcNews - citando una stima ONU - e più di 37mila case sono state danneggiate o distrutte dall'acqua.

La zona più colpita è stata la regione meridionale del Nilo Bianco, al confine col SudSudan. La stagione delle piogge dovrebbe continuare fino a ottobre, scrive ancora la @Bbc.


I passi del Sudan sulla strada della democrazia


La transizione verso il potere civile in Sudan si è messa in moto il 10 agosto 2019, quando i militari e i leader della protesta hanno annunciato la composizione del consiglio sovrano. La creazione del consiglio è prevista dall'accordo di transizione firmato dalle parti il 17 agosto, che in tre anni dovrebbe portare il paese a un governo civile.






Così il Sudan dovrebbe voltare pagina dopo trent'anni di regime del presidente Omar al Bashir, deposto l'11 aprile 2019 e comparso il 19 agosto in un tribunale di Khartoum per rispondere alle accuse di corruzione.

La firma dell'accordo non ha suscitato grandi festeggiamenti nella capitale. Alla cerimonia in una sala vicino al Nilo hanno partecipato vari funzionari stranieri e sono arrivati mesaggi di congratulazioni da tutto il mondo. L'accordo stabilisce una serie di passaggi per spianare la strada, lunga e tortuosa, verso le urne del 2022.

Il primo passaggio doveva essere l'annuncio, inizialmente fissato per il 18 agosto, della creazione di un consiglio sovrano incaricato di governare, composto da sei civili e cinque militari. Questo organismo, che prenderà il posto del consiglio militare di transizione, per i primi ventuno mesi sarà guidato dal generale Abdel Fattah Burhan, e negli ultimi diciotto da un civile.

Un altro passaggio sarà la nomina del primo ministro Abdallah Hamdok.



Il nuovo premier sudanese è un economista ex collaboratore ONU, scelto dai leader della protesta.  Si è già insediato e ora dovrà guidare la lunga transizione. Il lavoro che lo attende è gravoso : si dovrà formare il un governo, per mettere le nuove istituzioni in condizione di affrontare le prossime sfide, a partire dalle misure necessarie per salvare un'economia agonizzante.


Le prime scelte rivoluzionarie del nuovo governo







Per la prima volta una donna Aisha Moussa e un cristiano Nasri Mongous Yagob sono stati nominati ai vertici del governo sudanese. Un segnale forte di unità nazionale in una realtà dove, sotto Bashir, discriminazione femminile e, persecuzioni di crisitiani erano all'ordine del giorno, come scrive la giornalista italiana @AntonellaNapoli.



Sfiducia reciproca


Ma tra chi ha partecipato alle manifestazioni qualcuno teme che l'euforia scatenata dalla firma dell'accordo possa durare poco, e tra le parti resta una profonda sfiducia.
Anche se il compromesso per la spartizione di poteri è stato accolto come il miglior risultato a cui il Sudan  potesse aspirare, c'è chi ritiene che la rivoluzione sia stata tradita. L'onnipresenza del generale Mohamed Hamdan Daglo, un comandante paramilitare che è stato tra i firmatari dell'accordo del 17 agosto, è una delle cause principali del malcontento. Le sue forze sono ritenuti colpevoli della sanguinosa repressione delle proteste e in molti sospettano che il militare, conosciuto con il soprannome di Hemeti, stia aspettando il momento opportuno per impadronirsi del potere e stroncare sul nascere la democrazia.



Il messaggio per il continente





A quattro mesi dalla cacciata dell'ex presidente #AlBashir, i sudanesi continuano a protestare. Di fronte alla brutalità dei militari e anche quando tutto sembrava perduto, i leader del movimento sono rimasti fermi nelle loro rivendicazioni, mentre le proteste sono andate avanti quasi quotidianamente. I costi umani, economici e sociali sono stati alti, ma quello che succede in Sudan è un precedente importante per il continente. I manifestanti hanno imparato dalla storia del paese e da altre esperienze in Africa che non si può affidare il potere ai militari. Il messaggio è chiaro : perché la democrazia possa radicarsi in Sudan la struttura di potere di Bashir deve essere sostenuta da autorità civili.

Il momento giusto

Gli africani  ne hanno abbastanza della normalizzazione delle dittature, delle promesse non mantenute e delle violazioni dei diritti umani. E' probabile che nei prossimi anni in altri paesi del continente ci saranno rivolte pacifiche. L'esperienza sudanese dimostra che il potere popolare può diventare lo strumento per doporre i ditattori.

In un momento in cui in l'Africa è in ascesa, i sudanesi stanno dicendo ai cittadini africani : quando arriva il vostro momento, non celebrate i cambiamenti di governo imposto dai militari e non affidatevi a loro. Le proteste devono andare avanti fino a quando il potere non sarà completamente trasferito alle autorità civili.

Anche le istituzioni regionali e continentali possono aiutare.

L'Unione africana (Ua) si è fatta sentire nel caso del Sudan, sospendendo la partecipazione del paese all'organizzazione. Spesso criticata per non essere in grado di rispondere alle crisi, questa volta l'Unione ha preso le distanze dai tentativi dei militari di restare aggrappati al potere e ha mediato tra il consiglio militare e i leader della protesta.

In tutto il continente gli africani si stanno sollevando per chiedere cambiamento e riforme politiche. Possono e devono imparare dal Sudan.
(Fonte.:ilpost;theeastafrican;mail&guardian;bbc;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-https://www.ilpost.it;
-https://www.theeastafrican.co.ke;
-https://mg.co.za;
-https://www.bbc.co.uk;
-www.ilmanifesto.it

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