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giovedì 21 maggio 2020

Dossier Covid-19, Pandemia e Big Data











App, mappe, spostamenti, tracciamenti: i governi di tutto il mondo hanno deciso di virare sulla soluzione tecnologica per spezzare le linee di contagio da Covid-19. Tutta lascia supporre che non si tratti "solo" di un "soluzione di emergenza" anzi, tutt'altro: potrebbe diventare la "quotidianità".

La tecnologia di tracciamento del contagio da coronavirus "è da oggi nelle mani delle autorità sanitarie di tutto il mondo - spiegano dai Big Data Appele e Google -, con cui abbiamo lavorato e che decideranno come usarla".

I colossi tecnologici rendono noto che hanno lavorato al progetto dal 10 aprile scorso.

Il sistema è stato richiesto da 22 paesi, tra cui l'Italia - ma anche in Africa  si registra una grande mobilitazione ribattezzata come la "quarta rivoluzione" e di cui sono promotori i colossi del tech convinti che il "futuro sia nel continente" -, la sua ufficializzazione prelude al lancio delle app . La componente fondamentale è la notifica di esposizione al contagio che userà il blutooth.

A parte alcuni Stati (come la Cina n.d.t), i vari governi hanno ribadito che sarà "volontaria, anonima e rispettosa della privacy". 

Ma sarà veramente così?


-Le scelte dei governi contro il coronavirus cambieranno il concetto di cittadinanza

Il tema dei Big Data è diventato in breve tempo fondamentale in tutto il mondo, dapprima come strumento per contrastare al meglio, così è stato ripetuto fino alla noia, la virilità del contagio del Covid-19 e nella cosiddetta "fase due" (almeno in occidente mentre, per quanto riguarda l'Africa si attende il picco con l'arrivo della stagione invernale di giugno) per gestire un periodo di tempo, ancora indeterminato a oggi, durante il quale i dati potranno aiutare a organizzare la convivenza con l'epidemia.
E' chiaro che siamo di fronte a un momento di grande cambiamento, il che non significa per forza, anzi, il miglioramento delle condizioni di vita e dei diritti.

Se questo è quanto bolle in pentola: cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro?

Per cercare di capire dove siamo e dove andremo facciamo in veloce viaggio intorno al mondo. Iniziamo dal Continente nero.

-Africa

I colossi del tech ne sono convinti:il futuro è in Africa. Sono state approntate, studiate e lanciate una serie di app che aiutano i contadini fino ai cyberattivisti di AfricTivistes esempi indubbiamente virtuosi non mancano. Tuttavia, bisogna procedere con attenzione: il pericolo è sempre dietro l'angolo e potrebbe dar luogo al "colonialismo digitale".
Anche in Africa sono in preparazione app di tracciamenti per il contrasto al virus e, addirittura, in alcuni slum  - come abbiamo scritto su queste pagine alcune settimane fa - sono state lanciate per istruire la popolazione sul corretto comportamento durante la pandemia.

-Italia

Il governo italiano ha scelto Immuni che funzionerà su telefoni Android e iPhone: nonostante polemiche e perplessità saranno gli utenti a "scegliere esplicitamente di attivare le notifiche e di esposizione e possono disattivarle in qualsiasi momento; il sistema non raccoglie né usa la posizione del dispositivo; sono gli utenti a decidere se vogliono segnalare una diagnosi positiva".
Eppure ci sono molti punti oscuri (e non solo in Italia n.d.t): anche se l'app sarà attivata su base volontaria appaiono inaccettabili gli obblighi striscianti ("serve per mappare il virus e contrastarlo nella ripartenza") da parte degli Stati.

Il punto cruciale della questione è: quanto è tutelata la privacy dei cittadini? E lo scopo resterà solo quello di mappare il virus oppure, come sembra, questo sarà il futuro della nuova quotidianità post-Covid?

-Islanda

La piccola isola del Nord Europa, l'Islanda, è stata la prima a lanciare l'app anti-contagio: le informazioni saranno accessibili solo al team di monitoraggio delle infezioni e non saranno archiviate.

-Canada

Il Canada ha deciso di utilizzare i servizi di Google Maps senza vincoli di privacy: ed è questa l'altra faccia della medaglia. Qui, il governo può decidere di utilizzare come meglio crede (per sempre)  i dati archiviati.
Tuttavia, in Canada in caso di crisi sanitarie, esiste una legislazione specifica, secondo cui la legge sulla privacy rimangono in vigore, ma non possono rappresentare una barriera alla condivisione di informazioni importanti. Poiché la gestione della sanità in caso di crisi deve coinvolgere tutti i livelli di governo. 


-Israele

Qualche settimana fa quando l'Italia era nel pieno della cosiddetta "Fase 1" sulla stampa italiana sono circolate informazioni inquietanti (e non chiare) circa il "metodo israeliano per contrastare la diffusione del coronavirus".
Di cosa si tratta?
Il "metodo Israele" si basa sul sistema anti-terrorismo per intenderci quello dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) di monitorare i possessori di smartphone, per ricostruire i movimenti di coloro a cui viene diagnosticato il virus e con chi sono venuti in contatto.
Ma la questione di fondo anche qui è stata posta: si tratta di un pesante attacco della privacy dei cittadini. E vale in Israele come in qualsiasi altro Stato.
Tra l'altro lo Shin Bet  ha accesso a un'enorme banca dati con informazioni raccolte su tutte le comunicazioni effettuate in Israele.

-Russia

Putin ha scelto un sistema misto: si usano i dati dagli smartphone, il riconoscimento facciale e la registrazione. In questo modo, Mosca, può tracciare tutto e questi dati saranno molto utili nel dopo-Covid.

-Conclusioni

Ora che siamo giunti alla fine del nostro breve viaggio intorno al mondo, emerge un dato molto chiaro: la drammatica pandemia non ha prodotto solo disperazione e lutti ma lascia un segno, già molto evidente, nelle vite future di tutti i cittadini del mondo.
Le soluzioni adottate in alcuni paesi costituiscono in realtà il tentativo di dare vita a nuove coordinate sociali e a un nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadinanza e istituzioni politiche: il rischio è che superata la fase emergenziale rimangano in vigore nella vita di tutti i giorni.
(Fonte.:theguardian;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.theguardian.co.uk


      

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