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domenica 31 maggio 2020

La voce dell'America che non riesce più a respirare (e non da oggi)









"La libertà non è mai volontariamente concessa dall'oppressore: dev'essere rivendicata dagli oppressi"
(Martin Luther King,Jr.)




New York, Atlanta, Dallas, Los Angeles, Oakland, Louisville, Detroit il "virus" di Minneapolis si diffonde e contagia tutti gli States.
E' questa la "fotografia" che emerge dopo la quinta notte di rivolta black divampata dopo la drammatica morte di George Floyd, lunedì scorso.

Ma che cosa realmente sta accadendo in America? E cosa significa questa rivolta 2020, quale differenze ci sono con altre simili seguite, ogni volta che, un afroamericano è caduto sotto i colpi violenti della polizia razzista statunitense?

AfricaLand Storie e Culture africane in questo post cercherà di rispondere a questi quesiti.

Il primo e più evidente fatto che salta agli occhi di chi vuole cercare di "leggere tra le righe" dei fatti e dei contesti è che mai così tante  e rabbiose rivolte urbane erano confluite tra loro. Come se ci fosse un ideale ponte che lega una serie di crisi e questioni emerse negli USA targati Donald Trump.


"Volete vivere comodamente e trattarci come animali", urla una ragazza afroamericana davanti ai volti degli agenti schierati in formazione anti-sommossa di fronte ai manifestanti nelle città in rivolta, in questa "America 2020" che brucia.

E' una buona base di partenza per rispondere ai quesiti che abbiamo scritto qualche riga sopra, nell'introduzione di questo post.


-Radiografia di un fallimento

Questo sollevamento avviene nel paese dei 40 milioni di disoccupati e dei 100mila decessi da Covid-19: il virus contenuto nei quartieri facoltosi e che dilaga in quelli dormitorio. Colpendo duramente la comunità afroamericana e in quella delle altre minoranze etniche, a cominciare dagli ispanici. Del resto, la più grande crisi sanitaria globale  - e particolarmente drammatica qui negli States - ha avuto la capacità di portare sotto i riflettori le drammatiche disuguaglianze sociali contenute nelle società occidentali e nella patria del capitalismo sfrenato dove, a farla da padrone era il neoliberismo disumano.
Ma l'America - e lo abbiamo scritto tante volte su queste pagine virtuali - sono anche la patria della "questione razziale"; un male antico e un problema che ha radici lontane. E' parte integrante della sua storia: lo schiavismo.

Da allora è cambiato poco: per i neri, gli afroamericani vivere in America significa convivere con la spada di Damocle del razzismo. Non esiste integrazione: ci sono enormi strati della società americana (bianca) che, non accetta i neri considerandoli "esseri inferiori".

Nasce da questo trauma la sistematica violenza che la polizia scarica sulle vite degli afroamericani. E l'arrivo di Trump alla Casa Bianca, non ha fatto altro che amplificare questo stato di cose. L'elezione di #TheDonald, in qualche modo, è stata la risposta reazionaria al trauma (vissuto da una parte della società americana bianca n.d.t) alla prima presidenza di un presidente afroamericano.

Nell'America 2020 a guida Trump è tutto estremo e l'immagine più emblematica di questi Stati Uniti infiammati, è stata quella delle proteste davanti alla Casa Bianca blindata in cui il "presidentissimo" twittava insulti ai contestatori ed elogi per il secret service "inespugnabile"  - se mai la distopica e convulsa iconografia trumpista, è riuscita a produrre un'immagine crepuscolare è stata quella del tiranno asserragliato nel palazzo, mentre tutto intorno brucia. Restando drammaticamente distante dai sudditi (tanto per lui quei manifestanti non sono il suo elettorato per cui non meritano da parte sua alcuna considerazione ...), senza accorgersi, in quel preciso istante di essere definitivamente dissociato da un paese a cui ha dichiarato guerra.







-Trump soffia sul fuoco


L'amministrazione Trump non è solo la più razzista della storia degli Stati Uniti ma è anche quella che deve trovare "un nemico al giorno". Donald Trump anche in queste giornate così difficili e complesse non ha fatto nulla per non soffiare sul fuoco. E' la sua indole. E' il suo essere bilioso e rancoroso raddoppiando la fiele di tweet al punto che, la piattaforma, è dovuta intervenire: e ora segnala i suoi post come tendenziosi e apologetici di violenza.
Quando #TheDonald ha messo in campo il teorema dei "teppisti", Twitter ha scritto "presidente-thug", ossia "presidente-teppista".

Ma la presidenza Trump ha anche un altro significato.

Non poteva esserci presidente più spettacolarmente (e drammaticamente) inadatto a far fronte a questa situazione che quello che ha incarnato la "restaurazione bianca" dopo gli "anni di Barack Obama". Trump, è il presidente che non sa mai dominarsi e in queste giornate ad alta tensione, non ha trovato nulla di meglio che rincarare la dose delle sue affermazioni razziste passando dal "è ora di cominciare a sparare sui saccheggiatori" allo sguinzagliamento sui manifestanti di "cani feroci".
Siamo di fronte a un repertorio ispirato ai più nefasti precedenti storici di era segregazionista: citazione diretta di Walter Headley sceriffo razzista di Miami la prima, e di Bill Connor, capo della polizia di Birmigham, Alabama che amava usare i cani lupo contro i cortei nonviolenti di Martin Luther King.

Del resto, questo è il presidente che non più tardi di una settimana fa, in una fabbrica del Michigan, esaltava la purezza di stirpe di Henry Ford  - noto suprematista e fiancheggiatore hitleriano - e in qualche modo, ora, si trova a presiedere uno sfacelo dalle radici profonde e drammatiche.

A ben vedere queste giornate dolorose e di rivolta richiamano altre rivolte urbane a sfondo razziale e sono tutte, nessuna escluse come parte consistente della modernità americana, da Watts (1965) a Newark (1967), Detroit (1967), Liberty City-Miami (1980), Los Angeles (1992) fino ad arrivare ai giorni nostri con Ferguson (2015). Tuttavia, solo con il "Caso King", l'incendio era stato così generale.

Eppure in questa America 2020 sta accadendo qualcosa di diverso: ha forse ragione Tim Waltz, il governatore del Minnesota, un attimo dopo aver mobilitato la guardia nazionale, ha dichiarato che "queste sommosse non hanno ormai più nulla a che vedere con la morte di George Floyd".

Certo, siamo in presenza di una dichiarazione strumentale ma, al suo interno contiene un fondo di verità.
Le "sommosse" sono un insieme che prendono spunto dall'ennesimo atto di razzismo e dall'ennesimo assassinio di un cittadino afroamericano. Come avviene sempre dopo un sopruso poliziesco (la lista che abbiamo scritta è largamente incompleta) sono l'espressione di una sofferenza ormai sedimentata da anni, anzi, da decenni di ingiustizia, un dolore con il quale convivere di generazione in generazione.
Ma questa volta è qualcosa di più. Siamo di fronte al definitivo "fallimento dell'esperimento sociale americano" evidenziato e sottolineato dalle rivolte, per dirla con la definizione Cornel West, questa volta è rappresentato dalla convergenza dell'antica piaga razzista e una crisi socioeconomica che si profila, all'orizzonte, come catastrofica. E si farà sentire in modo più implacabile sopratutto tra le minoranze, quelle più vulnerabili.




Se da una parte Trump non presterà molta attenzione all'America, questa America che alza la voce perché non riesce più a respirare - proprio come George Floyd che implora il suo aguzzino - e non da oggi e continuerà imperterrito nel suo tragitto, raddoppiando la posta in gioco, in modo da condurre una campagna elettorale tutta incentrata sull'esasperazione strumentale del conflitto con i rivoltosi; dall'altra, nel cuore delle proteste  e della "sommossa", all'interno del movimento Black Lives Matter che si batte per i diritti civili degli afroamericani è la presenza dei bianchi.

"Da quando Black Lives Matter - spiega Briana attivista 36enne newyorchese - gli attivisti bianchi chiedevano come fare per aiutare questo movimento. Rispondevamo di usare a partire da adesso i loro privilegi bianchi per questa causa, di fare ciò che noi non possiamo fare. E si vede che sta funzionando. a Minneapolis i bianchi fanno cordone intorno ai neri per proteggerli dalla polizia. Un poliziotto ci pensa due volte prima di picchiare un bianco. Ora poi che c'è anche la crisi economica che ci fa un po' più uguali, il capitalismo alimenta razzismo e disparità sociale".

L'ultima volta che era accaduto qualcosa di simile fu negli anni '60 del Novecento quando, il reverendo, Martin Luther King guidò la comunità afroamericana a raggiungere il riconoscimento dei diritti civili che non potevano avere diritto a votare e a frequentare gli stessi posti dei bianchi. Era stata una rivoluzione forse, Trump, dovrebbe prestare più attenzione alle proteste e alle rivolte di questi giorni perché chi scende in strada, non sta facendo altro che riprendere un percorse che dopo quelle giornate storiche quando, il movimento era guidato da Martin Luther King che proprio in quegli anni spiegava:

"Molti bianchi americani di buona volontà non hanno mai collegato l'intolleranza con lo sfruttamento economico. Hanno deplorato il pregiudizio ma hanno tollerato o ignorato l'ingiustizia economica. Invece il negro sa che questi due mali hanno una perniciosa affinità".
(Martin Luther King, Jr.)

-Conclusioni

Nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà ma i fatti che hanno preso spunto dalla rivolta di Minneapolis e dall'assurda morte di George Floyd potrebbero essere l'inizio e la svolta per un cambiamento radicale.
(Fonte:theatlantic)
Bob Fabiani
Link
-www.theatlantic.com
              

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