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sabato 30 maggio 2020

#RaiseTheDegree (Black Uprising in USA)






"La storia della polizia USA è fatta di violenze, abusi e soprusi: gli agenti di Minneapolis si sono sempre distinti per brutalità in chiave razziale"
(Marlon James)



Ci sono volute 100 ore dall'omicidio di George Floyd perché il poliziotto razzista Derek Chauvin venisse arrestato.
Sono state 100 ore di rabbia della comunità black che intanto è divampata in tutta l'America. Un film purtroppo troppe volte già visto, come negli anni '60 del Novecento perché da allora poco è cambiato. Anzi nulla. E' il dramma sospeso degli Stati Uniti. E' la "questione razziale" irrisolta.
Bisognerebbe soffermarsi su questo punto per capire il nervo scoperto d'America e quel senso di ingiustizia conclamata, quasi invisibilmente "marchiata a vista" sulla pelle della comunità afroamericana.
E invece nessuno vuole capire il dolore profondo che arriva da lontano, dalla notte dei tempi, una notte buia e di schiavitù.

Nulla è cambiato e se sei nero e vivi in America sai che puoi essere un bersaglio facile per gli agenti della polizia razzista americana.

-Morire invano

Che cosa è successo 100 ore fa a Minneapolis?

E' successa la solita storia: George Floyd è un afroamericano, si ritrova per strada, gli agenti lo intercettano (sono in quattro n.d.t) e in pochi istanti decidono che deve essere fermato. A ogni costo. Lo ammanettano e infine decidono di spezzare la vita di George Floyd.

Derek Chauvin per 9 lunghi minuti (dopo averlo sbattuto a terra) deposito il suo ginocchio sul collo di George e non sente l'ultimo, esile sussurro implorante: "I can't breathe, Non respiro". Anzi, gli intimano: "shut up, stai zitto". Restando impassibili.
E alla fine George Floyd non parlerà più perché il suo cuore s è arrestato.

E la rivolta è divampata, partita da Minneapolis, ha travolto New York, Chicago, Detroit e Los Angeles e non si placa anche perché gli altri 3 poliziotti sono ancora liberi. Non può declinare perché questa rabbia che scorre nelle vene degli afroamericani investe una mentalità razzista che è ancora saldamente nel dna degli Stati Uniti.





-Quelle parole sprezzanti di Trump

Se c'è una motivazione da ricercare nella rivolta black partita da Minneapolis basta soffermarsi sulle parole scelte dal presidente Trump che, volutamente cita il capo della polizia di Miami, Walter Headley nel 1967.

"Se iniziano i saccheggi, iniziamo a sparare".

Subito dopo le parole di #TheDonald arrivava la motivazione dell'arresto del poliziotto razzista (recidivo): i giudici decidevano di accordare il terzo grado ossia quello meno severo (qualora fosse condannato al massimo potrà incappare in una pena di 20 anni) quando, invece, viste le dinamiche dei fatti (e del video), secondo i manifestanti del Black Lives Matter:"meritava almeno il secondo gradoe coniavano lo slogan #RaiseTheDegree.


-Ultimora, coprifuoco e Stato d'emergenza

Mentre scriviamo questo post, in tutta l'America i manifestanti sono tornati in strada e si preparano a una nuova giornata di lotta. Il presidente Trump ha deciso di rispondere in modo muscolare: oltre alla Guardia Nazionale e al coprifuoco, l'amministrazione più razzista della storia americana, ha deciso di impiegare anche l'esercito.

"Userò i cani più feroci se i manifestanti dovessero avvicinarsi troppo alla Casa Bianca. Bisogna riportare l'ordine anche se la morte di George Floyd è una tragedia".

-Conclusioni

La strada per risolvere l'annosa "questione razziale" è ancora tutta in salita ma dopo i fatti di Minneapolis, gli Stati Uniti non possono più ignorare che "senza giustizia non può esserci pace".
(Fonte: theatlantic)
Bob Fabiani
Link
-www.theatlantic.com         

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