"Continua a succedere. Qui se sei nero sai che il prossimo potresti essere tu."
(Percival Everett)
Minneapolis brucia. Siamo alla terza notte di scontri violenti tra la polizia americana razzista e i manifestanti che chiedono e invocano giustizia per l'ennesimo assassinio di un afroamericano, George Floyd, 47 anni.
E' il nervo scoperto dell'America. E' la "questione razziale" che non si risolve. Mai. E la rabbia è esplosa immediata, lunedì scorso, dopo la diffusione del video via Facebook Live che ha registrato gli ultimi istanti di vita di George Floyd morto con le mani legate dietro la schiena e la faccia sul marciapiede mentre il ginocchio del poliziotto bianco gli stritolava l'ultimo respiro dal collo.
"I Can't breathe!" , diceva con l'ultimo soffio di voce l'afroamericano "Please, don't kill me" ... "Non respiro ... vi prego".
Le ultime parole prima di perdere conoscenza e non rinvenire più.
Questo accade se sei nero in America e non c'è possibilità che le cose cambino: è il punto di vista di Percival Everett, 63 anni, uno dei più amati autori afroamericani.
"Ne ho visti troppi di giovani uomini morire così. E ogni volta mi spezza il cuore, perché so che la loro morte sarà stata vana. George Floyd ha sofferto atrocemente e senza motivo. Sei anni prima era toccato a Eric Garnier, allo stesso modo. Non saranno gli ultimi. Purtroppo, fatti come quelli di Minneapolis, accadranno ancora".
In fondo, il dramma americano è racchiuso tutto in queste amare parole dello scrittore afroamericano Percival Everett e, se ci si sforzasse di prendere di petto tutta la vicende forse, si potrebbe capire meglio la rabbia e la rivolta divampata qui a Minneapolis ma ben presto arrivata nel resto d'America.
Nel momento in cui scriviamo arrivano notizie di altre rivolte a Los Angeles, Chicago, Memphis e New York: un fiume di manifestanti sono in strada per far sentire la loro voce ferita, umiliata e disperata. Ancora una volta. Un'altra volta. Ancora una "morte vana", dice Percival Everett.
Ieri abbiamo nel post pubblicato su queste pagine virtuali abbiamo scritto la domanda che si poneva James Baldwin ("Quanto tempo vuoi per i tuoi progressi?") e, siamo convinti che gli Stati Uniti non possono più far finta di non vedere la "questione razziale". Non possono più ignorare che molti agenti di polizia sono razzisti e meritano di essere puniti per i loro odiosi abusi di potere, per la loro ingiustificata violenza; per il loro operato che ha condotto alla morte troppi afroamericani.
Ma la situazione negli Stati Uniti non è certo incanalata verso questa via: il movimento Black Lives Matter invoca giustizia ma ottenerla non sarà né facile né tanto meno scontata. E allora divampa la rivolta e Minneapolis è in fiamme. Certo la violenza è sempre sbagliata ma, la condizione sociale e civile degli afroamericani è sempre dura e difficile da accettare.
"Non la approvo, ma la comprendo. - spiega ancora Percival Everett - Quei poliziotti sono stati licenziati ma non basta. Forse verranno arrestati, ma non basterà ancora. La gente chiede giustizia sapendo che sarà difficile ottenerla. Il processo ai poliziotti di Los Angeles autori del pestaggio di Rodney King nel 1992, che scatenò la rivolta, fu una farsa. Nella giuria non c'erano neri. Quegli agenti vennero scagionati. Succede ogni volta. Ecco perché la gente chiede giustizia con tanta furia. Sa che non l'avrà".
E se dunque la situazione è questa, appare del tutto anacronistico l'intervento del presidente Donald Trump che emette giudizi tranchant verso i manifestanti, naturalmente tramite Twitter.
"Quei manifestanti si abbandonano alle violenze a Minneapolis sono criminali e non rendono giustizia a George Floyd".
Anche su Trump, lo scrittore Percivak Everett ha una posizione netta. Tuttavia parte, nella sua analisi dal 2014, l'anno in cui nacque il movimento Black Lives Matter quando, alla Casa Bianca c'era Barack Obama.
"All'epoca le istituzioni almeno riconoscevano certi comportamenti come inaccettabili. Trump, ricordiamocelo, non volle condannare la marcia dei neonazisti a Charlottesville, tre estati fa, dove pure morì una ragazza. Ora chiede giustizia: ma come fa, se lui è il primo a non riconoscere come sbagliati certi comportamenti? Il senso di impunità di certa gente, è pure colpa sua".
Le parole dello scrittore afroamericano toccano un altro punto importante: l'impunità degli agenti di polizia.
-Minneapolis, arresto in diretta della troupe di Cnn
La giornata odierna è stata caratterizzata da un altro fatto estremamente grave: la polizia di Minneapolis arresta un giornalista di Cnn senza motivo (sarà poi rilasciato alcune ore dopo). Oppure anche questo increscioso fatto deve essere ricondotto all'ennesima "bravata razzista" degli agenti, dal momento che il giornalista è nero?
E così l'America (e il mondo) assistono in diretta a un altro cortocircuito che da solo focalizza la difficile situazione civile e sociale degli USA.
Un precedente preoccupante della qualità della democrazia sempre più scadente all'epoca del #trumpismo.
(Fonte.:theatlantic)
Bob Fabiani
Link
-www.theatlantic.com
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