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domenica 15 settembre 2019

Camerun, Paul Biya offre dialogo ai "ribelli anglofoni": ecco perché non è convincente








Il presidente del Camerun Paul Biya, lo scorso martedì 10 settembre ha pronunciato uno dei suoi rari discorsi alla nazione concentrandosi principalmente sulla crisi nelle aree cosiddette anglofone. Ha proposto un "grande dialogo nazionale" sulla crisi nelle regioni e ha promesso di perdonare i separatisti armati che lasceranno le armi.

"Chi volontariamente deporrà le armi nei centri di Disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr) non avrà nulla da temere".

Tuttavia, sempre durante questo discorso, Biya, ha promesso inflessibilità nei confronti di chi perpetuerà la lotta armata.

Il dialogo inizierà entro la fine di questo mese (settembre) e riunirà tutte le componenti sociali (parlamentari, politici, opinion leaders, intellettuali, operatori tradizionali, autorità religiose, membri della diaspora n.d.t) compresi i rappresentanti delle forze di difesa e di sicurezza, nonché quelle dei gruppi armati. Nelle regioni del Nord-Ovest e nel Sud-Ovest, ha aggiunto il presidente, "la popolazione ha la necessità di chiudere questo capitolo doloroso, di dimenticare la sofferenze e di tornare alla vita normale".

Il Presidente ha poi preseguito nel suo discorso alla nazione soffermandosi sulla necessità di un cambio di mentalità.

"Sebbene sia necessario prendere in considerazione gli equilibri regionali rispettando la composizione sociale del paese, va ricordato che ministri e alti funzionari non sono nominati per servire solo le loro regioni, villaggi o famiglie, ma per servire l'intera comunità nazionale. Devono servire l'interesse generale e non gli interessi specifici".

Responsabile del processo sarà il primo ministro Joseph Dion Nguté, che è originario di Nidian nel Sud-Ovest, una delle zone anglofane insorte contro il centralismo di Youndé. L'ex arcivescovo di Douala cardinal Tumi ha invitato i camerunensi in generale e gli anglofoni in particolare a dare una possibilità al dialogo (ora offerto dal presidente).

"Bisogna andare al tavolo del dialogo con onestà intellettuale, a nessuno spetta il monopolio della soluzione".

Certamente, l'autorevole pensiero dell'arcivescovo ha un fondo di verità ma, forse, sarebbe utile ricordare l'origine di questa crisi : datata ormai 2016 quando tutto era cominciato come una semplice protesta studentesca e dove, nelle cosiddette regioni anglofone, gli studenti rivendicavano il diritto di poter studiare e, di conseguenza, parlare e usare l'inglese e decretare la fine del monopolio dell'uso del francese. Tre anni fa, lo stesso Biya declassò la crisi al solo problema di ordine pubblico e, le conseguenze furono disastrose. La protesta cambiò repentinamente. Arrivò lo spettro della secessione e con essa la lotta armata.

C'è un consenso generale sulla necessità del dialogo, con alcuni distinguo come quello di Tamfu Richard attivista del Camerun Renaissance Movement.

"Nessun dialogo significativo può aver luogo se non vengono prima liberati i leader indipendentisti anglofoni in carcere. Un atto di clemenza è necessario affinché il dialogo possa essere reale. Invece da parte dei leader separatisti l'appello del presidente viene respinto e bollato come 'circo politico'".

Qualche ora dopo il discorso di Biya si è sparsa la notizia  - non confermata ma neanche smentita - secondo la quale alcuni Amba boys (combattenti della autoproclamata Repubblica di Ambazonia n.d.t) avrebbero già deposto le armi.


Paul Biya e la sua offerta poco convincente


Due giorni dopo l'annuncio dell'importante dialogo nazionale da parte del capo dello stato camerunense, la sua proposta è tutta in salita per convinecere le regioni di lingua inglese, dove i secessionisti mantengono le loro operazioni, chiamate "città morte".






Parte della classe politica, tuttavia, come abbiamo visto qualche riga più sù in questo post, mostra le sue speranze e attende con impazienza questo appuntamento che partira a fine settembre, come annunciato da Paul Biya.

Il discorso del presidente e il conseguente annuncio di un "grande dialogo nazionale" sulla crisi anglofona non hanno avuto alcun effetto sul "blocco" di 3 settimane imposto dai secessionisti nelle regioni settentrionali : si tratta di un temporaneo cessate il fuoco. Nonostante questo, nessuno (al momento) ha deposto le armi e nemmeno le azioni cruente. E' il caso dell'Ovest e Sud-Ovest dove il cosiddetto "blocco", è in atto dallo scorso 26 agosto.

Tutto è rimasto immutato come se Biya non avesse mai pronunciato l'offerta di dialogo verso i ribelli anglofoni : mercoledì mattina, le strade e le arterie della maggior parte delle città in queste aree sono state nuovamente abbandonate (in primis dalle forze militari camerenunsi n.d.t) e tutto intorno, ha ripreso l'aspetto di sempre (da tre anni a questa parte ...), ossia di "città morte", per altro, la più lunga crisi che abbia mai investito il Camerun dopo l'Indipendenza.

La cosiddetta crisi anglofona scoppia nel 2016 prima con le proteste studentesche e, subito dopo trasformatesi in conflitto che ha prodotto qualcosa come 1.850 morti, 530mila sfollati interni e almeno 35mila persone si sono rifugiate nella vicina Nigeria.

Paul Biya e il suo discorso che non ha "calmato l'ardore dei combattenti"

Secondo le testimonianze raccolte dai eporter di Jeune Afrique che hanno dialogato co le popolazioni locali, raccogliendo, messaggi anonimi, in cui si evoca una proroga di 10 giorni dell'attuale "blocco" e, facendo intendere che questi, circolavano già dalla sera di martedì (il giorno dell'appello presidenziale; n.d.t); senza tuttavia essere attribuiti agli Amba boys (separatisti di lingua inglese armati, n.d.t).
Finendo col causare una nuova ondata di psicosi dei residenti.

"Non sappiamo cosa può succedere. Quel che è certo è che il discorso del presidente non ha calmato l'ardore dei combattenti", ha dichiarato un anonimo residente di Bamenda, nel dipartimento di Mezam.

Le preoccupazioni della popolazione di lingua inglese, tuttavia, contrastano con la speranza suscitata dall'annuncio di un dialogo all'interno della classe camerunense.

Qualunque sia la reale posizione tra chi è favorevole o contrario all'apertura del dialogo proposto tardivamente dal presidente, il Camerun potrebbe essere davanti a un doloroso bivio : una secessione che forse, poteva essere evitata se questa mossa dialogante, Biya, l'avvesse presa 3 anni fa, nel 2016 quando la crisi era circoscritta nell'alveo del diritto della minoranza linguistica di poter usare l'inglese e non invece, attraverso l'imposizione del francese - come unica lingua riconosciuta dal paese - : si sarebbero evitati lutti, dolore e tragedie, non più sanabili.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com/politique/crise-anglophone-au-cameroun-loffre-de-dialogue-de-paul-biya  

   

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