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lunedì 30 settembre 2019

Burundi, tra violenze di stato e rischio genocidio. Le accuse della Commissione d'inchiesta ONU sui #DirittiUmani












Il 30 settembre 2016 le NazioninUnite hanno istituito una commissione d'inchiesta sul Burundi allo scopo di analizzare le violazioni (sistematiche) dei diritti umani nel paese africano, a partire da aprile 2015. In quei giorni, a seguito di gravi disordini, migliaia di burundesi avevano deciso di abbandonare il loro paese in cerca di un posto più sicuro dove vivere.

Tutto era iniziato, un attimo dopo che il presidente Pierre Nkurunziza annunciò la sua decisione di candidarsi per un terzo mandato, quando la legge ne prevedeva al massimo due.
Seguì un referendum costituzionale che servì per agirare l'ostacolo dei "due mandati" puntualmente andato in porto. A quel punto il più era stato fatto e, al presidente burundese non restava che vincere le Presidenziali mentre, a quel punto, gran parte dell'opposizione boicottò la tornata elettorale. Da quel momento, il Burundi precipitò nell'incubo della violenza rischiando, a più riprese la guerra civile.





Da quel momento, il presidente - padrone del Burundi ha usato il pugno di ferro per sedare le rivolte del popolo burundese, inscenando una serie di violenze di stato (con la collaborazione dell'esercito e delle forze dell'ordine) che hanno rasentato e ricordato ai burundesi dolorosi lutti.

Un vero e proprio genocidio.

A seguito della spericolata decisione di Nkurunziza, in quei giorni del 2016 circa 400mila burundesi si diedero alla fuga e, 200mila persone ripararono nella vicina Tanzania (184mila distribuiti nei campi di Nduta, Mtendeli e Nyarugusu n.d.t).


  



Dopo 4 anni il governo della Tanzania, in accordo con il Burundi, è orientata a rimpatriare al ritmo di 2mila persone a settimana i profughi burundesi. E' quello che ha dichiarato il ministro degli interni tanzaniano Kangi Lugola.

"In accordo con il governo burundese e in collaborazione con l'alto commissariato per i rifugiati, inizieremo il rimpatrio di tutti i rifugiati burundesi dal 1 ottobre".

Il ministro si è poi soffermato sull'attuale situazione in Burundi parlando in questi termini.

"Ora a Bujumbura regna la pace e le informazioni che ci arrivano, parlano di organizzazioni internazionali stanno fornendo notizie non veritiere sulla sotuazione ambientale, sociale e politica in Burundi". 

Affermazioni forti e dissonanti da quelle, per esempio, in possesso delle Nazioni Unite.

A proposito di questo, l'agenzia ONU per i rifugiati (Unhcr) fa notare che "anche se in Burundi la sicurezza è migliorata, le condizioni non sono favorevoli alla promozione rimpatri". Al momento, la stessa agenzia sta aiutando tutti i rifugiati che, volontariamente, hanno scelto di rientrare in Burundi. In queste ultime ore, sia le autorità tanzaniane che burundesi sostengono che i rimpatri stanno avvenendo a ritmo "troppo lento" e denunciano che questo in realtà, alimentano la violenza nei campi.

In passato in effetti, nei campi profughi in Tanzania, si sono organizzati movimenti contro il governo (fedele al presidente - padrone). Tuttavia, questa denuncia da parte delle autorità di Bujumbura nasconde un altro fine. In questo modo si possono facilmente controllare le persone all'interno delle frontiere in modo poi, da riuscire a presentarsi alla comunità internazionale come "Paese sicuro", in vista delle "Elezioni 2020".

Eccolo dunque l'obiettivo del governo quando mancano 8 mesi all'appuntamento elettorale : un modo come un altro per mandare un messaggio chiaro e inequivocabile, ossia, in Burundi le elezioni si svolgeranno senza brogli ma, regolarmente.




Se si fa riferimento a quei giorni dell'aprile 2015 allora il piccolo paese africano appare sicuro, anche se, secondo l'ultimo rapporto dell'agenzia Human Rights Watch, le autorità di Bujumbura sarebbero responsabili di "dozzine di pestaggi, arresti arbitrari, sparizioni e uccisioni contro membri  dell'opposizione politica reali o presunti".

E' una situazione di calma sospesa, apparente, come spiega Peter (nome di fantasia e un passato di migrante in Italia n.d.t).

"Come da voi nelle zone di 'ndrangheta tutto è tranquillo, non c'è neanche bisogno di ammazzare troppo, basta far sparire una o due persone ogni tanto" .


Rapporto della Commissioned'inchiesta sul Burundi

Il rapporto a firma della Commissione di inchiesta sul Burundi delle Nazioni Unite conferma, in modo inequivocabile che il  "clima di paura e intimidazione nei confronti di tutte le persone che non mostrano il proprio sostegno al partito di potere, il Conseil national pour la difense de la démocratie-Forces pour la défense de la démocratie (Cndd-Fdd). I giovani del partito, i cosiddetti Imbonerakure, gli agenti del servizio di intelligence nazionale e la polizia continuano a commettere gravi violazioni dei diritti umani contro i cittadini del Burundi e la crisi scatenata nel 2016 è ben lungi dall'essere risolta, anzi si è evoluta al punto da colpire tutti gli angoli del paese". 

Il rapporto accusa gli Imbonerakure di omicidi, arresti arbitrari e torture, una violenza alimentata dalla diffusa impunità.

"Oggi è estremamente pericoloso parlare criticamente in Burundi " , spiega in modo chiaro e netto il presidente della Commissione , Doudou Diène. "Il soffocamento delle voci critiche è ciò che consente al Paese di presentare l'illusione di calma", aggiunge la camerunense Lucy Asuagbor, membro della stessa commissione, al pari del britannico Françoise Hampson, che aggiunge : "Una calma basata sul terrore".

Nella stesura del testo si specifica che le violenze "non esistono" perché non c'è chi le racconta, data l'assenza di media indipendenti, a causa di un sistema giudiziario disfunzionale e anche per la recente di chiusura dell'ufficio nazionale dell'Alto commissariato ONU per i diritti umani. La Commissione è attualmente l'unico meccanismo internazionale indipendente che indaga sugli abusi commessi in Burundi.
I commissari chiedono quindi al governo di porre fine alle violenze da parte di agenti dello Stato e Imbonerakure.  Inoltre sottolineano l'urgente necessità di attuare misure per prevenire il deterioramento della situazione dei diritti umani nel contesto delle elezioni 2020. A proposito di questo, dalla Commissione si invita la comunità internazionale alla massima vigilanza sul Burundi, applicando il "Quadro di analisi per potenziali atrocità" sviluppato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio (il rapporto ha riscontrato in Burundi tutti gli otto "fattori di rischio").
A Bujumbura c'è anche il ministro per i Diritti Umani, Martin Nivyabandi, il quale ha però rigettato le accuse dell'ONU, formulate a suo dire senza aver prima "dialogato con le autorità".


Conclusioni

Le conclusioni a cui è giunta la Commissione si basano su oltre 1.200 dichiarazioni di vittime, testimoni e presunti autori di violazioni dei diritti umani e altre fonti raccolte nel corso di 3 annio di indagine. Anche nel 2019 il governo del Burundi ha rifiutato qualsiasi cooperazione con la Commissione.

A 8 mesi dalle elezioni presidenziali che si terranno il 20 maggio 2020 anche la Chiesa si dice preiccupata :  due domenicahe fa, in tutte le chiese cattoliche è stato letto un messaggio dei vescovi che esprimevano tutta la loro preoccupazioni  per le "aggressioni di alcuni partiti politici e le persecuzioni nei confronti della Chiesa : atti criminali che arrivano fino all'omicidio...Nella maggior parte dei casi le vittime sono coloro che hanno opinioni diverse da quelle del governo".

Secondo i vescovi, gli Imbonerakure hanno preso il posto delle forze di sicurezza. Non solo. I vescovi hanno voluto anche affrontare la "questione dei rimpatri dei rifugiati volontari : auspicano che le elezioni avvengano dopo questi rimpatri e senza costrizioni. La risposta del governo burundese non si è fatta attendere. A parlare è Willy Nyamitwe, consigliere e portavoce del presidente Nkurunziza : "i vescovi hanno l'abitudine alla vigilia delle elezioni di sputare odio velenoso".

Questo è solo un anticipo di quello che accadrà da qui a maggio e, sicuramente, la temperatura (e non solo quella ambientale) crescerà vertiginosamente. Ma al di là di questo, in Burundi si muovono spettri, chiaro segnale per mettere a tacere ogni voce del dissenso e, un altro segnale è l'annullamento del rilascio del passaporti delle ambasciate : se si vuole rinnovare il documento si deve per forza passare dalla capitale, Bujumbura altrimenti esiste un altra possibilità, diventare un clandestino.

A questo punto e in questo clima che volge al brutto (eufemismo), si può stare certi che, i celebri "Tamburi del Burundi", patrimonio Unesco e simbolo di festa, pace, gioia e unità, non suoneranno più per un bel pò di tempo.
(Fonte.:afp)
Bob Fabiani
Link
-www.afp.com/burundi  

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