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lunedì 9 settembre 2019

Inchiesta sulla prostituzione in sette paesi africani. Pt.3*










L'inchiesta sulla prostituzione in Africa The last resource è stata realizzata da undici giornalisti dell'African investigative publishing collective (Aipc), che hanno intervistato 226 donne in sette paesi africani.
Queste donne vivono in comunità povere, dove il reddito è inferiore a 1,90 dollari al giorno, e hanno un lavoro regolare, ma quello che guadagnano non basta per pagare le spese o mantenere le famiglie.  Per questo decidono di prostituirsi.  "Se da un punto di vista tecnico si può parlare di lavoratrici del sesso, questa definizione ci è sembrata inadeguata", spiegano i giornalisti che hanno scritto il rapporto. Si trattava piuttosto di sfruttamento violento, perché queste donne erano costrette a "usare il loro corpo come ultima risorsa. I risultati dell'inchiesta, che non ha pretese di scientificità, dovrebbero spingere a realizzare una ricerca più ampia, che indichi ai governi degli obiettivi da perseguire, come smettere di tagliare i fondi pubblici destinati alla salute e alla scuola".


Pubblichiamo oggi la terza e ultima parte dell'inchiesta e delle storie di queste donne.
(Bob Fabiani)



Irresponsabili




"Perché gli uomini, anche quelli delle comunità più povere, hanno sempre soldi da parte per fare sesso a pagamento, mentre le donne sono costrette a prostituirsi? Le risposte sono molte.
"Gli uomini non hanno bisogno di badare ai bambini per ricevere dallo stato dei soldi", sostiene una donna di Moutse. In questa località abbiamo riscontrato casi di padri che hanno avuto figli da donne diverse e che ricevono, al pari delle madri, una parte dei sussidi pubblici destinati ai bambini. Poi ci sono storie come quella di Koulikoro, in Mali. In questa città a sessanta chilometri della capitale Bamako, c'era un'azienda che per quarant'anni ha dato da lavorare alla gente del posto. Ma nel 2009 la fabbrica ha chiuso e dieci anni dopo il governo non ha ancora mantenuto la promessa di aprire nuove attività.

Così la gran parte degli uomini è partita per "destinazioni sconosciuti", come dicono le autorità locale. Le donne, invece, sopratutto quelle con figli, non hanno avuto scelta e sono rimaste.

I risultati dell'inchiesta condotta in questi sette paesi indicano che la cattiva amministrazione dello stato - in particolare nell'ambito della salute, dell'istruzione e della cura degli anziani - è una delle principali cause dell'impoverimento estemo delle donne. Per esempio la Nigeria, un paese ricco di petrolio, ha messo in atto un programma nazionale di assistenza sanitaria, ma oggi solo l'1 per cento della popolazione ne beneficia.

Inoltre non bisogna trascurare altri fattori importanti, come il fatto che pochissimi uomini condividono concretamente il peso della cura dei bambini o delle famiglie, e che ci sono posti dove le regole tradizionali impediscono alle donne di ereditare beni o possedere terre.







Queste regole sono percepite come scogli, ancor più in un contesto sociale dove gli uomini non hanno più il ruolo tradizionale di offrire sostegno e protezione.
"Dicono di essere sempre dei veri uomini, ma sono diventati una versione perversa degli uomini", spiega un ricercatore di Moutse, secondo il quale questi traumi nelle comunità sono ancora una conseguenza del "dolore inflitto dell'apartheid".
Allo stesso tempo la maggior parte delle donne intervistate riconosce che se lo stato funzionasse meglio si potrebbero superare alcune pratiche  obsolete e rimediare ai danni causati dall'abbandono dei padri, per esempio rivolgendosi ai tribunali per le dispute fondiare o per la mediazione familiare.  Molte parlano di  "pagliacci al governo", "politici che non ci rispettano" e "governo corrotti", colpevoli di non fare il loro lavoro in termini di servizi, ordine pubblico e giustizia sociale.

Le autorità nazionali e locali, quando gli si chiede un commento, reagiscono spesso in modo evasivo o non rispondono affatto. In Mali  un responsabile ha parlato vagamente di progetti locali per l'impiego dei giovani, ma non siamo stati in grado di rintracciarli e nessuna delle intervistate ne ha mai sentito parlare.

In Nigeria un responsabile del ministero per i diritti delle donne ha dichiarato che esisteva un budget destinato ai "gruppi vulnerabili", ma poi ha ammesso di non sapere a quanto ammontasse.

Tra le donne intervistate le uniche ad aver dichiarato di essere riuscite a risparmiare con successo, e perfino a costruire delle case per loro e per le loro famiglie, sono alcune nigeriane, che vivono vicino ad attività commerciali e a compagnie petrolifere dove lavorano i bianchi, gli oyinbo. L'oyinbo di Ima, una ragazza di 22 anni, era disposto a pagare l'equivalente del suo stipendio di segretaria, 18mila naira (50 dollari), per essere il suo protettore a tempo pieno. Altre ragazze raccontano di aver ricevuto dai bianchi i soldi per comprare un biglietto per l'Europa, sopratutto da uomini che risiedono stabilmente là e si sono innamorati. Molte sostengono che, se devono prostituirsi, tanto vale farlo in Europa. 

-Fine
(Fonte.:investigativecollective; grandjournal)
Bob Fabiani
Link
-https://www.investigativecollective.com 

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