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mercoledì 13 maggio 2020

Il "sogno" della Jihad in Africa, fondare nuovi califfati verso sud






Il rapimento e la liberazione di Silvia Romano - la cooperante milanese rapita nel novembre 2018 in Kenya - riaccende i riflettori (in Italia n.d.t) sulla galassia dei gruppi jihadisti in Africa.
Spesso, sulle pagine virtuali di questo blog ci siamo interessati del problema della Jihad in Africa: il problema, non esiste certo da oggi e, anche quando, in occidente, si additava al cosiddetto "Islam Radicale" era chiaro che il problema era molto più radicato in Africa (oltre naturalmente al Medio Oriente).

In questo post, AfricaLand Storia e Culture africane tenta di fare il "punto della situazione" su quanto sta avvenendo in Africa.

Da molti anni, gli esperti e studiosi della galassia jihadista parlano a più riprese della volontà dei miliziani e dei vari gruppi della Jihad di creare nuovi califfati puntando decisamente a Sud: dalla Somalia al Mali, affiliati ad Al Qaeda oppure a Daesh (Isis), sono tanti i gruppi attivi capaci di attacchi indiscriminati che hanno portato lutti tra la popolazione e, ampliato il dramma dei profughi in tutto il continente.

-Jhad in Africa



In un recente reportage Jason Burke, corrispondente del Guardian ed esperto di jihadismo ha osservato che "dopo aver visto il crollo dello Stato islamico (Daesh) in Siria e Iraq, sembrava che il jihadismo globale avesse perso slancio, ma questo è una visione del tutto errata perché il terrorismo jihadista è solo mutato e ha trovato terreno fertile in Africa".

Che si tratti degli Al Shabaab in Somalia, di Boko Haram in Nigeria o dello Stato islamico del Sinai in Egitto, una delle costanti del continente africano è l'altissimo numero di attentati e attacchi che colpiscono indifferentemente civili e militari.
Un recente report dell'ONU afferma che "nella sola area del Sahel ci sono state 4mila vittime nel 2019, oltre 2mila in Somalia negli ultimi due anni e circa 5 mila nella zona del Lago Ciad".

Un'emergenza sottovalutata dalla comunità internazionale anche perché tutti i gruppi armati jihadisti, dopo la sconfitta in Iraq e in Siria, puntando ad espandersi nel continente africano per creare un "nuovo Califfatto".

L'unico gruppo jihadista che "ha controllato e governa tuttora parte di territorio" è proprio la milizia di Al Shabaab in Somalia. Nel 2006 dopo la caduta delle Corti Islamiche, la formazione jihadista affiliata ad Al Qaeda ha approfittato della continua instabilità politica per governare il proprio territorio e ha ottenuto consenso proprio promettendo "la sicurezza delle persone". Il gruppo guidato da Ahmed Oumar ha progressivamente perso territorio e appoggio da parte della popolazione proprio a causa della sua "radicalità" nel respingere "gli aiuti degli operatori umanitari in un paese colpito da almeno un ventennio di siccità, carestia e malattie", nell'utilizzare i civili come scudi umani dai bombardamenti americani sul proprio territorio e colpendo duramente i civili nella capitale, Mogadiscio, con attentati violentissimi - il più grave fece più di 500 vittime nel 2017.

I gruppi jihadisti dell'Africa centro-orientale (Somalia, Nigeria e Mozambico) sono nati grazie all'ideologia e ai finanziamenti degli Stati del Golfo, con l'Arabia Saudita e, successivamente, il Qatar come principali finanziatori: men tre le fazioni del Sahel e del Maghreb sono nate storicamente dalle macerie della guerra civile algerina, dove una parte di miliziani fuggì nelle aeree del Mali e del Niger o dallo sviluppo del jihadismo in Tunisia e Marocco.

Due, come a livello globale, sono le principali entità jihadiste nel continente: lo Stato Islamico (Daesh) e Al Qaeda. Secondo International Crisis Group "i due network del jihadismo si stanno contendendo il continente africano: l'Africa orientale con Al Shabaab in Somalia, grazie al sostegno del vicino e potente Aqap (Al Qaeda nella Penisola Arabica) nello Yemen, e lo stesso Boko Haram di Abubakar Shekau è sotto l'influenza di Al Qaeda, l'area dell'Egitto, della Tunisia e sopratutto della Libia sotto la supremazia dell'Isis (Daesh), mentre la zona del Sahel è ancora contesa da entrambi i gruppi jihadisti".










Nel Sahel abbiamo da un lato, il Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani (Jnim), guidato da Iyad Ghali, che opera principalmente in Mali e che riunisce tutti i gruppi affiliati ad Al Qaeda: Ansareddine, al-Mourabitoune, la katiba Macina e Al Qaeda nel Maghreb (Aqmi). Dall'altro, lo Stato Islamico (Daesh) nella provincia dell'Africa occidentale (Iswap) che opera attraverso due filiali, una nel Lago Ciad e nella Nigeria Nord-orientale (nato da una scissione di Boko Haram), la seconda nella zona al confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, meglio conosciuta come Stato Islamico del Greater Sahara (Isgs).

"Stiamo assistendo a una fase in cui queste due organizzazioni competono in tutta l'area per ampliare il loro territorio, anche se non combattono apertamente tra loro, visto che hanno interesse ad avanzare insieme di fronte a un nemico, vale a dire i diversi governi e i loro partner regionali e internazionali. Bisogna comunque vedere fino a quando le loro differenze ideologiche avranno la precedenza sull'imperativo di rimanere uniti" afferma nel suo report sul jihadismo, Jean Hervé Jezequel, analista dell'International Crisis Group.

"Nessuna vittoria o missione militare aiuterà ad arginare un fenomeno alimentato dalla contestazione di ordine sociale e politico e delle proteste contro le élite" conclude il report di Ics.
(Fonte.:theguardian;il manifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.theguardian.co.uk/africa
-www.ilmanifesto.it

1 commento:

  1. In medio Oriente tuttavia non sono scomparsi del tutto. È di ieri la notizia di un attacco di terroristi all'ospedale pediatrico di Kabul. Non ricordo la fonte.

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