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domenica 7 aprile 2019

Ruanda, 25 anni dopo





Sono passati 25 anni da quel 7 aprile 1994 che segnò l'inizio del genocidio tutsi, da allora, il Ruanda è riuscito a risollevarsi e ora, nel 2019 è diventato un modello econimico e politico nel resto dell'Africa.

E' oggi, giorno dedicato alle commemorazioni di quella drammatica e tragica pagina nella storia recente del Ruanda (ma anche del resto del mondo che, è chiamato oggi, a non voltarsi dall'altra parte come invece, fecero in troppi duranto quei 100 giorni che causarono la morte di 800mila persone, bambini, donne, uomi e anziani innocenti), oggi i momenti di ricordo e di omaggio a quelle vittime saranno poste sotto il segno della speranza.


Ruanda, un lungo viaggio verso la rinascita durato 25 anni 

AfricaLand Storie e Culture africane ripercorre - brevemente - i passaggi, le scelte e le decisioni che hanno permesso al paese africano di rinascere: lo faremo seguendo i ragionamenti di Yann Gwet, un saggista camerunense - Laureato alla Sciences Po di Parigi.

Nei primi anni '60, mentre un vento di libertà soffia sull'Africa - al tempo delle Indipendenze che diedero vita alle giovani Nazioni africane - Ryszard Kapuscinski, il grande giornalista polacco, con l'anima dell'esploratore , si trova proprio in Ruanda.
Il pericolo è peculiare  - spiega Gwet - : in Ruanda, come afferma Kapuscinski, il "movimento indipendentista ha preso la forma di una rivoluzione sociale antifeudale. Di tutta l'Africa, è l'unico ad aver vissuto la sua presa della Bastiglia, a detronizzare il suo re, ad aver avuto la sua gironda e il suo terrore".

Fin dall'inizio, il destino del Ruanda è singolare.  Questo è forse ciò che ha portato lo stesso Kapuscinski ad affermare, durante una conferenza sul Ruanda che "questo paese sembra dimenticato da Dio e dagli uomini".

In ogni caso, durante la maggior parte della sua storia recente, l'idea che fosse condannato a cose insignificanti era diffusa.


La rinascita (dopo il crollo)

E' vero che per lungo tempo sono stati attraversati da pregiudizi e realtà. Il paese viveva al ritmo dei pogrom anti-tutsi, alimentato dall'ossessione per il settarismo etnico radicato nel "software ideoloigico , dice il sociologo camerunense Gwet, della classe dominante nell'Est del Ruanda".

Ma il divisionismo è stata una scarsa risposta alle sfide economiche e sociali che il paese ha affrontato nella seconda metà degli anni'80.


Nel suo libro Ruanda domani! il ricercatore Jean-Paul Kimonyo spiega come "la profondità della crisi sociale, la gravità della fame endemica, la violenza e la disperazione" abbiano "contribuito fortemente alla massiccia partecipazione popolare alla criminalità".





Il Ruanda era crollato: l'aspettativa di vita, che era di 50,7 anni nel 1984, era scesa a 33,4 anni nel 1990.

Fu in questo contesto di collasso sociale e disperazione diffusa che il Fronte patriottico ruandes (RPF) lanciò la sua guerra di liberazione.

E di conseguenza il genocidio fu pianificato dal regime di Habyarimana.

Era il 1994 e da alloira sono passati 25 anni.

Nella giornata odierna, domenica, 7 aprile  - a 25 anni di distanza da quando Kapuscinski definì gli eventi tragici come "l'apocalisse" - , il popolo ruandese commera la morte di quasi 1milione di loro figlie e figli.

Come ogni anno, si renderà omaggio al coraggio dei sopravvissuti, gli orfani del genocidio e gli eroi ordinari, di tutte le comunità, che hanno resistito, nel vivere esistenze sempre a rischio, al richiamo dell'odio.
In un certo senso,  per il Ruanda essere riuscito a riemergere dall'abisso, ha condotto il paese africano - che tutti amano chiamare delle "Mille colline" - , a erigersi a "modello politico" del Continente Nero.

La trasformazione che ha investito il Ruanda nei 25 anni che sono passati da quel 7 aprile 1994, è stato letto, interpretato e spiegato in molti modi, fino a dividere gli studiosi esperti di Africa e in particolare del Ruanda.

"Contrariamente a quanto pensano i suoi critici, il sistema politico ruandese è stato il suo più grande successo perché ha permesso al paese di stabilizzarsi", afferma Jean-Paul Kimanyo.





Ai giorni di oggi, le nuove élite politiche del paese hanno imparato due buone lezioni - aggiunge ancora Yann Gwet - in primo luogo , "la democrazia occidentale" è un mezzo, ma non un fine; quello che conta realmente è il risultato finale.

In che cosa consiste il "risultato finale", di cui parla il sociologo camerunense?

Lo spiga in poche parole, sintetiche e precise.

"Senza uno stato forte e legittimo o altrimenti di Unità nazionale, la democrazia liberale è un veleno mortale" .

Ma esiste anche un'altra chiave di lettura di questa "Storia ruandese", secondo Yann Gwet. 

"La verità a volte disseta la speranza" e, per questo che, inaspettatamente, la "speranza sopravvive", scrive René Char in Les compagnos dans le jardin (Compagni in giardino).

Venticinque anni dopo, la verità vera è sul lato ruandese e torna a splendere il sole sulle meravigliose Mille colline laddove, lontani echi di straziante pianto, di bambini innocenti, benedicono ogni giorno, la rinascita del Ruanda.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com     
  

  

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