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mercoledì 10 aprile 2019

#SudanUprising: Sono le donne il "cuore pulsante" della rivolta anti-Bashir








La giovane manifestante sudanese che, davanti ai palazzi del potere e, circondata dalla folla oceanica di manifestanti "canta la voce del dissenso" contro il regime dittatoriale e violento di Al-Bashir, è l'immagine, il "frame", la narrazione più coinvolgente del vento impetuoso della rivolta.

Approfittando di una vecchia tradizione di coinvolgimento delle donne nell'opposizione, le organizzazioni che attualmente sovrintendono al movimento di protesta intendono coinvolgere sempre più donne sudanesi nel tentativo di far rinascere il Sudan.






L'immagine della giovane donna-attivista  - che abbiamo messo in foto d'apertura di questo post - fotografata mentre canta attorniata dai manifestanti, è il chiaro simbolo della protesta che ha scosso, riacceso e rimesso in marcia il Sudan dallo scorso 19 dicembre 2018.

La foto ha fatto il giro del mondo, grazie ai social network.

Lo scatto fotografico (e il video) è opera di un attivista, nella giornata dell'8 aprile a Khartoum, mentre una giovane donna in "Tobe", un vestito tradizionale sudanese; ritrae l'attivista sul tetto di un'auto e ha "scaldato" i cuori dei manifestanti con la sua voce inconfondibile da grande chansonnier e con le dita rivolte al cielo.

Nel video, si possono vedere i "pasionari sudanesi" che la segueno andando "a tempo" con il ritmo della sua voce.

"Mia madre è una Qandaqa!" esclama la giovane donna, riferendosi alle regine dell'era del Regno di Kush. "Thawra!" (Rivoluzione) è la risposta della folla.

Il sit-intenuto il 7 aprile davanti al quartier generale dell'esercito a Khartoum, ha voluto rendere omaggio, celebrandolo, a un "martire della rivolta" quando, una giovane madre, ha attirato su di se, tutti gli occhi dei manifestanti per la morte violenta di Hazza, ucciso dalla polizia durante le manifestazioni del 2013. 

Dall'inizio della rivolta per cacciare dal potere Al-Bashir, le immagini che mostrano la partecipazione delle donne al movimento si stanno moltiplicando. Non sono poche le giovani attiviste sudanesi che non si fanno initimidire dalla repressione delle forze dell'ordine, andando allo scontro fisico con la polizia.





Questo coinvolgimento dimostra come le donne sudanesi siano sempre più disposte a entrare nel "cuore della disputa politica" per non delegare tutto ai politici e, di pari passi, non lasciare tutto il predominio agli uomini.

E' il caso di Mariam al-Mahdi, figlia di Sadek al-Mahdi, leader del principale Partito di opposizione "Ummah", è diventata, decisamente, una delle figure dell'opposizione politica in Sudan.  Ora co-presiede il partito guidato dal padre, un partito di ispirazione islamica, che si adopera per favorire contatti conm le altre organizzazioni, tra questi il Partito del Congresso sudanese e il Partito comunista, in modo da facilitare l'unita dell'opposizione.
A marzo è stata arrestata e condannata a una settimana di priogione per le sue attività politiche.





La presenza delle donne che partecipano alla rivolta e lanciano la sfida contro il potere di Bashir, preoccupa non poco il regime del dittatore, al pari di tutto il suo entourage che, può essere ricondotto alla linea ideologica dei Fratelli Musulmani e, si attesta su posizioni conservatrici in materia di diritti delle donne.

Il Sudan è uno dei pochi paesi al mondo che non ha firmato la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979.



Da Fatima Ahmed Ibrahim a Safia Ishaq


Gli oppositori sudanesi, tuttavia, sottolineano che il ruolo chiave delle donne all'interno della rivolta, non è un novità.
Fatima Ahmed Ibrahim è senza dubbio l'esempio più conosciuto e famoso anche fuori dai confini sudanesi. Negli anni'30 a Khartoum, ha lasciato il segno nella storia politica del suo paese diventando la prima donna eletta all'Assemblea nazionale nel 1965.




Il suo ingresso in Parlamento è stato accolto da una dimostrazione di donne che la polizia ha avuto difficoltà a contenere. Nel 2017, i suoi funerali hanno portato in strada migliaia di sudanesi che non hanno voluto mancare nel rendergli l'ultimo omaggio.




Mentre i tradizionali partiti dell'opposizioni, siano essi islamici, socialisti panarabi, non offrono sempre molto spazio ai loro membri, le associazioni della società civile sono più aperte. Nel 2011, la lotta guidata da Sofia Ishaq, attivista del movimento cittadino Grifina, è riuscita ad attirare a sè l'attenzione e la copertura dei media. Parlò pubblicamente, alla luce del sole  - spingendosi molto più in là del semplice impegno anti-governativo - e denunciò gli stupri commessi da tre agenti del terribile Servizio nazionale di sicurezza e intelligence (NISS), dopo essere stata arrestata per motivi politici. Nessuno degli aggressori in divisa fu giudicato e condannato. Al contrario di un giornalista che aveva seguito questo odioso caso: venne multato.

Nel 2012, il movimento degli studenti ispirato dalle "Rivolte arabe" segnò una svolta.

Molte giovani donne si unirono alle organizzazioni giovanili. All'inizio del 2018, una piccola mobilitazione ha avuto luogo presso l'Università di Ahead per le donne, a Omdurman, uno degli epicentri più attivi della rivolta attuale. Gli studenti scesero in strada per mobilitarsi contro le violenza sulle donne nel complesso universitario.

Sui social network, stanno girando molti viseo di testimonianza del fatto che manifestanti di sesso femminile incarnano lo spirito dei movimenti 2012 e del Campus, sottolineando lo spirito di denuncia sociale attraverso il canto, la poesia o le improvvisazioni teatrali.









 L'Associazione dei professionisti sudanesi (SPA) è la spina dorsale di questa rivolta.

Molto attivo nel settore ospedaliero, riesce a intercettare gran parte degli attivisti tra i giovani e le donne. Questo coordinamento - molto simile per la verità a una confederazione sindacale parallela in un paese in cui i Sindacati sono nelle mani del governo - ha  compreso anche il ruolo preponderante che le donne vogliono svolgere nel "nuovo Sudan".

Lo scorso 8 marzo, per la Giornata internazionale dei diritti delle donne, la SPA ha chiesto manifestazioni "in onore delle donne sudanesi" e "in solidarietà con le donne prigioniere e i detenuti in sciopero della fame". 
Molte donne hanno aderito all'evento e ne hanno approfittato per chiedere un miglioramento delle loro condizioni sociali.

E' il segno tangibile di una rivoluzione totale, a 360° gradi se pensiamo che in Sudan, fino al 2015, i tribunali hanno cercato di attribuire alle violenze e agli stupri contro le doinne, la disgustosa etichetta dell'adulterio. Nell'indice di disuguaglianza di genere del programma a firma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), il Sudan si è classificato 139° su 189 nel 2017.

Il vento della rivolta che soffia forte per cacciare la dittatura di Bashir, intende partire esattamente da qui: riconoscere i diritti fondamentali delle donne ed estenderli a tutta la società civile sudanese.
(Fonte.:jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com

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