Nelle prime ore della mattinata di ieri, 16 ottobre, quando mancano solo quindici giorni all'uscita del Regono Unito dall'Unione Europea, i media britannici avevano lanciato le agenzie di stampa in cui si parlava di un accordo tra UE e Regno Unito, in direttura di arrivo.
Vediamo il perché di questa presa di posizione dei quotidiani britannici.
A sbloccare l'impasse, scrove il Guardian, sarebbero state le concessioni fatte dal premier Boris Johnson che, avrebbe accettato l'istituzione di controlli doganali nel Mar d'Irlanda, ossia, la soluzione sempre rifiutata da Theresa May, ma che garantirebbe la certezza che Londra e Belfast restino un territorio doganale unico.
Tuttavia, con il passare delle ore, ci si è resi conto che ancora non si può parlare di accordo siglato seppure, al termine della riunione dei 27 Paesi dell'Unione, tenutasi come sempre a Bruxelles, il caponegoziatore UE, Michel Barnier, rilascia una perentoria dichiarazione "stiamo lavorando".
Uno dei nodi della trattativa resta la modalità della riscossione-Iva in Irlanda del Nord.
Intanto, torna di moda la riunificazione delle due "Irlande" : il dibattito si è subito infiammato tra chi è favorevole a questa soluzione (che tuttavia non piace troppo a Londra; n.d.t) e chi invece, si lascia sopraffare dai dubbi. Tra questi, figura il Dup, partito di maggioranza nel Nord e principale rappresentante politico della comunità unionista, che al riguardo, oltre a essere scettico, si mostra alquanto freddo. Al contrario, il Sinn Féin cavalca l'idea con entusiasmo, sostenendo il referendum nel 2020.
A Londra, Johnson pare convinto di poter arrivare in Parlamento domani, sabato 19 ottobre con un testo legale, giocandosi il tutto per tutto.
Il tempo stringe e molti temono che i tempi non siano sufficienti sia per trovare l'accordo di una uscita ordinata, concordata e per sbrogliare la matassa Irlanda.
(Fonte.:theguardian)
Bob Fabiani
Link
-https://www.theguardian.com/uk/brexit
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