L'Africa si prepara a "scenari in linea con altri continenti": è questa la preoccupazione più urgente sui tavoli di tutti i governi africani. A fronte di economie informali - come del resto sono quelle del continente - le persone escono di casa per sopravvivere. Lo spiega Ahmed Ogwel Ouma, vice-direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa-Cdc), illustrando la strategia con cui l'OMS spera di fermare la diffusione del coronavirus: "Il primo obiettivo è fare più test".
Intanto, è iniziato un forte dibattito tra i governi per capire quali misure possano essere efficaci, senza favorire le tensioni sociali.
"L'Africa potrebbe essere il prossimo epicentro dell'epidemia di coronavirus - avverte l'Organizzazione mondiale della sanità in un report redatto sabato scorso - . Nei prossimi sei mesi ci potrebbero oltre 10 milioni di contagiati e potrebbero morire, secondo le stime, 300mila persone con altri 30 milioni di africani a rischio povertà per la crisi economica".
In dieci giorni il numero dei contagiati è passato da 10 a 26mila persone, con poco più di 1.200 decessi e oltre 7mila guariti.
-L'avvertimento OMS
L'Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l'avvertimento: il Covid-19 potrebbe avere un impatto "devastante" sull'Africa.
"La pandemia - spiega Ahmed Ogwel Ouma (Africa-Cdc, organismo preposto dall'OMS al contrasto del virus nel continente africano) - si espande gradualmente e in maniera irregolare da un paese all'altro, ma molto più lentamente che in Europa, negli Stati Uniti o in Cina. La trasmissione del virus è stata più veloce in paesi come Egitto, Marocco, Algeria e Tunisia, a causa della vicinanza e dei maggiori contatti con il continente europeo. Meno colpiti, a eccezione del Sudafrica, e i paesi dell'Africa centrale e meridionale. Tuttavia, però, alcuni dati risultano falsati a causa del numero di test ancora sufficienti, sopratutto nella fascia sub-sahariana. In questo momento però possiamo ancora contenere il contagio, grazie alle misure prese dai diversi paesi".
-La preoccupazione dei virologi
Secondo numerosi virologi si teme un tasso di mortalità maggiore del 10%, anche se attualmente le stime indicano una percentuale più bassa.
"Il fattore che determina questa situazione è legata sopratutto alle numerose differenze all'interno dei 55 paesi del continente. Si può, però, affermare che in molti paesi abbiamo avuto pochi contagi e siamo riusciti a contenere anche i decessi, mentre in altri, dove la pandemia ha avuto un impatto simile all'Europa, i decessi sono in media con le stime dei virologi. Stiamo supportando tutti i paesi nell'aumentare le capacità di fare tamponi e di adottare tutte le misure di contrasto - dall'uso di mascherine, al distanziamento sociale fino all'utilizzo del lockdown - anche se ci stiamo preparando a scenari peggiori, in linea comunque con gli altri continenti. In base alle nostre ricerche possiamo affermare che non ci risulta una maggiore resistenza della popolazione africana al virus o una minore incidenza legata all'età anagrafica, visto che abbiamo avuto numerosi contagi e decessi di persone di ogni età, in tutto il continente".
-Previsione del picco dell'epidemia secondo il Cdc
"Non è possibile prevederlo, ma le prossime 4 settimane saranno fondamentali per comprendere meglio l'andamento dell'epidemia, che attualmente è costante. Quello che stiamo cercando di fare con tutti i mezzi di contrasto è, infatti, evitare un aumento esponenziale dei contagi, più difficili da gestire e con una maggiore incidenza di decessi, cercando al contrario di mantenere una "curva piatta" o un "andamento controllato" del contagio. La nostra principale strategia riguarda l'aumento progressivo di test per avere una maggiore tracciabilità. Prevediamo di fare 1 milione di test nelle prossime 4 settimane e oltre 10 milioni nei prossimi 6 mesi in tutti i paesi del continente. Questo è l'unico strumento, con i mezzi che abbiamo, per contrastare il contagio".
-Coordinamento panafricano dei ministri della sanità africani con OMS e Cdc per la gestione della pandemia
"Esiste una reale strategia di contrasto al virus e grazie alla nostra supervisione è stata creata una task-force medico-scientifica di ricerca. La strategia si articola in queste 4 fasi: coordinamento, collaborazione, cooperazione e comunicazione tra i diversi stati. Il comune coordinamento è servito anche a sopperire alla carenza globale dei dispositivi di protezione o cura (mascherine, respiratori) in maniera da rendere i vari paesi maggiormente autonomi. La migliore maniera di sostenerli è stata quella di fornire loro il know-how per ottenere tutto il materiale medico e di protezione che serviva, garantendo un certo livello di qualità. Le nostre ricerche, invece, puntano a valutare alcune medicine che possano alleviare gli effetti del virus, ma sopratutto alla produzione di test che siano rapidi e con risultati certi".
-Il grande problema del distanziamento sociale nelle megalopoli come Lagos o il Cairo
"Il lockdown risulta difficile da applicare in molte realtà del nostro continente, proprio perché esiste un'economia "informale" e le persone escono per la necessità di guadagnarsi da vivere, per mangiare. C'è un forte dibattito tra i diversi governi proprio per comprendere quali misure possano essere efficaci, senza favorire o aumentare le tensioni sociali. Abbiamo consigliato di utilizzare un giusto mix tra tutte le misure di contrasto, anche se la migliore strategia per favorire la ripresa delle attività economiche e isolare più rapidamente le persone contagiate è quella dell'uso massiccio di test. Già nelle prossime settimane proveremo ad adottarla nei paesi, circa una trentina, che hanno avuto pochi casi, in modo da capire se è questa la via per evitare che la pandemia si diffonda maggiormente in Africa".
(Fonte.:ilmanifesto)
Bob Fabiani
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-www.ilmanifesto.it
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