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domenica 5 aprile 2020

Sudafrica, se #COVID19 porta catastrofe e rabbia sociale





Era solo questione di tempo dopo le misure restrittive messe in atto dalle autorità in tutto il continente arrivano le prime conferme: l'Africa rischia di essere travolta da una serie di rivolte sociali. Questa realtà incombe anche sul Sudafrica.

Lo scorso 15 marzo, il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa ha dichiarato lo stato nazionale di catastrofe e, subito dopo, è seguito il lockdown destinato a durare almeno 21 giorni a partire dal 26 marzo.

La situazione è seria  e le ultime cifre fanno tremare i polsi ai vertici del governo : ormai nella Nazione Arcobaleno siamo a oltre 100 nuovi infetti al giorno, per un totale - aggiornato al 5 aprile - a 1.505 casi e 9 decessi. Il primo e più urgente obiettivo delle autorità sudafricane è quello di limitare la crescita esponenziale del virus e, per farlo si sta puntando, in modo forte e deciso sui controlli, con 47 mila test già effettuati e l'intenzione di eseguirne 30 mila quotidianamente. A fronte di questo, sono state attivate 67 unità mobili in tutto il paese, tra i più immuno-depressi del continente, con ben 7,1 milioni di sudafricani positivi all'Hiv.

-Misure draconiane





All'indomani della decisione di Ramaphosa di avviare il cosiddeetto blocco totale (lockdown) sono state pensate misure draconiane : è stato imposto il divieto di vendita di alcolici e sigarette; a cui ha fatto seguito una vasta militarizzazione, in particolare nelle township, dove il distanziamento sociale appare quanto mai complesso da realizzare.
Il presidente sudafricano ben conscio di questo grave problema ha pensato di dispiegare l'esercito affiancato da contractor privati per "aiutare" le forze dell'ordine a partire dal primo giorno di chiusura totale. Ma si sono registrati troppi episodi di violenza accompagnata da abusi nei confronti della popolazione, con il ricorso fin troppo frequente a pallottole di gomma e cannoni ad acqua.

Si chiama effetto collaterale che questa drammatica pandemia globale porta con sé e rende preoccupante il quadro di insieme sia qui in Sudafrica che nel resto dell'Africa (come dimostra quello che è accaduto nei giorni scorsi in Kenya per esempio).






Mille senza tetto sarebbero stati "presi" e rinchiusi senza troppi complimenti all'interno del vecchio stadio della capitale Pretoria, dove però dormirebbero in 10 in ntende che dovrebbero ospitare non più di 2-3 persone per rispettare le norme anti-contagio.

Lo scenario che va configurandosi qui in Africa come nel resto del mondo è sempre più chiaro e disumano : si ha la netta sensazione che i vari governi e stati sfruttino questa epidemia per armare una guerra senza quartiere contro poveri e senza tetto (come testimonia l'allestimento di posti-letto per gli homeless a Los Angeles in un parcheggio).

Questa crisi sanitaria si sta trasformando in un preoiccupante deficit di democrazia.



-Recedssione e rabbia sociale sudafricana

In un paese dove la disoccupazione è al 29% e su una popolazione di 58,8 milioni di persone circa 7 soffrono la fame perché in condizioni di estrema povertà e il 20% dei cittadini ha problemi a soddisfare i bisogni di base, la tensione sociale è altissima e destinata ad aumentare qualora non si riuscisse a limitare la diffusione del COVID-19 e i suoi impatti sulla vita economica della nazione che un tempo fu guidata da Nelson Mandela.
Ancor prima che fossero chiuse le frontiere ai ciottadini provenienti da "paesi ad altro rischio" (compresa l'Italia n.d.t), si sono registrati episodi di intolleranza nei confronti di europei e asiatici, additati come potenziali untori. Tuttavia, sul lungo periodo i timori sono sopratutto per le già agonizzanti casse dello Stato.

Le statische ufficiali raccontano che la contrazione dell'economia nel quarto trimestre del 2019 è stata pari all'1,4%, a fronte della previsione degli analisti che parlavano di un probabile calo dello 0,2%.
Un crollo annunciato e che ha radici lontane.

-L'éra di Jacob Zuma

Nei 9 anni di presidenza del predecessore di Ramaphosa, Jacob Zuma, le relazioni pericolose tra lo stesso Zuma e una famiglia originaria del stato indiano dell'Uttar Pradesh, i Gupta, hanno infatti affogato in un mare di corruzione la principale economia africana. Nel 2016 è scoppiato uno scandalo : il malaffare era così esteso da essere definito State Capture. Ovvero come depredare impunemente e a pieni mani i forzieri del paese sudafricano e farla franca.

I Gupta si sono infiltrati in tutti i gangli nevralgici dello stato, arraffando contratti per le loro società e condizionando (pesantemente) l'operato di grandi imprese pubbliche come Transnet ed Eskom. Quest'ultima, la multi-utility energitica più importante d'Africa e per anni il fiore all'occhiello del governo di Pretoria, con 27 miliardi di euro di debiti era già sull'orlo del fallimento prima che entrasse sulla scena il coronavirus. Ora lo Stato potrebbe non avere la forza economica per salvare dalla bancarotta una compagnia che dà lavoro a oltre 40 mila persone ma che per quasi decenni è stata contraddistinta da una gestione a dir poco "inadeguata".
Sui conti dell'Eskom pesano "errori" legati alla realizzazione delle mastodontiche centrali a carbone di Kusile e Medupi, ma anche un altro buco nero, il mega-ompianto idroelettrico di Ingula, al confine tra il Free State e KwaZulu-Natal.

E qui le strade si incrociano con l'Italia.

Un "prodigio ingegneristico" realizzato dalle imprese italiane Salini-Impregilo e Cmc di Ravenna (già tristemente famose all'epoca dello Scandalo Tangentopoli dell'inizio degli anni '90 n.d.t), composto da due dighe collegate da tunnel sotterranei lunghi oltre due chilometri nei quali passa l'acqua che, tramite quattro mega-turbine collocate in nuna centrale a 400 metri di profondità, dovrebbe permettere di generare 1,2 gigawatt di energia. Peccato che per stessa ammissione del committente, l'Eskom, la produzione al momento non superi il 25% di quella stimata.

Nel 2005, data di inizio lavori, l'opera sarebbe dovuta costare 8,9 miliardi di rand (554 milioni di euro), mentre a oggi siamo a oltre 36 miliardi (circa 2,3 miliardi di euro), in attesa di ulteriori lavori di adeguamento menzionati dall'Eskom nel suo "annual report" ufficiale.

-I costi lievitano

L'innalzamento dei costi si è registrato già dai primi mesi, spiega Mike Hall, un ex dipendente del consorzio costruttore che si trova a Johannesburg.

"Mai vista una cosa del genere, appena si verificava un problema i costruttori si rivalevano su Eskom, che pagava senza fiatare anche quando le colpe erano del consorzio ( quindi di Cmc e Salini n.d.t)".

Nel novembre 2013 si è verificato un gravissimo incidente, in cui hanno perso la vita 6 operai. Secondo Hall, una tragedia che si poteva evitare e che sarebbe da imputare al consorzio per la mancata adozione di varie misure di sicurezze. Ma per il quale Salini-Impregilio e Cmc hanno lo stesso preteso dei pagamenti dalla Eskom, il cui debito nel frattempo lievitava. A questo punto, val la pena ricordare che la Cmc, indagata in Kenya per un caso di corruzione internazionale, aveva iniziato la campagna sudafricana grazie alle buone relazioni con il magnate del settore costruzioni Philani Mavundla, a sua volta "grande amico" dell'ex presidente Zuma. Mavundla si era aggiudicato l'appalto per Ingula, poi condiviso con le due imprese italiane.

-Sodalizio 

Il matrimonio Cmc-Mavundla ha avuto qualche intoppo in merito a un altro progetto da centinaia di milioni di euro, quello per l'espansione del più grande terminal africano per container nella città portuale di Durban, che a inizio 2019 è stato bloccato per accuse di frode nell'ambito di una gara d'appalto che coinvolgerebbero la Cmi Emtateni, una joint venture composta da proprio dalla Cmc di Ravenna e da una società denominata Cmi Infrastructures, di cui è condirettore Mavundla. Pure nel caso deo porto di Durban il committente è un'impresa pubblica, la Transnet, anch'essa pesantemente indebitata.





-COVID-19, crisi economica e ambientale


Ma oltre ad acuire la crisi eonomica, il dramma coronavirus rischia di esacerbare ulteriormente la crisi ambientale. In un paese il cui mix energetico dipende al 77% dal carbone, si parla già di annacquare gli attuali standard di controllo delle emissioni per fare un favore alla traballante Eskom.

"Così l'inquinamento non diminuirà e ci saranno almeno 3.300 morti premature in più l'anno", commenta la Life After Coal Campaign.
(Fonte.:ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.il manifesto.it  

 


   

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