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lunedì 13 agosto 2018

Mali, un secondo turno segnato dall'astensionismo e da attacchi jihadisti




Sono pessime le notizie che arrivano dal #Mali. Sotto tutti i punti di vista. E' innegabile che il bilancio del ballottaggio di ieri, domenica #12Agosto2018 sia deficitario.
I maliani il "giorno dopo" attendono senza troppa trepidazione l'esito del ballottaggio che vedeva sfidarsi, uno contro l'altro, il presidente uscente Keita (detto IBK) e, il suo avversario Cissé. Il motivo di questa disillusione va ricercata nel fatto che, i cittadini, non hanno intravisto quello "scatto in avanti" che sarebbe necessario per risolvere l'annosa crisi che attanaglia il paese africano. Sostanzialmente, gli elettori non hanno dato grande importanza a questa sfida perché l'impianto che ha portato a questo secondo turno è lo stesso, in fotocopia del 2013.



C'è molta stanchezza nel corpo della cosiddetta società civile: i maliani sono "stanchi di guerra", del perenne stato di povertà in cui si trovano gran parte delle famiglie, non solo nelle parti rurali del paese ma, ad esempio il malcontento imperversa anche a #Bamako, la capitale.
La delusione è palpabile e, per questo ha indotto i maliani a disertare le urne.

Questo è il primo dato che emerge chiaro, netto, inequivocabile dalla domenica del ballottaggio.


-Affluenza bassa

Salta immediatamente all'occhio l'affluenza bassa in tutti i seggi elettorali di #Bamako, tanto da far registrare, probabilmente, la soglia minima per non dover ratificare un "disertare di massa" dei maliani che vivono nella capitale.

Non si tratta però di una novità, del resto in Mali, il tasso di partecipazione è molto basso (da sempre) e, stavolta, lo è stato ancor di più.

Quali sono i motivi di questa ulteriore disertare delle urne?

I motivi sono molteplici ma hanno un filo conduttore unico.
Cinque anni fa c'era molta speranza nell'arrivo sulla plancia di comando di Keita ma, l'attuale presidente (che sembra essere comunque favorito per la nuova vittoria elettorale), non ha saputo risolvere i problemi per cui era stato scelto a guidare il Mali. Nel programma il presidente prometteva la ripresa economica (mai ripartita a pieno regime) e, la sconfitta dei jihadisti.
Obiettivi non raggiunti.
Questo è il motivo per cui i cittadini non hanno ritenuto di dover andare a seggi. Il Mali è ancora in completo ostaggio dei gruppi jihadisti che si rifanno ad Al Qaeda e, la guerra voluta, in primis da Paragi e poi, accettata da Bamako non ha scalfito più di tanto i miliziani.

Che continuano a imperversare in lungo e in largo, da nord a sud arrivando persino a indirizzare, non solo e non tanto la vita di quanti sono soggetti ai loro soprusi ma, sostanzialmente, a determinare anche lo svolgimento delle attività produttive (del tutto scarse in settori cardini per i mailiani quali, l'agricoltura e la pastorizia n.d.t).


     

-I dati Pocim - Pool osservazione dei cittadini del Mali


Nei centri elettorali monitorati dal Pool osservazione dei cittadini del Mali (Pocim), il dato della partecipazione al voto si attestava all'8,11% (il dato è relativo a metà giornata e, al momento in cui scriviamo resta l'unico disponibile).
Il dato più alto di partecipazione elettorale arriva da Timbuktu con il 14,42% mentre, quello più basso, è stato registrato a Bamako, con un misero 4,80%.


A complicare le cose sono stati i gravi attacchi da parte di gruppi jihadisti che, in un caso hanno anche insanguinato il voto del 12 agosto.


-Morte del presidente (al seggio elettorale)

"Il presidente dell'ufficio nel villaggio Arkodia, nella Circoscrizione Niafunké (Timbuktu) è stato assassinato. I valutatori presenti sono stati molestati e l'intero seggio elettorale dato alle fiamme", spiegano dal Pocim. 

La notizia di questo brutale assassinio è stata confermata immediatamente da fonti delle autorità di sicurezza maliane quando, ancora, le operazioni di voto non erano concluse.
Ecco la ricostruzione dei reporter di AFP sul grave atto ostile che ha insanguinato la giornata elettorale in Mali:

"I jihadisti sono arrivati alle 13,30 ora locale, nel seggio elettorale di Arkodia, località a circa 100 km a sud-ovest di Timbuktu, in un area continuamente bersagliata da attacchi dei gruppi islamici" - spiegano i reporter di AFP  presenti sul campo  che hanno raccolto la testimonianza di un rappresentante locale appena eletto.

"Hanno chiesto a tutti di alzare le mani. Il presidente del seggio voleva fuggire e, a quel punto i jihadisti lo hanno freddato con un colpo mortale. Hanno molestato tutti per poi dare fuoco al seggio, in modo da cancellare definitivamente il voto" , ha concluso quasi rassegnato a convivere con questo stato di perenne guerra, difficile da estirpare, qualunque sia l'esito del ballottaggio tra Keita e Cissé.


 

In generale si sono avuti diverse sacche di crisi e, molti uffici non sono stati in grado di aprire, causa minaccia terroristica: a Sendegué, a Takoutala e nella circoscrizione di Mopti, spiegano ancora dal Pocim "uomini armati hanno tenuto in ostaggio e poi cacciato diversi agenti elettorali".
Sono stati condotti a Bouati, Comune di Niafunké, costringendo a sospendere le operazioni di voto, come riportano gli osservatori cittadini del Mali.

-Conclusioni

In queste condizioni è difficile stabilire se il ballottaggio si sia svolto regolarmente (a rigor di logica così non dovrebbe essere), tuttavia, quello che appare chiaro che un verdetto è già stato emesso: l'"opa ostile islamista e jihadista" , ha potuto raggiungere l'obiettivo (lo si sapeva anche prima delle elezioni).
Dopo la giornata di ieri però, la "voce jihadista" è tornata a farsi sentire forte e chiara: la crisi e la minaccia qeadista non è terminata, certificando così, il fallimento della "guerra contro i miliziani jihadisti" voluta da Parigi già ai temi di "Hollande l'africano" e poi confermata (in realtà subita ... sopratutto dalla cittadinanza stremata e sempre più impaziente di uscire da questo equivoco infinito) da Bamako anche perché, nel frattempo Macron si è guardato bene dal ridiscuterla preferendo, di gran lunga la conferma: del resto, l'attuale presidente francese era il "delfino" del presidente socialista, allora inquilino all'Eliseo.
(Fonte.:afp;jeuneafrique)
Bob Fabiani
Link
-www.afp.com;
-www.jeuneafrique.com

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