Una settimana dopo le elezioni presidenziali organizzate in Zimbabwe dopo la cacciata del "Compagno Bob", il despota Robert Mugabe - attraverso un colpo di stato militare - e che in qualche modo, non senza dubbi ed enormi punti interrogativi, hanno legittimato, guarda caso, attraverso il voto, lo stesso uomo, Emmerson Mnangagwa - detto "il coccodrillo" - scelto dai militari; è tempo di tirare le somme.
Quale futuro attende il paese africano?
Rispondere a questa domanda è complesso ma, allo stesso tempo anche facile.
Come mai, a una settimana da un voto storico per lo Zimbabwe - storico perché era la prima volta senza vedere impresso nella scheda elettorale il nome di Robert Mugabe - ci si interroga su un futuro non troppo roseo anzi, costellato da grandi nuvole grige all'orizzonte?
-Occasione mancata?
I requisiti c'erano tutti per celebrare un grande momento di democrazia attraverso il rito (per nulla scontato ...) delle elezioni generali e presidenziali che ha chiamato al voto oltre 5,6 milioni di cittadini zimbabweani.
L'esercizio della democrazia e del diritto costituzionale al voto era stato recepito splendidamente da tutto il popolo dello Zimbabwe : emozionante vedere file interminabili, composte, disciplinate prima di raggiungere il seggio elettorale.
A contendersi la vittoria finale sia a livello generale (Assemblea nazionale) sia per le Presidenziali 2018 erano due candidati: Emmerson Mnangagwa e Nelson Chamisa, il giovane leader dell'opposizione MDC e colui che aveva preso il timone del paese otto mesi fa (con l'aiuto decisivo del golpe militare n.d.t), esponente del partito da sempre al potere, lo Zanu-PF.
La campagna elettorale era passata senza particolari incidenti e, anche nella giornata del voto, tutto si svolgeva senza strappi.
E allora perché le cose sono precipitate tanto da far tornare i militari (in assetto anti-sommossa n.d.t) per le strade della capitale, #Harare?
Le cose sono cambiate improvvisamente. A urne chiuse, sfruttando l'euforia dell'alta partecipazione popolare al voto del #30luglio2018 il giovane e brillante leader dell'opposizione zimbabweana, Nelson Chamisa del partito MDC - Movimento per il Cambiamento Democratico, dalla piattaforma social twittava senza mezzi termini : "Abbiamo ottenuto una vittoria eclatante. (...) Grazie Zimbabwe" .
Era la mattina del 1 agosto 2018 in quella che sarebbe diventata una giornata amara per tutto il popolo dello Zimbabwe, una giornata di lutto e sangue versato nella speranza di cambiare le sorti di un paese allo stremo dopo i lunghi anni della dittatura del "Compagno Bob".
Questo trionfalismo non era per nulla gradito a larghi settori governativi che, con il passare delle ore e, mentre, lo spoglio delle schede elettorali (per le elezioni presidenziali) andava avanti a rilento; mostravano l'inquietante "arma delle minacce" se dall'opposizione avessero continuato a proclamarsi vincitori delle elezioni.
-Il "silenzio-assenso" di Mnangagwa (detto il coccodrillo)
Nelle ore mattutine Mnangagwa non si faceva né notare né sentire in nessun canale. La cosa lasciava perplessi più di qualche analista politico (anche internazionale): la domanda che tutti si ponevano era questa "perché l'attuale presidente non interviene e non parla"?
In quelle ore, mentre dal partito di opposizione (MDC) non si facevano intimidire dalla pesante minaccia, assolutamente degna dei peggiori regimi dittatoriali che hanno imperversato (e insanguinato) nello scorso secolo in Africa (e anche in questo terzo millennio come sanno molto bene proprio qui nello Zimbabwe e per mano del "presidente-coccodrillo" come è soprannominato Mnangagwa n.d.t), e anzi, rilanciavano di ora in ora, la pesante accusa di "frode diffusa durante le operazioni di voto" lasciando intendere di essere in possesso di prove certe su brogli che alteravano la reale espressione del voto da parte dei cittadini.
Rimanendo in silenzio Mnangagwa però avvallava quello che sarebbe accaduto nel pomeriggio del 1 agosto 2018.
-Proclamazione della vittoria di Mnangagwa
Ore convulse e caotiche quelle andate in scena ad Harare a partire dalle 16 di un pomeriggio invernale che rendeva tutto più triste e amaro. Mnangagwa rimane ben coperto. Non risponde mai alle dichiarazioni del suo avversario Chamisa.
Perché?
La risposta è molto semplice : in qualche modo dal suo partito, lo hanno messo al riparo da sorprese (mal tollerate anche dall'esercito e dalla gerarchia dei generali di Harare che dopo aver messo a segno un capolavoro di tattica e di diplomazia politica con la cacciata del vecchio leone, il "Compagno Bob" sono molto irritati dalla piega presa dal post-voto ...).
Non ci saranno sorprese. Non sono ammesse "colpi di scena" che possono alterare lo scenario già messo a punto per il prossimo quinquennio (non troppo distante da quello che aveva già messo in atto prima Mugabe e poi, il presidente che le forze armate si erano scelti, soltanto otto mesi fa) : perché dunque, cambiare?
Forte di questi ragionamenti, Mnangagwa rimaneva silente e, in trepida attesa dfell'annuncio del trionfo da parte della Commissione elettorale (Zec).
All'ora di pranzo (ora locale) arrivava l'annuncio tanto atteso. Lo Zec però non proclamava vincitore delle elezioni presidenziali Mnagagwa: si limitava a far conoscere il dato (che di fatto lo incoronava quale prossimo presidente dello Zimbabwe n.d.t).
"Il partito Zanu-PF ha ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni generali" facevano sapere dallo Zec.
Il dato è tratto. Dall'opposizione non ci stanno e chiamano alla raccolta tutti i suppoter MDC per una manifestazione di protesta che arriva fin sotto i palazzi del potere.
Da qui in avanti il quadro cambia di netto e parte la "repressione mortale" guidata dalle forze armate (lasciando sul selciato 7 morti e oltre 14 feriti gravi).
-Quale futuro per lo Zimbabwe?
Il quinquennio è iniziato sotto i peggiori auspici: in un colpo solo dopo le proteste di Harare il messaggio nemmeno troppo cifrato (e astratto) che i militari hanno voluto inviare all'opposizione e alla cittadinanza una netta chiusura degli spazi democratici.
Saranno anni di duri sacrifici per i cittadini zimbabweani dove, in chiave economica, a farla da padrone saranno politiche d'austerità senza andare troppo per il sottile.
Non esiste alternativa e, per quelli che non si piegheranno all'andazzo generale (leggi diktat internazionali già concordati dalle alte sfere delle forze armate con il sostegno de "il coccodrillo" n.d.t) li attenderà solo repressione brutale che può anche essere mortale come quella del 1 agosto 2018.
Mnangagwa tutto questo lo conosce perfettamente ed è per questo che ora cerca di giocare la carta (quanto è credibile visto il suo curriculum ...?) della riappacificazione politica con Chamisa e la società civile dello Zimbabwe rimasta senza parole dopo i violenti scontri e la "caccia all'uomo" armi in pugno delle forze armate ad Harare.
Certo ora il presidente - legittimato in qualche modo dalla tornata elettorale - si trova in posizione di forza ma, la situazione è esplosiva. Si rischia il baratro e, dietro l'angolo c'è lo spettro del caos sociale che porta dritti al vicolo cieco della repressione che, certamente non è la ricetta migliore per provare a risalire la china in campo economico.
Purtroppo le avvisaglie sono pessime: siamo alla vigilia di un quinquennio in cui a farla da padrone sarà la "Repressione di Stato", lo spazio democratico verrà ulteriormente ristretto e, la richiesta di cambiamento invocato sopratutto dai giovani sarà ancora una volta messo all'angolo con il rischio concreto di una drammatica implosione sociale, a causa della crisi economica che ha reso tutti ancora più poveri.
A quel punto, come accaduto nei giorni scorsi, i militari imporranno una svolta autoritaria come succedeva nei ultimi (dolorosi) 37 anni.
(Fonte.:jeuneafrique;afp)
Bob Fabiani
Link
-www.jeuneafrique.com;
-www.afp.com
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