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domenica 19 luglio 2020

L'Editoriale: Addio a John R. Lewis leader ed "eroe" dei diritti civili afroamericani







"Quando vedi qualcosa che non è giusto,
hai l'obbligo morale di alzarti e dire
qualcosa, di fare qualcosa. Abbiamo una
missione e un mandato di essere dalla
parte giusta della storia".
(Rep. John R. Lewis)




E' morto John R. Lewis, l'ultimo storico leader diritti civili degli afroamericani, che predicava la non violenza mentre subiva percosse e incarcerazioni durante gli scontri degli anni '60 e che ha trascorso più di tre decenni al Congresso difendendo i progressi che aveva contribuito a raggiungere per la comunità afroamericana.
Aveva 80 anni, ed era un eroe.
Figlio di mezzadri dell'Alabama, Lewis all'età di 15 anni ascoltò per la prima volta un discorso di Martin Luther King alla radio: in seguito disse che gli sembrò stesse parlando direttamente a lui, e diventò un attivista per i diritti civili degli afroamericani.









Quando lasciò la casa dei genitori, sua madre gli raccomandò di non mettersi nei guai.

"Invece di guai ne ho avuti. - aveva spiegato nel 1997 durante una lunga intervista all'emittente radiofonica Npr  - Buoni guai. Guai necessari".

Il concetto di "good trouble" è distintivo di Lewis, il "guaio benefic" procurato per smuovere le acque e apportare cambiamenti sociali progressisti.







Per provocare questi guai benefici Lewis usava la non violenza, in quanto "l'odio è un peso troppo grande da sopportare, l'amore, invece, è azione".

All'università, durante i sit-in, Lewis venne arrestato e imprigionato più di una volta; nel 1961, quando arrivò il giorno della laurea nel suo college di Nashville, non poté parteciparvi.

"Ero in prigione in Mississippi per aver preso parte ai Freedom Riders".






Lewis è stato uno dei primi Freedom Riders, attivisti neri che viaggiavano sugli autobus riservati ai bianchi per contestare la segregazione, ed a soli 23 anni diventò il più giovane oratore ad intervenire alla marcia di Washington del 1963 con Martin Luther King.
Due anni dopo, nel 1965, organizzò la marcia attraverso il ponte Edmund Pettus Bridge a Selma, Alabama, conosciuta come Bloody Sunday, dove subì una frattura al cranio per essere stato picchiato da un poliziotto bianco, mentre marciava per il diritto di voto degli afroamericani.
A quella marcia ne seguirono altre, costringendo l'allora presidente Lyndon Johnson a fare pressioni sul Congresso ed a far passare il Voting Rights Act, la legge che cancellò le barriere che impedivano agli afroamericani di votare.
Il ruolo ricoperto da Lewis in tutti questi anni è stato quello di coscienza vivente dei democratici, e la sua reputazione di custode della fiamma delle lotte degli anni '60 è ciò che ha definito tutta la sua carriera al Congresso.
Nel 2016, a 76 anni, aveva occupato la Camera con un sit-in durato ore, per spingere una legge sul controllo delle armi. A dicembre 2019 aveva annunciato di avere un cancro al pancreas in stato avanzato, ma che avrebbe continuato a partecipare alla vita politica.







Più di mezzo secolo dopo la marcia di Selma, Lewis parlando di Black Lives Matter, aveva detto: "E' un movimento molto diverso, è più massiccio ed inclusivo. Da un movimento così non si può più tornare indietro".
(Fonte.:theatlantic;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.theatlantic.com
-www.ilmanifesto.it 







  

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