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mercoledì 8 luglio 2020

Una battaglia diplomatica per la Libia







La minaccia egiziana di intervenire in Libia se le truppe del governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli conquisteranno Sirte ha dato origine a una serie di dichiarazioni pubbliche e attacchi incrociati.
La Turchia, che sostiene il Gna, e la Francia, che continua ad appoggiare dietro le quinte il maresciallo Khalifa Haftar, si sono accusate l'un l'altra di "fare un gioco pericoloso" in Libia.
La lega araba, riunitasi il 23 giugno su domanda dell'Egitto, ha chiesto il ritiro delle forze straniere dal paese e l'apertura di nuovi colloqui di pace. Intanto il Cairo cerca di minare la legittimità del Gna guidato da Fayez al Sarraj. Come scrive The Arab Weekly, il ministro degli esteri Sameh Shoukry ha ricordato in una recente dichiarazione pubblica che la tenuta del Gna dipende dal rispetto degli accordi di Skhriat del 2015, secondo i quali il governo avrebbe dovuto rimanere in carica fino alla fine del 2017, scadenza rinviabile di un anno.
A tre anni di distanza, lamenta Shoukry, la comunità internazionale continua a sostenere Al Sarraj anche se non è stato eletto.
Altri quotidiani s'interrogano su quali motivazioni abbiano spinto Al Sisi ad adottare una posizione così aggressiva davanti all'avanzata del Gna su Sirte (con la decisiva "regia" di Ankara, n.d.t). C'è chi spiega che l'Egitto, come altri alleati di Haftar, non può tollerare che Sirte, la porta d'accesso alle infrastrutture petrolifere sulla costa libica, cada in mano a forze filoturche. Ma sul quotidiano Al Araby al Jadid l'opinionista egiziano Wael Qandil avanza un'altra ipotesi.

"Al Sisi ha fatto questo annuncio sconsiderato rivolgendosi sopratutto all'interno, in particolare agli egiziani preoccupati che la questione della diga del Rinascimento, in costruzione in Etiopia, possa degenerare in un conflitto con Addis Abeba sulle acque del Nilo. Così il presidente propone una spedizione militare nel deserto libico! Al Sisi dimostra di essere pronto a sacrificare la vita degli egiziani, civili e militari, solo per continuare a far vivere il popolo nella paura. Paura che usa per restare al potere".




-Ankara punta su Sirte, la "linea rossa" egiziana. Il conflitto libico si infiamma











Dopo giorni di relativa "calma", la situazione in Libia è tornata a farsi incandescente. A rompere il fragile equilibrio - mentre sotterranea continuava la battaglia diplomatica tra tutti i protagonisti della contesa -  è stato il misterioso raid che sabato mattina ha colpito e distrutto i sistemi turchi di difesa aerea "Hawk" e di disturbo elettronico "Koral" nella base di al-Watiya (130 km a ovest di Tripoli, n.d.t), controllata dalle forze alleate del governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli del premier al-Sarraj.
Non è ancora chiara l'origine dei velivoli che hanno sferrato l'attacco. In questi giorni si sono fatte le più svariate ipotesi: dai caccia dell'Esercito nazionale libico (Enl) del maresciallo Haftar (nemico giurato di Tripoli n.d.t) a quelli dei suoi alleati egiziani ed emiratini (quest'ultimi, sembrerebbero essere i responsabili più credibili).
C'è chi come il portale Libya Akhbar, ha chiamato in causa la Francia alleata di Haftar e che già in passato ha compiuto interventi militari in Libia.
L'ipotesi francese si inserirebbe  nel clima di forte tensione delle ultime settimane tra Parigi e Ankara, alleati sì Nato ma quanto mai rivali nel dossier libico (da cui è assente drammaticamente Roma che, ostinatamente è impegnata esclusivamente, anche nelle aule parlamentari; sul fronte della collaborazione tra Italia e la Guardia Costiera libica ... ossia, la "scheda 22" che sblocca il finanziamento verso la Guardia Costiera libica in funzione anti-migranti n.d.t) e nel più ampio contesto mediterraneo. Uno scontro concretizzatosi con la recente decisione dell'Eliseo di ritirarsi "temporaneamente" dalla Missione Nato "Sea Guardian" a seguito di un'incidente avvenuto a metà giugno nel Mediterraneo tra la Marina turca e quella francese.
Se ignoto è finora il responsabile dei raid, è chiaro però il destinatario: la Turchia. L'attacco di sabato è giunto infatti a poche ore di distanza dalla visita ufficiale a Tripoli del ministro della difesa turco Akar e del capo di stato maggiore Guler. Una visita di cui ancora una volta Ankara ha ostentato con sicumera la sua voglia di dirigere la fase attuale libica, ma sopratutto quella post-conflitto.
La Turchia del "Sultano" Erdogan ha già infatti dichiarato pubblicamente asset turchi proprio la base di al-Watiya e una vicino a Misurata e ha già promesso alla compagnie turche ricchi affari nella ricostruzione sia nel campo edilizio che in quello energetico. Senza poi dimenticare la partita di idrocarburi, assicurata grazie al memorandum marittimo siglato a novembre tra Tripoli e Ankara.

"Daremo una risposta adeguata ai raid aerei nemici stranieri che sostengono il criminale di guerra (Haftar,n.d.t)", ha detto Tripoli dopo il raid di al-Watiya.

Ankara ha invece alzato il tiro, designando la base aerea di al-Jufra e la città strategia di Sirte (a metà strada tra Bengasi e Tripoli) come "nuovo obiettivo militare".
Scelta foriera di conseguenze: proprio al-Jufra e Sirte sono state infatti considerate a giugno dal presidente egiziano al-Sisi "linee rosse" la cui violazione potrebbe condurre il Cairo a intervenire militarmente in Libia.

I primi inquietanti segnali delle minacce tripoline-turche sono stati forse registrati ieri quando una forte esplosione si è avvertita nel villaggio di Sukna, nei pressi di al-Jufra. A provocarla, riferiscono alcune fonti, sarebbero stati alcuni droni turchi che avrebbero preso di mira (e distrutto) il sistema di difesa russo Pantsir e ucciso 3 mercenari del gruppo russo Wagner. Se confermato, l'attacco di ritorsione potrebbe avere immediati riflessi anche a Sirte dove potrebbero tornare gli scontri.
Ankara e Tripoli hanno più volte ribadito che torneranno ai negoziati con l'Enl (non però con Haftar n.d.t) soltanto dopo aver preso questi due "obiettivi".

-Conclusioni


Tuttavia, dopo settimane di "calma", il raid di al-Watiya di sabato ha fatto saltare gli equilibri pur fragili che si registravano sul terreno, riaprendo il vaso di Pandora libico da cui può uscire solo altra morte e distruzione.
(Fonte.:thearabweekly;alaraby;libyaakhbar;afp;jeuneafrique;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-thearabweekly.com
-www.alaraby.co.uk
-www.libyaakhbar.com
-www.afp.fr/afrique/libye
-www.jeuneafrique.com
-www.ilmanifesto.it 



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